IL Medico Condotto

IL Medico Condotto Il medico condotto era un dipendente del comune che prestava assistenza sanitaria gratuita ai poveri e con un piccolo compenso per gli altri cittadini.

Il blog nasce con l'intento di aumentare la capacità di riconoscere le più frequenti malattie otorinolaringoiatriche, cutanee, veneree, odontostomatologiche e del cavo orale, dell'apparato locomotore e di quello visivo, indicandone i principali indirizzi di prevenzione, diagnosi e terapia per una visione più ampia dello stato di salute generale della persona e delle sue esigenze generali di benessere e la capacità di integrare in una valutazione globale ed unitaria dello stato complessivo di salute del singolo individuo adulto ed anziano i sintomi, i segni e le alterazioni strutturali e funzionali dei singoli organi ed apparati, aggregandoli sotto il profilo preventivo, diagnostico, terapeutico e riabilitativo; come la capacità di individuare le condizioni che, nel suindicato ambito, necessitano dell'apporto professionale dello specialista.

Accesso alla salute: le diseguaglianze sanitarie tra Nord e Sud in crescita!Le diseguaglianze sanitarie tra Nord e Sud r...
17/09/2025

Accesso alla salute: le diseguaglianze sanitarie tra Nord e Sud in crescita!

Le diseguaglianze sanitarie tra Nord e Sud restano marcate e strutturali. A distanza di 164 anni, la questione meridionale si manifesta in modo evidente attraverso le carenze dei servizi fondamentali come sanità e istruzione nel Sud Italia, riflettendo il divario storico e strutturale rispetto al Nord. Lo conferma il Rapporto SDGs 2025, che analizza lo stato di avanzamento dell’Agenda 2030 attraverso 320 misure statistiche, molte delle quali evidenziano un ritardo persistente delle regioni meridionali.
Le diseguaglianze sanitarie tra Nord e Sud restano marcate e strutturali. Lo conferma il Rapporto SDGs 2025 curato dall’Istat, che analizza lo stato di avanzamento dell’Agenda 2030 attraverso 320 misure statistiche, molte delle quali evidenziano un ritardo persistente delle regioni meridionali rispetto alla media nazionale, soprattutto in riferimento al Goal 3 “Salute e benessere” e al Goal 10 “Ridurre le disuguaglianze”.
La "questione meridionale" è un fenomeno complesso che ha radici risalenti all'unificazione italiana nel XIX secolo, quando le disparità economiche e sociali tra Nord e Sud si sono profondamente consolidate. Queste differenze si sono riflesse nel tempo in minori investimenti pubblici e privati nelle regioni meridionali, specialmente nelle infrastrutture di base e nei servizi essenziali.
Nel Mezzogiorno oltre il 60% degli indicatori SDGs considerati si colloca in posizione peggiore rispetto al valore medio italiano. Le aree più penalizzate risultano Campania, Calabria e Sicilia, dove le criticità si sommano in più ambiti: povertà, accesso ai servizi sanitari, istruzione, occupazione e salute. In queste tre regioni, la quota di popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale supera il 40%, contro valori inferiori al 15% in quasi tutte le regioni settentrionali.
Il Sud Italia presenta ancora oggi problemi strutturali nel sistema sanitario, tra cui una minore dotazione di ospedali, carenza di personale medico e infermieristico, e lunghi tempi di attesa per prestazioni mediche. Questi fattori contribuiscono a una maggiore disparità nell'accesso alle cure rispetto al Nord, influendo negativamente sulla qualità della vita e sulla salute delle popolazioni meridionali.
La dotazione di infrastrutture sanitarie riflette il divario: nel Sud, la disponibilità di posti letto ospedalieri è di 27,1 ogni 10mila abitanti, contro i 32,5 del Nord-Ovest. Una forbice che si traduce in maggiori difficoltà nell’accesso alle cure e in tempi di attesa più lunghi, in particolare per prestazioni specialistiche e diagnostiche.
Questi ritardi sono il risultato di fattori storici, economici e politici che includono un minore sviluppo industriale, scarsità di investimenti pubblici, inefficienze amministrative e fenomeni di clientelismo e corruzione. Il divario nei servizi essenziali contribuisce a rafforzare le disuguaglianze socio-economiche tra Nord e Sud, influenzando la mobilità sociale e la coesione nazionale.
La situazione si aggrava nelle aree interne e nei piccoli comuni, dove i servizi sanitari risultano spesso sottodimensionati o assenti. Il Rapporto sottolinea come, in queste zone, la carenza di offerta pubblica renda più difficile la presa in carico delle patologie croniche, in un contesto segnato anche da invecchiamento demografico e mobilità sanitaria passiva.

