Dott.ssa Chiara Collura - Esperta in Psicologia dello Sport

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Dott.ssa Chiara Collura - Esperta in Psicologia dello Sport Psicologa iscritta all'Albo degli Psicologi della Regione Sicilia - Esperta in Psicologia dello Spor

29/03/2025

OGNI GENITORE DI UN BAMBINO TALENTUOSO DOVREBBE LEGGERE QUESTO

Il 70% dei ragazzi talentuosi abbandona lo sport prima dei 13 anni.
La realtà dimostra che il 70% dei ragazzi lascia lo sport intorno ai13 anni, e il motivo numero uno è perché non si divertono più.
Personalmente, essendo in giro per il mondo sportivo da oltre 30 anni, avendo gareggiato professionalmente per 10 anni e ora allenando, ho notato questo in prima persona.
Le ragioni per cui i bambini abbandonano presto possono essere le seguenti:

1. Genitori troppo zelanti.
I genitori sono troppo concentrati sul figlio talentuoso spendendo tutto il proprio tempo e denaro per intraprendere la carriera sportiva dei bambini. Secondo loro, più sono presenti meglio è, quando in realtà è quella spinta continua che può il più delle volte mandare il proprio bambino oltre il limite.
Vanno anche nel panico quando altri ragazzi della stessa età del figlio vince o fa meglio, motivo per il quale cambiano gli allenatori e aggiungono altri tornei da giocare.

2. Troppa competizione in giovane età.
Giocare troppo in età molto tenera più bruciare le tappe. I ragazzi che competono troppo e troppo presto rientrano nella categoria del 70% che abbandona uno sport prima o poi.
Troppa competizione in giovane età distoglie tempo per fare le cose che dovrebbero fare di più, come la preparazione atletica e lo sviluppo tecnico.

3. Non è più divertente.
Il bambino non si diverte più a giocare. Trascorre tutto il suo tempo allenandosi o giocando partite, sentendosi addosso la continua pressione di dover “vincere a tutti costi” applicata dal coach e/o genitori troppo pressanti prosciugando divertimento.
Inoltre i bambini iniziano anche a vedere i loro amici divertirsi di più avendo più equilibrio nella loro vita, praticando altri sport, andando a case di amici, svolgendo attività divertenti ecc..
È bene tenere sempre presente qual è stato il motivo numero 1 per cui i bambini hanno iniziato a praticare uno sport particolare: DIVERTIMENTO

4. Aspettative troppo alte.
Quando un bambino ha un grande talento in giovane età o mostra un grande potenziale, a molti genitori verrà costantemente detto quanto sia brillante o grande il loro bambino.
Questo è l'errore della società. I bambini vengono messi sui piedistalli molto prima di aversi guadagnato e meritato tutto ciò.
Per quanto possa sembrare ridicolo, ma qui negli Stati Uniti ho sentito genitori di ragazzi sotto ai 12 anni parlare con allenatori dell'università per far andare i loro figli lì!
Un enorme peso di aspettativa viene riposto sulle spalle di questi ragazzi nel momento in cui vincono un piccolo torneo o una competizione insignificante!

E già che sono in materia, mi chiedo a cosa pensano i genitori che tirano fuori i figli da scuola prima dei 14 anni per frequentare scuole private. Date ai vostri figli equilibrio ed educazione il più a lungo possibile!
È comprensibile che a volte bisogna modificare magari la frequentazione, ma estrarre un bambino dalla classe definitivamente a queste età fa più male che bene.

Negli ultimi 10 anni circa ho avuto a che fare con genitori di ragazzi di immenso talento che hanno tirato fuori dalla scuola i bambini, hanno portato i loro figli da me, ma il risultato è stato quello di un bambino che pratica uno sport abbastanza bene, ma che non ha quasi amici e poca vita sociale. Male!
Mi preoccupo per il bambino perché se “non ce la farà” nel Tennis si sentirà frustrato perché quello è tutto ciò che sa.

Conclusione:
La cosa più importante come genitore o allenatore è assicurarsi sempre che il bambino si stia DIVERTENDO.
Genitori: il vostro ruolo è semplice: siate lì per prestare amore e sostegno incondizionato. Inoltre, ricordatevi di permettere all'allenatore di svolgere il suo compito.
Abbiate un po' di pazienza e non pensate che “l'erba del vicino sia sempre più verde” quando un altro bambino vince.
Soprattutto lasciate che siano i ragazzi a decidere se lo trovano ancora divertente. Dovrebbe essere una loro scelta.
Allenatori: assicuratevi che anche le fasi vitali dello sviluppo atleta/giocatore siano rispettate. Non lasciatevi coinvolgere dalle richieste o dalle pressioni da parte dei genitori che vogliono fare giocare tornei ogni settimana.
Ricordatevi di sviluppare l'atleta prima del giocatore. Ma la cosa più importante di tutto, preoccupatevi del loro divertimento per il gioco così come della qualità della loro vita.

Mantenete la rotta. Godetevi il viaggio.

