28/11/2025
Era una mattina come tante, il sole scaldava appena il marciapiede davanti al negozio, quando l’ho visto.
Il nostro vicino, un signore anziano, sempre gentile, di quelli che salutano con un sorriso anche se li conosci appena , si è avvicinato lentamente, con il passo un po’ incerto. Si è fermato davanti a me e, quasi con un sospiro di sollievo, ha iniziato a parlare.
Mi ha raccontato di quando, qualche settimana fa, ha avuto un infarto. Le sue parole non erano drammatiche, né cercavano compassione: erano il racconto asciutto e lucido di chi ha visto la vita da vicino, e l’ha quasi persa. Gli hanno messo un pacemaker, diceva, e ora deve stare attento a tante cose. Ma la cosa che più gli pesava, sembrava essere un’altra: la solitudine. Aveva bisogno di raccontarlo, non tanto per l’evento in sé, ma perché voleva essere ascoltato. Aveva bisogno che qualcuno sapesse.
👂 L’importanza dell’ascolto
Mentre parlava, mi sono reso conto di quanto poco basti, a volte, per fare la differenza. Solo stare lì, in silenzio, ad ascoltare. Un gesto semplice, eppure così raro. Il suo volto si è disteso, le parole fluivano come un fiume che da troppo tempo era stato trattenuto da una diga invisibile. Non cercava soluzioni, né pietà. Solo presenza.
E allora mi è venuto da pensare: quanti anziani, nelle nostre famiglie, nei nostri palazzi, nei nostri paesi, hanno bisogno proprio di questo? Di qualcuno che li ascolti. Di qualcuno che entri nella loro giornata non solo per portare la spesa o per fare un favore, ma per sedersi cinque minuti a sentire una storia. O magari per farsela raccontare mille volte.
🧠 Il cervello ha bisogno di relazioni
La scienza lo conferma: la solitudine è uno dei principali fattori di rischio per la salute degli anziani. Le ricerche dimostrano che le relazioni sociali significative aiutano a prevenire il declino cognitivo, riducono il rischio di depressione e addirittura aumentano l’aspettativa di vita. Parlare, raccontare, sentirsi utili e ascoltati non è solo un conforto: è una cura.
Il cervello umano è un organo sociale. Le connessioni affettive e le interazioni quotidiane attivano le aree del cervello legate alla memoria, al linguaggio, all’orientamento emotivo. E tutto questo tiene viva l’identità, anche quando gli anni iniziano a pesare.
❤️ Il tempo che regali, non lo perdi
Per questo vi dico: passate a trovare i vostri nonni, i vostri genitori anziani, gli zii, i vicini soli. Fermatevi a prendere un caffè, fatevi raccontare com’era il paese cinquant’anni fa, oppure chiedete consiglio su qualcosa. Loro hanno bisogno di sentirsi importanti, sì. Ma in realtà, siamo noi ad aver bisogno di loro, anche se ce ne dimentichiamo.
E se un giorno, davanti a un negozio, un anziano si ferma per raccontarvi qualcosa, ascoltatelo. Forse non è solo una storia. È una richiesta d’aiuto silenziosa. È una carezza che chiede di essere ricambiata. È vita vera, che ha ancora tanto da insegnare.
~ Dott. Luca Martignon