17/10/2025
René Girard, filosofo e antropologo francese, ci parla del desiderio come di un movimento mimetico: non desideriamo mai in modo completamente autonomo, ma attraverso l’altro. È l’altro a indicarci, con il suo stesso desiderare, ciò che vale la pena volere. Nel rapporto tra padre e figlio, ad esempio, questo meccanismo può assumere un significato profondo e talvolta conflittuale. Il padre diventa modello, colui da cui il figlio apprende come stare al mondo, ma proprio in questa imitazione può nascere una tensione. Il desiderio di essere come lui si intreccia con quello, inevitabile, di differenziarsene.
Girard parlerebbe qui di rivalità mimetica: l’altro, amato e ammirato, diventa anche il limite da superare. Nella crescita, il figlio cerca di appropriarsi del mondo attraverso lo sguardo del padre, e questo può essere vissuto come una minaccia da chi teme di essere sostituito, oppure come una naturale eredità da chi sa lasciare spazio.
In questa prospettiva, troviamo un’interessante risonanza con il pensiero di John Byng-Hall, che nel suo lavoro sui copioni familiari mostra come ogni famiglia trasmetta ruoli, aspettative e narrazioni di sé. Il figlio, per appartenere, si muove dentro queste storie, cercando di essere fedele a un copione che lo precede e, allo stesso tempo, di scrivere la propria parte. Anche qui, la tensione tra imitazione e autonomia è al centro del processo di crescita.
Girard e Byng-Hall, pur provenendo da linguaggi diversi, si incontrano nel descrivere lo stesso movimento: quello di chi cerca di diventare se stesso attraverso la relazione con chi lo ha generato. La rivalità, in questa luce, non è soltanto scontro ma passaggio. Quando viene riconosciuta e attraversata, può trasformarsi in continuità, in trasmissione, in un modo nuovo di appartenere senza perdersi.
Ogni figlio che imita il padre non vuole togliergli il posto, ma cercare il proprio, a partire dal suo sguardo.