Allistair McCaw

"TRASFORMARE I LIMITI IN OPPORTUNITA'""È il 1990 a Baltimora, Maryland. Un giorno la maestra d'asilo convoca d'urgenza m...
16/07/2022

"TRASFORMARE I LIMITI IN OPPORTUNITA'"

"È il 1990 a Baltimora, Maryland. Un giorno la maestra d'asilo convoca d'urgenza mamma Debbie.
"Michael non riesce a stare seduto, non sta mai tranquillo, non riesce a focalizzare" dice la maestra.
"Forse è solo annoiato" risponde Debbie.
"Impossibile. Si rassegni, semplicemente suo figlio non è dotato, non sarà mai in grado di focalizzarsi su nulla" sentenzia la donna senz'appello.
Il bambino in questione, quel Michael, di cognome fa Phelps, ha 5 anni, è cresciuto senza padre in una famiglia interamente femminile, insieme alla madre e alle due sorelle, e fino a quel momento non ha quasi mai messo piede in una piscina. Quando lo fa per la prima volta, è talmente terrorizzato all'idea di ba****si la faccia, che l'istruttore è costretto a insegnargli il dorso. Michael ha un talento innato, ma discontinuo. A scuola non va meglio.
Tutte le sue insegnanti ripetono a Debbie sempre le stesse cose: "Non riesce a concentrarsi in nessun compito", "non è portato per questa o quella materia", "infastidisce il compagno di banco".

Debbie allora decide di sottoporlo a una visita specialistica. La diagnosi è chiara: ADHD o DDAI, meglio noto come Disturbo da deficit di attenzione/iperattività.
Ma Debbie, oltre ad essere una mamma, è anche insegnante e preside. E si mette in testa di dimostrare a tutti che sbagliano. "Sapevo che, se avessi lavorato duro con Micheal, lui avrebbe potuto raggiungere tutti gli obiettivi che si fosse prefissato.” Lavora a stretto contatto con le insegnanti di Michael e, ogni volta che una di loro le dice "non riesce a fare questo", lei risponde: "Bene, cosa possiamo fare per aiutarlo?" Di fronte alle sue difficoltà con la matematica, gli trova un tutor e un metodo che susciti l'interesse di Michael, con problemi di questo tipo: “Quanto tempo impieghi a nuotare per 500 metri se nuoti ad una velocità di 3 metri al secondo?”.
Trasforma i limiti di suo figlio in opportunità. Ogni volta che lui ha uno scatto di rabbia o di frustrazione in piscina, lei dagli spalti gli fa un segnale convenzionale a forma di C che, nel loro linguaggio privato, significa "Ricomponiti".

Michael migliora a scuola, mentre in vasca è già un piccolo squalo: a 11 anni, è più forte e veloce di qualsiasi altro suo coetaneo che abbia mai nuotato negli Stati Uniti. Debbie viene, allora, convocata per il secondo colloquio più importante della vita di Michael. Questa volta non è una maestra d'asilo ma il suo allenatore, Bob Bowman. È il maggio del 1996.
"Signora, ora le dico cosa succederà" esordì. "Nel 2000 Michael parteciperà ai Trials olimpici. Non so se conquisterà la convocazione, ma sicuramente farà parlare di sé. E nel 2004 sarà senza dubbio un atleta che vincerà delle medaglie olimpiche. E saremo solo all’inizio”.

Bob sbagliava. Nel 2000, a Sydney, non solo Michael si qualificherà nei 200 metri farfalla, ma raggiungerà la finale, classificandosi al quinto posto, sfiorando il podio e una medaglia. Aveva 15 anni appena compiuti. Da quel giorno, per i successivi 16 anni, Phelps conquisterà 83 medaglie, di cui 66 d'oro, 28 olimpiche, 33 iridate, in otto diverse discipline, diventando, nel 2008 a Pechino, l'atleta con più ori (otto) in una sola edizione della storia dei Giochi e, per distacco, il nuotatore più vincente di ogni tempo, oltre a uno degli sportivi più forti di ogni sport o epoca.
Quel campione inarrivabile e icona planetaria è stato un bambino con deficit dell'attenzione diagnosticato, come decine di milioni di altri bambini come lui in tutto il mondo. Con la sola fortuna di avere avuto al suo fianco una donna e una professionista che non lo ha mai giudicato, né giustificato, ma lo ha spinto a ti**re fuori il proprio talento dove altri vedevano solo disturbi, disattenzione e iperattività. Avrebbe potuto rassegnarsi, come le aveva consigliato la sua prima maestra d'asilo. Invece Debbie ha deciso di fare qualcosa di molto più lungo e faticoso: credere in suo figlio.

Forse nessuno di quei milioni di bambini diventerà mai Michael Phelps, ma, dietro lo stigma di una diagnosi e di un giudizio senz'appello, ci sono persone con talenti e capacità fuori dal comune in qualunque ambito o professione. A volte quello che manca è solo qualcuno disposto a vederli e a riconoscerli. Proprio come mamma Debbie."

