Pandas Pans in Pillole

Pandas Pans in Pillole Informazioni di contatto, mappa e indicazioni stradali, modulo di contatto, orari di apertura, servizi, valutazioni, foto, video e annunci di Pandas Pans in Pillole, Sito Web di salute e benessere, Parma, Parma.

pagina dedicata a sensibilizzare e informare sulle sindromi pandas pans Associazione Genitori Pans Pandas Bge
Più consapevolezza = diagnosi più veloce = bambini aiutati prima.

02/12/2025

Oggi vogliamo condividere qualcosa di prezioso.
Una delle nostre mamme ha attivato lo Sportello Scuola dell’Associazione: un momento in cui le nostre psicologhe incontrano le insegnanti per aiutarle a comprendere davvero il bambino, i suoi bisogni, le sue difficoltà e le sue emozioni.
Prima dell’incontro, la mamma ha chiesto al suo bambino:
“Vuoi dirmi tu cosa provi così lo posso raccontare alla psicologa?”

E il bambino ha iniziato a parlare.
Parole semplici, dirette, limpide.
Parole di un cuore piccolo che però sente tutto, anche ciò che gli adulti a volte non vedono.
La mamma le ha trascritte senza cambiare niente.
Senza correggere.
Senza “aggiustare”.
Perché il dolore dei bambini non va tradotto: va ascoltato.
Sono parole che valgono più di qualsiasi relazione tecnica, più di qualsiasi valutazione.
Parole che ricordano quanto sia fondamentale dare voce ai nostri figli, lasciare che siano loro a raccontare il loro mondo interiore.

Questo è lo spirito dello Sportello Scuola:
aiutare gli insegnanti a capire, aiutare i bambini a non sentirsi sbagliati, aiutare le famiglie a non sentirsi sole.

E, soprattutto, riconoscere che ogni bambino ha una verità dentro.
Basta solo chiudere la bocca, aprire il cuore e ascoltare:

