Mila Bezzon - Counselor e Naturopata

Mila Bezzon - Counselor e Naturopata Counselor e Naturopata
Incontri individuali e di gruppo
Ideatrice di
PROGETTO IO STO BENE Se vuoi approfondire, conosciamoci. Felice che tu sia arrivato qui.

Benvenuto in questa mia pagina, dove l'interesse principale è rivolto al Benessere a 360° e alla Salute corpo-mente. Qui puoi incontrare argomenti di Naturopatia (insieme di discipline naturali per migliorare la qualità di vita) e argomenti di Counseling (idee per lo sviluppo delle risorse personali e il miglioramento delle relazioni interpersonali). Grazie
Mila

01/12/2025

“Mi chiamano il perfettino”

La storia di Marco

Perfezione e rigidità, se in eccesso tolgono gusto alla vita. Rock water e Beech 🌷sono i fiori di Bach che ci aiutano a ritrovare leggerezza!
M

...ciò che facciamo è soltanto ciò che poteva essere...
28/11/2025

...ciò che facciamo è soltanto ciò che poteva essere...

La domanda di Francesca:Come posso non sentirmi in colpa, se mi prendo dello spazio per me ?Cara Francesca, il senso di ...
27/11/2025

La domanda di Francesca:
Come posso non sentirmi in colpa, se mi prendo dello spazio per me ?

Cara Francesca, il senso di colpa nasce da un’idea sbagliata di valore.

“Ti senti in colpa perché credi che il tuo valore dipenda da quanto fai per gli altri. Ma non è così.”

Viviamo in un tempo in cui l’essere occupati è scambiato per essere importanti.
Quindi quando ti fermi, la mente va in allarme: “Sto perdendo tempo! Devo fare di più!” Ma è un’illusione culturale, non una verità. Prendersi spazio non è egoismo, è igiene mentale. Il nostro sistema nervoso ha bisogno di pause come i nostri polmoni hanno bisogno d’aria. Del resto, quando ci prendiamo tempo per noi, non stiamo togliendo nulla a nessuno, stiamo semplicemente evitando di svuotarci. La colpa arriva perchè viviamo nella testa, quella stessa testa che dice: devo fare tutto, devo essere all’altezza. Mentre il corpo, il corpo che sà, dice: respira, rallenta, stai in silenzio, riposa, cammina. E come dice il dott. Morelli, “Il senso di colpa è ciò che provi quando tradisci il tuo corpo.” Se ascolti il tuo corpo, la colpa si scioglie. E poi, lo spazio per se stessi Francesca, non è un lusso, come lo chiami tu, è un bisogno biologico; oggi viviamo di fretta, veloci, e il sistema nervoso va in sovraccarico, così arriva stress e stanchezza. Mentre, quando ci ritiriamo, il nostro cervello si ricarica e diventa più presente, più creativo, più vivo.

Se non ci prendiamo tempo per noi, facilmente diventiamo irascibili e confusi; invece lo spazio personale ci rende più disponibili e amabili. C’è una frase che amo molto: per essere gentili, bisogna essere in pace.

Chiediti: “Di cosa ho bisogno adesso?”

Ascolta la risposta del corpo, non della testa. In quell’ascolto, il senso di colpa non può resistere: è come nebbia al sole.

Prova 🙂

M

Perché il 25 novembre merita nuove parole.Domani è il 25 novembre... Nuove parole per domani. Il 25 novembre è conosciut...
24/11/2025

Perché il 25 novembre merita nuove parole.
Domani è il 25 novembre... Nuove parole per domani.


Il 25 novembre è conosciuto come la Giornata contro la violenza sulle donne. Ogni anno, però, questo titolo mi risuona addosso in modo particolare. Nel linguaggio che usiamo ci sono due parole molto forti: “contro” e “violenza”. Termini che evocano tensione, conflitto, lotta. Le parole non sono neutre: plasmano la percezione, influenzano l’immaginario, direzionano l’emozione.

Per questo, negli anni ho iniziato a chiedermi se un linguaggio più orientato alla costruzione non potrebbe aiutarci a diffondere una cultura diversa. Immagino una giornata non “contro”, ma per qualcosa:

per il rispetto della donna,
per la dignità della persona,
per relazioni sane e consapevoli.

Un cambio di prospettiva che non nega il problema, ma prova a generare un’energia più fertile.

Allo stesso tempo, riconosco che parlare di “rispetto” potrebbe apparire come un modo per addolcire un fenomeno che, invece, va guardato in faccia con chiarezza. La violenza sulle donne è reale, concreta, attuale e i linguaggi forti non servono solo a denunciare: a volte mobilitano, smuovono, fanno uscire dal torpore della nostra quotidianità. “Violenza” e “contro” possono generare disagio, sì, ma è un disagio che in certi contesti ha una funzione precisa: richiamare l’urgenza.

