Stefania Pisa Counselor Professionista

Stefania Pisa Counselor Professionista Il counseling è una relazione d’aiuto, un processo di crescita umano e professionale tra counselor e cliente.

28/10/2022
29/09/2022

Vota l'opera in gara nel Concorso Nazionale di Poesia "Dantebus" - V Edizione

30/03/2022

Degni di essere amati

Si dice:” io amo famiglia, amici, animali, partner”. Ma si ama veramente? O forse si cerca solo di farsi amare perché non si è capaci di farlo da soli. A volte si cerca e si aspetta che gli altri con il loro amore ci diano quella dignità, quel diritto di essere del quale non ci sentiamo degni. Purtroppo però se non proviamo ad amarci noi per primi attuteremo dei comportamenti che avvaloreranno la nostra disistima confinandoci in quel vittimismo fin troppo noto. Per modificare tutto ciò iniziamo a guardarci noi con clemenza, diamo spazio ai nostri talenti ed ancor di più accettiamo e rispettiamo le nostre fragilità. Amiamoci e saremo amati.

Stefania Pisa

31/01/2022

𝐏𝐞𝐫 𝐜𝐨𝐥𝐦𝐚𝐫𝐞 𝐮𝐧 𝐯𝐮𝐨𝐭𝐨 𝐜𝐨𝐥𝐥𝐞𝐭𝐭𝐢𝐯𝐨
"Nel mondo in cui viviamo ci troviamo davanti a un grande pericolo e ad una grande occasione", scriveva il premio Nobel Bertrand Russell nei primi anni sessanta. "C'è la possibilità di distruggere la razza umana. Possiamo d'altro canto creare una grande famiglia umana felice, prospera, civile e pacifica: la nostra scelta dipende dall'amore collettivo, il quale è la somma delle passioni individuali".
La grave mancanza d'amore che caratterizza il nostro vivere collettivo che possiamo ormai considerare una sociopatia dalle caratteristiche endemiche, diventa ormai una vera pandemia emotiva in questo momento storico, ovvero una condizione anaffettiva generalizzata, un vuoto che ci coinvolge tutti. Peccato che il nostro governo, che si sta preoccupando ormai da due anni di una situazione medica d'emergenza, adottando misure più o meno adeguate alla gravità della condizione di salute collettiva, non ponga alcuna attenzione alla devastante minaccia che proviene da un assetto psicologico comune alla gran parte della popolazione, età evolutiva compresa.
Così problematica personale e disagio sociale si fondono oggi in malsana armonia, diventando ognuno sorgente dell'altro. Ecco che, sfumandosi i confini di individuale e sociale nell'espressione palese dei malesseri d'oggi, diventa ancor più arduo il cammino verso quella consapevolezza di star male, unico antidoto al coprire ed oscurare come diktat del culto della facciata. Siamo ormai abituati a difenderci dal sano contatto con le nostre emozioni e i nostri sentimenti, tanto da diventare spesso anestetizzati alle sensazioni vitali. Spontaneità, istintività, naturalezza sono un ricordo sbiadito di antichi tratti di personalità appartenenti a dinamiche socio-familiari ormai in disuso. Con un evidente sofferenza sempre più diffusa nei bambini, tutti figli dell'antica pretesa, se non repressi personalmente nell'anima, che ogni avvenimento sia effetto di un flusso emotivo che colora ogni evento dell'esistenza.
Viviamo in tal modo la realtà passandola attraverso il filtro della distorsione: le nostre percezioni ne risultano inquinate. Una snaturalizzazione e uno stravolgimento dell'umanità collettiva che spinge verso la solitudine: quel freddo interiore non di rado mascherato dal sorriso di plastica.
La solitudine ci tiene lontani dalla vita che scorre, dalle cose animate, dalla verità delle persone, dagli affetti, dal movimento dell'esistenza, dall'energia della natura. Dall'amore.
"Nel mondo c'è più fame d'amore che di pane", scriveva madre Teresa di Calcutta in un'epoca considerabile di certo più "emotiva" della nostra.
È così che le antiche ferite infantili personali trovano terreno fertile per restare i pilastri di un sistema difensivo di sopravvivenza che ci allontana dall'autentico sentire la forza rigenerante dell'amore. Un sistema che affonda le sue dolorose radici nell'antica incomprensione degli adulti, nella negazione, nell'umiliazione, nella mortificazione, nella violazione di un'anima bambina che merita riconoscimento, considerazione, rispetto.
Un sistema fondato sul non-amore mistificato: considerato amore ma vissuto nella solitudine. Un bambino, seppur "protetto" da un patto salvifico che nega la realtà giustificando i danni affettivi ricevuti, senza amore vero è un bambino denutrito dal vuoto di sentirsi solo al mondo.
"La solitudine e la sensazione di essere indesiderati è la più terribile fra le povertà", scrive ancora Madre Teresa di Calcutta.
La vera ricchezza nella vita, fin da bambini, è l'amore. Quando nasciamo siamo forniti degli strumenti per rendere la nostra evoluzione un'opera d'arte. Una progressiva rivoluzione artistica fondata sull'amore.
Così possiamo dipingere la nostra storia con i colori sgargianti del cuore, come con le pennellate delicate degli acquerelli dell'anima.
Così possiamo scolpire le nostre relazioni affettive forti del sorriso luminoso del sentirci amati, desiderosi d'amore senza limiti né riserve.
Così possiamo suonare le note di un amore in armonia con la mente, il corpo, il cuore, l'anima.
Così siamo in grado di inventarci la coreografia dell'essere felici: la danza del cuore di una vita che vibra nel movimento che travolge dolcemente e stravolge intensamente il profondo più profondo dell'anima