“Vorrei che dicesse alle maestre che mi dispiace molto quando rimango indietro
Alcune volte vado in bagno a piangere perché rimangono indietro
Se le maestre mi rimproverano mi arrabbio molto e mi verrebbe da avere forti reazioni
Se rimango indietro mi do dei pugni sul petto in bagno
Sento tanta mancanza di mamma e papà ma non lo dico
Se alcune volte mi sento male (mal di testa o mal di pancia che mi fa tanto tanto male) non lo dico perché ho paura che non mi credono
Quando scrivo e rimango indietro ed è quasi finita l'ora perché dobbiamo fare ricreazione o pranzo e io non ho finito poi mi arrabbio tantissimo e butto i quaderni dentro lo zaino con forza
All ora di arte stavo facendo un disegno ottico e una mia compagna di classe mi ha detto "è brutto" e lo ha fatto lei scarabbocchiando
Un'altra volta stavo facendo un disegno ad arte e avevo dimenticato un quadretto, allora la maestra è venuta e mi ha preso il quaderno e mi ha cercato di aggiustarlo, però ha calcato tutto e le linee non erano fatte bene..questo mi ha fatto tanto arrabbiare, ho strappato la pagina e mi ha messo lo scocth, poi l'ho strappata di nuovo perché era disordinata e poi ho scritto un'altra pagina ed era disordinata per me così ho ristrappato la pagina e ne ho saltate 4 pag.
Quando faccio una cosa disordinata e i miei compagni lo notano, lo dicono alla maestra che cambio pagina oppure che la strappi. Se cambio pagina la maestra mi fa ritornare su quella e poi la incollo e quando la strappo la maestra mi mette lo scotch poi prendo e la strappo.
Quando le maestre si arrabbiano con me perché ho fatto una cosa male e mi sgridano in mente penso o che devo buttare il banco per terra e andarmene dalla classe oppure di rispondergli male.
Quando la maestra mi rimprovera su una cosa che io ho sbagliato e mi urla poi gli vorrei dire brutte cose, ma non parolacce (maestra non è così, basta, vattene, hai rotto)
Ho difficoltà a scrivere sui quadretti..scrivo meglio sulle righe.
So fare le operazioni, ma ho bisogno che uno mi scrive la colonna oppure le operazioni in riga sennò dopo circa 40 min sto ancora a scrivere la terza operazione in riga.
A scuola se non cancello una cosa inizia a farmi male la testa.
Che sento una debolezza alla mano e quando scrivo poi la mano diventa più pesante e non riesco a scrivere.
Quando ho pesantezza, appena scrivo una cosa, mi sforzo di continuare, ma dopo un pò devo fermarmi.
In questi casi vengono dei compagni di classe tipo Marco e Lucia e io lo dico e loro me lo scrivono. Oppure penso ad altro, a cose che mi fanno ve**re da piangere ( penso a mamma e papà che non ci stanno più perché sono morti e io sto da solo senza nessuno, oppure che sto con mamma papà e Maria e che arriva qualcuno e vi spara, penso a mamma che mi prende in braccio oppure papà e poi immagino una tomba con i vostri nomi e le foto poi penso che divento grande e voi non ci siete piu e io sto sulle vostre tombe con voi).
Ti ricordi quando dico che papà muore perché è a lavoro? Mi viene da pensare che ci sono le vostre tombe con voi vestiti bene che avete il sorriso..
Quando sto a scuola alcune volte mi metto da solo e penso a te e papà che potete morire o quando sento le sirene ho paura che voi non ci siete più.
Mi rimane difficile copiare alla lavagna, che leggo ad esempio "una favaola" e quando vado a scrivere non lo ricordo e devo riguardare e poi devo trovare la riga o il quadretto e devo scrivere .
La cosa più br**ta è che penso di voi che non ci siete più .
Poi quando scrivo è faccio cose che per me sono brutte e la maestra mi dice di non cancellare perché va bene, sembra che qualcuno mi prende la mano e mi costringe a cancellare sennò mi fa male la testa.
Quando faccio uno schema le linee non le riesco a fare dritte e cancello oppure strappo la pagina o la lascio.
Quando faccio le righe devono essere con la stessa forma e centimetri.
Quando non ho terminato perché voglio fare le cose ordinate, se la maestra mi scrive sotto da completare mi da molto fastidio perché così sono costretto a strappare tutto e rifarlo.
Credo che sono un bimbo diverso dagli altri, che sono strano e che non sono degno di vivere. Lo so che voi mi volete bene, ma penso che non mi volete bene e mi dico che sono bugiardo perché voi mi volete bene.”

27/11/2025

Microbiota, butirrato ed epigenetica: perché questo nuovo studio è importante anche per PANS/PANDAS

Un nuovo studio pubblicato su Brain, Behavior, & Immunity – Health apre una finestra interessante su un tema che, negli ultimi anni, sta diventando sempre più centrale: il ruolo del microbiota e dei suoi metaboliti nei disturbi neuropsichiatrici e neuroinfiammatori pediatrici.

Anche se la ricerca non parla direttamente di PANS/PANDAS, i risultati toccano meccanismi biologici che ritroviamo spesso nei nostri bambini: infiammazione, disregolazione immunitaria, vulnerabilità epigenetica e asse intestino-cervello.

Vediamo cosa emerge e perché può essere utile per capire meglio queste sindromi.

🧪 Lo studio in breve

I ricercatori hanno analizzato come il butirrato, una sostanza prodotta dal nostro intestino quando il microbiota è in equilibrio, possa modificare:
• le vie immunitarie,
• i processi epigenetici,
• e l’attività delle cellule immunitarie (PBMC) di bambini con disturbi del neurosviluppo.

Il butirrato è uno dei principali short-chain fatty acids (SCFA), molecole che svolgono funzioni fondamentali per la regolazione dell’infiammazione e della comunicazione lungo l’asse intestino → sistema immunitario → cervello.

Lo studio mostra che il butirrato può:

✨ modulare geni coinvolti nella risposta immunitaria
✨ regolare l’infiammazione
✨ correggere anomalie epigenetiche
✨ influenzare processi legati al neuro-sviluppo

🌱 Perché questo interessa la comunità PANS/PANDAS

Da anni sappiamo che i bambini con PANS/PANDAS presentano spesso:
• disbiosi intestinale,
• disturbi gastrointestinali,
• alterazioni immunitarie,
• e una forte componente neuroinfiammatoria.

