Sergio Cavagliano Osteopata - Massoterapista

Sergio Cavagliano Osteopata - Massoterapista L'osteopatia è la mia professione ma da più di 30 anni sono uno studioso delle dinamiche umane. Co

Lo studio si trova a Milano in zona Fiera, a pochi metri dalla fermata della linea rossa della metropolitana Amendola Fiera.

08/11/2025
08/11/2025
07/11/2025

Tutti pensano che il gomito sia solo una cerniera.

Falso.

È un diplomatico che ogni giorno media tra due mondi in guerra: la forza della spalla e la precisione della mano.

Guarda l’immagine. Dentro quel piccolo incastro tra omero, radio e ulna si nasconde una delle meccaniche più intelligenti del corpo. Ogni volta che prendi un bicchiere, digiti sul telefono o tiri una palla, il gomito deve stabilizzare come una spalla, ruotare come un polso, e farlo senza mai lamentarsi.

Eppure basta una piccola perdita di equilibrio (una spalla rigida, un polso bloccato, un computer usato troppo) e il gomito comincia a protestare con un messaggio chiaro: dolore laterale o mediale, le classiche tendinopatie laterali (LET) o mediali (MET) del gomito.

Per chi non è del mestiere. Il dolore al gomito non è un problema locale. È un effetto collaterale di un sistema che ha perso coordinazione. Se la spalla non accompagna e il polso non segue, il gomito resta nel mezzo.. e paga il conto.

Per i colleghi clinici: articolazione omero-ulnare (trocleare), radio-omerale, radio-ulnare prossimale: sinergia di flesso-estensione e prono-supinazione. Stabilità statica e dinamica sostenuta dal complesso collaterale mediale (UCL) e laterale (LCL), dal legamento anulare, dalla capsula anteriore e dal contributo dei muscoli stabilizzatori.

Pattern frequente: deficit di controllo scapolare e overuse estensorio che portano ad una LET, con coinvolgimento tipico dell’ECRB.

Pattern opposto (meno frequente): scarsa coordinazione scapolare e crollo del polso in flessione/ulnardeviazione con aumento della tensione nei flessori-pronatori che porta ad una MET.

Approccio consigliato: de-tensioning scapolo-omerale, ripristino della rotazione radio-ulnare, rieducazione neuromotoria fine distale e carico progressivo specifico su estensori o flessori-pronatori, con progressione calibrata sul quadro clinico.

E quindi?

Non rinforzare solo l’avambraccio.
Rieduca la catena: spalla–gomito–mano.
Perché il dolore al gomito non nasce dalla debolezza.. ma dalla disconnessione.

“Il gomito non cede perché è fragile.
Cede perché è rimasto solo a mediare una guerra tra spalla e mano.”

Fai questo test: stendi il braccio, ruota lentamente il palmo in su e poi in giù.
Dove senti la tensione? Verso il polso? Verso la spalla? Proprio sul gomito?

Il gomito non ti tradisce.
Si stanca solo di fare da paciere tra due estremi che non si parlano più.

Post divulgativo a scopo educativo.
Non sostituisce la valutazione fisioterapica personalizzata.

06/11/2025
06/11/2025

Finalmente è martedì! Benvenuti a un nuovo episodio di “Neurolandia: il sistema nervoso come non lo avete mai visto!”

Oggi ci occupiamo di un nervo che.. fa respirare! Letteralmente.

È il nervo frenico, il vero “direttore d’orchestra” del diaframma, quel muscolo tanto amato dai fisioterapisti (e anche dai polmoni). Senza di lui, il respiro si ferma. Ma spesso non lo conosce quasi nessuno.

Preparati a un tuffo nel torace.. e a scoprire un nervo più vitale di quanto pensi.

Dove sta?

Il nervo frenico nasce dal plesso cervicale, più precisamente dalle radici spinali C3, C4 e C5 (ricordino utile: “C3, 4, 5 keep the diaphragm alive”).

Decorre anteriormente al muscolo scaleno anteriore, nel collo; scende verso il torace, attraversando lo sbocco superiore del torace. Entra nel mediastino, passa davanti all’ilo polmonare e raggiunge il diaframma, dove si divide in rami terminali.

Ha due nervi simmetrici (destro e sinistro), ma con decorso leggermente diverso per via della posizione del cuore e del fegato.

Che cosa fa?

