Forum Violenze Femminicidi

Forum Violenze Femminicidi Una comunità di donne e uomini che stringono un patto per promuovere azioni sistemiche antiviolenza.

Il file rouge sono i minori. "Bambine e bambini: il grido, l'ascolto". Un parterre specialistico dell'antimafia sociale ...
23/11/2025

Il file rouge sono i minori.
"Bambine e bambini: il grido, l'ascolto".
Un parterre specialistico dell'antimafia sociale e terzo settore avanzato, inclusivo, tra magistrata, giornalisti, psicologa degli orti sociali, presidio di Libera, attiviste ambientaliste.
"Parole e cose", fatti, analisi, strumenti, dubbi, auto-critiche e proposte da non vanificare, da mettere in rete, per non disperdere un intervento civico che deve porgere l'orecchio all'ascolto, ma anche costruire cantieri di offerta culturale primo indispensabile substrato sociale per l'emancipazione di una terra devastata dalla devianza minorile [impietosa la relazione annuale della Corte d'Appello di Catania riportati da Rosa Maria Di Natale: 577 violenze in famiglia di cui 465 violenza assistita e 112 maltrattamenti; su 889 segnalazioni di dispersione scolastica ben 211 ricorsi al corrispondente tribunale, definiti quasi sempre con la ripresa della frequenza scolastica da parte dei minori coinvolti] devastata dalla dispersione scolastica, dai tassi percentuali dei reati commessi da minorenni e relativo soggiorno negli istituti di pena minorili, dalla povertà educativa, dalle marginali prospettive di lavoro.
Dora Bonifacio, consigliera della Corte d'Appello di Catania, componente della giunta esecutiva sezionale dell'ANM, non si limita a tratteggiare l'escursus costituzionale del diritto all'istruzione pensato da padri e madri costituenti non solo come diritto/dovere libero e aperto, da assicurare ai capaci e metitevoli ben al di là di un ministero che di ispira al merito per censo e opportunità di partenza, senza rimuovere gli ostacoli che di fatto ne limitano la promozione sociale. Accenna al progetto "Liberi di scegliere" in cui lo Stato dopo aver tolto i patrimoni alle mafie ne contrasta la cultura e il perpetuarsi della violenza, sottraendogli i figli, quella manovalanza a destino unico certificato quando non si ribellano madri e familiari di un sistema patriarcale arcaico.
Del progetto, ideato dal presidente del Tribunale dei Minori, Roberto Di Bella, che da Reggio Calabria dove lo ha sperimentato in via giurisprudenziale, lo ha fatto approdare attraverso Libera, anche al parlamento siciliano, ha parlato Luigi Patitucci, presidente di Libera presidio Don Pino Puglisi, lo scorso 25 maggio all'Ars, infatti, il progetto è diventato legge regionale rivelandosi anche lo strumento - inaspettato - per la collaborazione di giustizia di ben 8 donne di famiglie mafiose.
Rosa Maria Di Natale, giornalista, scrittrice, fondatrice di blog di e della newsletter Civilia Italia, premio Ilaria Alpi 2007 e poi "Pro bono Veritatis - Livatino nel 2011 per il video documentario su "Hotel Librino", avendo incrociato per cronaca le piazze di spaccio in mano alle vedette minorenni, le inchieste sui senza tetto e i senza fissa dimora, le vittime minorenni di violenza assistita si è interrogata con accenni critici sulla professione e sul maggiore contributo che la categoria dell'informazione può dare, partendo sicuramente dalla Carta di Treviso e dal codice deontologico ma chiedendo uno sforzo di analisi e di contesto per raccontare più organicamente i singoli fatti di cronaca - quasi unendo i punti di un disegno che si delinea in filigrana ma non viene poi "visto" nella sua interezza.
Ne supporta rilievi e dati il saggista Antonio Fisichella, già presidente dell'Agenzia dei Beni confiscati alla mafia, componente dell' Associazione Memoria e Futuro, che ricorda i numeri della povertà educativa a Catania: tempo pieno a scuola solo 9%; asili nido solo 5-6%; la più alta percentuale di minori non diplomati in Italia; un distacco del 10% tra i laureati rispetto al 31% nel resto d'Italia e al 40% in Europa; una percentuale di reati minorili nel distretto della corte d'Appello di Catania che comprende anche Ragusa/Siracusa [circa 2 milioni di abitanti] che rivaleggia con il distretto campano che di abitanti ne ha 4 milioni e con l'omologo popoloso distretto laziale. Il decreto Caivano denuncia, a Catania, è diventata un'altra cosa non un intervento sulle strutture d'integrazione sociale ma un intervento sulle strutture viarie turistiche.
La psicologa Maria Fabiana Currenti, operatrice delle Fattorie sociali degli Orti del Mediterraneo, bene confiscato alla mafia in contrada Erbe Bianche a Misterbianco, vero gioiello di cooperativa sociale che include lavoratori con spettro autistico oppure messi in prova alle pene alternative, racconta il progetto ispirato alla Laudato Si' con cui producono miele, farine, conserve sperimentando i percorsi di autonomia per il "Dopo di noi" la legge per l'accudimento delle persone con disabilità alla morte di famiari e cargiver.
Non resta che ringraziare la socia e co-cordinatrice della serata Maria Caruso, imprenditrice, madre e cittadina fondatrice del ComitatoContro LaDiscarica di Misterbianco e Motta [unite nella lotta!] che non ha mai smesso di lottare per la sua comunità, la ragazza "Tienanmen" che bloccava i camion sulla strada statale 121 come non è più possibile fare dopo i decreti sicurezza mentre gli ecomostri continuano a prosperare.
Ieri sera non si è tenuto il sorteggio, pertanto, l'invito è a non mancare stasera per l'ultimo abbraccio di comunità alla e per i prossimi appuntamenti a Catania a piazza Stesicoro martedì 25 novembre con tutta la rete femminista per la e mercoledì 26 novembre per l'ultimo mercoledì del mese insieme alle associazioni della rete Restiamoumani Incontriamoci