Eppure, proprio dentro questa complessità, sento che vale la pena continuare a riflettere sulle parole.
Possiamo nominare la violenza — perché è giusto farlo — e allo stesso tempo coltivare un linguaggio che orienti verso ciò che vogliamo costruire. Possiamo tenere insieme denuncia e visione, realtà e possibilità.

Forse dovremmo iniziare a celebrare il 25 novembre non solo come una giornata contro la violenza, ma anche come una giornata per il rispetto, per la consapevolezza, per la dignità di ogni persona... e dirlo, e dirlo con le parole, usare queste parole. Senza togliere spazio alle donne, ma ampliando l’orizzonte di ciò che vogliamo generare.

Perché le parole possono ferire, ma possono anche aprire strade nuove.

Il mio professore Raffaele Morelli diceva spesso che "le parole sono semi".

E una cultura cambia quando cambiano sia i gesti che il linguaggio che li accompagna.

M

Ne siamo solitamente inconsapevoli, ma tutti noi viaggiamo per gran parte della nostra vita, sulle montagne russe... tra...
17/11/2025

Ne siamo solitamente inconsapevoli, ma tutti noi viaggiamo per gran parte della nostra vita, sulle montagne russe... tra umore alto e umore basso, in variazioni continue e spesso debilitanti. Queste "onde o fluttuazioni" ci possono creare un instabilità interiore difficile da governare. Neppure il potere o il successo, a differenza di ciò che ci fanno credere in questa società della performance, riescono ad attenuare, se non per un breve periodo, quella certa ansiosa incertezza.

Il punto è che non siamo costruiti per una linearità emotiva.
Dentro ognuno di noi vive un piccolo universo imprevedibile... una sorta di clima interiore che cambia anche quando fuori sembra tutto sereno.

Il problema nasce quando crediamo che queste oscillazioni siano un errore, o peggio, un difetto personale.

Allora iniziamo a lottare contro il nostro stesso funzionamento naturale: ci sforziamo di essere sempre lucidi, sempre forti, sempre “in forma”. Così facendo, il caos non diminuisce… si nasconde, e quando riemerge lo fa con più forza.

Le antiche tradizioni – e anche la psicologia più recente – ci ricordano che l’equilibrio non è un punto fisso, ma un movimento continuo. È qui che entra la parte più difficile, ma anche più liberatoria: smettere di giudicare il nostro caos come un nemico.
Perché è proprio in quelle variazioni che si nasconde il messaggio che può dirci che stiamo ignorando un bisogno.

Il caos, in fondo, è un linguaggio.
E quando smettiamo di soffocarlo, diventa una bussola.

E se ora pensi al tuo caos come ad una bussola... da che parte ti vuole portare? perchè se smettiamo di pensare e cominciamo a sentire, molto probabilmente il "viaggio" si fa più interessante ;-)

M

Siamo sedute una fronte all'altra. Romina sorride e comincia."Non mi lamento, eh… non mi piace lamentarmi. Però… ultimam...
03/11/2025

Siamo sedute una fronte all'altra. Romina sorride e comincia.

"Non mi lamento, eh… non mi piace lamentarmi. Però… ultimamente mi sento stanca. Non tanto nel corpo, ma come se non avessi più una spinta dentro. Eppure continuo: vado al lavoro, mi occupo della casa, di mia madre, dei ragazzi… so che devo farlo, non c’è alternativa."

Io : Ti sento dire “devo” molte volte… come se tutto dipendesse da te. E se per un momento non dovessi fare nulla, cosa accadrebbe?

Romina sorride ancora, ma abbassa lo sguardo. "Oddio… non lo so. Mi sentirei in colpa. O inutile. È che… non riesco a fermarmi. Anche quando mi dico “oggi mi riposo”, poi trovo sempre qualcosa da fare. È più forte di me.

Mila:
È più forte di te...

Romina:
Sì. Mi dice che devo tenere duro, che non posso mollare. Che se mi fermo, tutto crolla.
E poi… chi altro lo farebbe, se non io?

Mila:
Ti sei mai chiesta da quanto tempo resisti così? Da quando hai iniziato a “tenere tutto su”?

Romina:
(una pausa lunga)
Da sempre, credo. Anche da bambina.
Se c’era un problema, io lo risolvevo. Se qualcuno stava male, io c’ero.
Non mi è mai piaciuto mostrare debolezza. Eppure… ultimamente mi capita di piangere senza motivo.
Mi spaventa, perché non è da me... mi sento debole.

