Satsang.it

Satsang.it Centro di Meditazione, Dialogo, Conoscenza Sacra
Seminari, Meditazione, Satsang Ha visitato India e Nepal. Dal 2001 è autrice del sito Visionaire.org.

Yogini Udai Nath Ogar Pir (Beatrice Polidori) è una monaca Ogar (minore) dell’ordine dei Nath, il più antico lignaggio monastico dell'India. Con oltre 20 anni di formazione e di esperienza nelle discipline filosofiche dell'India, a partire dai primi anni 2000, è stata istruita da Bodhananda nella dottrina dell’Advaita Vedanta, secondo la tradizione di Shankaracharya, Gaudapada e Sri Ramana Maharshi. Segue poi Swami Veetamohananda (Ramakrishna Math and Mission), con cui approfondisce l’insegnamento di Ramakrishna Paramahamsa e Swami Vivekananda. All’inizio del 2012 entra nell’ordine Nath Sampradaya con il nome monastico di Udai Nath, sotto la guida di Guruji Yogi Krishnanath. Conduce seminari, satsang e funzioni religiose.

16/10/2025
Laya Yoga è l’esperienza diretta dell’unione con l' Assoluto.Laya Yoga è lo Yoga originario, da cui tutte le tecniche di...
07/10/2025

Laya Yoga è l’esperienza diretta dell’unione con l' Assoluto.

Laya Yoga è lo Yoga originario, da cui tutte le tecniche di yoga sono derivate. Riscoprire questo metodo è "decolonizzare" lo yoga dai modelli performativi che ne hanno perduto il significato, ritornare al cuore dell'esperienza psichica e trascendente che ne ha animato la ricarca e la visione.

Tutti possono praticare il Laya Yoga, non occorre un fisico perfetto, né un abbigliamento alla moda, piuttosto ci vuole disponibilità alla scoperta, alla profondità e alla contemplazione. Lo yoga deve fare la differenza, non essere una strategia di conformismo. Gli yogi hanno rappresentato questa differenza, di visione, comprensione e conoscenza del profondo e hanno trasmesso le conoscenze per essere ciascuno la presenza effettiva del vero e del bene, in ogni circostanza.

Per questo, occorre fare esperienza diretta, in prima persona della piena coscienza di sé, quella che pulsa nel proprio respiro e nel cuore di tutti gli esseri. Questa esperienza è disponibile nel Laya Yoga, con vividezza e immediatezza.

Perciò tutti, quelli che praticano altri yoga, quelli che scrivono, che pensano, quelli che vogliono la guarigione, quelli che hanno cura del prossimo e quelli che anelano al bene, effettivo e reale, tutti dovrebbero praticare il Laya Yoga.

________

Le pratiche di Laya Yoga consistono in tecniche avanzate di meditazione, ascolto dei suoni sottili, ripetizione di mantra, osservazione dei ritmi naturali, come il respiro, e la visualizzazione dei flussi energetici. Nella meditazione si apprende a conoscere il corpo a partire dagli elementi costitutivi, i Cinque Elementi (Pancha Mahabhuta). Questi elementi sono visti come espressioni dell’espansione progressiva della Shakti, che in forma di onda sonora emerge dall’unità divina primordiale, per espandere da sé il corpo universale dotato di organi e sensi. Qui, nella sua massima espansione, la Shakti divina si anima come Kundalini, per intraprendere la risalita verso l’assoluto, attraverso la coscienza incarnata, riassorbendo l’esperienza dei sensi.

Lo Yogi che ha compreso il mistero della presenza di Shiva riconosce la Shakti di Shiva in tutti i fenomeni dell’universo manifesto. Vede il mondo come il Corpo cosmico di Shiva, manifestato dai sensi. Ogni esperienza appartiene a Shiva come espressione di Shiva-Shakti. Il praticante apprende a riconoscere perciò in sé stesso la costante Presenza non duale.

Con la realizzazione diretta della presenza di Shiva, l’ego e l’identificazione con il corpo fisico vengono riassorbiti e risolti nella percezione del Sé universale. La pratica dello Yoga si compie in un processo di integrazione dell’individualità nella non-dualità, con la consapevolezza che l’Atman (l’anima individuale) e Brahman (l’Assoluto) sono uno.

Gli incontri settimanali si svolgeranno ogni mercoledì alle ore 21
a Pesaro e su Zoom

Open Day mercoledì 8 ottobre ore 21. Link su richiesta.

