Pamela Pompa Psicologa

Pamela Pompa Psicologa Psicologa Clinica e Forense, Psicoterapeuta in formazione. ✨ Ricevo Online 💻

02/10/2025
29/09/2025

" le memorie traumatiche è una cosa, ma ben altra cosa è confrontarsi con il vuoto interiore, con quei buchi dell’anima generati dal non essere stati voluti, dal non essere stati visti e dal non aver potuto dire la verità.
Se non abbiamo mai visto il volto dei nostri genitori illuminarsi al solo vederci, sarà piuttosto difficile sapere come ci si sente a essere amati e desiderati.
Se si proviene da un mondo incomprensibile, fatto di segreti e paure, è quasi impossibile mettere in parole ciò che siamo stati costretti a subire.
Se siamo cresciuti nel rifiuto e nella trascuratezza, sarà determinante riuscire a sviluppare un senso viscerale di efficacia e autostima."

"... per diventare adulti adeguati e sicuri di sé, servirebbe moltissimo crescere con genitori stabili e prevedibili, con genitori che si divertono con i figli, che condividono le loro scoperte ed esplorazioni; genitori che sostengono gli slanci dei figli, aiutandoli a regolarsi; genitori che abbiano costituito un modello a cui rifarsi per prendersi cura di sé e andare d’accordo con le altre persone. È probabile che carenze in queste funzioni possano mostrare i propri effetti anni dopo.
Un bambino ignorato o ripetutamente umiliato può finire per rispettare poco se stesso. I bambini che non hanno avuto la possibilità di affermare se stessi, probabilmente avranno difficoltà a farsi valere da adulti, e la maggior parte degli adulti che ha subito maltrattamenti da bambini porta con sé una rabbia cieca, il cui contenimento richiederà un’enorme energia. Le relazioni interpersonali ne risentiranno.

Più precocemente abbiamo sperimentato dolore e privazioni, più è probabile che le azioni di altre persone verranno interpretate come intenzionalmente dirette contro noi stessi e minore sarà la comprensione dei conflitti, delle insicurezze e delle preoccupazioni altrui. Se non siamo in grado di comprendere la complessità della loro vita, finiremo col considerare qualunque comportamento degli altri come una conferma del fatto che ci faranno del male e ci deluderanno."

(B. van der Kolk)

26/09/2025

I componenti di alcune famiglie si "scambiano" i sintomi, che pertanto valgono come linguaggio.

Le tensioni relazionali o personali, là dove non trovano la via della parola o dell'emozione, si traducono in sensazioni penose o in vero e proprio dolore (psichico e/o fisico).

I problemi di salute stabiliscono uno statuto preservando il sistema d'interazione del quale il paziente non è in grado di liberarsi: focalizzano l'insieme delle difficoltà da lui patite. "Mi lamento, dunque esisto".

Il dolore è l'estremo messaggio di esistenza.

I bambini che sono stati testimoni di un dolore cronico o di un sintomo sofferto da qualcuno della famiglia sono predisposti a riprodurlo quando la loro vita non riesce a conquistare evidenza.

In molti casi, quando fa difetto il linguaggio per esprimere il male di vivere, ci si trasmette da una generazione all'altra un vero e proprio idioma del dolore...

Sono molto numerosi i casi di persone che soffrono di dolori cronici dopo che hanno conosciuto in famiglia almeno una persona colpita dallo stesso male.

In alcune famiglie, s'impone un modello di comportamento che prenderà corpo nel bambino, il quale esprimerà il proprio malessere nel modo in cui lo ha conosciuto nella famiglia.