Mila:
Forse non è debolezza, Romina. Forse è la parte di te che chiede spazio dopo tanto tempo.
Il corpo, a volte, è come una quercia: può reggere per anni, ma poi ha bisogno di respirare, di farsi attraversare dal vento.
Hai mai pensato che potresti restare forte… anche lasciandoti piegare un po’?

Romina:
(non risponde subito, ma gli occhi si fanno lucidi)
Non lo so se ne sono capace… anche se credo mi farebbe bene.

Mila:
Non serve farlo tutto in una volta.
Puoi cominciare con piccoli gesti... cosa ti fa stare bene nel quotidiano? nelle piccole azioni? Perchè se prendi seriamente anche il tuo "fermarti" o tenti di organizzarlo, si ricade su quel - devo farlo - che non aiuta.

Abbiamo proseguito con il nostro primo dialogo, e deposto un primo seme. Un'idea di trasformare quel “devo resistere” a “posso permettermi di vivere".

Non a caso ho portato l'esempio a Romina della quercia: OAK (quercia) è il fiore di Bach per chi come lei ha un senso del dovere costante, non riesce a fermarsi, ha difficoltà a chiedere aiuto e si sente responsabile di tutto.

Se ti senti riconosci, Oak è il fiore che fa per te. In erboristeria o in farmacia, puoi richiedere da boccetta. Sono sufficienti 4 gocce per 4 volte al dì. Oak aiuta a ritrovare la forza gentile, quella che sa dosarsi; dona coraggio con una certa elasticità per accettare l'importanza di riposare.

Con Romina ora stiamo esplorando le cose, le attività creative e rilassanti che amava fare e che ha trascurato per "dovere". E' tempo di accedere a piccoli riposi ed è necessaria una sferzata di energia creativa :-)

M

In molti casi, dietro l’ipertensione si trova un conflitto tra il bisogno di espandersi (vivere, sentire, dire, muoversi...
09/10/2025

In molti casi, dietro l’ipertensione si trova un conflitto tra il bisogno di espandersi (vivere, sentire, dire, muoversi) e la paura di perdere il controllo...

l'ipertensione è un disturbo circolatorio, caratterizzato da un aumento della forza esercitata dal sangue contro le pareti delle arterie. Come molti altri sintomi, può essere determinata da diversi fattori...

Riconoscere il momento in cui cambiare direzioneSilvia mi dice che si sente confusa; sta mettendo in discussione una sua...
08/10/2025

Riconoscere il momento in cui cambiare direzione

Silvia mi dice che si sente confusa; sta mettendo in discussione una sua decisione professionale. E’ stata convinta per alcuni anni della sua scelta, ma ora sente che qualcosa in lei è cambiato, e ciò che era “perfetto” prima, non lo è più.

Può capitare di non sentirsi più completamente sicuri di una scelta che abbiamo fatto… come Silvia. A volte sembra che quella decisione non risuoni con chi siamo veramente in questo momento. La mente può dire “Sì, va bene”, ma dentro, un piccolo ma insistente segnale ci suggerisce il contrario: “Non è questa la strada” o “Non più, non ora”.

Quel momento… è prezioso. È il momento in cui importante fermarsi.

Se sta capitando anche a te, riguardo qualche ambito della tua vita, …siediti! Prendi un bel respiro. Non correre, non forzare, non giudicare. Aspetta, osserva e lascia che la chiarezza emerga. Si esatto, non è ragionando che arriva la verità, spesso arriva semplicemente ascoltando… noi stessi.

Ricordiamoci, che cambiare idea non è un fallimento: è un atto di onestà verso se stessi. È concedersi il permesso di evolvere, di correggere la rotta e di seguire ciò che davvero risuona con la nostra natura.

La saggezza sta anche nel saper dire: “Posso cambiare direzione”.

“Non c’è coraggio più grande che fermarsi e ascoltare la propria verità, perché in quel silenzio nasce la possibilità di cambiare rotta.” – M

Non so voi, ma io adoro questo avviarsi all'autunno :-)Chiudo le finestre... e ... inizio a godere di essenze ed incensi...
02/10/2025

Non so voi, ma io adoro questo avviarsi all'autunno :-)

Chiudo le finestre... e ... inizio a godere di essenze ed incensi. Lo sapevi che l'olfatto è l'unico dei 5 sensi che attraversa il cervello rettile, la nostra parte più antica ? Ricordi, immagini, sensazioni abitano e si attivano proprio lì. Di conseguenza ciò che avviene in questa zona risulta toccare parti profonde di noi. Fragranze e resine riscaldate, hanno un effetto terapeutico per corpo e mente.