"Cortese e gentile non sono sinonimi". Non alludono allo stesso paradigma di valori. Smontare le parole per risalire all...
23/11/2025

"Cortese e gentile non sono sinonimi".
Non alludono allo stesso paradigma di valori. Smontare le parole per risalire alla loro natura orginaria e riconsegnarle all'uso appropriato, incisivo, etimologico e attuale...è solo uno dei talenti della nostra presidente, storica, saggista, formatrice ed esperta di gestione non violenta dei conflitti, Josè Calabrò che evoca Dante e la sua Beatrice [Tanto gentile e tanto onesta pare la donna mia, quand'ella altrui saluta] per spiegare come la cortesia rappresenti un gesto che nasce dalla displina delle corti nobiliari, tenute alla distinzione dei ruoli e delle gerarchie per nascita di sangue, mentre gentile, per Dante, è la natura nobiliare dell'animo autentico e vero a cui attribuisce virtù interiori superiori alla nobiltà di nascita, sicché "gentile e onesta" aprono il sonetto del XXVI capitolo de la "Vita Nova", non certo cortese e incensurata (a buon intenditor...). L'esempio riportato prende spunto dalla scelta di "agitare" le parole e farle vivere in tanti modi, sicuramente attraverso l'arte e la bellezza che hanno aperto la mostra della II edizione della , per far discendere dalle parole le cose - a partire dalla loro materialità - con cui coniugare tradizione e innovazione: "trasformazione" l'abbiamo nominata.
Ossia, la più antica e millenaria roccia sedimentaria, la sabbia, il passato della Terra, che purificata dal biossido di silicio libera silicio purissimo, il nuovo terreno materiale dove vengono incisi i circuiti dei semiconduttori - i chip- per l'archiviazione dei dati e oggi anche l'Intelligenza Artificiale.
Ma non è solo Carofiglio a darci la traccia sulle "parole e cose" che diventano azioni e scelte molteplici.
Invero, "per costruire una visione coerente di quanto mi sembra riusciamo (o non
riusciamo) a dire delle cose, della nostra conoscenza, dello spazio, del tempo
e di noi stessi, alla luce di ciò che ci ha insegnato la fisica contemporanea", integra Calabrò, prendiamo a prestito l' ultimo libro del fisico e filosofo Carlo Rovelli «Sull’eguaglianza di tutte le cose» [Adelphi Edizioni 2025] che usa il titolo omologo dello straordinario secondo capitolo del «Zhuangzi», uno dei grandi libri dell’antichità.
Rovelli allude al ciò a cui ritiene ci conduca la scienza moderna: .
Sulle relazioni e l'intrecciarsi di tutte le prospettive, partiamo da lontano, dalle pratiche non violente del primo "sciopero bianco" del sociologo Danilo Dolci, che in Sicilia faceva scendere in sciopero i contadini a lavorare le terre per chiederne la distribuzione, che raccontava dei cerchietti intrecciati come i simboli dell'insiemistica, per trovare l'elemento di contatto, conservando la propria autonomia.
Non lontani dalla giornata internazionale dei diritti dei bambini, istituita dall'ONU il 20 novembre 1959 (con la Dichiarazione dei diritti del fanciullo) salutiamo la nomina della nostra socia Gessica Salerno a Garante per l'infanzia del Comune di Misterbianco e ringraziamo l'assessora Marina Virgillito per la presenza e l'affettuoso supporto che ci hanno accompagnato in questi giorni di frenetici preparativi per l'allestimento della seconda edizione della .
Una festa a cui non potevano mancare le musiche originali di Elisa Rasà, docente, compositrice, ideatrice di rassegne musicali.
Non potevano mancare le performance teatrali di Marinella Maugeri, [Teatro Siderurgico] poesie di Loris Malaguzzi e di Mahmoud Darwish e di Ester Anzalone [Teatro Stabile] con un brano tratto da "Quando il mondo dorme" di Francesca Albanese.
La prima parte della seconda giornata della festa è intitolata "Bambine e Bambini: il grido e l'ascolto" raccoglie le testimonianze di chi ha seguito i processi in cui, a vario titolo, sono presenti minori, perché vittime di violenza assistita e indiretta, come nel caso del quaderno " Io, giudice popolare" di Antonella Di Cataldo - processo per femminicidio a Macchia di Giarre in cui resta orfana speciale la figlia "superstite" di 7 anni.
Oppure sono vittime dirette, come le bambine tra gli 11 e i 15 anni violate per anni, raccontate nell'Urlo della madre, la lettera aperta che la "Madre Coraggio" del processo contro "Capuana e le ancelle della setta Acca" - inchiesta 12 Apostoli - scrive all'indomani della sentenza di condanna in primo grado dopo 9 anni di processo, lettura a cura di Anna Bonforte che del processo ha seguito, a nome delle associazioni femministe costituite parte civili nel processo, tutte le udienze. Chiude il caso internazionale del bambini salvati in Ucraina, tratti dal libro di Nello Scavo [corrispondente per Avvenire/Premio Nino Giuffrida Condorelli] spoilerato quasi integralmente e mirabilmente da Maria Calderone.
Josè Calabrò legge un messaggio della nostra amica di , Carla Pecis, da sempre ponte tra la Sicilia, il Mediterraneo e le terre tra Egitto e Palestina, traduttrice e ambasciatrice delle nostre "agitazioni e mobilitazioni " tra Catania e il resto d'Italia verso un mondo oppresso su cui non dobbiamo far calare l'attenzione.

