D.ssa Roberta Marseglia

D.ssa Roberta Marseglia Mi occupo di inclusione, fomazione e risorse umane. Educatrice Prof. Domiciliare e Scolastica
Coordinatrice Ped.

presso Centro Diagnostico Ippolito e Progetto Sociale EasyGo

17/10/2025

“Pretendi troppo”

Me lo sento dire spesso.
“Pretendi troppo dai docenti.”
“Pretendi troppo dai collaboratori.”
“Pretendi troppo dai colleghi, dai terapisti, dai medici.”

E ogni volta mi chiedo: è davvero pretendere troppo… o semplicemente non voler accettare il troppo poco?

Viviamo in un tempo in cui si moltiplicano titoli, attestati, corsi e certificazioni, ma dove spesso manca ciò che davvero fa la differenza: la competenza autentica, l’esperienza viva, la capacità di “esserci” con consapevolezza e umanità
Ci sono persone che sanno spiegare, ma non sanno ascoltare; che conoscono le parole giuste, ma non sanno guardare negli occhi chi hanno davanti; che parlano di empatia, ma non la praticano; che sanno cosa dire ma non cosa fare

Sento citare spesso termini come “strumenti compensativi”, “approcci personalizzati”, “inclusione”, “presa in carico globale”. Ma troppe volte queste parole restano vuote, ripetute come formule, scollegate dalla realtà dei ragazzi, delle famiglie, delle difficoltà concrete.
E questo non è solo un limite professionale: è un rischio umano enorme.

Perché dietro ogni nostro errore, ogni leggerezza, ogni superficialità, c’è una vita vera
Una persona, un bambino, un adolescente che si fida di noi, che si affida a noi.
E il nostro errore può lasciare segni profondi, invisibili ma permanenti.
Quando si lavora con la mente, con le emozioni, con la crescita, non stiamo semplicemente “facendo un mestiere”: stiamo toccando vite umane. E se non lo ricordiamo ogni giorno, rischiamo di ferire proprio coloro che dovremmo proteggere.

Non pretendo la perfezione.
Pretendo coscienza, studio coerenza, responsabilità
Pretendo che chi lavora con le persone si formi davvero, si aggiorni, si interroghi, sappia dire “non lo so” e abbia il coraggio di imparare ancora.
Pretendo che ci si metta in gioco, che si rispetti il valore e la fragilità di ogni percorso umano.

Non è “pretendere troppo”.
È chiedere che il nostro lavoro — qualunque esso sia — rispetti la dignità e la fiducia di chi ci sta davanti.
Perché dietro ogni decisione, ogni parola, ogni silenzio, può esserci un danno o una possibilità, una ferita o una rinascita.

E forse sì, nei miei 12 anni di esperienza professionale possono sembrare pochi.
Ma nei miei 35 anni da persona fragile da bambina e poi da adolescente che certe cose le ha vissute sulla propria pelle, ho visto e sentito abbastanza per sapere quanto male può fare la paura di non essere aiutati come si dovrebbe.
Ed è proprio per questo che, oggi, pretendo di più — da me stessa e da chi lavora accanto a me.
Perché so quanto costa non essere visti, non essere capiti, non essere presi davvero in carico.
E perché chi affido o accolgo merita di più del “basta che ci provi”: merita attenzione, competenza, verità e cura autentica.

✨ **Verso il Sì** ✨Hai mai pensato che l’amore non basti da solo a far funzionare una coppia?Una relazione sana richiede...
21/09/2025

✨ **Verso il Sì** ✨
Hai mai pensato che l’amore non basti da solo a far funzionare una coppia?
Una relazione sana richiede ascolto, consapevolezza, progettualità… e anche un po’ di educazione! 💡

Per questo ho ideato un percorso pensato per chi sogna un “sì” forte e consapevole, sia che significhi matrimonio, convivenza o semplicemente una scelta di vita insieme. ❤️

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Perché il vero “sì” non è solo una parola, ma una scelta quotidiana. 💍✨

L’anno scolastico ricomincia. Le campanelle suonano, i corridoi si riempiono di voci, passi, abbracci. È il rito di sett...
15/09/2025

L’anno scolastico ricomincia. Le campanelle suonano, i corridoi si riempiono di voci, passi, abbracci. È il rito di settembre, quello che per molti segna un ritorno alla vita, agli amici, alle sfide da affrontare.