Cosa puoi fare per te?
Ti consiglio naturalmente un aroma gradevole, per te.
Per prima cosa sceglilo con cura. Sceglilo semplice e naturale, prodotto cioè da madre natura.
Privilegia l'acquisto presso la tua erboristeria o un professionista di fiducia per garantirti la qualità.

AROMI PER CASA E UFFICIO

SCEGLI TRA...

- legnetti di palo santo da bruciare
- oli essenziali puri e di qualità (da diluire in acqua nel diffusore)
- resine pure in grani (si sciolgono sul carboncino ardente - la modalità e l'intensità ricorda gli incensi utilizzati nelle chiese cristiane - vi sono aromi più o meno intensi o fioriti)
- bastoncini di incenso (ce ne sono di svariate fragranze)
- fiori di lavanda e aghi di rosmarino essiccati, sono antisettici e deodoranti per la casa (utilizza sempre il carboncino)
- carta di Eritrea, è una cartina profumata ottenuta da resine balsami naturali (da lasciar bruciare lentamente)

In conclusione, scegli bene il tuo aroma perché come dice il Pensiero Zen : "profumi e incensi allietano il cuore"!

Prova :-)
M

Vanessa ha 28 anni, è sposata, è una libera professionista. Oggi la vedo entrare in studio con gli occhi lucidi. Il volt...
29/09/2025

Vanessa ha 28 anni, è sposata, è una libera professionista. Oggi la vedo entrare in studio con gli occhi lucidi. Il volto arrossato. Sembra trattenere qualcosa.

Mi dice che c'è qualcosa che non va. Non le è chiaro cosa. Ma una cosa comincia ad essere certa: Non riesce a stare a casa da sola. Così appena sente arrivare il disagio, organizza qualcosa; qualsiasi cosa. "Mila, vado subito a casa dei miei genitori, oppure mi invento delle commissioni, l'importante è distrarmi."

Tuttavia le sue distrazioni non sono utili, anzi, si sente ancora più a disagio; sente il peso di dover inventare qualche progetto o chiedere a qualcuno un pò di compagnia.

La parola distrazione, etimologicamente significa divisione, allontanamento. Vanessa cerca di allontanarsi da qualcosa che teme. Questa è un timore che si presenta spesso (e inevitabile) nei momenti di cambiamento che la vita ci chiede. Come se qualcosa in noi, volesse avvisarci che è tempo di "cambiare pelle". Jung chiamava questo passaggio - processo di individuazione - rappresenta la costante trasformazione ed integrazione dell'essere umano, con lo scopo di conoscere sempre meglio se stesso e la propria natura; più semplicemente, per diventare chi si è davvero.

"Mila, mi fa paura", dice Vanessa.

Tutto ciò che non conosciamo può far paura cara Vanessa, dunque il tuo timore è legittimo. E si parte proprio da qui. Ciò che senti è vero e legittimo. Dunque prendiamolo seriamente.

Fase due : Evitare l'approccio superficiale del " è solo nella mia mente, devo pensare ad altro, devo darmi energia". Combattere il disagio con l'iper-azione, rappresenta - come dico io - spazzare sotto il tappeto la questione. Dunque la si sposta, non la si risolve. Per il semplice motivo che ogni disagio arriva per farsi ascoltare, non per farsi evitare.

Oggi abbiamo utilizzato una tecnica di Gestalt counselig molto efficace, Vanessa per la prima volta ha incontrato la sua solitudine. Era meno spaventosa di come se la immaginava. Anche il suo corpo a percepito un sollievo.

Più riusciamo ad avere dimestichezza con le nostre parti sconosciute, più il senso di benessere si apre al nostro corpo e alla nostra mente. Un passo alla volta Vanessa. L'incontro è l'inizio spesso di una buona e sana amicizia. Ora vediamo assieme dove ci porta.

M

A me è successo, molto probabilmente anche a te. Parlo di quella volta che ho detto: Se avessi... se fossi stata....E da...
17/09/2025

A me è successo, molto probabilmente anche a te. Parlo di quella volta che ho detto: Se avessi... se fossi stata....

E da lì, l'inizio di un dialogo interiore di rimpianti e diciamolo... di fantasie poco utili.

Comunicazione tra me e me, tra me e gli altri.

Ti faccio un esempio. Quando utilizziamo espressioni negative o restiamo intrappolati nei “se” del passato, stiamo raccontando — a noi stessi prima di tutto — di un rapporto poco armonico con ciò che siamo. Dietro quei “se” spesso si nasconde un rimorso o un rimpianto non risolto.