Testo di Lorenzo Tosa

"NON SI MOLLA""La prima regola che io metto è "Non si molla". Mai. Possiamo giocare male, possiamo avere una br**ta gior...
31/03/2022

"NON SI MOLLA"

"La prima regola che io metto è "Non si molla". Mai. Possiamo giocare male, possiamo avere una br**ta giornata, però non si molla. Se si molla sono dolori.
La seconda è no alla cultura degli alibi, cioè attribuire ad altri la responsabilità dei nostri fallimenti.
La terza regola è che l'errore fa parte dell'apprendimento"

"Se i nostri figli dicono che il professore ce l'ha con loro non siamo noi a dover stabilire se è vero, piuttosto dobbiamo fargli capire che bisogna imparare ad avere a che fare anche con chi ce l'ha con te. Altrimenti succede che il nostro ragazzo non sbaglia mai e la colpa è sempre di qualcun altro. Se vogliamo proteggerli dandogli ragione e dicendogli ci penso io, il sottotesto è che non pensiamo davvero che possano cavarsela. Dare fiducia, anche per la loro autostima, vuol dire: risolvitela da solo, so che puoi farlo. "ESSERE CORAGGIOSI NON SIGNIFICA NON AVERE PAURA MA SAPERCI CONVIVERE, SAPERLA ACCETTARE"

"Non direi di essere stato uno dei tecnici più grandi ma posso dire di essere uno dei più aggiornati. Ho sempre cercato di rubare qualcosa. Dai libri, dai film, dagli altri sport. Sono un ladro di idee."
"Accettare di perdere significa sapere perdere.
Invece nei comportamenti prevalenti c’è sempre un colpevole, c’è sempre un motivo: l’arbitro, il tempo, il fuso orario… Saper perdere significa non dare la colpa a nessuno, non dire niente...
Ho conosciuto centinaia di atleti.
Alcuni vincenti, altri perdenti.
La differenza? I vincenti trovano soluzioni. I perdenti cercano alibi."

Julio Velasco

Obiettivo: DIVERTIMENTOCome fa una nazione di 5.3 milioni dipersone a produrre così tanti talentisportivi? Con un sempli...
03/02/2022

Obiettivo: DIVERTIMENTO

Come fa una nazione di 5.3 milioni di
persone a produrre così tanti talenti
sportivi? Con un semplice concetto come
"La gioia dello sport per tutti": i ragazzi
sono incoraggiati a praticare piu sport
possibili, e i costi sono tenuti bassi per le
famiglie. I club non sono autorizzati a
tenere le classifiche dei campionati o
persino a registrare i punteggi delle partite
per i bambini sotto i 13 anni e non ci sono
classifiche individuali, squadre che vanno in
trasferta o campionati nazionali per quella
fascia di età. È tutto trattato nei "Diritti dei
bambini nello sport" della Norvegia, un
documento di 12 pagine che afferma che ")
bambini dovrebbero vivere un'esperienza
positiva ogni volta che praticano sport".

Norway’s focus on participation fosters the ‘joy of sport for all’ that helps create elite athletes

Sono felice di avere contribuito alla formazione di questi giovani atleti!!!! L’allenamento mentale è parte fondamentale...
01/02/2022

Sono felice di avere contribuito alla formazione di questi giovani atleti!!!!

L’allenamento mentale è parte fondamentale della crescita dei ragazzi, oltre all’aspetto tecnico e fisico.

Sono state tre giornate impegnative, quelle che hanno affrontato i 16 ragazzi convocati per il Raduno Nazionale Sperimentale 2022. Scelti dopo i raduni interzonali di novembre, dalle tre macroaree …

𝐀𝐍𝐒𝐈𝐀 𝐃𝐀 𝐏𝐑𝐄𝐒𝐓𝐀𝐙𝐈𝐎𝐍𝐄: 𝐀𝐋𝐋𝐄𝐀𝐓𝐀 𝐎 𝐍𝐄𝐌𝐈𝐂𝐀?“𝑉𝑖 𝑑𝑖𝑟𝑜̀ 𝑖𝑙 𝑚𝑖𝑜 𝑠𝑒𝑔𝑟𝑒𝑡𝑜 𝑝𝑒𝑟 𝑙𝑖𝑏𝑒𝑟𝑎𝑟𝑒 𝑙𝑎 𝑚𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑑𝑎𝑖 𝑝𝑒𝑛𝑠𝑖𝑒𝑟𝑖 𝑛𝑒𝑔𝑎𝑡𝑖𝑣𝑖. 𝑄𝑢𝑎𝑛𝑑𝑜 𝑢𝑛 𝑡...
16/01/2022

𝐀𝐍𝐒𝐈𝐀 𝐃𝐀 𝐏𝐑𝐄𝐒𝐓𝐀𝐙𝐈𝐎𝐍𝐄: 𝐀𝐋𝐋𝐄𝐀𝐓𝐀 𝐎 𝐍𝐄𝐌𝐈𝐂𝐀?