Pensiamo troppo e sentiamo pocoLa società in cui viviamo,aggravata da questa terribile pandemia ci induce a ripiegarci s...
27/01/2022

Pensiamo troppo e sentiamo poco

La società in cui viviamo,aggravata da questa terribile pandemia ci induce a ripiegarci su noi stessi, isolandoci dall’altro.
Pensare troppo e sentire troppo poco conduce ad una frammentazione del nostro essere indebolendo il nostro benessere psicofisico.
Per ristabilire un autentico e sinergico contatto con noi stessi prima e con l’altro poi bisogna fermarsi ed ascoltare quel che è nascosto alla nostra coscienza ed è imprigionato nel nostro corpo sotto forma di sintomi. Il mio counseling con il supporto della scultura rappresenta una via privilegiata per superare le difficoltà ed i blocchi che ci tormentano.

04/01/2022

che cos’è il counseling?

il counseling è:
due occhi che ti vedono, due orecchie che ti ascoltano, due mani che ti accompagnano a trovare in te le risorse necessarie per superare difficoltà e blocchi che ti impediscono di essere autore della tua vita e di goderne appieno.

Stefania Pisa

06/12/2021

L’eredità del non verbale

“I vostri figli non sono figli vostri…”

K. Gibran

Che grande privilegio essere l’arciere che tende il suo arco per far volare la freccia.
Essere genitori è molto più e molto meno di quanto comunemente si pensi.
Noi uomini e donne abbiamo il dovere di accogliere le luci e le ombre che abitano il nostro vivere.
Noi uomini e donne abbiamo il dovere di accogliere e proteggere la nostra vulnerabilità.
Noi uomini e donne abbiamo il dovere di accogliere i nostri errori.
Noi uomini e donne abbiamo il dovere di accogliere e nutrire i nostri talenti.
Noi uomini e donne abbiamo il dovere di mostrarci con verità.
Noi uomini e donne abbiamo il dovere di disarmarci, di aprire il cuore ai sentimenti.
Noi padri e madri abbiamo il dovere di essere autentici.
Le frecce hanno una sensibilità che travalica l’apparire e va dritta all’essenza del nostro agire.

Stefania Pisa

29/11/2021

Il dolore dell’abbandono

Quando l’abbandono è il saluto che si riceve alla nascita l’umiliazione è il tratto che accoglie la delicata vita del neonato prima e del un bambino poi. La paura ed il dolore che ne conseguono, essendo intollerabili per un delicato cuoricino, vengono inconsapevolmente seppelliti nelle profondità delle viscere, al loro posto, pian piano, si crea un’armatura che consente di andare avanti senza soccombere a quel terribile e spaventoso dolore. Con il tempo quella salvifica armatura però si trasforma in una prigione che non avendo capacità di discernimento preclude qualsiasi sentire, affidando alla ragione l’impossibile compito di vivere i sentimenti. Le conseguenze portano ad una visione distorta della realtà e di se. Si vive in uno spazio circoscritto abitato da bassa autostima, vergogna, impotenza e angoscia. Questo magma si esplicita nelle relazioni, si riversa sull’altro il timore di un ulteriore abbandono arrivando a rinunciare alla propria autenticità pur di sentirsi accettati ed amati. All’opposto può accadere che pur di non rischiare di sentire il dolore si rinunci ad amare. Di fatto la grande assente è: la verità di quel che siamo. Con la vita emotiva intrappolata nel mentale si crea una frattura che anestetizza anche il corpo bloccando il naturale ed autentico fluire dell’energia vitale. Cosa possiamo fare per spezzare questo nocivo vivere? Prima di tutto è necessario prenderne atto, portare alla coscienza il nostro antico dolore ed attraversarlo consapevoli che non siamo noi i responsabili del mancato amore. Solo la verità e la cura di se libera dagli antichi fardelli e consente di aprirsi ad un amore degno di questo nome.