Si dice spesso che la comunicazione sia alla base delle relazioni. Non è solo un mezzo per farsi capire, ma un vero ponte che ci permette di costruire legami e condividere emozioni.
Le parole che scegliamo non sono mai casuali: rivelano il nostro modo di pensare e lo stato emotivo in cui ci troviamo.

Frasi come:

“Se avessi un lavoro diverso…”

“Se fossi rimasto con lui/lei…”

sono segnali di insoddisfazione e di frustrazione. Non solo appesantiscono la quotidianità, ma finiscono per indebolire corpo e mente. Ci mantengono fermi a un passato, impedendoci di concentrare energie e attenzione sul presente: l’unico luogo in cui possiamo davvero agire.

Un primo passo è osservare la nostra insoddisfazione. Guardarla bene in faccia, senza giudizio, accoglierla, e poi iniziare a suggerirci soluzioni concrete. Evitare quei “se” apre a una comunicazione più leggera, costruttiva e autentica — con se stessi e con gli altri.

Ecco alcune piccole, ma preziose abitudini che possono aiutare:

Ascoltati davvero. Impariamo a percepire le nostre emozioni e a osservare i pensieri come se li guardassimo dall’esterno. Dare un nome ai sentimenti è il primo passo per esprimerli con chiarezza. Ora aspetta, non continuare a leggere; fermati davvero e percepisci ciò che senti.

Resta nel presente. Concentrarsi sul qui e ora significa dedicarsi ad azioni concrete, evitando di disperdere energie in fantasie. Scegli un’attività che ti interessa... puoi farla ora.

Comunica a modo tuo. Ognuno ha il proprio stile comunicativo. Essere se stessi non esclude la possibilità di evolvere.

Prova :-)

M

“Penso tutto il giorno al cibo, cosa mangiare, cosa andare a comprare, cosa mi manca, di cosa ho voglia.. penso al mio p...
01/09/2025

“Penso tutto il giorno al cibo, cosa mangiare, cosa andare a comprare, cosa mi manca, di cosa ho voglia.. penso al mio pranzo, alla mia cena e agli spuntini… cosa portarmi al lavoro… si insomma Mila mi ritrovo a pensare continuamente al cibo! Non sono mai stato così e comincio a sentirmi a disagio… cosa mi succede?” – Tommaso 34 anni, geometra.

Torna il grande dialogo intorno alla relazione con il cibo, argomento profondo e delicato caro Tommaso. Come spesso tendo a ripetere, il problema con il cibo non è mai un problema con il cibo. Questa la visione simbolica e psicosomatica dei miei studi.

Questo comportamento non è un semplice fatto alimentare, ma un fenomeno psichico carico di significato simbolico; può rappresentare il bisogno di

Nutrimento emotivo → forse manca un senso di calore, affetto o sicurezza.

Nutrimento spirituale → mancanza di significato, ispirazione o connessione interiore.

Nutrimento creativo → la parte creativa non riceve attenzione, quindi cerca “energia” in altro.

Quindi il desiderio di cibo diventa un simbolo del bisogno di integrare qualcosa di essenziale per noi.

Il pensiero fisso può essere un segnale che cerca di essere compensato; per esempio, se nella vita c’è troppo controllo, si tende a cercare piacere immediato e concreto – cibo; oppure quando ci si sente con una mancanza di senso, di direzione. Come diceva Marie Von Franz, l’inconscio usa il corpo come teatro di conflitti e dunque il cibo diventa ancora una volta un linguaggio da interpretare. Il cibo è collegato al principio materno. Quando il pensiero ruota continuamente intorno a mangiare, l’inconscio potrebbe segnalare potrebbe esserci un desiderio di essere nutriti non solo fisicamente, ma emotivamente.
Se anche tu come Tommaso pensi e cerchi spesso del cibo, potresti chiederti:

“Cosa sto cercando di nutrire veramente?”

“Dove nella mia vita manca il senso di appagamento?”

“In che modo posso darmi nutrimento simbolico (creatività, relazione, significato)?”

LETTURA PSICOSOMATICA

Il corpo dice: “Ho fame”, ma la psiche chiede:

Relazione → contatto, dialogo, riconoscimento.

Significato → attività che diano valore.

Spazio interiore → momenti di creatività o introspezione.

Di cosa hai veramente fame?

Non è fame di pane, spesso è fame di vita.

M

Indirizzo

Via Dott. P. Ragazzoni, 36
Marostica
36063

Orario di apertura

Lunedì 09:00 - 20:00
Martedì 09:00 - 20:00
Mercoledì 09:00 - 20:00
Giovedì 09:00 - 20:00
Venerdì 09:00 - 20:00

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