Parole Parlate. Premiazioni. Fuori programma sulle adozioni. Tra vetri liberty, foto di bambini e bambine "fatti di cent...
23/11/2025

Parole Parlate. Premiazioni. Fuori programma sulle adozioni.
Tra vetri liberty, foto di bambini e bambine "fatti di cento", parole pennellate di rosso e motti sulfurei [definisci bambino] gelidamente blu, le nostre due socie Emilia Cambria e Margherita Scarcella si sono contese le parole da "manomettere" - da smontare per rimetterle in libertà come un liberto dell'antica Roma [lo schiavo che si emancipa], hanno tratto spunto dal testo prima inventato [nel romanzo "Ragionevoli dubbi"] e poi effettivamente scritto per necessità di G. Carofiglio "La manomissione delle parole", e hanno scelto le parole - e .
Il fuori programma è stata la parola seguita dalla sua più stretta compagna a cura di Martina Ásero che ha anticipato l'intervento dedicato alla seconda serata sulla questione della criticità delle adozioni [nazionali], sulle vite appese ai nomi in cui non ci si riconosce più, sulla scuola e le sue burocrazie.
La magnifica terna della premiazione Tania Anastasi, Angela Galatà, Roberto Fatuzzo ha consegnato gli attestati e le targhe agli artisti. Il sorteggio ha baciato 2 vincitori.
Venerdì 21 novembre ha visto l'inaugurazione del primo lungo abbraccio della seconda edizione della

Parole incartate. Parole pennellate. Parole e cose ispirate da molte letture sovrapposte e intrecciate come fili di ferr...
22/11/2025

