Psicotrucco e Gestalt Counselling di Elena Donati

Psicotrucco e Gestalt Counselling  di Elena Donati Psicotrucco è l’arte che unisce il potere della creatività del trucco alla scoperta della propria identità

Jung scrive che pecchiamo contro il non-potere, e da tempo risuona in me questa parola come un richiamo sottile alla res...
07/11/2025

Jung scrive che pecchiamo contro il non-potere, e da tempo risuona in me questa parola come un richiamo sottile alla resa, alla verità che non si vince.
Tutta la vita mi sono sentita tesa, protesa verso l’ideale: essere più buona, più bella, più giusta, più in forma, piu performante, più luminosa.
È una tensione che sembra spirituale, ma è solo un’altra forma di guerra.

Sergio Mazzei direbbe: “Benché tu combatta, non essere il guerriero.”
C’è una differenza immensa tra il vivere la lotta e il diventare la lotta.
Il guerriero si irrigidisce nell’idea di vincere o perdere, mentre la vita chiede solo di essere attraversata, senza eroi e senza nemici.
E Tolle, con il suo linguaggio quieto, ricorda che ogni volta che diciamo “no” a ciò che è, diciamo “no” alla vita stessa.

Il non-potere, allora, non è sconfitta: è il momento in cui smetto di lottare per essere diversa e mi accorgo che sono.
È quando smetto di credere che la mia umanità sia un errore da correggere.
È quando mi arrendo al fatto che certe parti di me non possono essere educate, ma solo amate.

Da quando ho memoria, il fumo mi accompagna come un respiro antico.
A tre anni già sognavo la sigaretta tra le dita: la vedevo accendersi nelle mani dei miei genitori, e in quel gesto sentivo qualcosa di intimo, caldo, amoroso.
Forse allora ho imparato che l’amore passa dal respiro, dal contatto col fuoco, dal bisogno di calmare l’ansia del vivere.
Fumare è diventato per me un modo di tenermi compagnia, di scaldarmi, di respirare ciò che in casa mia si respirava.
Come se, a ogni tiro, una parte di me volesse riportare dentro quell’amore che vedeva fuori, nell’aria azzurra che avvolgeva i miei genitori.
E forse davvero, come ho pensato una volta, mi fumo mia madre: non per distruggerla, ma per trattenerla, per farla entrare dove l’amore è mancato.

Oggi so che il fumo non è solo dipendenza.
È un linguaggio, un gesto che porta un messaggio:
“Lasciami respirare ciò che non ho ricevuto.”
Onorare il non-potere, per me, significa anche questo:
non combattere il gesto, ma ascoltarlo.
Non condannare la parte che non sa smettere, ma darle diritto di parola.

Quando non combatto, qualcosa si ammorbidisce.
Il fumo diventa respiro, il veleno si fa simbolo, e io sento che — nel punto esatto in cui non posso — inizia un’altra forma di potere:
quella di essere presente a ciò che è.

È arrivata con passo sicuro, il corpo verticale come chi ha imparato a restare centrata.Psicologa, insegnante di yoga, a...
06/11/2025

È arrivata con passo sicuro, il corpo verticale come chi ha imparato a restare centrata.
Psicologa, insegnante di yoga, abituata a prendersi cura degli altri.
Lo sguardo limpido, ma un po’ distante.

Io:
— Mi hai detto che vuoi lavorare sulla femminilità. Cosa significa per te, adesso?

Lei:
— Non lo so bene. Credo di averla un po’ messa da parte.
A volte mi sembra di funzionare più come un sistema di aiuto che come una donna.

Io:
— Ti succede di sentire che, nel dare tanto, qualcosa in te si svuota?

Lei:
— Sì. Non lo direi mai così, ma sì.
È come se la parte che riceve fosse rimasta indietro.

Restiamo in silenzio un momento.
Poi le propongo una breve meditazione.

Le chiedo di chiudere gli occhi, respirare,
e immaginare la femminilità come un’energia che nasce dai piedi e sale piano verso l’alto, cambiando forma e colore lungo il cammino, attraversandola tutta.

Le parole scendono lente, accompagnando il suo respiro.
Dopo un po’ le labbra si muovono appena.

Lei:
— È come una luce rosa, ma si sposta, non si lascia fermare.
Quando provo a guardarla, si nasconde.

Io:
— Ti va di lasciarla muovere come vuole, senza cercare di capirla?

Annuisce. Il respiro diventa più profondo.
Resta qualche minuto in silenzio, poi apre gli occhi.

Lei:
— È come se la sentissi viva, ma timida. Forse vuole tempo.

Io:
— Possiamo darle forma, se vuoi. Anche solo con un colore.

Sceglie un rosa tenue, quasi impercettibile.
Ma non prende il pennello.
Mi guarda e dice:
“Vorrei che fossi tu a cominciare.”

Appoggio la crema con gesti lenti, circolari, partendo dalle guance.
Appena la tocco, la pelle si rilassa.
Poi vedo che le scendono le lacrime.

Io:
— Ti fa male?

Lei:
— No… mi commuove.
È tanto che nessuno mi tocca così.
Sento cura.
Sento amore.