“𝑉𝑖 𝑑𝑖𝑟𝑜̀ 𝑖𝑙 𝑚𝑖𝑜 𝑠𝑒𝑔𝑟𝑒𝑡𝑜 𝑝𝑒𝑟 𝑙𝑖𝑏𝑒𝑟𝑎𝑟𝑒 𝑙𝑎 𝑚𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑑𝑎𝑖 𝑝𝑒𝑛𝑠𝑖𝑒𝑟𝑖 𝑛𝑒𝑔𝑎𝑡𝑖𝑣𝑖. 𝑄𝑢𝑎𝑛𝑑𝑜 𝑢𝑛 𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑝𝑒𝑛𝑠𝑖𝑒𝑟𝑜 𝑒𝑛𝑡𝑟𝑎 𝑛𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑚𝑖𝑎 𝑚𝑒𝑛𝑡𝑒, 𝑙𝑜 𝑣𝑖𝑠𝑢𝑎𝑙𝑖𝑧𝑧𝑜 𝑐𝑜𝑚𝑒 𝑠𝑒 𝑓𝑜𝑠𝑠𝑒 𝑠𝑐𝑟𝑖𝑡𝑡𝑜 𝑠𝑢 𝑢𝑛 𝑝𝑒𝑧𝑧𝑜 𝑑𝑖 𝑐𝑎𝑟𝑡𝑎. 𝑄𝑢𝑖𝑛𝑑𝑖 𝑔𝑙𝑖 𝑑𝑜 𝑚𝑒𝑛𝑡𝑎𝑙𝑚𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑓𝑢𝑜𝑐𝑜 𝑒 𝑙𝑜 𝑣𝑖𝑠𝑢𝑎𝑙𝑖𝑧𝑧𝑜 𝑚𝑒𝑛𝑡𝑟𝑒 𝑏𝑟𝑢𝑐𝑖𝑎 𝑓𝑖𝑛𝑜 𝑎 𝑑𝑖𝑣𝑒𝑛𝑡𝑎𝑟𝑒 𝑐𝑒𝑛𝑒𝑟𝑒. 𝐼𝑙 𝑝𝑒𝑛𝑠𝑖𝑒𝑟𝑜 𝑛𝑒𝑔𝑎𝑡𝑖𝑣𝑜 𝑒̀ 𝑑𝑖𝑠𝑡𝑟𝑢𝑡𝑡𝑜, 𝑒 𝑛𝑜𝑛 𝑒𝑛𝑡𝑟𝑒𝑟𝑎̀ 𝑝𝑖𝑢̀.”

𝐵. 𝐿𝑒𝑒

Molti atleti prima e durante una prestazione vivono uno stato emotivo chiamato “ansia”.
Uno dei motivi per cui viene richiesto l’intervento dello Psicologo dello Sport oggi, riguarda proprio la gestione dell’ansia pre-gara.

“L’ansia può essere definita come uno stato in cui si riuniscono emozioni, come la paura e l’apprensione, reazioni fisiche come palpitazioni e affanno o pensieri negativi come “non riuscirò ad affrontare la gara”."

In particolare l’ansia pre-gara (ansia da competizione) è determinata dalle esperienze personali vissute dall’atleta e da come interpreta la situazione e il contesto che lo circonda.
I fattori predisponenti ad un eccesso di ansia possono essere una scarsa autostima, il peso delle valutazioni esterne (allenatore, genitori), le aspettative sul risultato, fattori ambientali che non sono sotto il controllo dell’atleta, desiderio eccessivo di vincere.

Bisogna ricordare però che l’ansia costituisce anche una importante 𝐫𝐢𝐬𝐨𝐫𝐬𝐚 per l’atleta, infatti, il giusto livello di ansia consente una corretta attivazione e un approccio vincente alla gara.
Sicuramente arrivare preparato mentalmente e fisicamente all’evento permette all’atleta di essere maggiormente fiducioso nel risultato; è importante, quindi, sapere gestire questo strumento per dare il massimo durante le prestazioni, focalizzandosi solo sui propri punti di forza.

In che modo si manifesta l’ansia pre-gara?

Esistono due tipi di ansia da competizione:

▶️ Ansia somatica: sono tutte la modificazione che il nostro corpo mette in atto: aumento del battito cardiaco, aumento della sudorazione e della frequenza respiratoria, debolezza, irrigidimento muscolare. Questo tipo di ansia accompagna l’atleta soprattutto nella fase pre-gara e all’inizio della competizione, scomparendo piano piano poco dopo.
▶️Ansia cognitiva: è collegata alla natura dei pensieri sulla prestazione. Questo tipo di ansia può condizionare l’approccio alla gara in negativo o in positivo. Rispetto all’ansia somatica si manifesta sotto forma di pensieri, immagini che inducono l’atleta a vivere con scarsa autostima la competizione.