Parole incartate. Parole pennellate. Parole e cose ispirate da molte letture sovrapposte e intrecciate come fili di ferro o strutture di silicio a base di sabbia e cenere dell'Etna e licheni su terrecotte embriche, luci e installazioni prismatiche con il volto di Franco Battiato, colori elettrici, pennellate come fuochi d'artificio, legno e stoffa, calpestio di proiezioni e visioni sui bianchi muri di gelsi e mappe da riscrivere con segni/semi d'infinito o di girasole, quantisticamente uguali, nel piccolo e nel grande tessuto dello spazio tempo.
Un travolgente e filosofico lavoro di messa a punto, montaggio, incastro, orlatura ha visto la generosa collaborazione artistica e intellettuale delle socie e dei soci di per dar folgorante vita alla II mostra d'arte "Parole e Cose", che diventerà presto un catalogo/quaderno, per non lasciare che l'allestimento, curato da Carmela Zuccarello con i testi della nostra presidente Josè Calabrò, resti solo sognata per i tre giorni che accompagnano la seconda edizione della .
Trasformazione - Molteplicità - Inclusione hanno guidato le suggestioni delle artiste e degli artisti in gioco Monica Scarlata, Mario Principato, Giusy Trovato, Filippa Adornetto, Carmela Zuccarello, Enzo Scuderi, Nuccio Guarnera, Mirella Puglisi, Alice Sajia, Salvo Musumeci, Fiorella Sturniolo, creando uno spazio magico nella Sala Artemisia Gentileschi diventata subito lo spazio di un happening di parole agitate e agite per non farsele rubare, manomettere, svuotare.
Tornate a trovarci domani sera, domenica 23 novembre per l'ultimo abbraccio con la

Apertura della mostra d'arte, oggi pomeriggio dalle 17,00 allo Stabilimento Monaco, "primo abbraccio" con la seconda edi...
21/11/2025

Apertura della mostra d'arte, oggi pomeriggio dalle 17,00 allo Stabilimento Monaco, "primo abbraccio" con la seconda edizione della : "Parole e cose" è la traccia che evoca le trasformazioni a partire dalla materialità di sabbia, licheni, carta, cocci spezzati che fioriscono in parole, trasformazioni che intrecciano lo sguardo dei bambini e delle bambine che "sono fatti di cento" come suggerisce una poesia di Loris Malaguzzi [cento lingue, cento mani, cento pensieri, cento allegrie, cento mondi da sognare...] e la molteplicità si fa arte, e poi cento cento cento, per dire la potenzialità inesplorata della ricchezza di ogni creatura bambina.
Ci saranno le autrici e gli autori delle opere esposte in Sala "Artemisia Gentileschi" mostra allestita dalla nostra socia Carmela Zuccarello, le installazioni sono state curate da Fiorella Sturniolo e Salvo Musumeci, tra gli artisti Nuccio Guarnera e Mirella Puglisi Mario Principato, Giusy Trovato Filippa Adornetto.
A guidare le "Parole Parlate" che introducono un commento a partire dal libro "La manomissione delle parole" di G. Carofiglio, Emilia Cambria e Margherita Scarcella.
A premiare tre personalità artistiche e di sostegno della nostra comunità come Angela Galatà, Tania Anastasi, Roberto Fatuzzo.
Non mancate!

Torna la   alla sua seconda edizione il cui filo d’Arianna è legato al ciclo della vita e della nascita attraverso gli a...
15/11/2025

Torna la alla sua seconda edizione il cui filo d’Arianna è legato al ciclo della vita e della nascita attraverso gli alberi, le bambine e i bambini, gli antenati.
Saranno tre giorni festa in cui arte, inclusione e comunità detteranno le forme, le parole, i luoghi in cui scomporre violenza e stereotipi, farne materia di ricerca e di decostruzione attraverso pratiche e saperi riconsegnati all'esperienza di chi partecipa e di chi prova a fornire "parole" e "azioni" per abbracciare la complessità.

Ne scegliamo alcune per il nostro impegno, ci ricorda la nostra presidente Josè Calabrò, animatrice di percorsi collettivi per antonomasia:
🌗 Vedere sia la bellezza che l'orrore.
⏱️ Custodire la memoria.
🌈 Costruire visioni di speranza.
"Venirsi Incontro è un passo concreto.
Lontani da ipocrisia e accondiscendenza, cerchiamo l'ascolto e ciò che ci accomuna.
Abbracciamo il Dubbio. Ci ferma, ci mette in crisi, ma è la condizione per vedere gli intrecci e superare le risposte facili che ci vengono imposte.
Del resto, complessità deriva dal latino complexus, participio passato di complecti: abbracciare, comprendere, intrecciare.
Per questo, abbracciamoci spesso e davvero".