Il Goal 1 (“Povertà zero”) incrocia i dati sanitari con quelli sociali: nel 2024, oltre 13,5 milioni di persone (il 23,1% della popolazione italiana) risultano a rischio di povertà o esclusione sociale. Il rischio è doppio per le famiglie con cittadinanza straniera. L’intersezione tra condizioni economiche svantaggiate e limitato accesso alle cure alimenta un ciclo che incide negativamente su prevenzione, aderenza terapeutica e outcome clinici.

Secondo le analisi territoriali del Rapporto, nelle regioni del Nord (Valle d’Aosta, Lombardia, Friuli-Venezia Giulia) oltre la metà degli indicatori SDGs risulta in posizione migliore della media nazionale. All’estremo opposto, solo un quarto delle misure nelle regioni del Sud evidenzia un posizionamento favorevole.

Nonostante una lenta convergenza osservata in alcuni indicatori di lungo periodo, il divario resta ampio. Il miglioramento registrato in regioni come Abruzzo e Sicilia nell’ultimo anno non è sufficiente a colmare gli squilibri storici. Il fabbisogno di interventi strutturali rimane elevato, soprattutto in termini di investimenti in medicina territoriale, digitalizzazione, personale sanitario e governance integrata.

Il Rapporto richiama la necessità di azioni mirate per ridurre i divari e garantire equità nell’accesso alla salute su tutto il territorio nazionale. Un obiettivo che si intreccia con l’attuazione della Missione 6 del PNRR e con il monitoraggio dei Livelli essenziali di assistenza (LEA), ancora disattesi in più di una regione. La coerenza tra programmazione sanitaria e strategia di sviluppo sostenibile, conclude l’Istat, rappresenta una delle sfide decisive per il futuro del sistema sanitario italiano.
La risoluzione della questione meridionale richiederebbe un impegno continuo e integrato, che includa investimenti mirati, riforme amministrative e politiche di inclusione sociale. il mancato adeguamento dei servizi di sanità e scuola nel Sud Italia rappresenta un nodo centrale della questione meridionale, che continua a influenzare profondamente il benessere e lo sviluppo dell’area. Nei governi italiani dall’Unità a oggi, la questione meridionale è stata spesso presente a parole ma mai affrontata con continuità e decisione.
Molte politiche pubbliche si sono rivelate inefficaci, frammentate o, addirittura, hanno accentuato il divario Nord-Sud (ad esempio gli investimenti pubblici in media più al Nord che al Sud dal 1971 in poi). Gli interessi politici ed economici consolidati (tra cui l’alleanza tra industriali del Nord e latifondisti meridionali) hanno spesso ostacolato soluzioni strutturali.
La cronica Carenza di informazione e attenzione mediatica.
La complessità della questione meridionale è poco presente nel dibattito pubblico nazionale e spesso relegata a questioni marginali o emergenziali.
L’attenzione mediatica tende a concentrarsi su temi più immediati o sensazionalistici, mentre la questione meridionale, profondamente radicata e strutturale, viene percepita come difficile da risolvere o rassegnata.
Questo contribuisce a un generale distacco e mancata consapevolezza nelle persone non direttamente coinvolte.
La difficile condizione economica, l’alto tasso di emigrazione, la scarsa qualità dei servizi (sanità, istruzione, infrastrutture) e una certa diffidenza verso le istituzioni hanno limitato la possibilità di un attivo protagonismo sociale e politico locale.
L’isolamento e le dinamiche di clientelismo hanno indebolito la partecipazione civica e la capacità di autocoscienza collettiva necessaria per far emergere e sostenere il problema a livello nazionale.
Il rappresentare il Sud come “colonia interna” dello Stato italiano, giustificano e minimizzano il ruolo dello Stato e delle élite nazionali nel perpetuare le disuguaglianze.
Questo genera confusione e conflitto interno nella comprensione del fenomeno, ostacolando un consenso ampio e duraturo sulla necessità di un cambiamento profondo.
Le soluzioni adottate, come la Cassa per il Mezzogiorno o altre iniziative, hanno avuto effetti limitati o temporanei.
Ancora oggi il divario economico, sociale e culturale tra Nord e Sud persiste, alimentando la sfiducia e la rassegnazione, che scoraggiano la discussione pubblica e la mobilitazione collettiva.
Molte persone ignorano la questione meridionale perché è da tempo caricata di stereotipi ideologici, è stata poco o male trattata dalla politica e dai media, e la sua complessità strutturale scoraggia una reale consapevolezza. Inoltre, fattori storici di disuguaglianza, una narrazione dominante settentrionale e la mancanza di efficaci politiche pubbliche hanno contribuito a mantenere questo problema nell’ombra o nel pregiudizio, relegandolo a tema quasi “invisibile” nella coscienza collettiva nazionale.

I danni permanenti del fumo sui denti.Uno studio mostra la registrazione biologica dei danni alla salute orale correlati...
04/07/2025

I danni permanenti del fumo sui denti.