Stefania Pisa

23/11/2021

Autori della nostra vita
22/11/2021

Autori della nostra vita

15/11/2021

𝐁𝐢𝐬𝐨𝐠𝐧𝐨 𝐞 𝐝𝐞𝐬𝐢𝐝𝐞𝐫𝐢𝐨
Il fascino del desiderio, che coinvolge mente e corpo, presuppone l'attesa di un evento che molto probabilmente si verificherà. È perciò struggente talora nella sua vitalità psicologica. Per questo i bambini, forti delle difese istintive che la natura offre loro, non si soffermano emotivamente nell'attesa, confondendo i tempi lunghi del desiderio, con quelli brevi e spesso da consumare all'immediato, del bisogno. Il sistema di sopravvivenza che ogni bambino inconsciamente costruisce, per ovviare al contrasto fra la sua natura e le istanze familiari, è basato sul bisogno a cui rispondere attraverso i meccanismi - tampone della dipendenza. Lontana mille miglia dalla poesia del desiderio che si nutre di tutt'altro carburante. Da qui l'immaginazione, quella attesa emozionante che dipinge nel cuore e nella mente panorami insoliti, talora impossibili, qualche volta irreali. Tant'è che qualcuno desidera il desiderio, ovviamente il tutto staccato completamente dalla realtà personale. Proprio il contrario del desiderio che sgorga dal profondo di un sentire che parla il linguaggio dell'amore. Qui l'attesa dell'altra, dell'altro o di un evento che coinvolge i sentimenti nell'anima, prepara il cuore pulsante a godere al massimo la realizzazione a monte del desiderio. Come avviene in ogni storia d'amore ove il desiderio traccia le tappe entusiasmanti di un futuro ricco di nuovi orizzonti.
Perciò il desiderio nasce nel profondo della persona e contiene in sé una pulsione erotica, laddove Eros indica la Vita. Wilheim Reich, il geniale psicoanalista che per primo sistematizzò il corpo come un andare oltre la terapia esclusivamente fondata sulla parola, considerò il desiderio l'Energia Vitale, " l'orgone", come volle definirlo: "un orgasmo che fluttua nell'aria". Un sentire della persona che va molto oltre la massima urgenza, il "tutto e subito" insito nel bisogno.
Da Cartesio che definisce il desiderio "agitazione dell'anima causata dagli spiriti che la dispongono a volere per l'avve**re le cose che essa si rappresenta come convenienti", a Baruch Spinoza per il quale il desiderio equivale alla "tristezza che riguarda la mancanza della cosa che amiamo", filosofi, poeti, psicologi, scrittori hanno descritto il desiderio solitamente come la meta da raggiungere di una gratificazione profonda, diluita nel tempo dall' attesa: a preparare la grande gioia.
È un incontro con la mancanza, il desiderio. Che la nostra società ha umiliato e mortificato deprivandolo di significato in un vivere fondato sull' avere sempre, comunque, ovunque. Proprio l'opposto, dunque, di quella musica del desiderio che permea d'amore ogni atto del nostro esistere. Che non è la negazione della perdita, dell'abbandono o della separazione, che pilotano il bambino verso la strutturazione di un sistema in cui il consumo del bisogno diventa l'elemento cardine.
Il desiderio si muove nutrendosi della forza dell'amore. È questa che trasforma l'oggetto del bisogno in soggetto del sentimento. Perché l'amore, nostro corredo naturale di esseri umani, è la forza attiva della vita.
Se amiamo stimoliamo amore. Se sentiamo profondamente "ti amo" è perché amiamo la nostra vita e, comunicando amore, stimoliamo amore nell'altro per la sua vita. Ma due amori per la propria vita diventano facilmente amore per la "nostra" vita. Laddove il bisogno lascia per sempre il passo al desiderio.
Dall'esperienza della separazione a quella dell'unità.
Così l'amore cura, permettendo ad ognuno di essere se stesso, mantenendo la propria individualità. Attraverso quel noi: il richiamo ancestrale della vita umana

15/11/2021

“Solo accettando la paura si può vincerla”.