Tre giorni di incontri, di musica e performance, di arti visive, premiazioni, sorteggi, mappature di comunità in pietra e online, perché anche dal materiale apparentemente più povero nascono le trasformazioni più avveniristiche e sabbia e silicio possono fiorire in un vetro o in un byte.
Le collaborazioni sono tra le più prestigiose , si aggiungono l'associazionismo sociale presente nel territorio insieme al patrocinio del Comune di Misterbianco, ci trovate allo Stabilimento Monaco, il nostro rigenerato patrimonio di archeologia industriale riconvertito in bene culturale fruibile tra Sala Artemisia Gentileschi e Sala Giarrizzo da venerdì 21 novembre a domenica 23 - dalle 17,00 alle 20,00 - per tre pomeriggi d'incanto e conoscenza.
Ti aspettiamo!

Violenza sulle donne, la pronuncia della Cassazione: vittima credibile anche se ritratta la denuncia6 Novembre 2025  Liv...
06/11/2025

Violenza sulle donne, la pronuncia della Cassazione: vittima credibile anche se ritratta la denuncia
6 Novembre 2025 Livia Zancaner

La donna vittima di violenza domestica deve essere considerata credibile, anche se ritratta le accuse nei confronti del maltrattante e torna nella relazione con l’autore degli abusi, poichè tali comportamenti rientrano nel cosiddetto “ciclo della violenza” che gli operatori sono tenuti a conoscere.

E’ quanto sancisce, in sostanza, la nuova pronuncia della Corte di Cassazione, datata 11 settembre 2025, che ha rigettato il ricorso presentato da un uomo, contro la condanna del tribunale di Avellino confermata dalla corte di appello di Napoli, per il delitto di maltrattamenti ai danni della convivente. Ricorso basato sulla non credibilità della persona offesa e sui suoi presunti comportamenti contraddittori: messaggi affettuosi, tentativi di riavvicinamento, ritardi nella denuncia. Argomentazioni «inammissibili e non fondate», secondo i giudici della sesta sezione penale della Cassazione – presidente Massimo Ricciarelli, relatrice Paola Di Nicola Travaglini, consigliera estensora – alla luce della giurisprudenza sui reati di maltrattamenti in famiglia e violenza di genere, che riconosce il ciclo della violenza nelle relazioni e la violenza psicologica.

La pronuncia della Corte
«L’apparato argomentativo delle sentenze di merito ha in sostanza ritenuto – scrive la Cassazione – che il riavvicinamento della persona offesa all’imputato nonostante le gravi violenze subite e il lungo tempo di reazione rispetto alla denuncia, non avessero inciso affatto sulla sua credibilità, ma, al contrario, fossero espressivi di canoni consolidati traducibili in massime di esperienza… fondate sulle evidenze dell’ampia casistica giurisprudenziale, circa i comportamenti tenuti dalle persone offese di reati commessi in contesti di coppia rappresentative del ciclo della violenza». Modello , quest’ultimo, da decenni oggetto di studi a livello nazionale ed internazionale e che «aiuta a comprendere come e perché si sviluppano e si ripetono le dinamiche abusive nelle relazioni intime».

Il “ciclo della violenza”
Le condotte riferite dalla persona offesa, con le sue paure e i suoi ripensamenti, danno puntuale conto del ciclo della violenza, riconosciuto in giurisprudenza e nella letteratura scientifica, scrivono i magistrati. Ciclo che si compone di tre fasi. La prima è la fase della tensione, in cui l’uomo mostra irritabilità, ostilità e freddezza; assume comportamenti volti a colpevolizzare, umiliare e sminuire l’identità la compagna; impone divieti rispetto alla sua vita sociale. In questo momento la donna – già vittima di violenza psicologica – cerca di evitare l’escalation della violenza, accontentando il partner e isolandosi. Nella seconda fase, quella dell’esplosione, la violenza diventa fisica: si tratta del momento più pericoloso per la vita della donna. Poi c’è la fase della luna di miele, che coincide con il pentimento e le rassicurazioni da parte del maltrattante, il quale convince la vittima a tornare nella relazione.

Dipendenza e vulnerabilità
Il ciclo della violenza tende a ripetersi nel tempo, «in una spirale strutturata che spiega perché molte vittime di violenza domestica ritornano nella relazione maltrattante, ritrattano le accuse e non sono più in grado di uscirne, sempre più immobilizzate da paura, isolamento e dipendenza (soprattutto economica), acquisendo una condizione di particolare vulnerabilità», spiegano i giudici.