Questo studio, pur non essendo specifico sulla PANS/PANDAS, fornisce un tassello importante:

👉 dimostra che un metabolita del microbiota (il butirrato) può influenzare direttamente l’immunità e l’epigenetica, due processi chiave anche in queste sindromi.

In altre parole:
🟢 se il microbiota funziona bene, può aiutare a regolare l’infiammazione;
🔴 se il microbiota è alterato, può contribuire a mantenere o peggiorare processi immunitari disfunzionali.

È esattamente ciò che vediamo in tanti bambini PANS/PANDAS, dove un intestino “infiammatorio” coincide spesso con un cervello “infiammato”.

🔗 Un nuovo ponte tra intestino e neuroinfiammazione

Il valore di questa ricerca è soprattutto concettuale: ci mostra che il microbiota non è un elemento accessorio, ma un possibile attore primario capace di:
• modulare geni coinvolti nella risposta immunitaria,
• influenzare la produzione di citochine,
• interagire con i percorsi epigenetici,
• contribuire alla regolazione dell’asse intestino–cervello.

Tutti temi sempre più riconosciuti anche nella letteratura su PANS/PANDAS e sulle encefaliti autoimmuni.

📌 Cosa significa nella pratica

Non è una terapia e non è un’indicazione clinica diretta.
È però un segnale forte che conferma l’importanza di:
• curare il microbiota,
• supportare la salute intestinale,
• ridurre l’infiammazione sistemica,
• considerare la persona nel suo complesso (non solo il sintomo psichiatrico).

E, soprattutto, che senza studiare seriamente l’asse intestino–immunità–cervello non potremo mai comprendere fino in fondo le PANS/PANDAS.

🟩 In conclusione

Questo studio aggiunge un tassello importante alla comprensione dei disturbi neuroinfiammatori pediatrici:
un buon equilibrio del microbiota — e in particolare la produzione di butirrato — può influenzare direttamente la regolazione immunitaria e i processi epigenetici.

È un passaggio chiave che rafforza la visione integrata che da anni portiamo avanti:
la PANS/PANDAS non è solo una malattia “del cervello”, ma un disturbo dell’intero sistema immuno-neuro-metabolico.

E ogni nuova evidenza scientifica che conferma questa direzione è un passo avanti per tutti.

Siamo lieti di condividere la recente pubblicazione su Frontiers in Immunology, dedicata all’asse microbiota–immunità–ce...
27/11/2025

Siamo lieti di condividere la recente pubblicazione su Frontiers in Immunology, dedicata all’asse microbiota–immunità–cervello nelle sindromi PANS e PANDAS.
Un lavoro che arricchisce la letteratura internazionale con una visione integrata e moderna di queste condizioni neuroimmuni complesse.

L’Associazione Genitori Pans Pandas Bge ODV ha contribuito a rendere disponibile questa pubblicazione, favorendo la circolazione di evidenze scientifiche indispensabili per la pratica clinica.

Speriamo che questo lavoro possa rappresentare un passo avanti nella comprensione delle PANS/PANDAS, offrendo uno sguardo completo che unisce immunologia, microbiota, barriere biologiche e neuroinfiammazione, con particolare attenzione al ruolo — spesso trascurato — dell’asse orale–intestino–cervello.

🎗️ Il nostro impegno continua

Come Associazione Genitori PANS PANDAS BGE ODV continueremo a:
🔹 supportare la ricerca clinica e biologica;
🔹 collaborare con istituzioni e professionisti della salute;
🔹 diffondere informazione corretta e aggiornata;
🔹 sostenere le famiglie nel percorso di cura.

Questa pubblicazione è un passo avanti per tutti i nostri bambini.
Un passo verso la verità scientifica, la cura e la speranza.

BackgroundPediatric Acute-onset Neuropsychiatric Syndromes (PANS) and Pediatric Autoimmune Neuropsychiatric Disorders Associated with Streptococcal infection...

