Gruppo di Ricerca e Formazione sull'Immaginario

Gruppo di Ricerca e Formazione sull'Immaginario Il GRUPPO DI RICERCA E FORMAZIONE SULL’IMMAGINARIO
è composto da figure professionali che si inte

02/12/2025

Un’immagine aiuta a orientarsi: due poli magnetici uguali che si respingono.
Così i neuroni di madre e figlia possono reagire quando il rapporto è carico di tensione.

Questa metafora trova oggi un riscontro preciso nelle neuroscienze.
Un lavoro dell’Università della California, pubblicato sul Journal of Neuroscience, ha studiato il cervello di 35 famiglie.

I partecipanti sono stati sottoposti a risonanza magnetica.
L’analisi ha mostrato che l’anatomia cerebrale di madre e figlia è più simile di qualunque altra combinazione familiare.

La somiglianza riguarda in particolare il sistema limbico, la regione che gestisce le emozioni.
Qui, tra madre e figlia, la struttura e il funzionamento risultano in forte sintonia.

Nei dati raccolti la diade madre‑figlia appare diversa da padre‑figlia o madre‑figlio.
Il sistema limbico condiviso crea un terreno comune unico.

Quando questo terreno è stabile, può favorire un’empatia notevole.
Lo stesso meccanismo, però, rende il legame vulnerabile alla trasmissione del disagio.

Gli autori descrivono una sorta di “sincronizzazione negativa”.
Se la madre vive ansia cronica, depressione o stress, il suo sistema limbico emette segnali costanti di allarme.

Il cervello della figlia, biologicamente sintonizzato su questi segnali, reagisce di conseguenza.
Già dall’infanzia può sviluppare una risposta allo stress elevata.

In questo quadro si parla di eredità emotiva transgenerazionale.
Il sistema limbico della figlia incorpora i pattern emotivi della madre.

Non si tratta di un apprendimento consapevole.
Il cervello in crescita si modella sotto l’influenza di neurotrasmettitori e ormoni dello stress presenti nell’ambiente relazionale.

Così il trauma non elaborato o il disagio emotivo materno possono essere trasmessi senza parole.
La figlia può ereditare una vulnerabilità neurologica a forme di ansia, depressione o disturbi legati allo stress.

Il periodo decisivo è la cosiddetta finestra critica di sviluppo.
In questi anni il sistema limbico materno agisce da regolatore esterno per il sistema nervoso della figlia.

Se la madre è spesso in stato di allerta, il cervello della figlia registra il mondo come pericoloso.
Se la madre appare fredda o emotivamente assente, il cervello infantile impara che esprimere emozioni non è sicuro.

Non è una colpa morale, ma il risultato di una dinamica biologica.
I sistemi nervosi di madre e figlia sono accoppiati a livello profondo durante gli anni formativi.

Lo stesso meccanismo che rende il legame madre‑figlia potente nel sostegno affettivo lo rende esposto al passaggio del disagio.
L’equilibrio mentale diventa così un ponte tra generazioni.

Nel quadro descritto emerge anche un margine di speranza biologica.
Quando una madre lavora in modo consapevole sulla propria salute mentale, il suo sistema limbico può cambiare.

Cambiando il sistema limbico materno, cambiano i segnali che la figlia riceve e “legge”.
Il cervello della figlia può così iniziare una graduale ricalibrazione verso maggiore sicurezza e stabilità.

Il legame limbico non è quindi una trappola fissa.
Può trasformarsi in un ponte di guarigione transgenerazionale, capace di favorire resilienza ed equilibrio mentale nelle generazioni successive.

💁‍♂️ Quel che non sapevi, in breve
👉 Uno studio su 35 famiglie mostra una forte somiglianza del sistema limbico tra madre e figlia
👉 Questa somiglianza rende il legame madre‑figlia potente sia nel sostegno sia nella trasmissione del disagio
👉 Durante la finestra critica di sviluppo il sistema limbico materno funge da regolatore esterno per la figlia
👉 Un cambiamento nella salute mentale materna può favorire la ricalibrazione del cervello della figlia
👉 Il legame madre‑figlia può diventare un ponte di guarigione transgenerazionale

04/11/2025

Essere eterosessuali, omosessuali, lesbiche, bisessuali, liquidi o altro non garantisce in alcun modo una vita sessuale e affettiva realizzata e gioiosa. L’identità sessuale, qualunque essa sia, non salva dal rischio dell’infelicità, del fallimento, del disagio e della solitudine. È un errore e una grave illusione pedagogica pensare che basti riconoscere un’etichetta per risolvere il mistero del desiderio. La psicoanalisi ci ricorda che il desiderio non è mai completamente trasparente a se stesso, che resta sempre in esso un resto opaco, un enigma irrisolvibile. Ecco perché ogni vera educazione alla sessualità dovrebbe essere, prima di tutto, un’educazione al mistero. Che cosa significa amare? Che cosa significa desiderare? Perché possiamo fare delle scelte sessuali o amorose che anziché aprire la nostra vita alla pienezza della vita, la offendono e la feriscono? Perché dovremmo sempre sottrarci a rapporti che assomigliano a delle catene e perché a volte invece li ricerchiamo morbosamente? Perché non è così facile unire e non opporre il desiderio all’amore?
Ma siamo sicuri che un programma ministeriale o un’educazione famigliare possano davvero pretendere di dare risposte a questi interrogativi così cruciali che accompagnano da sempre la vita umana? È la Scuola come comunità vivente che deve incaricarsi non tanto di rispondere a questi interrogativi ma di educare quanto meno alla libertà, al rispetto delle differenze e al mistero. Innanzitutto attraverso i poeti, la letteratura, il cinema, il teatro, insomma, attraverso la cultura che già si insegna. In secondo luogo, nel favorire nella vita scolastica di tutti i giorni la lotta contro ogni forma di discriminazione, l’accoglienza della differenza, il riconoscimento del pieno diritto di ciascuno alla propria libertà sessuale. Un dubbio: tutto questo si ottiene facendo della sessualità e dell’affettività una materia di studio?