[D. Le Breton]

25/09/2025

𝐋’𝐚𝐛𝐛𝐚𝐧𝐝𝐨𝐧𝐨 non si manifesta soltanto quando un bambino viene lasciato fisicamente solo, esiste una forma altrettanto devastante: l’abbandono emotivo e psicologico. È quella condizione in cui il bambino cresce accanto a una madre che, pur essendo fisicamente presente, non riconosce i suoi bisogni affettivi, non gli offre uno sguardo, un gesto di tenerezza, un riconoscimento autentico.
Secondo la prospettiva di Gabor Maté, medico che ha esplorato le radici psicologiche e relazionali del trauma, il bisogno primario di ogni essere umano è la connessione. Senza , il bambino non può sviluppare un senso di sicurezza interiore, né la convinzione di essere degno d’amore. La mancanza di attaccamento non è solo una ferita affettiva, è un trauma che modella la mente e impatta sul corpo, che influenza lo sviluppo neurologico e psichico.
Il bambino che cresce accanto a una madre emotivamente indisponibile impara molto presto a leggere i suoi segnali, a percepirsi come peso e causa del suo malessere. Invece di sentirsi accolto, si percepisce colpevole della sofferenza materna. Come osserva Maté, il bambino non smette di amare il genitore che lo rifiuta; smette, piuttosto, di amare se stesso, convincendosi di non meritare affetto. Questa dinamica interiore è profondamente distruttiva, perché radica un senso di vergogna e inadeguatezza che può accompagnare l’individuo per tutta la vita.
Da , chi ha conosciuto l’abbandono emotivo continua a portare dentro di sé domande laceranti come “Sono stato davvero amato?”

𝐋’𝐚𝐬𝐬𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐝𝐢 𝐭𝐞𝐧𝐞𝐫𝐞𝐳𝐳𝐚 𝐧𝐨𝐧 𝐥𝐚𝐬𝐜𝐢𝐚 𝐬𝐨𝐥𝐨 𝐮𝐧 𝐯𝐮𝐨𝐭𝐨 𝐞𝐦𝐨𝐭𝐢𝐯𝐨 𝐦𝐚 𝐬𝐢 𝐦𝐚𝐧𝐢𝐟𝐞𝐬𝐭𝐚 𝐢𝐧 𝐝𝐢𝐟𝐟𝐢𝐜𝐨𝐥𝐭𝐚̀ 𝐫𝐞𝐥𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐚𝐥𝐢, 𝐢𝐧 𝐚𝐧𝐬𝐢𝐚, 𝐢𝐧 𝐝𝐢𝐩𝐞𝐧𝐝𝐞𝐧𝐳𝐞 𝐝𝐢 𝐯𝐚𝐫𝐢𝐨 𝐭𝐢𝐩𝐨 𝐨 𝐢𝐧 𝐮𝐧 𝐜𝐨𝐬𝐭𝐚𝐧𝐭𝐞 𝐛𝐢𝐬𝐨𝐠𝐧𝐨 𝐝𝐢 𝐚𝐩𝐩𝐫𝐨𝐯𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐞𝐬𝐭𝐞𝐫𝐧𝐚.

Maté sottolinea come molte forme di sofferenza psichica e di disagio, anche fisico, abbiano origine proprio in queste ferite precoci, invisibili ma profondamente radicate.
L’abbandono affettivo è più doloroso dell’indifferenza perché non si limita a negare la presenza, ma comunica disprezzo, rabbia, disgusto. Il bambino, incapace di distinguere i confini tra sé e la madre, interiorizza questi sentimenti e li rivolge contro di sé. Così si forma un circolo vizioso in cui l’autostima viene minata alle fondamenta e il mondo viene percepito come un luogo ostile.
Le madri emotivamente assenti non lo diventano per scelta, ma spesso perché a loro volta hanno sperimentato lo stesso abbandono emotivo, portandone i segni irrisolti. La comprensione di queste dinamiche non giustifica il dolore del bambino, ma permette di rompere la catena della trasmissione transgenerazionale del trauma.