Numerosi organismi internazionali come l’Onu – Organizzazione nazioni unite -, l’Oms – Organizzazione mondiale della sanità, il Cedaw – Comitato per l’eliminazione della discriminazione contro le donne – il Consiglio d’Europa, il Grevio (gruppo di esperti sulla lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, per la valutazione dell’effettiva applicazione della Convenzione di Istanbul) riconoscono la struttura ciclica della violenza domestica e la necessità di valutarne le specifiche dinamiche psicologiche nella risposta giudiziaria e nella protezione delle vittime. Dal punto di vista normativo, le stesse fonti sovranazionali tengono conto del ciclo della violenza e della vulnerabilità della vittima.

Attendibilità della vittima
La testimonianza della vittima è valida e utilizzabile anche senza riscontri esterni, purché il giudice ne faccia un vaglio approfondito. Al pari di qualsiasi altra testimonianza, sottolinea la Cassazione, la dichiarazione della persona offesa è assistita dalla presunzione di attendibilità, come previsto dal codice di procedura penale e comunque l’attendibilità intrinseca del racconto e la sua credibilità costituiscono questioni di merito non censurabili in sede di legittimità, se non a fronte di manifeste contraddizioni. Come già spiegato, inoltre, i momenti di riavvicinamento della donna all’imputato non minano la credibilità della vittima. Sono fenomeni coerenti con il ciclo della violenza, spesso frutto di manipolazione, paura o dipendenza affettiva. La vittima era incinta e l’uomo minacciava di toglierle il figlio.

Ritardo nella denuncia
Il fatto che la persona offesa non abbia denunciato nell’immediato le condotte maltrattanti deve essere inquadrata e contestualizzata nel tipo di relazione in cui gli abusi si sono consumati, spiegano i giudici e, soprattutto, nel momento preciso del ciclo della violenza. La Cassazione ricorda che il reato di maltrattamenti è procedibile d’ufficio: ciò significa che il momento della denuncia è rimesso alla scelta della vittima e non può ritorcersi contro di lei.

Le motivazioni che inducono la persona, vittima di violenza domestica, a denunciare in un determinato momento e non in un altro, sono le più varie, sono valutazioni personali e soggettive e non possono mettere in dubbio di per sé la credibilità della donna. Sono decisioni legate, ad esempio, alla paura, al timore di ripercussioni, alla speranza che la situazione possa migliorare, a un tentativo di evitare la rottura, visto il legame affettivo che lega la vittima di violenza domestica al maltrattante.

Violenza psicologica
La Corte ribadisce che la violenza domestica comprende non solo atti fisici, ma anche violenza psicologica, forma autonoma a cui spesso seguono altre forme di abuso, come definito dalla Convenzione di Istanbul e dalla giurisprudenza europea. Le doglianze del ricorrente – prosegue la Corte – mirano a ribaltare l’accertamento penale, spostando l’attenzione dalla condotta dell’imputato ai comportamenti della vittima. L’uomo si è infatti soffermato solo sulla violenza fisica, ignorando le altre forme di violenza, soprattutto quella psicologica.

La Cassazione, respingendo il ricorso, ritiene dunque la testimonianza della vittima coerente e credibile; le condotte e il ritardo nella denuncia spiegabili alla luce del ciclo della violenza; corretta la valutazione dei giudici di merito in linea con il diritto interno e internazionale.

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Se stai subendo stalking, violenza verbale o psicologica, violenza fisica puoi chiamare per avere aiuto o anche solo per chiedere un consiglio il 1522 (il numero è gratuito anche dai cellulari). Se preferisci, puoi chattare con le operatrici direttamente da qui.

Puoi rivolgerti a uno dei numerosi centri antiviolenza sul territorio nazionale, dove potrai trovare ascolto, consigli pratici e una rete di supporto concreto. La lista dei centri aderenti alla rete D.i.Re è qui.

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Oltre le statistiche: perché è necessario contare i femminicidiIn Italia non esiste un conteggio ufficiale dei femminici...
05/11/2025

Oltre le statistiche: perché è necessario contare i femminicidi
In Italia non esiste un conteggio ufficiale dei femminicidi. Nel suo nuovo libro, Donata Columbro fa luce sull’assenza di dati affidabili legati alla violenza di genere, mostrando come l’informazione statistica possa diventare uno strumento di memoria e prevenzione.

di Giulia Mattioli

Nella società digitale, in cui tutto si misura, si conta, si archivia e si analizza, manca un dato clamoroso: quante donne vengono uccise ogni anno per il solo fatto di essere donne? Non lo sappiamo con precisione. Non in Italia. Non nel Regno Unito. Non in Francia, né negli Stati Uniti o in Russia. Eppure, il fenomeno del femminicidio - l’uccisione di una donna da parte di chi non accetta la sua libertà, il suo rifiuto, la sua autonomia - racconta qualcosa di profondo sulla nostra cultura. È la manifestazione estrema di una struttura patriarcale che punisce le donne quando smettono di stare ‘al loro posto’. Ma senza dati, senza analisi, questa forma di violenza dalla matrice così spiccatamente culturale rischia di perdersi tra le pieghe di una narrazione incompleta. Donata Columbro, giornalista e divulgatrice esperta di dati, affronta questo vuoto con il suo nuovo libro, Perché contare i femminicidi è un atto politico (Feltrinelli), offrendo un’analisi critica che riflette sul significato dei dati e sul modo in cui vengono raccolti, raccontati e usati nella narrazione pubblica.