Massimo Recalcati

04/11/2025
05/10/2025

Miagola Azzurro di Celentano e riconosce il tuo volto.

Nelle RSA del Veneto dal 2022 succede qualcosa di impensabile. Un gatto artificiale che non ha mai cacciato un topo, ma cattura ricordi.

Il robot memorizza fino a 120 volti diversi tra ospiti e operatori. Ogni persona ha la sua colonna sonora d'epoca: canzoni italiane degli anni '60 che riportano alla mente momenti perduti.

Non è fantascienza, è robopet therapy.

Gli operatori raccontano scene toccanti: anziani che non parlavano da mesi tornano a sorridere sentendo "Nel blu dipinto di blu". Il gattino artificiale diventa confidenze sussurrate e abbracci spontanei.

L'Università di Padova ha documentato tutto in una tesi pionieristica. Anche Ca' Foscari di Venezia studia questo fenomeno: come un oggetto senza anima risvegli l'anima di chi l'ha quasi perduta.

Prima del Covid c'erano cani e gatti veri nelle case di riposo. La pandemia ha chiuso quella porta per sempre, aprendo questa finestra tecnologica.

Il risultato stupisce: meno farmaci sedativi, più momenti di lucidità.

Oggi la memoria si affida a circuiti di silicio che cantano melodie del cuore. Domani chissà quale altra frontiera tra uomo e macchina cadrà, nell'eterna ricerca di ciò che ci rende umani.

Forse il paradosso è proprio questo: serve un robot per ricordarci chi siamo.

💁‍♂️ Quel che non sapevi, in breve
👉 Memorizza 120 volti e associa canzoni personalizzate a ogni ospite
👉 Ha ridotto l'uso di sedativi in diverse RSA del Veneto
👉 È nato dalle limitazioni Covid alla pet therapy tradizionale
👉 È studiato dalle università di Padova e Ca' Foscari

30/09/2025

La direzione non è dare in eredità ai figli giardini reali, non è dare in eredità ai figli, i beni le rendite, le proprietà.

Si tratta di dare in eredità ai figli il nostro sguardo sul mondo.

La prima forma dell'eredità dei figli è l'eredità dello sguardo dei genitori.

Questo sguardo è capace di vedere lo splendore del mondo?

Questo sguardo è capace di testimoniare che sentiamo, sentiamo ancora, che siamo ancora capaci di amare, nonostante il dolore del mondo?

[Massimo Recalcati]

29/09/2025
27/09/2025
12/09/2025

«Nessuna Scuola-dispositivo potrà mai sopprimere l’esistenza della Scuola-radura salvo trasformare la Scuola stessa in una pura organizzazione carceraria. Lo racconta a suo modo un film divenuto cult come L’attimo fuggente (1989), dove in una Scuola ispirata a un codice paterno deformato e ridotto alla trasmissione dell’ideale disciplinare dell’obbedienza ai valori della tradizione, un professore – il mitico professor Keating – porta con sé la potenza anarchica e sovversiva del desiderio di sapere. Per quanto il dispositivo della Scuola tenda a ridurre il sapere a una ripetizione anonima di slide prive di vita, l’esperienza della radura e della luce è, in realtà, sempre possibile».

La luce e l'onda. Cosa significa insegnare? (Einaudi editore, 2025)

08/09/2025

Gli scienziati hanno scoperto che la sfida fisica più dura per il corpo umano non è correre un’ultramaratona.
È la gravidanza.

Il cuore cresce e p***a fino al 50% di sangue in più.
I polmoni perdono quasi il 20% della loro capacità perché gli organi si spostano.
Il cervello si “riscrive”, con cambiamenti che durano anni, per permettere alla madre di legarsi e proteggere il suo bambino.
Nel terzo trimestre, il sonno diventa frammentato come in chi soffre di insonnia cronica.
E il corpo crea persino un nuovo organo: la placenta, che consuma più energia del cervello stesso.

Eppure, alle mamme spesso viene detto di “smettere di lamentarsi” e di “godersi ogni momento”.

La gravidanza non è solo qualcosa di meraviglioso.
È il lavoro più duro che un corpo umano possa mai affrontare.
E il mondo non dovrebbe mai darlo per scontato. ❤️

08/09/2025

[ Tutto ciò che di più grande conosciamo ci è venuto dai nevrotici. ]

Sono loro e non altri che hanno fondato religioni e hanno creato magnifiche opere d’arte. Mai il mondo saprà quello che deve loro, e nemmeno quanto essi abbiano sofferto per poter elargire i loro doni. Noi gustiamo le incantevoli musiche, i bei quadri, mille cose raffinate, ma non sappiamo ciò che esse sono costate a coloro che le inventarono, in insonnie, pianti, risa spasmodiche, orticarie, asme, epilessie, e in un’angoscia di morire, che è peggio di tutto quanto.

Marcel Proust, da “I Guermantes”, Alla ricerca del tempo perduto - Traduzione di Giovanni Raboni

ph Stefan Moses

Indirizzo

Brescia

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