𝐈𝐥 𝐜𝐚𝐦𝐦𝐢𝐧𝐨 𝐝𝐢 𝐠𝐮𝐚𝐫𝐢𝐠𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐩𝐚𝐬𝐬𝐚 𝐝𝐮𝐧𝐪𝐮𝐞 𝐝𝐚𝐥 𝐫𝐢𝐜𝐨𝐧𝐨𝐬𝐜𝐢𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨: 𝐝𝐚𝐫𝐞 𝐮𝐧 𝐧𝐨𝐦𝐞 𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐟𝐞𝐫𝐢𝐭𝐚, 𝐥𝐞𝐠𝐢𝐭𝐭𝐢𝐦𝐚𝐫𝐞 𝐢𝐥 𝐝𝐨𝐥𝐨𝐫𝐞, 𝐚𝐜𝐜𝐨𝐠𝐥𝐢𝐞𝐫𝐞 𝐢𝐥 𝐛𝐚𝐦𝐛𝐢𝐧𝐨 𝐢𝐧𝐭𝐞𝐫𝐢𝐨𝐫𝐞 𝐜𝐡𝐞 𝐞̀ 𝐬𝐭𝐚𝐭𝐨 𝐩𝐫𝐢𝐯𝐚𝐭𝐨 𝐝𝐢 𝐚𝐦𝐨𝐫𝐞. 𝐒𝐨𝐥𝐨 𝐜𝐨𝐬𝐢̀ 𝐝𝐢𝐯𝐞𝐧𝐭𝐚 𝐩𝐨𝐬𝐬𝐢𝐛𝐢𝐥𝐞, 𝐝𝐚 𝐚𝐝𝐮𝐥𝐭𝐢, 𝐜𝐨𝐬𝐭𝐫𝐮𝐢𝐫𝐞 𝐫𝐞𝐥𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐢 𝐟𝐨𝐧𝐝𝐚𝐭𝐞 𝐧𝐨𝐧 𝐬𝐮𝐥𝐥𝐚 𝐩𝐚𝐮𝐫𝐚 𝐝𝐢 𝐞𝐬𝐬𝐞𝐫𝐞 𝐫𝐢𝐟𝐢𝐮𝐭𝐚𝐭𝐢, 𝐦𝐚 𝐬𝐮𝐥𝐥𝐚 𝐟𝐢𝐝𝐮𝐜𝐢𝐚 𝐜𝐡𝐞 𝐥𝐚 𝐜𝐨𝐧𝐧𝐞𝐬𝐬𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐚𝐮𝐭𝐞𝐧𝐭𝐢𝐜𝐚 𝐞̀ 𝐩𝐨𝐬𝐬𝐢𝐛𝐢𝐥𝐞. ✨

23/09/2025

𝐈𝐥 𝐍𝐀𝐑𝐂𝐈𝐒𝐈𝐒𝐓𝐀 𝐬𝐢 𝐫𝐚𝐜𝐜𝐨𝐧𝐭𝐚.
E’ raro trovare un narcisista consapevole della sua condizione. Per sua natura, chi soffre di disturbo narcisistico di personalità non riesce a chiedere aiuto a uno psicoanalista/psicoterapeuta e solo raramente riesce a comprendere la sua condizione in piena autonomia. In questa lettera un narcisista mette a n**o le sue fragilità e l’inferno che è costretto a vivere quotidianamente.

"Sono un narcisista, tutti mi additano come tremendo manipolatore ed è un’etichetta che mi sono meritato ma credimi, la mia vita non è affatto facile. Vivo con mille difficoltà e oggi te ne racconterò qualcuna, ma solo una piccola parte dell’inferno che vivo ogni giorno.
𝓟𝓮𝓻 𝓮𝓼𝓮𝓶𝓹𝓲𝓸: se devo prendere una decisione mi tormento su cosa è giusto e cosa è sbagliato per la mia immagine; non riesco mai a interrogarmi su cosa mi piacerebbe fare, su quello che mi renderebbe felice!
Sì! Hai capito bene, non so decidere per il mio benessere.

Benvenuta nel mondo dell’invalidazione narcisistica.

𝐈𝐧𝐯𝐚𝐥𝐢𝐝𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐧𝐚𝐫𝐜𝐢𝐬𝐢𝐬𝐭𝐢𝐜𝐚
Non importa quanto socialmente abile posso apparire ai tuoi occhi, mi porto dentro un abisso nel quale non riesco a scrutare e questo è solo il principio dei miei problemi.

Mi sveglio tutti i giorni e vivo una vita che non voglio.
Non riesco a fare ciò che davvero mi piace perché nella realtà dei fatti io non so cosa desidero. Non lo so perché non sono in contatto con il mio “io più profondo”. Ho persino dubbi sui miei reali gusti e interessi.