Il nervo frenico è prevalentemente motorio, con qualche ramo sensitivo. Controlla il diaframma, principale muscolo della respirazione. Invia segnali motori per ogni inspirazione attiva. I rami sensitivi innervano pleura, pericardio, peritoneo diaframmatico e capsula epatica (in parte).

Senza il suo comando, il diaframma non si muove: addio respiro spontaneo.

Come si lamenta?

Una lesione o irritazione del nervo frenico può causare paralisi diaframmatica (monolaterale o bilaterale), difficoltà respiratoria (dispnea soprattutto da sdraiati), singhiozzo persistente (spasmo riflesso del nervo), dolore riferito alla spalla o al collo (per via dell’origine cervicale e dell’innervazione della pleura).

Attenzione: il dolore diaframmatico può “ingannare” e sembrare un dolore cervicale o scapolare.

Ruolo nella vita quotidiana

Ogni tuo respiro passa da lui. Anche adesso, mentre leggi. Quando respiri profondamente, sbadigli, tossisci, fai un esercizio diaframmatico o ti emozioni.. il nervo frenico è lì, al lavoro.

E quando è disturbato, ogni movimento toracico può diventare faticoso.

Patologie e disfunzioni

Paralisi del diaframma per trauma, chirurgia toracica, patologie neurologiche (es. sclerosi laterale amiotrofica) ma anche irritazione da processi infiammatori (pleurite, pericardite, subfrenite), compressione cervicale (ernie, spondilosi, traumi a livello C3–C5) e singhiozzo cronico per irritazione riflessa.

Curiosità neurologica

Il nervo frenico può essere stimolato manualmente in alcuni approcci fisioterapici per facilitare la respirazione diaframmatica, specialmente dopo interventi chirurgici toracici o in riabilitazione post-COVID.

E.. il singhiozzo è un’aritmia respiratoria causata proprio da scariche involontarie del frenico!

Approccio fisioterapico

Il lavoro sul nervo frenico può essere indiretto ma efficace, attraverso la rieducazione respiratoria (respirazione diaframmatica guidata), alcune tecniche manuali di mobilizzazione toracica e viscerale, il trattamento della cervicale alta (zona di origine del nervo) mobilità del torace e del diaframma post-chirurgica e anche lavorando sullo psoas, con cui condivide stretti rapporti fasciali.

In caso di paralisi monolaterale, si lavora sul compenso respiratorio e sulla postura globale.

Conclusione

Il nervo frenico non si vede.. ma si sente, eccome se si sente! Ogni respiro è un suo piccolo capolavoro.

Se un giorno il respiro ti sembra più corto o fatichi a inspirare profondamente, forse il nervo frenico ti sta chiedendo attenzione. Non ignorarlo.

Respira, ascolta, rallenta.

Ci vediamo martedì prossimo su Neurolandia.. perché quando i nervi parlano, noi impariamo ad ascoltarli. 🤗

Nota bene

Anche se a Neurolandia i nervi parlano.. la diagnosi medica la fa il medico. Quindi, se i sintomi ti fanno compagnia da troppo tempo, ascolta i segnali e confrontati con un neurologo o uno specialista medico. Noi siamo qui per spiegarti come funzionano le cose, ma la cura parte sempre da una valutazione sanitaria. E spesso, il fisioterapista è proprio il primo professionista sanitario a intercettare quei segnali e indirizzare nel modo giusto. 👏