Uno studio mostra la registrazione biologica dei danni alla salute orale correlati al fumo all'interno della struttura dentale.
Una ricerca condotta dalla Northumbria University ha rivelato che il fumo lascia segni permanenti e rivelatori sui denti che rimangono anche dopo aver smesso di fumare. Secondo quanto rilavato dai ricercatori, i fumatori presentano segnali radicati in profondità nei denti, in particolare nel cemento, il tessuto che ricopre la radice del dente. Il cemento, viene spiegato, sviluppa "anelli" di crescita annuale, simili agli anelli degli alberi.

Il team di ricerca ha esaminato 88 denti, provenienti sia da pazienti odontoiatrici viventi che da resti archeologici. Hanno notato con sorpresa "segni di rottura" negli anelli di cemento di alcuni denti, ma non in altri. Queste alterazioni si manifestavano come variazioni nello spessore e nella regolarità degli anelli. È stato scoperto che queste interruzioni erano associate a individui che si erano identificati come fumatori o ex fumatori.

Lo studio ha evidenziato danni causati dal fumo nei denti del 70% degli ex fumatori e del 33% dei fumatori attuali, rispetto a un mero 3% dei non fumatori. È stato anche osservato che il cemento è più spesso negli ex fumatori. I ricercatori ipotizzano che ciò avvenga perché il cemento torna a livelli normali dopo aver smesso di fumare, depositando strati "più resistenti" sopra gli anelli danneggiati, rendendoli più spessi.

Il dott. Ed Schwalbe, professore associato presso il Dipartimento di Scienze Applicate della Northumbria University, ha affermato: "La nostra ricerca dimostra che è possibile stabilire se qualcuno era un fumatore semplicemente esaminandone i denti". "Abbiamo scoperto che la normale deposizione annuale di anelli risultava interrotta in alcuni individui e ci siamo resi conto che queste interruzioni erano associate a fumatori o ex fumatori, ma erano molto rare nei non fumatori".

Lo studio ha coinvolto 46 pazienti odontoiatrici viventi che hanno fornito 70 denti e le loro storie cliniche, inclusa la storia del fumo. In un caso specifico, i ricercatori hanno identificato danni da fumo in un dente donato da un individuo vivente, stimando che fossero avvenuti tra i 22 e i 41 anni. Successivamente, hanno verificato che il donatore, di 58 anni al momento dell'estrazione del dente, aveva effettivamente fumato in quel periodo, avendo iniziato a 28 anni e smesso a 38.

In collaborazione con la dott.ssa Sarah Inskip dell'Università di Leicester, il dott. Schwalbe e la dott.ssa Valentina Perrone hanno analizzato altri 18 denti provenienti da resti archeologici risalenti al periodo tra il 1776 e il 1890. Anche su alcuni di questi denti archeologici erano visibili tracce evidenti di fumo, come macchie e intaccature da p**a. Sorprendentemente, l'analisi del cemento dei campioni archeologici ha rivelato che gli anelli nei denti dei fumatori deceduti nel XVIII e XIX secolo presentavano gli stessi segni di rottura osservati nei donatori viventi che erano fumatori attuali o ex fumatori.

Il dott. Schwalbe ha sottolineato l'importanza di questi risultati per il futuro della scienza forense e degli studi storici. "Questo potrebbe aiutarci a scoprire di più sugli stili di vita delle persone nel passato, soprattutto negli studi archeologici in cui i modelli di consumo di tabacco possono rivelare importanti intuizioni culturali", ha affermato.

La Dott.ssa Inskip, che dirige il "To***co, Health and History Project", ha aggiunto: "L'identificazione dei 'danni del fumo' nei denti archeologici apre nuove strade alla comprensione di come il consumo di tabacco a lungo termine nelle popolazioni abbia influenzato la nostra salute nel tempo".

La cementocronologia, lo studio del cemento acellulare a fibre estrinseche (AEFC), è stata ampiamente utilizzata per stimare l'età al momento del decesso e condizioni come la gravidanza o le malattie. Tuttavia, si ritiene che questa sia la prima volta che viene impiegata per prevedere il consumo di tabacco.

La dott.ssa Valentina Perrone, assistente di ricerca presso l'Università di Leicester, ha spiegato: "Abbiamo confrontato visivamente e statisticamente la deposizione di cemento di fumatori, ex fumatori e non fumatori per identificare irregolarità potenzialmente collegate all'abitudine al fumo. Abbiamo scoperto che gli individui con una storia di fumo – sia come fumatori attuali che ex fumatori – avevano una probabilità significativamente maggiore di presentare lesioni al cemento rispetto a coloro che non ne avevano".

Sebbene il fumo sia noto per avere un impatto sistemico sull'organismo e sia correlato a parodontite e perdita dei denti, questo studio, intitolato "Reconstructing smoking history through dental cementum analysis - a preliminary investigation on modern and archaeological teeth", pubblicato su PLOS One, è il primo a mostrare una registrazione biologica del danno alla salute orale correlato al fumo all'interno della struttura dentale.

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