E' importante che l'atleta conosca delle tecniche che gli consentono di trasformare l’ansia in energia positiva:

✔️𝐔𝐭𝐢𝐥𝐢𝐳𝐳𝐚 𝐢𝐧 𝐦𝐨𝐝𝐨 𝐞𝐟𝐟𝐢𝐜𝐚𝐜𝐞 𝐢𝐥 𝐒𝐄𝐋𝐅-𝐓𝐀𝐋𝐊 (𝐨 𝐝𝐢𝐚𝐥𝐨𝐠𝐨 𝐢𝐧𝐭𝐞𝐫𝐢𝐨𝐫𝐞). Emozioni come insicurezza, bassa autostima non consentono di sviluppare un self-talk efficace ma piuttosto di concentrarsi su frasi come “Non ce la farò mai”, “Non mi sono allenato abbastanza ”, “Gli avversari sono più forti di me”, “Non mi sento in forma”. Al contrario, se il dialogo interiore è motivazionale e di supporto, i livelli di attivazione saranno adeguati al raggiungimento degli obiettivi che l’atleta stesso si è posto.
✔️𝐕𝐢𝐯𝐢 𝐢𝐥 𝐐𝐔𝐈 𝐄 𝐎𝐑𝐀 𝐜𝐨𝐦𝐞 𝐮𝐧𝐢𝐜𝐨 𝐭𝐞𝐦𝐩𝐨. Nel qui e ora esiste solo il gesto tecnico e l’atleta è solo concentrato sulla sua prestazione. Quando provi ansia pre-gara stai proiettando i tuoi pensieri nel futuro per questo la cosa migliore che puoi fare è tornare nel tempo presente.
✔️𝐂𝐫𝐞𝐚𝐭𝐢 𝐝𝐞𝐠𝐥𝐢 𝐎𝐁𝐈𝐄𝐓𝐓𝐈𝐕𝐈 𝐂𝐇𝐈𝐀𝐑𝐈. Concentrarsi sul vero obiettivo permette di distaccarsi dai pensieri negativi. Infatti orientare la propria motivazione all’obiettivo permette di limitare soprattutto l’ansia cognitiva.
✔️𝐕𝐈𝐒𝐔𝐀𝐋𝐈𝐙𝐙𝐀. La tecnica della visualizzazione aiuta ad uscire da una situazione ansiogena e a recuperare serenità e fiducia nelle proprie abilità. Immaginiamo la gara prima che questa avvenga.
✔️𝐑𝐄𝐒𝐏𝐈𝐑𝐀 𝐂𝐎𝐍𝐒𝐀𝐏𝐄𝐕𝐎𝐋𝐌𝐄𝐍𝐓𝐄. Una buona respirazione può essere utile per allentare le tensioni sia prima della competizione che durante: imparare a controllare i tempi di inspirazione ed espirazione permette di regolare il nostro Sistema Nervoso Autonomo, responsabile di reazioni fisiologiche come il battito cardiaco.
✔️𝐃𝐈𝐕𝐄𝐑𝐓𝐈𝐓𝐈. La paura fa dimenticare l'aspetto più importante di una gara, il divertimento. Quello che fai lo fai perché piace realmente a te e perché ti fa stare bene.

In questo contesto gioca un ruolo fondamentale la figura dell’allenatore che dovrebbe conoscere i fattori che aumentano o diminuiscono l’insicurezza e di conseguenza l’ansia; in tal modo l'allenatore aiuta l'atleta nel trovare lo stato emotivo ottimale per affrontare al meglio delle sue capacità psichiche e fisiche la sua competizione.

E’ importante dunque conoscere il proprio livello di “attivazione ottimale”, dove non ci si sente né troppo scarico, demotivato o annoiato né troppo agitato o teso, trasformando ciò che può essere causa d’ansia in energia positiva.

La mente rappresenta uno strumento forte in nostro possesso, che allenato attraverso tecniche specifiche, può acquisire un forte ed efficace controllo psicosomatico.

𝐶ℎ𝑖𝑎𝑟𝑎 𝐶𝑜𝑙𝑙𝑢𝑟𝑎

La resilienza, di cui tanto si parla, si sviluppa così. Ridare forza alla psiche ci può consentire di uscire dai tunnel,...
07/09/2021

La resilienza, di cui tanto si parla, si sviluppa così. Ridare forza alla psiche ci può consentire di uscire dai tunnel, di rivedere l’alba dopo le notti più buie, di ritrovare il senso e il gusto del futuro. Purtroppo la nostra società non ha ancora capito che non basta aver cura del corpo, promuovere (giustamente) l’attività fisica. C'E' SEMPRE PIU' BISOGNO DI PROMUOVERE LE RISORSE DELLA PSICHE, perché le sfide sono molto aumentate mentre le condizioni “naturali” dello sviluppo psicologico sono sempre più problematiche.

Anche se gli atleti possono essere visti come eroi o persone particolari, cerchiamo di non farli diventare degli extraterrestri

La psiche è fondamentale per gestire lo stress dello sport e delle gare e per migliorare la performance e trovare il più...
09/08/2021

La psiche è fondamentale per gestire lo stress dello sport e delle gare e per migliorare la performance e trovare il più efficace equilibrio possibile nelle diverse situazioni. Una psiche libera da blocchi e paure è in grado di liberare le energie del corpo.

Psicologia dello Sport e per lo Sport: una risorsa di protezione e promozione 03 agosto -Sempre di più si parla di Psicologia in campo sportivo, tema emerso con gli Europei di calcio e ora alla ribalta con le Olimpiadi. Da tempo si sono moltiplicati gli esempi e le testimonianze relative sia all’...