Faccio ciò che faccio solo per rinforzare la mia immagine, l’immagine che io ho di me e quella che gli altri hanno di me.

Vivo esperienze solo per poterle raccontare agli amici, per poter raccontare quanto sono stato magnifico in determinate circostanze; ho persino basato la scelta dei miei studi universitari sul rafforzamento della mia immagine, in pratica mi sto costruendo un futuro di infelicità e questo è ciò che si chiama invalidazione narcisistica.

Sono intrappolato nella mia stessa vita. Mi impegno e cerco di costruirmi un’esistenza disperatamente perfetta ma dato che non agisco secondo le mie reali necessità, mi sento spesso insoddisfatto e, non capendone le ragioni, scarico la responsabilità sugli altri, te compresa… ma tu puoi andartene. Tu puoi uscire, la trappola del narcisista è quella che vivo quotidianamente io, non la tendo per te. Le torture emotive che ti dedico sono solo un effetto collaterale del mio disturbo di personalità.

E’ vero che posso ferirti profondamente senza provare un briciolo di empatia, ma la realtà è che tu puoi scegliere di frequentarmi o meno, io devo avere a che fare con me stesso e col mio giudizio tutti i giorni.

Tutti pensano che io sia incapace di amare, ma la verità è che non sono capace di accettare l’amore di un’altra persona e mi precludo ogni forma di vero benessere. La mia mancanza di empatia non è gratuita e la pago ogni giorno della mia vita, a un prezzo molto caro.

Non voglio parlarti della mia infanzia e di come sono diventato così, magari questo lo farò la prossima volta. Per ora mi limito a dirti come vivo il mio quotidiano e quanto vuoto mi porto dentro.

Perché ti racconto tutto questo? Perché tu mi accusi di essere terribile, di essere un manipolatore perverso, ma tu puoi scegliere.

Tu puoi scegliere di starmi accanto o allontanarmi; a me non è stata data molta scelta. La mia ferita narcisistica si è alimentata, anno dopo anno, e ora mi ritrovo con una personalità malstrutturata, difficile da rimettere a posto.

𝐋𝐚 𝐦𝐢𝐚 𝐜𝐨𝐧𝐝𝐚𝐧𝐧𝐚 𝐚𝐥𝐥’𝐢𝐧𝐟𝐞𝐥𝐢𝐜𝐢𝐭𝐚̀
Mi impegno a costruire diverse facciate grazie alle quali cerco di emergere in società ma interiormente mi sento isolato dalle persone che mi circondano: sono emotivamente scollegato dal mondo e non posso farci nulla.

Non riesco a tollerare le “imperfezioni” perché sento che mi riflettono negativamente. Se tutto ciò che mi circonda è perfetto e gli altri mi apprezzano, allora mi sento bene con me stesso, ma solo per un breve momento perché la mia incapacità di interfacciarmi ai miei bisogni più profondi mi condanna a essere un infelice a vita.

Se non conosco i miei veri desideri e continuo a rincorrere un’immagine perfetta di me, come potrò mai essere felice? Le mie azioni, i miei pensieri e le credenze su me stesso e sugli altri, sono la causa principale della sofferenza che c’è nella mia vita e io sono inerme.

Vivo tutto come una competizione, perché mi eccita qualsiasi cosa che può sottolineare la mia superiorità, tuttavia se perdo posso anche negare la realtà o distorcerla, se il mio partner è abbastanza debole riuscirò a imporgli la mia visione delle cose, così da uscirne sempre vincente (almeno all’apparenza). Apparenza, ecco la parola che meglio si sposa con la mia intera esistenza.

Non ho piacere, non ho opinioni, nessuna emozione, niente di niente.

Non credere che il titolo di questo paragrafo sia esagerato. E’ davvero così che vivo. Baso ogni mia decisione su un’immagine ideale, quella che ho di me. Non ho vere opinioni, non so ciò che mi piace ne’ quello che non mi piace. Nel quotidiano riconosco solo quello che può farmi male: il rifiuto. Odio essere rifiutato perché mi ricorda che non sono amabile, che non sono poi così “ideale”.