Il sentimento della paura, a volte, nel viaggio della nostra esistenza, più o meno consapevolmente, limita il nostro sentire ed il nostro agire; in talune circostanze è talmente forte che ci impregna e fa perdere di senso la nostra intera esistenza, come se tutto il nostro organismo fosse bloccato, imprigionato in un tunnel privo di sbocco dove non si riesce più a percepire la fiamma vitale. La deriva di tutto ciò è l’isolamento che apparentemente rassicura ma realmente fa da amplificatore. Quando viviamo la paura tendiamo a ripiegarci su noi stessi, non permettendo a nessuno di entrare. Cosa possiamo fare per ve**re fuori da questo terribile condizione? La parola chiave è umiltà; cercare con sincerità e verità l’altro. Se riusciamo a superare il disagio di mostrare la nostra fragilità accettando che abbiamo bisogno di una mano che stringe la nostra, allora stiamo trasformando la paura in coraggio.
Il coraggio, altro non è che la paura che si mostra e cammina.

Stefania Pisa

# empatia

09/11/2021
08/11/2021

𝐈𝐥 𝐠𝐢𝐮𝐝𝐢𝐳𝐢𝐨 𝐝𝐞𝐠𝐥𝐢 𝐚𝐥𝐭𝐫𝐢
"Per apprezzare al giusto valore l'opinione altrui basta riflettere", come consiglia il filosofo Arthur Schopenhauer negli "Aforismi per una vita saggia", "sulla superficialità e futilità dei pensieri, sulla bassezza dei sentimenti, sull'assurdità delle opinioni che si riscontrano nella maggior parte dei cervelli... E allora impareremo a vivere più per noi che per gli altri, con maggior sicurezza e naturalezza, con maggiore preoccupazione per i beni e i mali reali: così guadagneremo non soltanto in tranquillità d'animo, ma anche in saggezza e felicità".
Una ricetta senza dubbio validissima, che presuppone gli strumenti di un cambiamento di prospettiva radicale, dalla quale possiamo considerarci con maggiore obiettività. In tal modo possiamo spostare su di noi il baricentro esistenziale che ci vede oggi tutti proiettati sull'esterno, su quel "fuori" che diventa giudicante a prescindere con le sue regole inconsciamente omologate, con quei suoi diktat che penalizzano la nostra sana individualità.
Ma quest'ultima è collegata strettamente a quel profondo senso di autostima che affonda le sue radici nella prima infanzia: quando ogni bambino si esprime, quindi si espone al giudizio dei suoi genitori. Da questo può partire un sano processo di autostima nel piccolo o, viceversa, il mancato riconoscimento del valore che il bambino, la bambina hanno espresso può diventare per loro un pericoloso boomerang di disistima e presto - se niente cambia - trasformarsi in una tendenza autodistruttiva, fino all'autolesionismo nelle situazioni psicologiche più complesse.
Dal giudizio dei genitori parte dunque una strada libera e potente di affermazione oppure una via in salita che rende difficili fatti e cose della tenera esistenza infantile.
Ecco perché le giuste riflessioni filosofiche di Schopenhauer devono oggi fare i conti con la vita personale, spesso segnata dal giudizio genitoriale. Quest'ultimo si trasforma, durante la crescita, in quel cinico giudizio di noi stessi stimolante e propedeutico al porre infine maniacale attenzione al giudizio degli altri. Parte dunque dal giudizio che ognuno dà di se stesso la tendenza ad attribuire massimo significato al giudizio degli altri, tutto ciò ovviamente facilitato dal culto dell'apparire.
Una persona è portata così a negare ciò che è, per enfatizzare ciò che ha, o meglio che non ha, per esprimere poi di conseguenza un giudizio malefico su se stessa. Tutto diventa di conseguenza condizionato e la vita caotica fatta di scelte "sbagliate", di comportamenti "insicuri", di pensieri e di "ripensamenti", di una base di precarietà emotiva che segna profondamente ogni vissuto.
Il naturale desiderio di ricevere riscontri positivi e riconoscimenti del proprio valore si trasforma allora in un bisogno irriducibile di consenso. Spesso esso rappresenta una vera e propria ossessione che mortifica e umilia la dimensione più vera, intima e profonda, quel vero sé che è la base forte della nostra vita. Essa, che si arricchisce molto della sana competizione - dal latino cm petere, andare verso, andare con - diventa insopportabile nello scivolare verso l'agonismo più esasperato. Qui il bisogno di eccellere per ricevere uno, due, cento, mille, infiniti riscontri diventa esclusivamente sedato (per un attimo di tempo) da quello che gli altri apprezzano di noi, essendo collegato con le antiche reazioni di perfezionismo alla negazione della personalità infantile da parte degli adulti.
Ritrovare un sano vivere nella proprio pelle, ripristinando la reale, oggettiva percezione di ciò che siamo, significa sminuire ciò che diventiamo nell'opinione altrui. Le lusinghe di un'opinione favorevole e consenziente consolano il nostro bisogno smisurato, ma giammai costituiscono un nutrimento psicologico valido.
"È così futile, così piccola cosa ciò che abbatte o risolleva un animo avido di lodi", scrive il poeta latino Orazio.
Così spesso ci dimentichiamo di chi siamo realmente, del nostro valore intrinseco. Guardarlo dentro apre il cuore alla vita vera e lo riscalda come "gli altri" non hanno fatto quando eravamo bambini.