Disturbo Bipolare nei bambini e infezioni da zecche: cosa ci dice uno studio appena pubblicato.Un nuovo studio apparso s...
21/11/2025

Disturbo Bipolare nei bambini e infezioni da zecche: cosa ci dice uno studio appena pubblicato.

Un nuovo studio apparso su Frontiers in Child and Adolescent Psychiatry apre una finestra importante su un tema ancora poco esplorato: il possibile legame tra disturbi psichiatrici pediatrici e infezioni che attivano il sistema immunitario, tra cui quelle trasmesse dalle zecche.
I ricercatori hanno analizzato le cartelle cliniche di 37 bambini e ragazzi con diagnosi di disturbo bipolare in età pediatrica, tutti seguiti in un ambulatorio del New Jersey, una zona dove le infezioni da zecche sono relativamente comuni.
La domanda che si sono posti è semplice, ma potentissima:
quanto spesso questi giovani presentano segni di infezioni che possono scatenare infiammazione sistemica e neuroinfiammatoria?

I risultati sono stati sorprendenti:
• il 92% dei ragazzi mostrava segni di esposizione ad almeno una infezione trasmessa da zecche,
• e l’81% aveva evidenze sia cliniche che di laboratorio.

Le infezioni più frequenti erano:
• Babesia (51%),
• Bartonella (49%),
• Mycoplasma pneumoniae (38%),
• Borrelia (malattia di Lyme) (22%).

Molto interessante: solo 3 ragazzi su 37 ricordavano un morso di zecca.
Il che ci ricorda una cosa importante anche per PANS/PANDAS: l’assenza di un ricordo di esposizione non significa assenza di infezione.

Un tassello del puzzle neuroinfiammatorio

Lo studio non prova che queste infezioni causino il disturbo bipolare.
Però apre uno scenario fondamentale:
👁‍🗨 una percentuale altissima di questi giovani presenta infezioni che sappiamo essere capaci di attivare il sistema immunitario in modo importante, anche sul cervello.
Ed è esattamente questo il punto che sta emergendo anche nella ricerca su PANS e PANDAS:
• infezioni comuni
• risposte immunitarie anomale
• infiammazione che “tocca” i circuiti cerebrali
• sintomi psichiatrici acuti o ingravescenti

Non è più possibile ignorare questo collegamento.

⚠️ I limiti

È uno studio piccolo, senza gruppo di controllo, e condotto in un solo ambulatorio.
Non possiamo generalizzare.
Ma il segnale è forte e merita attenzione.

Perché è importante per noi?

Questo lavoro si inserisce nella crescente evidenza che, quando i bambini mostrano sintomi neuropsichiatrici importanti, non possiamo limitarci a una lettura puramente psichiatrica.
Serve una visione più ampia:
🧬 immunologia, infiammazione, infezioni, sistema nervoso — tutto è collegato.

Proprio come accade nella PANS/PANDAS.

IntroductionThis retrospective chart review examined 37 youth with pediatric bipolar disorder from a private practice in the Lyme-endemic state of New Jersey...

Per decenni la medicina ha guardato quasi solo dentro il genoma, cercando difetti ereditari, “colpe” genetiche… ignorand...
17/11/2025

Per decenni la medicina ha guardato quasi solo dentro il genoma, cercando difetti ereditari, “colpe” genetiche… ignorando il ruolo dei patogeni.
Una visione miope, che l’articolo di Sara Adams smonta con rigore e lucidità.
È lungo, sì. Ma è fondamentale.
E credo che tutti dovrebbero leggerlo.
Soprattutto chi ha mai sentito dire che i sintomi di un paziente sono “stress”, “comportamento”, o “solo depressione”.

Allora la domanda è: quando la sanità riconoscerà ciò che la ricerca mostra da anni?
Ovvero che le infezioni possono innescare condizioni croniche e durature?

E quando smetteremo di manipolare – sì, manipolare – i pazienti che raccontano che qualcosa si è spezzato dentro di loro dopo un virus, una faringite da streptococco, il COVID, la mononucleosi… o persino dopo un semplice raffreddore?