02/11/2025

L'ippocampo è la stazione centrale dei nostri ricordi nel cervello, colui che si occupa di smistare i sogni e permetterci di ricordarli. Proprio durante la fase REM (Rapid Eye Movement) l'ippocampo ha un'attivazione ridotta.
Il suo lavoro "part time" fa sì che molte delle cose che sogniamo non passino per il processo di memorizzazione che solitamente abbiamo pienamente funzionante quando siamo svegli. Durante il giorno, infatti, l'ippocampo archivia instancabilmente nuove informazioni trasferendole nella memoria a lungo termine, che si trova diffusa nella nostra corteccia, in particolare quella del lobo frontale.
Allo stesso tempo, anche molti neurotrasmettitori con un ruolo essenziale nel consolidamento dei ricordi subiscono diminuzioni significative durante il sonno REM.
È il caso della serotonina e della norepinefrina, la cui riduzione compromette la capacità di immagazzinare le informazioni dei sogni. In ultimo, anche la corteccia prefrontale riduce drasticamente la sua attività durante questa fase.
La corteccia prefrontale è responsabile del pensiero razionale, ma anche della formazione dei ricordi e della loro effettiva conservazione. Al contrario, il sistema limbico, ovvero la zona profonda e più antica del cervello che processa le emozioni, è molto attiva!
Ecco perché spesso i sogni sono così emotivamente carichi, ma anche meno strutturati, strampalati e assurdi.
Mancando spesso di coerenza logica e temporale, diventa ulteriormente difficile
per noi ricordare lo sviluppo delle storie. Cosa succede quando ci svegliamo?
La transizione dal sonno alla veglia è un momento cruciale che deciderà quanto dei nostri sogni notturni riusciremo a ricordare quando apriamo gli occhi. Durante il risveglio, il cervello passa velocemente da una bassa attività ad una alta. Gli studi dimostrano che chi si sveglia durante o in prossimità di una fase REM aumenta di molto le probabilità di ricordare l'ultimo sogno fatto, rispetto a chi si sveglia in altre fasi del sonno. Tuttavia, proprio per la repentinità di passaggio da una bassa ad una alta attività cerebrale, i ricordi svaniscono velocemente, e senza che siano richiamati verbalmente o trascritti su un foglio, rischiano di svanire velocemente.

Perché alcuni ricordano più di altri?
La capacità di ricordare i sogni non è uguale per tutti. Alcune persone hanno una maggiore capacità di ricordare, proprio perché i livelli di attivazione dell'ippocampo e della corteccia frontale, così come i livelli di neurotrasmettitori, durante la fase
REM sono leggermente diversi da individuo a individuo. È facile intuire che giocano un ruolo essenziale le predisposizioni genetiche, ma anche le abitudini legate al sonno, la regolarità dei ritmi circadiani e quanto il nostro sonno sia disturbato.
Fattori esterni come lo stress, la spossatezza e l'assunzione di sostanze come farmaci o alcol, influenzano l'attività della fase REM molto spesso sopprimendola o limitandola fortemente, riducendo di conseguenza la probabilità che il nostro cervello generi sogni.

02/11/2025

Tutti credono che sollevare il braccio significhi “usare la spalla”.

Falso.

Il braccio si muove solo se la scapola gli dà il permesso.

Guarda questa immagine.

Ogni volta che porti il braccio sopra la testa, succede una danza perfetta: la scapola ruota verso l’alto, la clavicola si solleva e ruota all’indietro, la testa dell’omero ruota esternamente, e la spalla (quella vera, non quella che vedi allo specchio) si apre come una porta che funziona solo se tutti i cardini girano insieme.

Per chi non è del mestiere

Quando alzi il braccio e senti “tirare dietro”, non è l’artrosi, né il tendine. È la scapola che ha smesso di scivolare bene sulla gabbia toracica. È come se provassi ad aprire una porta con i cardini arrugginiti.

Risultato? Rumori, fatica, dolore, blocco.

Per i colleghi clinici

Pattern dissinergico scapolo-omerale con deficit di upward rotation e tilt posteriore della scapola, ipomobilità SC posteriore e overdrive GH.
Alterazione del ritmo scapolo-omerale, sovraccarico del cingolo, impingement secondario, instabilità microtraumatica.

Approccio: retraining scapolotoracico, controllo motorio, dissociazione e integrazione respiratoria con catene posteriori.

E quindi?

Non dire “solleva il braccio”. Dì “lascia che la scapola accompagni il movimento.” Il segreto non è spingere di più, ma sincronizzare.

“Non è il braccio che si muove.
È la scapola che decide quanto sei libero.”

Prova adesso!

Alza lentamente un braccio davanti allo specchio.
L’altra mano mettila sulla scapola.
Si muove subito o resta ferma per metà del percorso?
Scrivilo nei commenti!

La spalla non è un’articolazione.
È una squadra.
E se la scapola sciopera.. il braccio non lavora.

Post divulgativo a scopo educativo.
Non sostituisce la valutazione fisioterapica personalizzata.

Indirizzo

Via Monte Rosa 69
Milan
20149

Orario di apertura

Lunedì 09:00 - 19:30
Martedì 09:00 - 19:30
Mercoledì 09:00 - 19:30
Giovedì 09:00 - 19:30

Telefono

+393890726991

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