02/11/2021

𝐓𝐮 𝐜𝐡𝐢𝐚𝐦𝐚𝐥𝐞, 𝐬𝐞 𝐯𝐮𝐨𝐢, 𝐞𝐦𝐨𝐳𝐢𝐨𝐧𝐢
Perché generazioni su generazioni hanno goduto e continuano ad assaporare con particolare piacere le note di uno dei brani musicali più famosi di tutti i tempi, "Emozioni"? Perché con quella canzone Lucio Battisti è entrato in punta di piedi, con la delicata empatia che lo contraddistingueva, nel cuore di tutti noi, nel profondo della nostra sfera emotiva.
Sono le emozioni a guidare la nostra vita che pur si svolge oggi in un contesto, possiamo dire, deprivato di tutti gli elementi che definiscono la natura umana. Ecco le emozioni, espresse o implose che siano, a dare dignità e veridicità alla persona e al suo comportamento letto principalmente attraverso il corpo.
Il corpo è l'emozione, ad onta di un'evoluzione psicofisica che non di rado mortifica l'armonia somatica del bambino: puro, senza interferenze.
"Le emozioni ci hanno guidato con saggezza nel lungo cammino dell'evoluzione", scrive Daniel Goleman riferendosi principalmente a quelle emozioni della sopravvivenza, prime fra tutte la paura e il desiderio, che hanno salvato la specie umana. E continuano ad agire per la nostra vita. Perché le emozioni scandiscono i momenti magici del percorso esistenziale, quelli che rimangono scolpiti nel cuore, impressi in maniera indelebile.
E così un evento, grande o piccolo che sia, è capace di stravolgere l'umore personale attraverso una reazione affettiva potente, che si traduce in poche battute in una sensazione intensa, profonda: l'emozione. Essa è capace di rivoluzionare in breve il nostro assetto psicosomatico e neurovegetativo con la forza dirompente di una spinta propulsiva irrefrenabile. In quel momento, quando l'emozione prende il sopravvento sul nostro abituale equilibrio, il controllo che caratterizza difensivamente la stabilità dell'io, della coscienza, viene spazzato via e alla sua logica, si sostituisce il fascino talora terrorizzante del lasciarsi andare a godere chi realmente siamo nel profondo.
L'emozione ci conduce infatti con le sue reazioni immediate alla nostra vera natura umana.
Il desiderio che trova un'inaspettata realizzazione; la paura che attiva in un attimo la nostra vigilanza in presenza di un pericolo reale o presunto; lo stupore di fronte ad un evento considerato di impossibile realizzazione; la gioia improvvisa di vedere con gli occhi del cuore ciò che avevamo pensato e ripensato nella mente; il piacere che segue un gesto d'amore indirizzato direttamente al nostro cuore; il dispiacere della perdita o della separazione che si connette di solito alle emozioni primarie, quelle dei primi passi della nostra esistenza; le sensazioni d'amore capaci di rompere i nostri circuiti difensivi, amplificando a dismisura la percezione del cuore, prima, e il contatto con l'anima quando si prolunga il loro effetto; e così tante ancora sono capaci di riportarci alla nostra dimensione umana ancestrale.
Affondando le loro radici nella parte più antica del cervello le emozioni riconnettono anima e corpo così come la filosofia li concepiva duemila anni fa. Le emozioni esistono e sono vive, urla il corpo bistrattato oggi da una mente massacrata da quella razionalità di una vita tecnologizzata e manipolata verso un modello omologato di quello che chiamo di solito il "fortino della sopravvivenza".
Così la visibilità, il prestigio, il successo a tutti i costi illudono chi si ritira negli spazi individuali della non-vita, il "fortino", di rappresentare le componenti giuste per trovare infine le vie della felicità. Ma la vita è viva e vera se l'amore, con la sua infinita gamma di emozioni che travolgono e stravolgono, esiste. Perché nessuna rivoluzione digitale potrà mai intaccare il potere della verità che sta nel profondo di tutti noi.
Quel potere si chiama amore.