Perché contare i femminicidi
“Il femminicidio non è un fatto privato, ma l’espressione di una violenza e di un abuso di potere sostenuto dalla struttura patriarcale delle istituzioni e di una cultura che vede l’egemonia maschile come normale, statisticamente e socialmente” scrive l’autrice, che nella prima parte del libro decostruisce con chiarezza una convinzione ancora molto diffusa: che i dati siano oggettivi, neutri, apolitici. Al contrario, Columbro mostra come la decisione di cosa contare, come farlo e con quali strumenti, sia essa stessa un gesto politico, che può riconoscere o insabbiare la violenza di genere, le sue cause, le sue ramificazioni.

In Italia non esiste un database pubblico, accessibile e aggiornato sui femminicidi. Non c’è un conteggio ufficiale. Il sito istituzionale preposto al monitoraggio della violenza di genere è spesso inutilizzabile o vuoto, fa notare la giornalista. I dati, quando ci sono, sono disomogenei, incompleti, aggregati in modo da rendere difficile qualunque lettura critica. E poche persone lo sanno. Anche molti giornalisti lo ignorano, afferma l’autrice del libro: “Diamo per scontato che se esiste un fenomeno sociale di particolare rilevanza qualcuno lo stia monitorando, misurando, attraverso una raccolta dati. Ma non è così. Produrre dati è una scelta politica, perché è una pratica costosa, in termini economici e di risorse umane. Per esempio, l’ultima indagine relativa alla sicurezza delle donne è del 2014, siamo indietro di undici anni, quella nuova dovrebbe uscire a novembre ma abbiamo un buco enorme di dati. L’unica analisi istituzionale delle sentenze sui femminicidi, è relativa agli anni 2017-2018, e invece dovrebbe essere fatta ogni biennio. Certo, bisogna coinvolgere tantissime professionalità e persone esperte, ma senza dati aggiornati non possiamo nemmeno sapere se le misure di prevenzione e le politiche di contrasto alla violenza stanno funzionando”. Questo è un tema cruciale: avere a disposizione queste informazioni è fondamentale per comprendere le dinamiche che portano alla violenza, individuare i fattori di rischio, migliorare le politiche di prevenzione, valutare l’efficacia delle leggi, salvare vite. Senza dati, anche la più severa delle leggi resta un guscio vuoto.

Nel suo libro, Columbro racconta con passione e rigore come contare non significhi semplicemente sommare, ma ricostruire storie, restituire visibilità a chi non ha più voce. Contare i femminicidi serve a riconoscere pattern comuni, errori sistemici, omissioni istituzionali, come quando una donna aveva già denunciato il suo aggressore, o quando l’autore del crimine era sottoposto a una misura cautelare ignorata. Non si tratta di un esercizio accademico, ma di un atto femminista e di giustizia sociale, rivendica con forza Columbro. Il suo è un lavoro di scavo, di cura, di memoria, e anche di costruzione politica: ogni donna uccisa è parte di un sistema, non di una tragedia isolata.

Ripensare al dato in chiave femminista
La prospettiva che l’autrice abbraccia è quella elaborata nel 2020 Catherine D’Ignazio e Lauren Klein nel libro Data Feminism, che propone sette principi per chi lavora con i dati, ispirati al femminismo intersezionale e attenti alle dinamiche di potere e privilegio che attraversano la società. “Il fatto che vengano raccolti dei dati su un certo argomento, o non raccolti, è una questione di potere, e il femminismo dei dati cerca di individuare chi detiene questo potere, ma anche di chi esercita un contro-potere producendo dataset e contro-archivi per colmare questi gap”, spiega Columbro.