𝐈𝐋 𝐅𝐀𝐋𝐋𝐈𝐌𝐄𝐍𝐓𝐎 𝐂𝐎𝐌𝐄 𝐌𝐎𝐌𝐄𝐍𝐓𝐎 𝐃𝐈 𝐂𝐑𝐄𝐒𝐂𝐈𝐓𝐀«… 𝑁𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑣𝑖𝑡𝑎 ℎ𝑜 𝑓𝑎𝑙𝑙𝑖𝑡𝑜 𝑚𝑜𝑙𝑡𝑒 𝑣𝑜𝑙𝑡𝑒. 𝐸𝑑 𝑒̀ 𝑝𝑒𝑟 𝑞𝑢𝑒𝑠𝑡𝑜 𝑐ℎ𝑒 𝑎𝑙𝑙𝑎 𝑓𝑖𝑛𝑒 ℎ𝑜 𝑣𝑖𝑛𝑡𝑜 𝑡𝑢𝑡𝑡...
03/08/2021

𝐈𝐋 𝐅𝐀𝐋𝐋𝐈𝐌𝐄𝐍𝐓𝐎 𝐂𝐎𝐌𝐄 𝐌𝐎𝐌𝐄𝐍𝐓𝐎 𝐃𝐈 𝐂𝐑𝐄𝐒𝐂𝐈𝐓𝐀

«… 𝑁𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑣𝑖𝑡𝑎 ℎ𝑜 𝑓𝑎𝑙𝑙𝑖𝑡𝑜 𝑚𝑜𝑙𝑡𝑒 𝑣𝑜𝑙𝑡𝑒. 𝐸𝑑 𝑒̀ 𝑝𝑒𝑟 𝑞𝑢𝑒𝑠𝑡𝑜 𝑐ℎ𝑒 𝑎𝑙𝑙𝑎 𝑓𝑖𝑛𝑒 ℎ𝑜 𝑣𝑖𝑛𝑡𝑜 𝑡𝑢𝑡𝑡𝑜».

𝑀𝑖𝑐ℎ𝑎𝑒𝑙 𝐽𝑜𝑟𝑑𝑎𝑛

La parola “fallire” nella mente dell’atleta provoca una reazione negativa, infatti questa spesso viene confrontata al mancato raggiungimento di un obiettivo o ad una bassa autostima nei propri confronti. Ciò che realmente conta per l’atleta, invece, è riuscire ad abbinare alla parola “fallire” azioni come imparare, crescere, migliorare e perfezionare la propria prestazione. È importante quindi acquisire nuove strategie, nuova motivazione e riaccumulare energie per ritornare sul campo di gara più forti di prima.

Quando la mente è solo concentrata sul vincere ad ogni costo e al raggiungimento del successo, la gestione del fallimento diventa problematica. Il successo, infatti, è frutto di lavoro costante ma il percorso può essere caratterizzato da ostacoli che non permettono di raggiungere il risultato sperato.

La sconfitta è parte integrante dello sport, ma ciò che realmente conta è reagire traendone benefici. Rappresenta, per molti, un’esperienza traumatica ma il fallimento non si può evitare, gli errori fanno parte della crescita di ogni atleta.

Qual è il modo corretto di gestire il fallimento?

📌 CONSIDERARE LA SCONFITTA COME UN’OPPORTUNITA’ PER MIGLIORARSI: Ogni atleta è responsabile della sua performance, del suo rendimento e del suo atteggiamento in gara per questo ogni sconfitta va analizzata: essa rappresenta un’esperienza di apprendimento, che permette di rivalutare le proprie risorse fisiche, tecniche e mentali; rappresenta un vero e proprio momento di riflessione per “ripartire” più forti di prima. È opportuno prendersi del tempo per osservare, valutare, capire cosa c’è stato di utile, di importante nella prestazione eseguita e cosa, invece, può migliorare.

📌 GESTIRE IL DIALOGO INTERNO IN MODO EFFICACE: Mettere da parte i pensieri disfunzionali, che potrebbero influenzare negativamente la mente, è opportuno al fine di gestire al meglio la sconfitta. È inutile utilizzare con se stessi frasi del tipo “𝑒̀ 𝑠𝑡𝑎𝑡𝑜 𝑡𝑢𝑡𝑡𝑜 𝑖𝑛𝑢𝑡𝑖𝑙𝑒”, “𝑛𝑜𝑛 𝑐𝑒 𝑙𝑎 𝑓𝑎𝑟𝑜̀ 𝑚𝑎𝑖 𝑎 𝑟𝑖𝑝𝑎𝑟𝑡𝑖𝑟𝑒”, “𝑖𝑙 𝑚𝑖𝑜 𝑎𝑣𝑣𝑒𝑟𝑠𝑎𝑟𝑖𝑜 𝑒̀ 𝑠𝑡𝑎𝑡𝑜 𝑝𝑖𝑢̀ 𝑓𝑜𝑟𝑡𝑒 𝑑𝑖 𝑚𝑒” 𝑜 essere catastrofici: “𝑒̀ 𝑙𝑎 𝑝𝑟𝑒𝑠𝑡𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑝𝑒𝑔𝑔𝑖𝑜𝑟𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑚𝑖𝑎 𝑣𝑖𝑡𝑎”. È produttivo invece utilizzare frasi come “𝑙𝑎 𝑝𝑟𝑜𝑠𝑠𝑖𝑚𝑎 𝑣𝑜𝑙𝑡𝑎 𝑐𝑒 𝑙𝑎 𝑓𝑎𝑟𝑜̀”, “𝑐𝑜𝑛𝑜𝑠𝑐𝑜 𝑖 𝑚𝑖𝑒𝑖 𝑝𝑢𝑛𝑡𝑖 𝑑𝑖 𝑓𝑜𝑟𝑧𝑎 𝑒 𝑙𝑖 𝑝𝑜𝑟𝑡𝑒𝑟𝑜̀ 𝑖𝑛 𝑔𝑎𝑟𝑎”.