06/10/2025

Molti anni fa, nel 2007, scrissi questa riflessione sostanzialmente a me stessa. Era il momento di riprendere un percorso, incontrare qualcosa di nuovo e di ignoto. Ero incerta e non mi fidavo, quindi interrogai la mia paura e ne uscì questo pezzo. Oggi lo dedico a tutti quelli che hanno paura di fidarsi e di incominciare. Di chi ci dobbiamo fidare?

Cogliere l’opportunità.
20 Settembre 2007

Tutti quelli che si incamminano sul sentiero spirituale seguendo le istruzioni delle dottrine, le parole dei maestri, le pratiche tramandate, sono ammoniti che il cammino è irto di pericoli e che nessuno o solo pochissimi sono riusciti a compierlo senza l’ausilio di supporti e di istruzioni. In tutto questo c’è una buona parte di verità. Però, se questo atteggiamento si fa preponderante, mettendo in ombra il ruolo fondamentale del ricercatore e del suo impegno, il risultato sarà quello di piegare la coscienza alla paura o alla dipendenza da figure esterne che ne produrrà l’insuccesso, anche con le migliori intenzioni. In realtà ciò che più di ogni altro elemento vincola la coscienza allo stato di nescienza è la paura. E’ questo il sentimento con cui possiamo calcolare la profondità dei nostri attaccamenti, la potenza dei nostri fantasmi mentali, la debolezza delle nostre intenzioni. Se la paura diventa principio discriminante, lentamente ci troveremo in ostaggio della paura e lo spirito di ricerca soffrirà di irrigidimento, di chiusura e di senso di fragilità. Accanto ai continui inviti che dai testi dottrinari e dai discorsi dei santi invitano ad accostarsi solo a persone sante e sagge, meglio ancora a un maestro realizzato, una considerazione enigmatica rompe il convenzionalismo e indica una verità rischiosa: si può ottenere la realizzazione spirituale anche servendo un falso maestro, un truffatore. Così come un detto popolare recita: non esistono cattive madri, ci sono però cattivi figli. Queste parole sconvolgono la mentalità convenzionale dell’occidentale, che non si accorge di candidarsi ad una eterna dipendenza dalla “bontà” altrui.

Il solo luogo possibile della conoscenza spirituale è Dio – quell’Assoluto, indiviso, onni-pervadente, senza secondo; non vi è altri che Lui, che è l’Unità di tutto, Non-dualità. La coscienza di questa Unità è inizialmente una battaglia di principio che probabilmente è più feroce dentro la coscienza di un occidentale, che a qualsiasi principio accetti troverà una contrapposizione, cioè automaticamente disporrà il proprio orizzonte mentale a eleggere un principio a ideologia e disporre il resto in conflitto. Perciò, se è vero l’assunto con cui siamo partiti, è ancora più vero che senza una presa di coscienza personale e trasformativa, cioè che scardini il principio duale della nostra mente, non è possibile parlare di alcun sostanziale conseguimento spirituale.

Se ci fosse possibile percorrere il camino senza sostegni ci troveremmo, come cantava Ashtavakra, a vivere semplicemente ogni cosa senza esserne scossi, a conoscerci già come puro conoscitore-inconoscibile e guardare la vita, gli dei, il cosmo e le istruzioni spirituali come uno spettacolo gioioso e tragico, fatto per essere ammirato, sofferto e dimenticato subito dopo. La coscienza del ricercatore, invece, raramente parte da questo orizzonte, di più, solitamente è una coscienza contaminata dall’angoscia e dalla paura; quando ad angoscia e paura non si riesce più a dare un nome e una causa, finalmente si comincia a pensare che l’origine risieda dentro di noi e si stabilisce di lavorare con se stessi. Di fronte a questa radicale disfatta dell’io sul suo terreno è naturale che si prenda la decisione di affidarsi, di scegliere volontariamente che qualcuno ci possa manipolare e orientare. Che cosa vince, in questo frangente, il bisogno di trovare una soluzione efficace ai nostri problemi o la paura di abbandonarci all’alto? Nel caso in cui la paura vinca sull’abbandono possiamo inferire che si abbia ancora troppo da perdere, o una valutazione di valore personale spropositata, cioè una tremenda fragilità dell’io.

