Gabriella Marano - Criminologa

Gabriella Marano - Criminologa Gabriella Marano. Criminologa. Vivo e lavoro tra Latina, Roma e Milano. Da sempre, combatto la violenza di genere. Cerco la verità, in ogni dettaglio.

Dietro le quinte, accanto alla più grande genetista forense italiana.Più di dieci anni fa è stata la mia insegnante, ogg...
31/10/2025

Dietro le quinte, accanto alla più grande genetista forense italiana.
Più di dieci anni fa è stata la mia insegnante, oggi un' amica.
Un esempio di competenza, integrità e dedizione alla scienza.

Nel caso di Jessica, l’ennesima vittima di femminicidio, non dovremmo parlare di braccialetti elettronici. Non oggi, non...
29/10/2025

Nel caso di Jessica, l’ennesima vittima di femminicidio, non dovremmo parlare di braccialetti elettronici. Non oggi, non in questo caso.
Sì, è vero, il problema dei braccialetti, del loro mancato funzionamento e della loro gestione nel nostro Paese esiste ed è serio. Va affrontato, risolto, capito.
Ma non è questo il punto.
Il punto è che chi ha ucciso Jessica doveva stare in carcere, perché questo femminicidio arriva dopo una scia di reati e di violenza inaudita: maltrattamenti, atti persecutori, lesioni, violenza sessuale, guida in stato di ebbrezza, resistenza al pubblico ufficiale, uso smodato di alcol e droghe.
Una sequenza di segnali, di allarmi ignorati.
E allora non è un braccialetto che dobbiamo discutere, ma un sistema che continua a non proteggere.
Perché quando chi uccide avrebbe dovuto essere già dietro le sbarre, ogni discussione tecnica diventa solo una distrazione dal vero fallimento: la mancata tutela delle vittime. E ancora, e ancora, e ancora!

29/10/2025

La strada giusta non esiste. Esiste la strada che scegli di rendere tua.
Tutti, prima o poi, ci chiediamo se stiamo percorrendo “la strada giusta”.
È una domanda che sembra parlare di scelte concrete — lavoro, relazioni, futuro — ma in realtà ha una radice profondamente psicologica: nasce dal bisogno di controllo, dal desiderio di sicurezza e dalla paura di sbagliare direzione. Il problema è che la mente umana tende a immaginare la vita come un sentiero lineare, dove ogni bivio nasconde un rischio di fallimento.
Ma la psicologia ci insegna che la crescita non è mai una linea retta, bensì un intreccio di deviazioni, soste e cambi di prospettiva. Non esiste una strada giusta in senso assoluto: esiste quella che, passo dopo passo, impariamo a riconoscere come coerente con noi stessi.
Ogni percorso, anche quello che sembrava un errore, contribuisce a costruire la nostra direzione interiore. Spesso non è la meta a definire il cammino, ma il modo in cui lo abitiamo: la capacità di restare fedeli ai propri valori anche quando il terreno è incerto, di trasformare la paura in curiosità e la deviazione in occasione.
Scegliere una strada non significa mai trovare la certezza.
Significa accettare il rischio, ascoltarsi lungo il cammino e riconoscere che la bussola più affidabile non è fuori, ma dentro di noi.
Buona strada a voi...

Oggi in Senato: viene riconosciuta la nostra competenza e il nostro contributo in materia di violenza di genere e femmin...
28/10/2025

Oggi in Senato: viene riconosciuta la nostra competenza e il nostro contributo in materia di violenza di genere e femminicidi.
Si apre un capitolo importante.

COME GLI OGGETTI E I RICORDI CI AIUTANO NELL'ELABORAZIONE DEL LUTTO.È rimasta lì, la sedia a dondolo. La stessa di sempr...
27/10/2025

COME GLI OGGETTI E I RICORDI CI AIUTANO NELL'ELABORAZIONE DEL LUTTO.
È rimasta lì, la sedia a dondolo. La stessa di sempre, con il legno scuro levigato dal tempo e il profumo sottile di vernice e ricordi. La seduta in paglia intrecciata conserva ancora l’impronta dei giorni passati, di chi vi si è accomodato a lungo, lasciando tracce invisibili di sé. A volte, quando la guardo, mi sembra quasi di vederlo ancora lì, mio padre, che si dondola piano davanti al camino. Il movimento lento della sedia accompagnava le sue parole, i suoi silenzi, i suoi pensieri che sembravano mescolarsi al crepitio del fuoco. Era un gesto quotidiano, semplice, eppure pieno di significato. Quel dondolio costante sembrava misurare il tempo in un modo diverso: non con i minuti che scorrono, ma con i ricordi che si sedimentano. In quella sedia c’era tutto: la quiete delle sere d’inverno, l’odore della legna bruciata, la sicurezza di una presenza che pareva eterna.
Poi, quando la vita ha cambiato ritmo e lui non c’è stato più, quella sedia è diventata silenzio. Ma non un silenzio vuoto: un silenzio abitato, denso, come se ogni fibra del legno conservasse la sua voce. A volte basta sfiorarla o sentire il leggero scricchiolio del legno che si muove, per ritrovare per un istante la sensazione di averlo ancora vicino.
Gli oggetti, quando qualcuno che amiamo se ne va, diventano testimoni di una continuità invisibile. Non sono solo cose: sono prolungamenti della memoria, contenitori di emozioni. Restano lì a ricordarci che l’amore non svanisce con l’assenza fisica, ma cambia forma, si trasforma in un legame intimo che abita gli spazi e i gesti. La sedia a dondolo è diventata per me un simbolo di tutto questo: un ponte tra il prima e l’adesso, tra ciò che è stato e ciò che resta.
Elaborare il lutto non significa dimenticare, né spezzare il filo che univa due vite. Significa, piuttosto, imparare a riconoscere quella presenza diversa che rimane dentro di noi. Gli oggetti cari ci aiutano a farlo: permettono alla memoria di respirare, di non diventare prigione ma conforto. Ci ricordano che la persona amata continua a vivere in ciò che ha toccato, in ciò che ha amato, in ciò che ha lasciato.

Mentre la uccideva, gridava: "La casa è mia!"Nel recente femminicidio di Luciana, uccisa a coltellate dal suo ex marito,...
25/10/2025

Mentre la uccideva, gridava: "La casa è mia!"
Nel recente femminicidio di Luciana, uccisa a coltellate dal suo ex marito, non sottovaluterei il ruolo determinante che ha avuto la casa — la proprietà — come simbolo e come detonatore del conflitto. In molti casi di violenza domestica, infatti, lo spazio fisico diventa il prolungamento del dominio psicologico: la casa non è più solo un luogo, ma il segno tangibile del potere sull’altro, dell’appartenenza e del controllo.
Questo legame tra possesso materiale e possesso affettivo rivela una distorsione profonda della relazione, dove l’amore si trasforma in appropriazione e la perdita dell’altro coincide con la perdita di sé.l e di tutto quello che si possiede. È una dinamica che trova un’eco potente nella novella La roba di Giovanni V***a, in cui l’avidità e l’attaccamento morboso ai beni conducono alla disumanizzazione, alla cancellazione dei valori veri e dei sentimenti. Così come l’uomo verghiano diventa schiavo delle sue cose, l’autore del femminicidio si rivela prigioniero della propria ossessione di possedere: la casa, la donna, la vita stessa dell’altro. In entrambi i casi, il desiderio di controllo assoluto si traduce in distruzione e il confine tra amore e dominio, tra affetto e proprietà, si dissolve tragicamente.
Ne abbiamo parlato a con .nuzzi

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