Contare, in questo senso, è un gesto di resistenza. È guardare l’intero iceberg della violenza, non solo la sua tragica punta, ma anche la massa sommersa di disuguaglianze, di egemonia patriarcale, di maschilità tossica e silenziosa. È anche un modo per sostenere le donne vive, le sopravvissute, mostrando che non sono sole, che la loro esperienza non è un’anomalia, ma parte di un fenomeno strutturale, e quindi prevenibile. Si tratta di un approccio nato nei movimenti dal basso, spesso in risposta all’inerzia o all’inefficienza istituzionale: è il caso di María Salguero Bañuelos, che in Messico ha iniziato da sola a mappare i femminicidi nel suo Paese, diventando oggi una delle fonti più autorevoli sul tema. In Italia, realtà come Non Una di Meno e la Casa delle donne di Bologna fanno lo stesso: creano contro-archivi, raccolgono testimonianze, rendono visibile l’invisibile.

Il libro di Donata Columbro è anche un’accusa alle istituzioni che non monitorano, non misurano e quindi non agiscono. L’autrice cita, ad esempio, l’analisi di venti sentenze di femminicidio effettuata dalla Commissione parlamentare d’inchiesta nel 2018 attraverso un approccio ispirato alla domestic homicide review, uno strumento già adottato nel Regno Unito e traducibile come ‘esame retrospettivo di un omicidio domestico’ (è uno dei metodi, sottolinea la giornalista, che potrebbe essere introdotto anche in Italia, investendo in risorse adeguate). In quell’occasione, la Commissione riscontrava che “Nell’ottica della valutazione dell’alto rischio, in diciannove casi il femminicidio era prevedibile. Molti di questi erano addirittura presumibilmente evitabili”. In 19 casi su 20, l’omicidio era prevedibile. Eppure, ancora oggi, ogni 25 novembre si mettono in discussione i numeri del femminicidio, si chiede alle femministe di essere ‘oggettive’, “Come se l’empatia e la rabbia con cui dopo ogni femminicidio scendono in piazza non le rendessero interlocutrici credibili”.

Il negazionismo dei femminicidi
“La spinta per scrivere questo libro credo sia arrivata dopo l’omicidio di Giulia Cecchettin, quando ho visto aumentare i commenti ma anche i contenuti editoriali, le dichiarazioni pubbliche di persone che in qualche modo negavano la portata dei femminicidi e della violenza di genere. Ho cominciato a osservare questo fenomeno della ‘negazione’ che è aumentato di mese in mese, finché oggi mi sembra praticamente ammesso come pensiero comune”, afferma Columbro. Ma perché si arriva a negare il concetto stesso di femminicidio? “Per rispondere occorrerebbe un altro libro intero”, scherza amareggiata. Basta dare un’occhiata ai post social in cui si promuove il libro per leggere commenti di utenti – soprattutto uomini, naturalmente – che si affannano a spiegare perché il concetto di femminicidio sia sbagliato, perché la portata del fenomeno non sia tale da preoccupare, e perché se qualche osservazione viene dalla galassia femminista non deve neanche essere presa in considerazione in quanto ‘faziosa’. “Si nega che le disuguaglianze di oggi siano il risultato di precise scelte politiche, e si preferisce considerarle come ‘naturali’. Se una donna dedica più tempo alla cura dei familiari, è perché sarebbe ‘portata’ per farlo; se non occupa posizioni di potere, è perché non è ‘adatta’. In questa visione, la violenza di genere non viene riconosciuta come una forma di oppressione strutturale: il patriarcato non esiste, la violenza è un fatto privato, e spesso la colpa viene ribaltata sulla donna stessa, per la sua libertà, per i suoi comportamenti, per non essersi ‘fatta proteggere’ da un uomo. Oppure la colpa viene attribuita a un capro espiatorio, lo straniero. Negare il carattere sistemico dei femminicidi significa, in fondo, dire che non c’è nulla di particolare: sono solo omicidi di esseri umani di sesso femminile, un fatto isolato, statisticamente irrilevante. E che le femministe ne parlano solo per ottenere visibilità o finanziamenti”.

“Non è la cifra esatta dei femminicidi a doverci interessare se vogliamo arginare il fenomeno, ma quello che può dirci ogni caso, ogni storia, quali sono gli elementi in comune di questi omicidi e quali sono gli abusi di origine patriarcale che hanno preceduto questa violenza estrema”, conclude l’autrice. “Scrivendo ho scoperto le storie di tante associazioni, attiviste, giornaliste che ‘contano’ i femminicidi e lo fanno proprio con questo obiettivo, ritrovare i segni delle oppressioni sistemiche contro le donne nella nostra società e restituire dignità alle donne uccise”.

Oltre le statistiche: perché i femminicidi vanno contati - d la Repubblica https://share.google/RjAbKYTOHOfME65hD

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