Un io sano si fida. Per affrontare una istruzione nuova, un nuovo passaggio della propria vicenda spirituale occorre un io sano. In che senso si è sani abbastanza e di che cosa o di chi ci si fida propriamente? Un io sano è immediatamente quello che sa prendere le distanze da una mente malata, la propria, e che decide con freddezza e con serenità di aggiustare ciò che si è spezzato, inquinato o fermato. Questa presa di distanza, che è la sola con cui si può prendere una decisione, è anche l’assicurazione di cui possiamo godere per il resto del cammino e la pratica che facilmente possiamo sviluppare nel tempo: la capacità di osservare le attività e le reazioni della mente con distacco, la pratica dell’Osservatore.

A questo punto sembrerà che inizio e fine coincidano: che importanza ha quello che mi accade se io sono già stabilizzato nella posizione dell’osservatore? Il problema sta nel fare in modo che si passi definitivamente e spontaneamente dall’osservatore di cose, fatti e misfatti, all’osservatore puro: alla contemplazione di Dio o alla pura consapevolezza di Sé. Cioè all’annullamento di qualsiasi differenza di io e tu e di qualsiasi diffidenza o paura che ne deriva. Occorre perciò che la nostra pratica spirituale sia fonte di coraggio, non di ulteriori timori. Il coraggio sublime è la fiducia, non negli altri, non in qualcuno, non in una idea, non in un modello: la fiducia deve provenire dalla costante meditazione dell’Unità del divino, dell’unità tra Realtà e Dio, in cui l’unica componente estranea sono le divisioni e le paure sovrapposte dal comune pensare. Chi ha Dio nel cuore non cade. Ecco perchè un cattivo maestro vale come uno buono, se la coscienza è saldamente concentrata sulla Realtà Divina, se si è totalmente innamorati di essa.

E’ impossibile, si dice, truffare un uomo onesto. Perchè la coscienza sia così saldamente protetta e inattaccabile dalle malvagità che irrompono nel mondo della vita religiosa, come in ogni altra iniziativa umana, la sola difesa certa è la purezza. Non precipitate nella fretta di raggiungere degli obiettivi; una purezza superiore, dove decadano anche i gradi di discriminazione tra puro e impuro verrà a suo tempo e con i costi esistenziali relativi. Probabilmente c’è tempo e ci sarà modo. Osservate attentamente le piccole incrinature del vetro della mente da cui potrebbe penetrare l’inganno, ovvero l’auto-inganno. Si identificano in due grandi gruppi: la paura di soffrire e il desiderio di soddisfazione. Queste sono le battaglie da vincere per raggiungere una coscienza davvero limpida, capace di contemplare Dio in ogni frangente della vita, persona o cosa. In questo momento storico è particolarmente difficile combattere le istanze della paura e del desiderio, per le sollecitazioni continue a desiderare e a temere. Ma forse la saturazione che alcuni provano, il desiderio di vivere diversamente, possono guidare fino ad un certo punto, almeno oltre la paranoia e il superfluo. Poi occorre sciogliere quelle convinzioni che ci fanno credere di essere soggetti di un diritto/dovere alla paura e al desiderio – così che si possa cominciare a guardare la propria vita liberamente, cioè con vero distacco dai frutti, dal bene e dal male che ne ricaviamo.

Se c’è un pericolo nella nostra storia spirituale è costituito dalla debolezza e dal menefreghismo con cui ci trattiamo, trattiamo noi stessi, inettitudine che ci porta a ritrovarci “vittime” di circostanze avverse, persone o fatti. Ci sono dei prerequisiti, ben noti, che Shankara indicò per stabilire chi è idoneo a sostenere un cammino spirituale, senza mettere nei guai se stessi e gli altri, e sono: discriminazione tra reale e irreale, distacco dai frutti, possesso delle seguenti qualità: mente calma (sama), autodominio (dama), raccoglimento interiore (uparati), perseveranza (titksa) fede (sraddha), stabilità mentale (samadhana), aspirazione alla Liberazione. Questi principi si devono considerare con la massima attenzione e impegno. Con il possesso di questi criteri si può affrontare molto, o tutto, restando sostanzialmente indipendenti, cioè non-dipendenti psicologicamente e moralmente, perfino servendo nelle condizioni più umili, anche nelle circostanze più difficili da controllare. Il conseguimento di questi requisiti occupa una parte prevalente del cammino spirituale. Si cade in inganno quando si crede di potersi permettere un condono sul proprio impegno, dove si vuole avere tutto subito a basso costo o a costo zero. Come nella vita, qui scatta il pericolo della truffa.