È tempo di ascoltare.
È tempo di guardare l’evidenza.
È tempo di cambiare.

In 2005, Barry Marshall and Robin Warren won the Nobel Prize for identifying H. pylori’s causal role in stomach ulcers.

Un nuovo orizzonte: l’infiammazione nella depressioneNegli ultimi anni, la ricerca psichiatrica sta compiendo un cambio ...
17/11/2025

Un nuovo orizzonte: l’infiammazione nella depressione

Negli ultimi anni, la ricerca psichiatrica sta compiendo un cambio di prospettiva importante: non guardiamo più solo ai neurotrasmettitori e alle funzioni cerebrali tradizionali, ma anche al ruolo del sistema immunitario e dell’infiammazione nel modulare il disagio mentale.
Nella personal view pubblicata su The Lancet Psychiatry, viene esplorata l’ipotesi che i farmaci antinfiammatori possano rappresentare una via terapeutica aggiuntiva o alternativa per la depressione. 

Perché parlare di antinfiammatori nella depressione?

Le ragioni sono più di una:
• Nei pazienti con depressione resistente ai trattamenti convenzionali, si osservano marker elevati di infiammazione sistemica (citochine pro-infiammatorie, proteina C-reattiva, etc).
• Le terapie classiche — antidepressivi, psicoterapia — in questi casi hanno performance inferiori.
• L’infiammazione può influenzare il funzionamento cerebrale: la neuroinfiammazione può alterare i circuiti dell’umore, della motivazione, del pensiero, dell’autoregolazione.
• Interve**re sull’infiammazione potrebbe quindi ridurre in modo più diretto uno dei meccanismi sottostanti, piuttosto che agire solo sui sintomi.

Quali sono le evidenze e i “ma”?

Nel lavoro di Nutt e colleghi emergono sia opportunità che limiti:

Opportunità
• Alcuni studi clinici hanno usato antinfiammatori (es. FANS, inibitori selettivi dell’infiammazione, farmaci anti-TNF) in soggetti depressi, ottenendo benefici, soprattutto nei casi con marcata infiammazione.
• Questo suggerisce che non tutti i pazienti depressi sono uguali: in alcuni l’infiammazione è centrale, in altri no. Un approccio di medicina personalizzata potrebbe migliorare la selezione del trattamento.
• Per discipline come la neuropsichiatria pediatrica, l’idea che un’infezione/scatenante immunitario possa portare a sintomi affini alla depressione/ansia – e che questi possano rispondere a trattamenti immunomodulanti – è molto rilevante.

Limiti e sfide
• Mancano ancora grandi trial controllati e di lunga durata che confermino l’efficacia e la sicurezza degli antinfiammatori in depressione.
• Non è chiaro quale paziente debba ricevere quale farmaco antinfiammatorio, in che dose, per quanto tempo e con quali criteri di selezione.
• I farmaci antinfiammatori non sono privi di effetti collaterali, e l’equilibrio rischio/beneficio va valutato con attenzione, specialmente nei giovani.
• C’è il rischio di cadere nella “trappola biologica”: pensare che basti un farmaco antinfiammatorio per risolvere un disagio complesso che spesso comporta anche fattori psicosociali, ambientali e di sviluppo.

Implicazioni pratiche per i disturbi neuroimmunitari nei giovani

In un contesto come quello dei disturbi PANS/PANDAS, dove spesso assistiamo a insorgenza rapida, trigger infettivi/autoimmuni e sintomi neuropsichiatrici resistenti, questo modello ha implicazioni rilevanti:
• Verificare marker infiammatori può aiutare a identificare un sottogruppo di pazienti in cui l’infiammazione ha un ruolo predominante.
• Nella presa in carico di un bambino/adolescente con depressione o ansia resistente, in presenza di fattori come infezioni recenti, disfunzioni immunitarie o comportamenti neuropsichiatrici improvvisi, l’integrazione di un approccio antinfiammatorio (oltre ai trattamenti convenzionali) può essere considerata.
• È fondamentale un lavoro multidisciplinare: immunologi, psichiatri infantili, neurologi, pediatri devono collaborare per definire protocolli personalizzati.
• Occorre trasparenza (“informed consent”) con le famiglie: spiegare che si tratta di approcci ancora in evoluzione, non di “terapie certo efficaci”, ma di strategie promettenti.