📌 DEFINIRE NUOVI OBIETTIVI: Avere degli obiettivi sfidanti e realistici permette all’atleta di andare in campo più consapevole dei propri punti di forza. Gli obiettivi sono la chiave della motivazione e la pianificazione di questi permette all’atleta di ritrovare la giusta concentrazione, riordinare le proprie idee, avendo come meta finale quella di realizzare una buona performance.

📌 ELABORARE LE EMOZIONI NEGATIVE: La sconfitta è un punto di ripartenza per l’atleta, per questo è importante elaborare le emozioni negative come la frustrazione di avere fallito, lo stress, la rabbia, la paura e la delusione di non avere raggiunto il risultato prefissato. Le emozioni negative sono guide preziose per migliorare e trarre dei benefici dall’insuccesso.

📌 “VINCERE LA SCONFITTA”: Elaborare l’accaduto è indispensabile, proprio per questo il fallimento va accettato, affrontato e superato. Pensare continuamente al passato non aiuta a capire cosa si sarebbe potuto fare diversamente o come migliorare. Gli americani dicono: "𝑓𝑎𝑖𝑙 𝑓𝑎𝑠𝑡, 𝑓𝑎𝑖𝑙 𝑜𝑓𝑡𝑒𝑛" , 𝑓𝑎𝑙𝑙𝑖𝑠𝑐𝑖 𝑖𝑛 𝑓𝑟𝑒𝑡𝑡𝑎, 𝑓𝑎𝑙𝑙𝑖𝑠𝑐𝑖 𝑠𝑝𝑒𝑠𝑠𝑜 , proprio perchè è fondamentale concedersi la possibilità di sbagliare, dietro ad ogni errore c'è sempre un potenziale di crescita.

📌 FOCALIZZARSI SUL “QUI E ORA”: Vivere il "qui e ora", senza proiettare la mente altrove, cioè verso il passato o il futuro, permette all’atleta di affrontare il fallimento nel momento presente. Rimanere nel qui e ora significa avere la capacità di essere totalmente immersi in quello che si sta facendo, lasciando fuori ansie, preoccupazioni e paure.

Per concludere...
𝐼𝑙 𝑙𝑎𝑣𝑜𝑟𝑜 𝑑𝑢𝑟𝑜 𝑝𝑎𝑔𝑎 𝑠𝑒𝑚𝑝𝑟𝑒.
𝐿𝑎 𝑣𝑖𝑡𝑡𝑜𝑟𝑖𝑎 𝑑𝑖 𝑇𝑖𝑡𝑎-𝐵𝑎𝑛𝑡𝑖 𝑎𝑙𝑙𝑒 𝑜𝑙𝑖𝑚𝑝𝑖𝑎𝑑𝑖 𝑑𝑖 𝑇𝑜𝑘𝑦𝑜 𝑛𝑒 𝑒̀ 𝑙𝑎 𝑝𝑖𝑒𝑛𝑎 𝑑𝑖𝑚𝑜𝑠𝑡𝑟𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑒 𝑎 𝑞𝑢𝑒𝑠𝑡𝑜 𝑝𝑟𝑜𝑝𝑜𝑠𝑖𝑡𝑜 𝑏𝑖𝑠𝑜𝑔𝑛𝑎 𝑟𝑖𝑐𝑜𝑟𝑑𝑎𝑟𝑒 𝑙𝑒 𝑝𝑎𝑟𝑜𝑙𝑒 𝑑𝑖 𝐺𝑎𝑏𝑟𝑖𝑒𝑙𝑒 𝐵𝑟𝑢𝑛𝑖, 𝑡𝑒𝑐𝑛𝑖𝑐𝑜 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑐𝑙𝑎𝑠𝑠𝑒 𝑚𝑖𝑠𝑡𝑎 𝑁𝑎𝑐𝑟𝑎 17, 𝑖𝑙 𝑞𝑢𝑎𝑙𝑒, dopo una medaglia d'oro appena vinta, 𝑑𝑖𝑐ℎ𝑖𝑎𝑟𝑎:

