31/01/2022
𝐏𝐞𝐫 𝐜𝐨𝐥𝐦𝐚𝐫𝐞 𝐮𝐧 𝐯𝐮𝐨𝐭𝐨 𝐜𝐨𝐥𝐥𝐞𝐭𝐭𝐢𝐯𝐨
"Nel mondo in cui viviamo ci troviamo davanti a un grande pericolo e ad una grande occasione", scriveva il premio Nobel Bertrand Russell nei primi anni sessanta. "C'è la possibilità di distruggere la razza umana. Possiamo d'altro canto creare una grande famiglia umana felice, prospera, civile e pacifica: la nostra scelta dipende dall'amore collettivo, il quale è la somma delle passioni individuali".
La grave mancanza d'amore che caratterizza il nostro vivere collettivo che possiamo ormai considerare una sociopatia dalle caratteristiche endemiche, diventa ormai una vera pandemia emotiva in questo momento storico, ovvero una condizione anaffettiva generalizzata, un vuoto che ci coinvolge tutti. Peccato che il nostro governo, che si sta preoccupando ormai da due anni di una situazione medica d'emergenza, adottando misure più o meno adeguate alla gravità della condizione di salute collettiva, non ponga alcuna attenzione alla devastante minaccia che proviene da un assetto psicologico comune alla gran parte della popolazione, età evolutiva compresa.
Così problematica personale e disagio sociale si fondono oggi in malsana armonia, diventando ognuno sorgente dell'altro. Ecco che, sfumandosi i confini di individuale e sociale nell'espressione palese dei malesseri d'oggi, diventa ancor più arduo il cammino verso quella consapevolezza di star male, unico antidoto al coprire ed oscurare come diktat del culto della facciata. Siamo ormai abituati a difenderci dal sano contatto con le nostre emozioni e i nostri sentimenti, tanto da diventare spesso anestetizzati alle sensazioni vitali. Spontaneità, istintività, naturalezza sono un ricordo sbiadito di antichi tratti di personalità appartenenti a dinamiche socio-familiari ormai in disuso. Con un evidente sofferenza sempre più diffusa nei bambini, tutti figli dell'antica pretesa, se non repressi personalmente nell'anima, che ogni avvenimento sia effetto di un flusso emotivo che colora ogni evento dell'esistenza.
Viviamo in tal modo la realtà passandola attraverso il filtro della distorsione: le nostre percezioni ne risultano inquinate. Una snaturalizzazione e uno stravolgimento dell'umanità collettiva che spinge verso la solitudine: quel freddo interiore non di rado mascherato dal sorriso di plastica.
La solitudine ci tiene lontani dalla vita che scorre, dalle cose animate, dalla verità delle persone, dagli affetti, dal movimento dell'esistenza, dall'energia della natura. Dall'amore.
"Nel mondo c'è più fame d'amore che di pane", scriveva madre Teresa di Calcutta in un'epoca considerabile di certo più "emotiva" della nostra.
È così che le antiche ferite infantili personali trovano terreno fertile per restare i pilastri di un sistema difensivo di sopravvivenza che ci allontana dall'autentico sentire la forza rigenerante dell'amore. Un sistema che affonda le sue dolorose radici nell'antica incomprensione degli adulti, nella negazione, nell'umiliazione, nella mortificazione, nella violazione di un'anima bambina che merita riconoscimento, considerazione, rispetto.
Un sistema fondato sul non-amore mistificato: considerato amore ma vissuto nella solitudine. Un bambino, seppur "protetto" da un patto salvifico che nega la realtà giustificando i danni affettivi ricevuti, senza amore vero è un bambino denutrito dal vuoto di sentirsi solo al mondo.
"La solitudine e la sensazione di essere indesiderati è la più terribile fra le povertà", scrive ancora Madre Teresa di Calcutta.
La vera ricchezza nella vita, fin da bambini, è l'amore. Quando nasciamo siamo forniti degli strumenti per rendere la nostra evoluzione un'opera d'arte. Una progressiva rivoluzione artistica fondata sull'amore.
Così possiamo dipingere la nostra storia con i colori sgargianti del cuore, come con le pennellate delicate degli acquerelli dell'anima.
Così possiamo scolpire le nostre relazioni affettive forti del sorriso luminoso del sentirci amati, desiderosi d'amore senza limiti né riserve.
Così possiamo suonare le note di un amore in armonia con la mente, il corpo, il cuore, l'anima.
Così siamo in grado di inventarci la coreografia dell'essere felici: la danza del cuore di una vita che vibra nel movimento che travolge dolcemente e stravolge intensamente il profondo più profondo dell'anima