28/10/2021

𝐌𝐮𝐬𝐢𝐜𝐚 𝐧𝐞𝐥 𝐦𝐢𝐨 𝐜𝐮𝐨𝐫𝐞
Vivo da sempre a Napoli. Da quando, poco più che bambino, in seguito ad una virata professionale di mio padre, la nostra piccola famiglia si trasferì. Da una provinciale realtà toscana, Livorno, alla metropoli partenopea, certo, l'impatto non fu semplice. Ma i disagi terminarono presto e pian piano il mio mondo interiore si dipinse dei colori napoletani fino ad acquistare di diritto la piena cittadinanza.
Ed oggi, dopo 59 anni di adorata permanenza, oltre ogni critica, nella città più bella del mondo, mi sento come se l'avessi abitata da sempre, dalla nascita. Ma la realtà del profondo mi smentisce. Mi capita talvolta di provare una nostalgia struggente per le mie radici, che viene difficilmente compresa, tanto da desiderare fortemente di tornare sui luoghi della mia infanzia. Quando mi trovo a vagare con la mente fra un evento emotivamente significativo ed un altro riprovo senza filtri le emozioni di allora, attivandosi intensamente il mio sentire. Prima di tornare fisicamente là dove ho vissuto da bambino, cosa che ho già ovviamente programmato, soprattutto nella casa che mi ha visto nascere, sono felice testimone emotivo di tanti ricordi che mi danno una dimensione concreta dell'influenza condizionante di fatti e cose di quando ero piccolo. Così in questi giorni sto rivivendo risvolti importanti della mia vita dai quali a tratti vengo letteralmente travolto. Fra questi è stato determinante l'impatto con quella che posso, senza dubbio, definire la musicalità che da sempre mi appartiene.
Dunque. Al di là di ogni ricostruzione fedele del passato, da quando sono venuto alla luce la musica ha rappresentato per me, insieme all'amore, una particolare risonanza. Trasmissione genetica? Può darsi, nella famiglia di mia madre tutti suonavano il pianoforte. Lei era solita strimpellare, come diceva all'epoca, già dai miei primi mesi di vita. E sembra che a questo stimolo io abbia sempre risposto con reazioni di palese goduria ed in seguito con smaglianti sorrisi. La musica, era evidente, mi colpiva nel profondo della mia anima.
Un po' più grande seguivo con passione la musica classica come quella leggera, e poi il jazz, ma quello che più mi toccava le corde del profondo rimaneva il suono del pianoforte.
Quando mio padre, avevo 7 anni, col consenso ampiamente sorridente di mia madre, comunicò di avermi iscritto alla Scuola di Musica "Mascagni" di Livorno, una sorta di costola operativa del Conservatorio di Firenze, non presi la notizia di buon grado. Fra le lezioni di solfeggio e teoria e quelle di piano forte se ne andavano 3, 4 pomeriggi alla settimana, restando poco tempo per giocare. Sì, giocare, come ogni bambino desidera in misura proporzionale alla sua normalità. E avevo ben ragione a provare una timida opposizione, immediatamente stroncata da mio padre: "È così e basta!". Una grande insegnante di solfeggio e teoria provocò in me una forte passione finalizzata soprattutto al canto ("Hai una voce bianca notevole"). Ma un'insegnante allora famosissima di piano stroncò inesorabilmente le mie motivazioni sottese da una fragile, delicata sensibilità gravemente traumatizzata dalle sue urla violente.
Peccato, ho provato in tutti i modi a recuperare la possibilità di rimettere le mani sulla tastiera: non c'è stato verso.
Ma il piano è sempre, e sempre sarà, il re della musica della mia anima. Ovunque posso, il suo suono, aprendo al sorriso il mio cuore, come accade da una vita nei miei workshop, ad esempio, si connette con la mia anima traducendo l'amore in musica e la musica in amore.

11/10/2021

il caunseling è una professione regolamentata dallo Stato nel 2013

Indirizzo

Naples
80100

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