Ecco perché mi circondo di persone che possono apprezzarmi, che devono apprezzarmi. Ecco perché tendo a legare con qualcuno che abbia una personalità strutturata su misura alla mia: qualcuno con un disturbo di dipendenza o con una spiccata sindrome abbandonica, qualcuno che possa assecondarmi.

Quel qualcuno si lega a me e io posso tormentarlo, non perché lo desidero ma perché ne ho bisogno per confermare il mio valore, per confermare che sono davvero così necessario, davvero così forte.

Tu mi additi come manipolatore e forse ti reputi anche una vittima, ma ricorda che io sono la prima vittima del mio narcisismo.

Perché non cambio? Perché non capisco neanche di avere una scelta, quindi come potrei comportarmi diversamente?

𝐃𝐨𝐥𝐨𝐫𝐞 𝐞 𝐫𝐚𝐛𝐛𝐢𝐚
Nella relazione con me, tu imparerai a conoscere soprattutto due sensazioni: il dolore e la rabbia. Non ti darò mai una pacca sulla spalla per tutte le belle cose che fai per me, perché non sono capace di apprezzarle, tuttavia ti condannerò per ogni minimo sbaglio e mi piacerà farlo perché mi farà sentire migliore, migliore di te e migliore di tutti.

Io so manipolare il prossimo perché uso armi come senso di colpa, seduzione, adulazione, vergogna… ma lo faccio solo perché non conosco altre strade per avere approvazione. Per te questo è crudele, per me che lo vivo e inizio a esserne consapevole, è triste.

In una relazione di coppia, le mie manipolazioni sono deleterie per il partner, perché per ogni conferma che mi conquisto, devasto la sua autostima.

In pratica, se tu stai con me, dopo breve tempo inizierai a perdere il senso del sé, perderai te stessa, perché ti porterò a fare tutto in funzione di me.

Il mio occhio giudicante condizionerà ogni tua azione e ogni tua scelta. Se avevi in programma di comprare un determinato modello di auto, non lo farai se io sono in disappunto: sono un vero prevaricatore ma non sono consapevole di esserlo.

Il dolore e la rabbia che ti faccio provare nelle relazioni con me, io le provo da sempre. L’unico sentimento che riconosco come legittimo è la rabbia. Questo sentimento è strettamente legato alla mia ferita narcisistica ma anche qui non posso spingermi oltre perché dovrei parlarti della mia infanzia.

Sono tremendamente permaloso: non tollero le critiche, neanche quelle più banali. Non le tollero perché mettono in discussione la mia immagine e questa è tutto ciò che ho. Cerco intorno a me consensi e approvazioni perché io, da solo, non so darmeli.

Assumo atteggiamenti immaturi perché la mia condizione di narciso mi ha impedito di confrontarmi con il prossimo: ho paura del confronto, ecco perché mi sono posto sul piedistallo! Per sfuggire a ogni confronto.

La mia risposta rabbiosa, la mia percezione di grandiosità e spesso di arroganza, l’eccessiva svalutazione di chi mi è accanto e l‘incapacità di comprendere l’altro, sono indici del malessere che mi porto dentro.

Se ancora non mi hai conosciuto, prima di intraprendere qualsiasi relazione con me, sappi che sono molto rabbioso, sono incapace di ascoltare il tuo punto di vista, di capire le tue emozioni e di attivare azioni costruttive, tutti i miei atteggiamenti sono fortemente distruttivi.”

Tra la comprensione e l'accettazione c'é una grande differenza. Voi abbiate sempre cura della vostra sensibilità, della vostra empatia e compassione per gli altri, ma non dimenticatevi MAI di voi stessi.
Se riconoscete di avere a che fare con questo tipo di personalità sopra descritta, non abbiate ripensamenti… cambiate strada senza voltarvi mai.

20/09/2025

In molte famiglie dove c’è un padre narcisista, accanto c'e una figura silenziosa ma fondamentale: la madre che contribuisce, spesso senza accorgersene, a mantenere il ciclo dell'abuso.
Il narcisista mette i figli e il partner enabler in competizione o li manipola per rafforzare il proprio controllo.