Ma non per tutti.
Dietro porte chiuse, ci sono ragazzi che non varcano quella soglia. Ragazzi che hanno scelto – o meglio, che sono stati spinti dalle loro paure, dalle loro ferite, dalle loro fragilità – a ritirarsi nelle loro stanze. Si chiamano hikikomori, una parola giapponese che significa letteralmente stare in disparte.

Essere hikikomori non vuol dire non avere sogni. Non vuol dire non voler crescere, non voler vivere. Vuol dire non riuscire, non trovare la forza di esporsi a un mondo che appare troppo rumoroso, troppo giudicante, troppo doloroso.
La stanza diventa rifugio e prigione allo stesso tempo: un luogo dove il tempo sembra fermarsi, ma dove dentro continua a ba***re un cuore che desidera, in silenzio, sentirsi parte.

E mentre fuori la scuola riparte, dentro quelle mura il calendario sembra non avere stagioni. Ogni settembre diventa un promemoria della distanza, un peso che dice: “Tu non ci sei. Tu non riesci.”
E questo dolore, invisibile, rischia di essere scambiato per pigrizia, capriccio, indifferenza. Ma non è così: è un grido muto che chiede comprensione.

Per questo, a chi vive il ritiro non dobbiamo dire “Su, dai, entra”.
Quelle parole possono essere come lame, perché chiedono uno sforzo che il corpo e la mente non sanno ancora reggere.
L’unica cosa che possiamo dire, con voce calma, con la certezza di chi non se ne va, è:
“Io ti aspetto in classe. Quando vorrai entrare, siamo qui.”

Questa è la pedagogia più autentica: non forzare, non abbandonare, ma attendere. Creare uno spazio che rimane aperto, un banco che resta vuoto ma non dimenticato, uno sguardo che accompagna anche da lontano.

E allora oggi, con il cuore che sa che non tutti saranno presenti, io dico a tutti i miei ragazzi – dentro e fuori io credo in voi ❤️

Buon anno scolastico a tutti

02/09/2025
“Oggi vedremo come un concerto live può avere un valore pedagogico importante, qualsiasi musica voi ascoltiate e qualsia...
23/07/2025

“Oggi vedremo come un concerto live può avere un valore pedagogico importante, qualsiasi musica voi ascoltiate e qualsiasi artista andiate a vedere. Non è solo uno spettacolo.”

Un concerto è un’esperienza che educa alla vita. È un momento in cui impariamo senza libri né lezioni formali, ma attraverso le emozioni, le relazioni e la condivisione.

la musica dal vivo ha un potere unico: riesce a connettere le persone tra loro, anche se non si conoscono, creando una comunità istantanea. Cantare insieme a migliaia di sconosciuti significa sentirsi parte di un “noi”, un abbraccio collettivo che ci ricorda che non siamo soli.

Per chi attraversa momenti difficili, come la depressione ad es., un concerto può essere una forma di cura. Le luci, i suoni, il ritmo e le vibrazioni attivano il corpo e la mente, stimolando emozioni positive e sensazioni di libertà. È un’esperienza che riporta al presente, al “qui e ora”, dove il dolore si allenta e lascia spazio alla vita.

Un concerto insegna anche la resilienza: ogni artista racconta la propria storia, fatta di cadute e rinascite, e attraverso la musica mostra che anche le ferite possono trasformarsi in bellezza.

Infine, la musica crea relazioni significative: due sconosciuti che si guardano e cantano lo stesso ritornello possono condividere, senza saperlo, lo stesso dolore o la stessa gioia. Quella connessione, anche se dura un solo istante, è un’esperienza di empatia e solidarietà.

Per questo, un concerto non è solo intrattenimento. È un atto pedagogico, un laboratorio di emozioni che ci insegna ad ascoltare, a sentirci vivi e a riconoscere il valore della condivisione.

D.ssa Marseglia Roberta

Ultimo - Quel filo che ci unisce (Live Stadio San Siro, Milano, 7 luglio 2025)Regia: Giovanni Galati Operatori: Renato De Blasio, Giovanni GalatiMix: Alessio...

Indirizzo

Carovigno

Orario di apertura

09:00 - 17:00

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