Ma tutto ciò che sentiamo necessario va sperimentato con fiducia. La strada non è razionale, non percorre i limiti del perbenismo e del dualismo. Quando un’istanza si presenta, se ne colga l’opportunità, finché anche questa si riesca ad integrare nella Unità del Reale, nel suo continuo discorso, nella istruzione ininterrotta che ci rivolge e che qualcuno ha giustamente definito Amore. Si può cogliere l’opportunità di imparare e di liberare energie in qualsiasi circostanza – il centro e il perno del gioco siamo noi, è la coscienza che ci anima- e perciò diciamo che qualsiasi cosa può essere uno strumento di Dio. Si tema solo la propria incertezza, la pigrizia mentale, il disimpegno, questi sono i veri truffatori dello spirito. Qualsiasi cosa ci dia l’opportunità di recuperare una parte del nostro sapere, dell’energia spirituale che normalmente rimane assopita a macerare nell’ombra, apprezziamo e ringraziamo questo evento, sotto qualsiasi nome o forma si presenti.

Incomincia domani la Open Week di Satsang. Tre proposte pensate come un percorso integrato, oppure da scegliere singolar...
05/10/2025

Incomincia domani la Open Week di Satsang. Tre proposte pensate come un percorso integrato, oppure da scegliere singolarmente.

Il lunedì alle 21 ci incontriamo per la pratica del Mantra. Il Maha Mrityunjaya mantra, parte del Rg Veda e dello Yajur Veda, profondo e universale, dedicato alla meditazione di Shiva, potente per la guarigione, il cambiamento e la liberazione.

Il mercoledì alle 21, Meditazione Guidata - Laya Yoga, le conoscenze esoteriche più efficaci tratte dalle dottrine di Gorakhnath, espresse nella formula originaria, per essere meditate, visualizzate e realizzate nella conoscenza di sé.

Il venerdì alle 21 leggeremo i passi scelti della Bhagavad Gita, il testo che riunisce etica, spiritualità e quotidiana esperienza di liberazione, base e sintesi del Sanathana Dharma. Per integrare il nostro vissuto e il desiderio di evoluzione spirituale e conoscenza.

Chiedo gentilmente di prenotarsi per la open week e di presentarsi con un minimo di educazione e di intenzione di conoscersi e comunicare. Sono una persona, non un robot, non so rispondere a messaggi tipo "info?". I miei percorsi si fondano sulla fiducia reciproca, il dialogo e l'ascolto. Mi piace creare un ambiente unito e limpido, tra chi insegna e i partecipanti, nonostante i mezzi tecnologici e le distanze. Pensiamo a un percorso e ad un rapporto dove ci piaccia stare. Questa è una calorosa raccomandazione.

Ci vediamo domani.
Link per la riunione zoom su richiesta.
Aadesh Adesh.

A cosa serve un percorso spirituale? A volte ho la sensazione che la percezione di un "percorso", non ben definito, port...
30/09/2025

