27/10/2025
DEPRESSIONE di Enrico Chelini™
🫧 LA REGOLA DELL’APNEA
C’è una regola che chi pratica apnea conosce bene:
fino a una certa profondità puoi sempre risalire.
Poi, improvvisamente, succede qualcosa di strano — l’acqua smette di respingerti e inizia ad attirarti verso il fondo.
È il “punto di non ritorno”.
Non senti più il bisogno d’aria. Ti sembra di stare bene. Ti rilassi. E affondi.
Badate bene, nn troverete questa regola in nessun libro. Questa regola è stata coniata da me! Perché?
Perché la trovo perfetta!
Questa regola spiega l’esatto funzionamento della depressione.
All’inizio credi di poter risalire quando vuoi.
“Basta un po’ di forza di volontà”, ti dicono.
Ma non sanno che, superata una certa soglia, la fisica cambia.
Non ti manca l’aria. Ti manca la spinta.
Non provi più dolore, provi assenza.
È il momento in cui la mente smette di reagire e inizia a cedere.
Ti abitui a stare giù. Ti sembra più semplice.
Ti convinci che risalire sia solo una questione di tempo, ma nel frattempo… affondi.
Tante persone non lo capiscono.
Aspettano.
Aspettano di “sentirsi meglio”, di “ritrovare motivazione”, di “svegliarsi un giorno e avere voglia di vivere”.
Ma non funziona così.
La depressione non è una malattia nel senso classico del termine: è una serie di sfortunati eventi sulla scia della rinuncia.
Un lento abbandono di sé.
Prima smetti di fare ciò che ti piace.
Poi smetti di rispondere ai messaggi.
Poi smetti di crederci.
E infine smetti di sperare che qualcosa cambi.
È un collasso graduale della spinta vitale.
Un cedimento che non esplode: si spegne.
E più aspetti, più la risalita diventa impossibile.
Perché come in apnea, il corpo — o in questo caso, la psiche — si adatta a stare giù.
Trova una forma di equilibrio tossico, una calma apparente che sembra pace ma è anestesia.
Ti racconti che “non è poi così male”.
Che “in fondo va bene così”.
Ma è l’ossigeno che manca, non la serenità.
Ecco perché chi si ferma a guardare non deve giudicare, ma intervenire.
Non serve dire “forza e coraggio”. Serve tendere una mano.
Aiutare quella persona a fare il primo movimento verso la superficie.
Perché da soli, dopo un certo punto, non si risale più.
La depressione non è un buco nero da riempire di parole.
È una profondità da cui bisogna farsi ti**re fuori, prima che diventi abitudine.
E ricordalo: se ti senti giù, non aspettare di toccare il fondo.
L’ossigeno, come la speranza, finisce molto prima di quanto pensi.