08/11/2025
La ricerca dell’Università di Edimburgo evidenzia come, per molto tempo, l’autismo sia stato letto attraverso un modello “deficitario”: le differenze nella comunicazione e nella socievolezza sono state interpretate come deviazioni da correggere. Questa prospettiva trascura però un punto essenziale: l’interazione sociale è un processo relazionale. Le difficoltà non possono essere attribuite solo alla persona autistica, perché nascono anche dal modo in cui l’ambiente interpreta e risponde alle sue modalità comunicative.
Alcuni comportamenti tipici dell’autismo come una comunicazione più diretta, una mimica ridotta, la difficoltà nel cogliere o modulare il tono, o nel seguire i turni della conversazione, vengono spesso giudicati come “non normativi”. Quando questi aspetti vengono letti in chiave negativa, si alimenta lo stigma. Questo isolamento relazionale riduce le opportunità sociali e incide sulla qualità di vita.
Cambiare prospettiva significa riconoscere che la relazione è sempre un incontro tra modalità diverse e che la differenza, se compresa e accolta, non è un limite ma una possibilità di connessione più autentica.
Le persone autistiche comunicano in modo diverso, non meno efficace. Uno studio lo conferma: le difficoltà nei dialoghi tra autistici e neurotipici derivano da differenze nei codici espressivi, non da un “deficit” di chi è nello spettro. Cambiare sguardo è il primo passo per una comunicazione più inclusiva.
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