Conclusione

La visione tradizionale del disagio psichico come solo alterazione dei neurotrasmettitori sta evolvendo. L’articolo su The Lancet Psychiatry apre la porta alla psichiatria immunologica, sottolineando che in molti casi la risposta terapeutica può migliorare se consideriamo l’infiammazione come target.

Per i disturbi neuroimmunitari pediatrici — come PANS/PANDAS — questo è un messaggio forte: non accontentarsi del “come facciamo sempre”, ma cercare di costruire approcci personalizzati che guardino al sistema immunitario, al cervello, all’ambiente.

A recent Personal View by David J Nutt in The Lancet Psychiatry describes the problematic state of drug development in psychiatry and identifies the scarcity of science-based innovation as an important obstacle.1 Here, we propose that use of anti-inflammatories in people with the so-called inflammat...

17/11/2025

Depressione e ansia nei giovani: quando il problema non è “solo psicologico”

Negli ultimi anni stiamo assistendo a un’impennata silenziosa che coinvolge milioni di famiglie: la prevalenza di depressione e ansia tra bambini e adolescenti è quasi raddoppiata dopo la pandemia di COVID-19.
I numeri parlano chiarissimo:
• 25,2% soffre di depressione
• 20,5% presenta ansia clinicamente significativa

Si tratta di percentuali mai viste nella storia recente.

E davanti a questa ondata, una domanda si impone: le terapie tradizionali bastano ancora?

Quando i trattamenti classici non funzionano più

Le psicoterapie e i farmaci psicotropi – cardini della psichiatria moderna – mostrano limiti importanti nel mondo reale:
• bassa aderenza
• effetti collaterali difficili da gestire
• resistenza al trattamento
• tassi di risposta spesso inferiori al 50–70%

E per i più giovani i rischi sono ancora più delicati:
aumento di peso, ideazione suicidaria, sintomi di astinenza, difficoltà che ogni genitore conosce fin troppo bene.

Il ruolo nascosto dell’infiammazione

Sempre più studi mettono in luce un elemento chiave spesso trascurato: la neuroinfiammazione.

Citochine come IL-6 e TNF-α risultano elevate soprattutto nei casi resistenti al trattamento. È un segnale che non possiamo ignorare: non sempre siamo davanti a un disturbo “mentale” in senso stretto, ma a una disregolazione immunitaria che coinvolge il cervello.

Questo è particolarmente evidente quando i sintomi:
• insorgono all’improvviso
• seguono un’infezione
• compaiono in contesti come PANS, PANDAS, Long COVID o altre condizioni post-infettive.

Non è solo un dettaglio biologico: cambia completamente l’approccio terapeutico.

Terapie antinfiammatorie: una strada promettente

Accanto agli SSRI, oggi si stanno affacciando trattamenti che mirano non ai sintomi, ma all’origine infiammatoria del problema:
• FANS (inibitori della COX)
• Corticosteroidi
• Antistaminici con azione immunomodulante
• Immunoglobuline endovena (IVIG)

Queste terapie mostrano un vantaggio importante:
migliore tollerabilità e una risposta clinica significativa nei casi neuroimmunitari.

Per molti bambini possono rappresentare non un “ultimo tentativo”, ma la chiave per sbloccare sintomi che non rispondono ai trattamenti standard.

Verso una psichiatria pediatrica più moderna e personalizzata

È tempo di riconoscere che non tutti i disturbi psichiatrici pediatrici hanno un’origine psicologica.
In una parte dei casi c’è una componente biologica potente, spesso post-infettiva, che richiede protocolli specifici e un approccio multidisciplinare.

Le terapie antinfiammatorie non sostituiscono tutto il resto, ma rappresentano una freccia in più nella nostra faretra terapeutica, soprattutto per i disturbi neuroimmunitari e a esordio improvviso.

