12/11/2025
Inseguire i propri sogni senza mai accettare i "non si può fare" https://www.facebook.com/share/p/1T2Kjy5ffh/
Nel 2011, durante una vacanza in Grecia, un ragazzo olandese di 16 anni si immerse nel mare con maschera e boccaglio.
Si chiamava Boyan Slat.
Quello che vide sott’acqua lo colpì più di qualsiasi lezione di scienze: c’erano più sacchetti di plastica che pesci.
Tornato a casa, iniziò a farsi una domanda semplice:
perché non puliamo gli oceani?
Gli adulti gli risposero che era impossibile. Troppo grande, troppo costoso, troppo tardi.
Ma Boyan decise di provarci comunque.
Alla scuola superiore presentò un progetto: invece di mandare navi a caccia dei rifiuti, si poteva sfruttare il movimento naturale delle correnti marine.
Non inseguire la plastica, ma aspettarla.
L’idea era di costruire barriere galleggianti in grado di catturare i rifiuti senza danneggiare i pesci.
Nel 2012 tenne un TEDx: giovane, timido, ma con una visione chiara. Il video fece il giro del mondo.
Un anno dopo, a soli 18 anni, fondò The Ocean Cleanup, una start-up no-profit con un obiettivo preciso: rimuovere la plastica dai mari e prevenire che arrivi fin lì.
I primi anni furono difficili.
I prototipi si rompevano, le correnti erano più forti del previsto, i costi alti.
Molti lo definirono un idealista destinato a fallire.
Ma Boyan continuò a testare, correggere, ridisegnare.
Nel 2018 i primi sistemi riuscirono finalmente a raccogliere tonnellate di plastica nel Pacifico, in particolare nella cosiddetta Great Pacific Garbage Patch, un’enorme distesa di rifiuti galleggianti tra California e Giappone.
Da allora, The Ocean Cleanup ha esteso il lavoro anche ai fiumi, da dove proviene gran parte della plastica che finisce in mare.
Oggi i suoi sistemi operano in Asia, Africa, America Latina, e hanno già rimosso migliaia di tonnellate di materiale inquinante.
Parte di quella plastica viene riciclata per produrre oggetti che finanziano nuovi progetti.
Gli esperti continuano a discutere sull’efficacia del metodo:
alcuni sostengono che la priorità resti ridurre la produzione di plastica a monte.
Boyan risponde che è vero, ma che qualcuno deve anche “pulire ciò che è già lì”.
A 30 anni, Slat è a capo di una delle iniziative ambientali più ambiziose mai nate da un’idea studentesca.
La sua storia non è una favola, ma un esempio concreto di innovazione e perseveranza:
un ragazzo che, invece di accettare il “non si può fare”, ha deciso di provarci davvero.
E un giorno, se gli oceani torneranno un po’ più puliti, sarà anche grazie a quel tuffo del 2011 — e a un adolescente che si rifiutò di guardare dall’altra parte.
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