A cosa serve un percorso spirituale? A volte ho la sensazione che la percezione di un "percorso", non ben definito, porti con sé dei falsi scopi. Ogni desiderio più banale, regressivo, immaturo, egoistico sembra debba essere esaudito dal percorso "spirituale". E invece, checché ne dicano le bellissime colleghe sui social, tutto questo nello spirito viene annientato. Annientato. Punto.
All' inizio questi percorsi, oggi divenuti estremamente eterogenei, erano chiusi, esclusivamente riservati a pochissime persone che condividevano un obiettivo arduo e quasi soprannaturale. La Liberazione.
Si comprendeva che nessuno poteva (né potrebbe) dirsi libero poiché la vita di ciascuno è condizionata in modo manifesto quanto inconscio. Quello che gli antichi chiamarono karma i moderni hanno chiamato inconscio, quella serie di legami sottili, psichici e sentimentali, quelle azioni remote, subite e inferte, che neppure ricordiamo chiaramente o affatto, e che decidono prima di noi cosa accadrà, cosa faremo, come reagiremo, che corso prenderà la nostra vita. Che chiameremo fato o destino, sfortuna, ecc. E quegli antichi compresero che non è in nessun modo un fato superiore da invocare a responsabile di tutto questo, quanto invece l' agire umano, il nostro agire, il karma. E perciò possiamo essere consapevoli, conoscerne lo schema, la pericolosità, e liberarcene, con la ferma decisione di venirne a capo.
Tutto quello che regola, che permette di controllare, gestire, tenere entro un certo ordine questa marea di spinte pulsionali e sociali è il Dharma. La meditazione, la devozione e infine il desidero di liberazione sono gli strumenti più profondi e decisivi perché l'essere umano non sia in una condizione cieca di schiavitù e di degrado.
Non è un problema legato alla condizione religiosa dei sadhu, ma è una responsabilità universale e imprescindibile, nessuno è esonerato dal rispondere delle proprie azioni, dal progredire, dal tenere a bada instabilità, violenza, desiderio e disagio. Non è possibile pensare che posso liberarmi della difficoltà umana, se non lotto, non mi impegno, non riconosco i miei limiti, se non riconosco un bene e una verità a cui tendere, una autenticità che cerco sotto lo strato delirante e mutevole delle illusioni. Coloro che non desiderano il bene non sono le persone normali, come qualcuno vorrebbe credere, sono le nature demoniache, inferiori, i violenti, i malvagi. Un cattivo karma e un pessimo ambiente sociale ci abituano ad accettare le cose peggiori come normali, si chiama omertà ed è uno strumento dell' oppressione e della violenza sistematica.
I sadhu sono persone normali, che hanno deciso di compiere questo percorso fino in fondo, riconoscendo che esso è la sola cosa che merita di essere compiuta, e con cui si può entrare in relazione autentica con sé stessi e con gli altri, e liberarsi così del dolore e della frustrazione di chi è sottomesso all'oppressione, schiavo. Oppure la vita non ha alcun senso. E certamente, prima di tutto, occorre che ci si appresti e un vero incontro con il Divino, che non è uno sfondo cartonato su cui proiettare il gioco delle illusioni, ma la verità con cui confrontare il proprio cuore, ardere, trasformarsi, riconoscersi. Liberarsi. È lì la libertà suprema.
In ogni caso, chiunque noi siamo, dobbiamo avere chiaro cosa sia per noi la volontà di essere, quanto vale per noi la libertà, l'autenticità rispetto al fragore incostante del mondo, la quiete e la riflessione, la compassione, dove dominano la violenza, l'edonismo, il tradimento. Quanto ancora abbia presa su di noi l'attaccamento e la passività, o se siamo pronti ad abbandonare le catene e cambiare.
Perciò chiunque, ciascuno, è nella sola libertà di dare un ordine al suo cuore, di decidere cosa mettere al centro, al primo posto, la propria inalienabile priorità.
E questa decisione, minimale, iniziale, è enorme, è tutto, è il germe vivo della liberazione, la sua potenza propulsiva. Senza questo desiderio autentico, scolpito nel cuore e nella carne, stiamo parlando di nulla, non c'è alcun percorso spirituale, a prescindere da quanti e quali esercizi faremo.
Una cosa sola conta, avere un solo desiderio nel cuore, e mantenerlo saldo.
E se vi serve un' altra cosa, uscite e andatela a prendere, senza paura. Ma se posso azzardare una previsione, se il cuore non è saldo, qualsiasi cosa sia, per quanto facciate, non la troverete mai. (A parte il karma, che vi trova lui.)
Perciò un' occasione qualsiasi è sempre buona, si veda ciò che davvero si vuole, si faccia una scelta e la si porti fino in fondo. Questa è semplicità, autenticità, amore e già profuma di liberazione.
Adesh!
(29.9.2024)

Calendario delle attività di Satsang settembre - dicembre 2025         A Pesaro e su zoom!
30/09/2025

Calendario delle attività di Satsang settembre - dicembre 2025


A Pesaro e su zoom!

È il momento di prenotare il proprio posto nel cuore del Sanathana Dharma. Dal 6 al 10 ottobre tre appuntamenti gratuiti...
27/09/2025

È il momento di prenotare il proprio posto nel cuore del Sanathana Dharma. Dal 6 al 10 ottobre tre appuntamenti gratuiti per provare i nostri percorsi. Un solo link Zoom per tutti i tre appuntamenti, a cui partecipare liberamente. Incomincia un autunno pieno di connessioni e di esperienze.
Lunedì 6 Ottobre ore 21 Maha Mrityunjaya Mantra
Mercoledì 8 Ottobre ore 21 Laya Yoga
Venerdì 10 Ottobre ore 21 Bhagavad Gita

Trovate tutte le info scorrendo le immagini oppure su satsang.it

Soundarya Lahari di ShankaracharyaL’onda della bellezzaEsoterismo e linguaggio amoroso nella poesia mistica indianaNavar...
15/09/2025

Soundarya Lahari di Shankaracharya
L’onda della bellezza
Esoterismo e linguaggio amoroso nella poesia mistica indiana
Navaratri festival
21 settembre – 28 settembre dalle ore 15.00 a Pesaro e su zoom