Serve ancora ricerca, serve formazione, serve coraggio clinico.
Ma soprattutto serve ascoltare quello che la scienza ci sta dicendo: la mente dei bambini non è separata dal loro sistema immunitario.

14/11/2025
Mononucleosi e sclerosi multipla nei bambini: il nuovo studio del Bambino Gesù che conferma un legame atteso da anniDa t...
14/11/2025

Mononucleosi e sclerosi multipla nei bambini: il nuovo studio del Bambino Gesù che conferma un legame atteso da anni

Da tempo gli scienziati sospettavano che l’infezione da virus di Epstein–Barr (EBV) – lo stesso che causa la mononucleosi, conosciuta come “malattia del bacio” – potesse avere un ruolo importante nello sviluppo della sclerosi multipla (SM), soprattutto nelle persone giovani.
Tante ricerche internazionali avevano segnalato il collegamento, ma mancavano dati solidi sui bambini, cioè nel momento in cui la malattia inizia davvero a prendere forma.

Lo studio condotto dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, pubblicato su Journal of Neurology, porta finalmente un tassello importante: conferma che i bambini che hanno contratto EBV presentano un rischio significativamente maggiore di sviluppare sclerosi multipla pediatrica, rispetto ai coetanei che non sono mai entrati in contatto con il virus.

Che cosa ha scoperto lo studio

Analizzando campioni, dati clinici e storia infettivologica di gruppi di bambini, i ricercatori hanno evidenziato un punto centrale:

👉 la quasi totalità dei pazienti pediatrici con sclerosi multipla aveva sviluppato anticorpi contro EBV, segno di un’infezione pregressa.
Invece, nei bambini sani la percentuale di positivi al virus era nettamente più bassa.

Non è la prima volta che emerge questa correlazione, ma il nuovo studio ha il merito di:
• concentrarsi specificamente sull’età pediatrica,
• dimostrare il nesso con strumenti diagnostici aggiornati,
• coinvolgere un grande centro altamente specializzato nella neurologia dell’età evolutiva.

Perché EBV potrebbe scatenare la sclerosi multipla

Il virus Epstein–Barr è uno dei più diffusi al mondo: oltre il 90% della popolazione lo contrae almeno una volta nella vita.
Nella maggior parte dei casi, la malattia decorre senza problemi. Solo in una piccola parte degli individui può però attivare meccanismi di autoimmunità, in cui il sistema immunitario – confuso dal virus – finisce per attaccare i tessuti del sistema nervoso centrale.

Il Bambino Gesù sottolinea che nei bambini:
• l’infezione da EBV può attivare una risposta immunitaria anomala,
• tale risposta può “accendere” il processo infiammatorio cronico alla base della sclerosi multipla,
• il tempo tra infezione e sintomi può essere molto breve.

Questo supporta ciò che molti studi internazionali avevano già suggerito: EBV non è una semplice coincidenza, ma un possibile fattore scatenante.

Perché questo studio è importante

Fornisce finalmente evidenze specifiche per l’età pediatrica, cioè per la fase in cui la malattia può essere più aggressiva ma anche più sensibile a interventi precoci.
Dimostra inoltre che monitorare EBV potrebbe essere utile per identificare i bambini più a rischio.

Pur non potendo ancora parlare di rapporto causa-effetto assoluto, le prove diventano sempre più solide e coerenti: la mononucleosi non è un semplice episodio banale, ma una possibile “chiave di accensione” in bambini predisposti.

Cosa resta da capire

I ricercatori stessi riconoscono che restano diversi punti aperti:
• Perché solo alcuni bambini infettati da EBV sviluppano la sclerosi multipla?
• Quali geni, aspetti immunitari o fattori ambientali rendono alcuni più vulnerabili?
• È possibile identificare prima chi rischia di sviluppare la malattia?
• L’intervento precoce sulle infezioni potrebbe modificare la storia clinica?

Sono domande cruciali che richiederanno ancora studi più ampi e mirati.