"𝑆𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑠𝑡𝑎𝑡𝑖 𝐼𝑛 𝑚𝑎𝑟𝑒 200 𝑔𝑖𝑜𝑟𝑛𝑖 𝑙’𝑎𝑛𝑛𝑜 𝑝𝑒𝑟 5 𝑎𝑛𝑛𝑖.
4.400 𝑜𝑟𝑒 𝑑𝑖 𝑎𝑙𝑙𝑒𝑛𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜
70.000 𝑣𝑖𝑟𝑎𝑡𝑒
55.000 𝑠𝑡𝑟𝑎𝑚𝑏𝑎𝑡𝑒
11.000 𝑚𝑖𝑔𝑙𝑖𝑎 𝑝𝑒𝑟𝑐𝑜𝑟𝑠𝑒 𝑖𝑛 𝑚𝑎𝑟𝑒 ( 𝑐𝑖𝑟𝑐𝑎 24 𝑣𝑜𝑙𝑡𝑒 𝑙𝑎 𝑑𝑖𝑠𝑡𝑎𝑛𝑧𝑎 𝑡𝑟𝑎 𝑃𝑎𝑙𝑒𝑟𝑚𝑜 𝑒 𝐺𝑒𝑛𝑜𝑣𝑎)
2 𝐶𝑎𝑚𝑝𝑖𝑜𝑛𝑎𝑡𝑖 𝑑𝑒𝑙 𝑚𝑜𝑛𝑑𝑜
3 𝐶𝑎𝑚𝑝𝑖𝑜𝑛𝑎𝑡𝑖 𝐸𝑢𝑟𝑜𝑝𝑒𝑖
58 𝑝𝑜𝑑𝑖 𝑖𝑛 𝑐𝑜𝑝𝑝𝑎 𝑑𝑒𝑙 𝑚𝑜𝑛𝑑𝑜
𝐶𝑎𝑙𝑑𝑜, 𝑓𝑟𝑒𝑑𝑑𝑜 , 𝑠𝑜𝑙𝑒, 𝑝𝑖𝑜𝑔𝑔𝑖𝑎, 𝑣𝑖𝑡𝑡𝑜𝑟𝑖𝑒, 𝑠𝑐𝑜𝑛𝑓𝑖𝑡𝑡𝑒, 𝑚𝑎𝑙 𝑑𝑖 𝑠𝑐ℎ𝑖𝑒𝑛𝑎 .
𝐺𝑢𝑎𝑟𝑑𝑎𝑟𝑒 𝑖𝑙 𝑣𝑒𝑛𝑡𝑜 𝑒 𝑐𝑒𝑟𝑐𝑎𝑟𝑒 𝑑𝑖 𝑐𝑎𝑝𝑖𝑟𝑒 𝑐𝑜𝑚𝑒 𝑠𝑖 𝑚𝑢𝑜𝑣𝑒 𝑠𝑢𝑙𝑙’𝑎𝑐𝑞𝑢𝑎, 𝑔𝑢𝑎𝑟𝑑𝑎𝑟𝑒 𝑙𝑒 𝑣𝑒𝑙𝑒 𝑒 𝑐𝑒𝑟𝑐𝑎𝑟𝑒 𝑑𝑖 𝑑𝑎𝑟𝑔𝑙𝑖 𝑙𝑎 𝑓𝑜𝑟𝑚𝑎 𝑔𝑖𝑢𝑠𝑡𝑎, 𝑔𝑢𝑎𝑟𝑑𝑎𝑟𝑒 𝑔𝑙𝑖 𝑎𝑡𝑙𝑒𝑡𝑖 𝑒 𝑐𝑒𝑟𝑐𝑎𝑟𝑒 𝑑𝑖 𝑓𝑎𝑟𝑙𝑖 𝑑𝑖𝑣𝑒𝑛𝑡𝑎𝑟𝑒 𝑐𝑜𝑛𝑠𝑎𝑝𝑒𝑣𝑜𝑙𝑖 𝑒 𝑓𝑜𝑟𝑡𝑖.
𝐴𝑑𝑒𝑠𝑠𝑜 𝑐ℎ𝑒 𝑠𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑛𝑒𝑙𝑙’𝑂𝑙𝑖𝑚𝑝𝑜 𝑚𝑖 𝑟𝑒𝑛𝑑𝑜 𝑐𝑜𝑛𝑡𝑜 𝑐ℎ𝑒 𝑡𝑢𝑡𝑡𝑜 𝑞𝑢𝑒𝑠𝑡𝑜 𝑒’ 𝑠𝑡𝑎𝑡𝑜 𝑖𝑛𝑑𝑖𝑠𝑝𝑒𝑛𝑠𝑎𝑏𝑖𝑙𝑒."

𝓒𝓱𝓲𝓪𝓻𝓪 𝓒𝓸𝓵𝓵𝓾𝓻𝓪

A tra poco 😃
17/05/2021

A tra poco 😃

💆‍♀️Nutrizione e psicologia vengono in aiuto per parlare a cuore aperto di .
🗓Lo facciamo nella prossima live con Dott.ssa Chiara Collura - Esperta in Psicologia dello Sport lunedì sera alle 21.30 sul mio canale 🧚‍♀️

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12/05/2021

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