Le lacrime si mescolano al fondotinta,
rendendolo più naturale, più vivo, come se la pelle respirasse attraverso l’emozione.

Io:
— Cosa senti mentre guardi questa parte di te?

Lei:
— È fragile. Ma è la più vera che ho.
Non la faccio mai vedere.

Le passo il pennello sugli occhi.
Le palpebre diventano più calde, il colore appena visibile, ma lo sguardo diventa acceso, profondo, invitante,
poi un tocco di luce, un riflesso sulle labbra.
Tutto resta delicato, ma si accende qualcosa di nuovo:
una sensualità sobria, intatta, che sembra nascere dal dentro.

Alla fine si guarda allo specchio in silenzio.
Non sorride subito. Si osserva come se cercasse di capire chi ha davanti.
Poi dice piano:

Lei:
— Mi vedo. Mi vedo tutta.
Non per com’ero, ma per come mi sento adesso.

Io:
— Com’è vederti così?

Lei:
— Calda. Presente.
E… sensuale.
Non nel senso di piacere agli altri.
Sensuale nel senso di esserci.

Ci guardiamo nello specchio, insieme.
La sua immagine è luminosa, profonda, femminile.
Non c’è più distanza tra chi guarda e chi è guardata.
Solo presenza.
Una bellezza che non chiede conferme, ma respira.

La mia parte sporca (e luminosa)«Il dono di un’immagine è che essa offre un luogo dove guardare la propria anima.»(tradu...
04/11/2025

La mia parte sporca (e luminosa)

«Il dono di un’immagine è che essa offre un luogo dove guardare la propria anima.»
(traduzione da The Thought of the Heart and the Soul of the World)
Per anni ho pensato che dentro di me ci fosse una spaccatura.
Da una parte la profondità, la ricerca dell’essere, il silenzio, la meditazione, lo spazio immobile dove ogni cosa trova senso.
Dall’altra, la parte che ama l’apparenza, gli abiti, il trucco, la vanità, il desiderio di piacere e di sentirmi bella.
Due mondi che sembravano incompatibili.
E allora mi sono spesso detta che quella parte frivola, leggera, colorata era m***a.
Che non poteva convivere con la mia parte che legge Hillman, che ascolta il silenzio, che cerca l’anima delle cose.
Mi sono vergognata del mio gusto, dei miei outfit, della mia attrazione per l’immagine, come se fosse una colpa, un tradimento della mia profondità.
E invece — lo sto capendo solo adesso — quella è parte della mia salvezza.
Perché la bellezza, anche quella che nasce da un ombretto, da un cappotto ben tagliato, da una scarpa che slancia, è viva.
È un linguaggio dell’anima, anche quando profuma di superficie.
È la mia maniera di dire “sono qui”, anche mentre la morte, da qualche parte, aspetta.

Ieri ho incontrato una donna forte, razionale, in gamba che mi chiedeva una consulenza di immagine. Per rinnovarsi.
Abbiamo iniziato con una meditazione, le ho fatto immaginare l’energia del cambiamento salire dai piedi, trasformare il corpo, aprire lo spazio dentro.
Ma non era lì che voleva andare.
Voleva ritrovarsi nei vestiti, nel modo di camminare per strada, nel sentirsi bene nel proprio corpo ogni mattina.

Così abbiamo parlato di scarpe — comode ma con un rialzo, per dare slancio.
Di tute morbide ma eleganti, di cappellini, di cardigan lunghi, di trucco facile, veloce, ma pieno di luce.
Quando si è vista allo specchio, ha sorriso.
Ha detto che sarebbe andata subito a comprarsi quei pantaloni.
E io, per un attimo, ho sentito che non c’era più distanza tra il mio amore per la bellezza e la mia fame di verità.
Che non era un conflitto, ma un incontro.

Perché io sono fatta così: di grazia e di fango.
Di profondità e di leggerezza.
Di serietà e di glitter.
E va bene così.
Perché è proprio da questa mescolanza che nasce la mia arte, il mio mestiere, il mio Psicotrucco.

Non voglio più nasconderla, questa parte.
Voglio celebrarla.
Perché la bellezza non è una maschera: è un modo per toccare la vita.
E a volte serve passare anche attraverso la m***a per accorgersi di quanto possiamo essere luminosi.

Forse il punto è proprio questo: non c’è opposizione tra l’esterno e l’interno.
La bellezza non è superficie, ma manifestazione.
È il modo in cui ciò che sentiamo prende forma, colore, movimento.
Ed è lì che nasce lo Psicotrucco, nel punto in cui il gesto estetico e il gesto dell’anima si incontrano.

Se anche tu desideri riscoprirti,
ti aspetto all’Officina dell’Essere — un luogo dove la bellezza non si finge, ma si riconosce.
💌 psicotrucco@gmail.com | 🌐

Psicotrucco Gestalt Counselling – Officina dell’Essere Benvenuto/a nel mondo dello Psicotrucco – Gestalt Counselling, Officina dell’Essere. Un luogo di trasformazione, creatività e consapevolezza, ideato e fondato da Elena Donati. La mia cerchia di utenza-Lo Psicotrucco si rivolge a chi sen...

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Venerdì 14:00 - 19:00
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