𝐂𝐡𝐢 𝐞̀ 𝐥’𝐞𝐧𝐚𝐛𝐥𝐞𝐫?
È la persona che, per paura, amore distorto o senso di responsabilità, finisce per giustificare, minimizzare o coprire il comportamento tossico del partner ad esempio dicendo “è fatto così”, “ha avuto una giornata difficile”. Lo fa magari pensando di salvarlo o di mantenere la famiglia unita, ma intanto espone i figli a ferite profonde.

𝐏𝐞𝐫𝐜𝐡𝐞́ 𝐬𝐮𝐜𝐜𝐞𝐝𝐞?
✅ Co-dipendenza: mettere sempre i bisogni dell’altro prima dei propri.
✅ Compassione selettiva: provare empatia solo per il partner, non per chi subisce il danno.
✅ Paura dell’abbandono.
✅ Abitudine: se è cresciuta in un contesto simile, può considerarlo normale.

𝐒𝐢 𝐚𝐭𝐭𝐮𝐚 𝐜𝐨𝐬𝐢̀ 𝐮𝐧 𝐛𝐮𝐬𝐨 𝐬𝐞𝐜𝐨𝐧𝐝𝐚𝐫𝐢𝐨:
non proteggere i figli, giustificare il narcisista o restare in silenzio davanti alle ingiustizie è anch’esso una forma di abuso.
Crescere in questo contesto può produrre: confusione su cosa sia l'amore sano, difficoltà a riconoscere e porre confini, tendenza a diventare a propria volta enabler o a cercare partner narcisisti, ansia cronica e iper-vigilanza emotiva. I figli spesso finiscono per sostenere emotivamente il genitore enabler, che a sua volta sostiene il narcisista.

(Come precisazione, la dinamica, con sfumature differenti, si applica anche alla madre narcisista e padre enabler)

16/09/2025

“C’è chi spende per apparire.
E chi investe per stare bene.
C’è chi paga per avere un paio di scarpe in più.
E chi paga per un’ora di terapia. O per investire in un'idea.
Chi spende mille euro per un cellulare
e chi ne spende cento per un weekend in silenzio.
Ognuno rivela ciò che conta,
non con le parole,
ma con ciò che sceglie di proteggere… “

(Oscar Travino)

13/09/2025

Hai mai notato che chi viene da una altamente sviluppa un superpotere?
Quello di fiutare a metri di distanza, il soggetto meno equilibrato in una piazza e innamorarsene perdutamente.
Perché? Perché la pace è noiosa, il dramma invece sa di casa. Perché l’ansia nello stomaco è stata confusa con l’amore fin da piccoli.
Perché speriamo che, questa volta, il principe o la principessa tossica ci ami come non hanno fatto i nostri genitori (ovviamente quasi mai accade).
Perché scambiamo l’altalena emotiva con la passione, e la tranquillità con la morte cerebrale.
Così nascono i “folli innamoramenti”: non sono amore, sono 𝐝𝐞́𝐣𝐚̀-𝐯𝐮 𝐭𝐫𝐚𝐮𝐦𝐚𝐭𝐢𝐜𝐢 𝐜𝐨𝐧 𝐞𝐟𝐟𝐞𝐭𝐭𝐢 𝐬𝐩𝐞𝐜𝐢𝐚𝐥𝐢.
La buona notizia? Non è una maledizione.
È solo il cervello che ci trascina nel luna park sbagliato.
Ma c’è un biglietto d’uscita: iniziare a riconoscere che la calma è sexy e che solo la pace, la serenità, il rispetto, e la stabilità rappresentano il vero amore. ✨

11/09/2025

Ascoltate le vostre "ferite",
vi stanno dicendo cosa cambiare.
Non le situazioni,
ma come reagire e cosa
farne delle vostre emozioni. ✨

09/09/2025

Ricorda che la migliore relazione è quella in cui l'amore per l'altro supera il “bisogno” dell’altro.

✨
05/09/2025

02/09/2025

Scegli sempre una persona che ti rispetti,
perché il rispetto è più importante dell’amore.

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Rome

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