Una conferma che cambia la prospettiva

Questo studio porta dunque una conferma importante: l’infezione da EBV non è mai un dettaglio da sottovalutare, e il suo ruolo nell’autoimmunità infantile è sempre più evidente.

Un risultato che non riguarda solo la sclerosi multipla, ma contribuisce a chiarire come alcune infezioni possano fungere da “trigger” in malattie neurologiche autoimmuni, aprendo la strada a diagnosi più precoci e a strategie di prevenzione più mirate.

Lo studio che conferma il nesso causale tra il virus Epstein-Barr e l'insorgenza della sclerosi multipla nei bambini, aprendo la strada a strategie di prevenzione

Svelato un mistero di lunga data: il legame tra Epstein–Barr virus e lupusPer decenni la comunità scientifica ha sospett...
14/11/2025

Svelato un mistero di lunga data: il legame tra Epstein–Barr virus e lupus

Per decenni la comunità scientifica ha sospettato che il virus di Epstein–Barr (EBV) — un patogeno diffusissimo, presente in circa il 95% della popolazione mondiale — potesse essere coinvolto nello sviluppo del lupus. Studi epidemiologici da tutto il mondo indicavano una correlazione, ma mancava sempre il tassello più importante: il meccanismo biologico capace di spiegare come un’infezione virale potesse innescare una malattia autoimmune così complessa.

Un recente studio dei ricercatori della Stanford University riesce finalmente a colmare questo vuoto, offrendo un quadro chiaro e coerente del modo in cui EBV può alterare il funzionamento del sistema immunitario e contribuire all’insorgenza del lupus eritematoso sistemico (LES).

Come EBV trasforma le cellule immunitarie: la scoperta chiave

Utilizzando una nuova strategia di sequenziamento dell’RNA per identificare con precisione le cellule infettate dal virus, i ricercatori hanno osservato che i linfociti B infettati da EBV risultano profondamente diversi, a livello genetico, dai linfociti non infettati.

In particolare, le cellule B infettate:
• attivano programmi molecolari tipici della presentazione dell’antigene;
• mostrano un profilo trascrizionale anomalo;
• sembrano essere riprogrammate dall’azione di una proteina virale, EBNA2.

Queste cellule B “modificate” diventano in grado di attivare un tipo specifico di cellule T — le T peripheral helper, già note per il loro ruolo nelle risposte autoimmuni.
Il risultato? Una cascata immunitaria in cui le cellule T, una volta attivate, stimolano ulteriormente altre cellule B autoreattive, comprese quelle non infettate da EBV.

Questa osservazione è cruciale: spiega come una singola infezione virale possa avviare un processo autoimmune che poi si autosostiene.

Perché questo studio è così importante

Questi risultati:
• confermano finalmente, con un meccanismo concreto, il ruolo diretto di EBV nel lupus;
• collegano anni di dati epidemiologici con un modello biologico verificabile;
• aprono la strada a una nuova comprensione di come altri virus possano scatenare altre malattie autoimmuni.

Per la ricerca sulle malattie autoimmuni, si tratta di un passo enorme: dimostra che un virus molto comune, contratto dalla quasi totalità della popolazione, può in rari casi riprogrammare specifiche cellule immunitarie e generare una risposta patologica duratura.

Le domande ancora aperte

Nonostante il grande avanzamento, gli scienziati sottolineano che rimangono aspetti ancora poco chiari.
La domanda principale è:

Perché solo una piccola percentuale di persone infettate da EBV sviluppa il lupus?

La risposta probabilmente coinvolge una combinazione di fattori:
• predisposizione genetica;
• ambiente;
• co-infezioni;
• regolazione dell’immunità individuale.

Indagare questi elementi sarà fondamentale per sviluppare strategie preventive e terapeutiche più mirate.

Lo studio di Stanford rappresenta un punto di svolta nel campo dell’autoimmunità e segna un passo avanti verso la comprensione dei meccanismi che trasformano un’infezione comune in una malattia rara e devastante.

Stanford’s William Robinson, MD, and his team have revealed how the Epstein-Barr virus reprograms immune cells to set off lupus—cracking one of immunology’s longest-standing mysteries.

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