04/11/2025
Un giorno, comunico a Gurdjieff che percepivo molta energia dopo una classe
di Movimenti, e che questa spariva,
che non potevo conservarla.
Aggiungevo che anche nella vita, alcune circostanze mi davano energia e che,
allo stesso modo, la perdevo.
Dopo un silenzio, Gurdjieff mi rispose, dolcemente, tranquillamente, che gli esseri umani sono circondati da un’atmosfera, come la terra. Che con i pensieri, le emozioni, si lascia sfuggire la propria energia, che va perduta.
Mi precisò che quest’atmosfera è più
o meno grande a seconda di ciascuno, come una continuazione del suo corpo,
e come un limite.
Disse che dovevo esercitarmi a percepire
lo spazio intorno a me, a percepire la mia atmosfera come una continuità della mia presenza, ed a percepire il suo limite, senza uscirne, senza superarla.
Apprendere a conservare la mia energia entro i limiti della mia atmosfera.
Non lasciare che sia intaccata da qualcosa che provenga dall’esterno, che qualcosa entri in lei.
Gurdjieff continuò, dicendo che se si lascia sfuggire la propria energia nell’immaginazione, nelle emozioni,
ci si identifica, ed è perduta, bisogna imparare a far sì che non sia trascinata.
Che occorre chi io impari a pensare,
a sentire, senza identificarmi.
Gurdjieff disse che i pensieri abituali non sono una reale riflessione, ma associazioni, emozioni cui ci si identifica, e che,
di conseguenza, l’energia è assorbita
e perduta.
Gurdjieff disse che lo sviluppo dell’attenzione, della coscienza avviene con l’energia dell’essere. Che occorre apprendere ad impiegarla per il pieno sviluppo
del proprio essere, ed a non sprecarla.
~Solange Claustres
Gurdjieff e la presa di coscienza~