Sono 40 anni che faccio il medico e mi occupo della salute e del sorriso dei miei pazienti.
Oggi, spesso, si sente parlare di “umanizzazione della medicina e delle cure”, in realtà si fa esattamente il contrario.
C’è infatti una spersonalizzazione della stessa ed un tentativo di trasformarla in tecnicismo puro; non voglio però passare per il solito vecchio romantico ed un po’ rimbambito medico di campagna, è evidente che la medicina ha fatto passi da gigante dal dopoguerra ad oggi.
È assodato che sia inevitabile ed anche auspicabile, non solo la specializzazione, ma anche la super specializzazione data l’ampiezza delle conoscenze a disposizione dei medici di oggi.
È veramente finito il tempo dei “tuttologi”; quello che però voglio sottolineare è la progressiva trasformazione del paziente in un numero, in un “cliente”; la quasi scomparsa del rapporto “medico-paziente”, quella magica empatia che spingeva il medico in modo, quasi spasmodico, a cerare la soluzione ai problemi del “SUO paziente” ed il paziente a confidare al “SUO dottore” non solo i suoi problemi medici.
Da questo incontro nasceva una intimità, una fiducia che aiutava entrambi nel tentativo di raggiungere la guarigione qualunque fosse la malattia.
In questa ottica ho sempre impostato il mio modo di lavorare. Al centro ci deve essere sempre il paziente.
Il mio obiettivo è quello di risolvere i problemi che mi vengono sottoposti; quando non ci riesco, con grande umiltà, cercare e consigliare lo specialista che ci può aiutare e, quando i problemi e gli specialisti sono più di uno, fare da coordinatore fra i vari pareri e ricostruire il puzzle complesso del paziente che è un “unico” fatto di tante piccole parti.
Anche nella mia pratica odontoiatrica ho trasportato questo “modus operandi”, pertanto, quando ho aperto il mio piccolo centro polispecialistico “Studi Medici Usuelli”, i collaboratori scelti, accanto ad una grande professionalità, devono anche avere grande umanità e capacità di empatia con il paziente.
Se non nasce questo legame fra medico e paziente la cura, pur buona, non raggiungerà mai il massimo della efficacia. Il mio compito quindi, sia in ambito medico che odontoiatrico è quello di coordinare il tutto e di metterci sempre la faccia.
Attraverso la comunicazione ci proponiamo l’ambizioso progetto di offrire ad una platea più ampia il nostro modo di intendere la medicina e l’odontoiatria.