Il Saundaryalahari è l'inno più importante dedicato alla Parashakti e costituisce il testo fondamentale del culto Dakshinachara Shàkta, devoto all'adorazione del Parabrahman come Madre dell'Universo.
La tradizione vuole che Sri Adi Shankaracharya abbia riportato i primi 41 versetti dal monte Kailasa. Nel corso dei suoi pellegrinaggi, si dice che si fosse recato al Kailasa e avesse goduto del Darshan (incontro, visione diretta) di Sri Devi e Sri Parameshwara. Fu allora che Shiva Parameshwara gli diede cinque Lingam Sphatika (Lingam di cristallo) e Sri Devi e gli fece dono di un fascicolo di fogli di palma. Sui fogli di palma era manoscritto un inno di 100 strofe alla Parashakti Suprema. I cinque Lingam, ciascuno di essi, rappresentano le forme di Ishwara. Questi furono i cinque Lingam che Srimadacharya installò successivamente a Sringeri (Bhogalinga), Kanchi (Yogalinga), Kedara (Muktilinga), in Nepal (Varalinga) e Chidambaram (Mokshalinga). Proprio come il Lingam è la forma di Ishwara, le strofe manoscritte sui fogli di palma lo sono di Amba, nella peculiarità del mantra SriVidya, e della SriVidya Upasana si occupano principalmente le cento strofe dell'inno. Colui che ha dato, colui che ha ricevuto, l'oggetto che è stato dato (Brahmavidya è dunque il contenuto del Saundaryalahari), erano infine la stessa cosa. Ecco l'esempio perfetto di non dualità, o Advaita.
Nandikeshwara, il toro di Shiva, fermò Sri Adi Shankaracharya mentre si accingeva a trasportare i cento Shloka ricevuti in dono e i cinque Lingam fuori dal territorio del Kailasha. Nella colluttazione che ne seguì, Srimadacharya riuscì a riprendere con sé i primi 41 Shloka, a cui poi aggiunse i 59 perduti nella lotta, riscrivendoli di suo pugno. I primi 41 Shloka contengono i principi del Mantra Shastra, del Kundalini Yoga e del culto esoterico di Sri Mahatripurasundari, o SriVidya.
Le prime 41 strofe, note come 'Anandalahari' o 'Onda di Beatitudine' costituiscono il Mantra Shastra. Solo pochi possono capire e seguire nella pratica questa dottrina, le cui norme sono molto severe e pochi sono vocati per la loro osservanza. Ciascuna delle cento strofe del Saundaryalahari può essere recitata come un mantra e ognuna produrrà il suo frutto indipendente. Così come tutto ciò che Mida toccava diventava d'oro, tutte le parole pronunciate da Srimadacharya sono mantra.
Il poema composto da un grande saggio come Srimadacharya in uno stato di estasi, nella piena percezione del Divino e in oblio di sé, è concezione divina. L'Acharya dice nel versetto centesimo: "Madre, questo inno a Te dedicato è scritto con parole tue". Questo inno, oltre ad essere il prodotto della grazia divina, è in grado di conferire grazia su di noi.
Il mondo ha avuto la rara fortuna di godere del Darshan di Srimadacharya solo per un periodo di 32 anni. Nella sua immensa compassione, forse era ansioso che anche dopo la fine della sua incarnazione la gente potesse ricevere il beneficio dei suoi insegnamenti. Questo è il motivo per cui ha riunito tutta la sua grazia, riassunta e compressa, per così dire, nelle sue poesie, inni e canti che continuano a concedere la sua benedizione, generazione dopo generazione. Attraverso il Saundaryalahari, riceviamo l'ondata di grazia di Srimadacharya. Per coloro che leggono il Saundaryalahari, un numero di significati nascosti o intuiti si riveleranno in base alla percezione, la maturità, l'apprendimento, la natura e la propria condizione di vita. (dal commento di Sri Chandrasekharendra Saraswti al Soundarya Lahari)

Indirizzo

Pesaro

Notifiche

Lasciando la tua email puoi essere il primo a sapere quando Satsang.it pubblica notizie e promozioni. Il tuo indirizzo email non verrà utilizzato per nessun altro scopo e potrai annullare l'iscrizione in qualsiasi momento.

Contatta Lo Studio

Invia un messaggio a Satsang.it:

Condividi

Share on Facebook Share on Twitter Share on LinkedIn
Share on Pinterest Share on Reddit Share via Email
Share on WhatsApp Share on Instagram Share on Telegram