13/11/2025
Inadeguatezza o Solitudine?
Come terapeuta familiare, nei colloqui con i neogenitori, ascolto spesso testimonianze di una solitudine che troppo spesso confondono con la sensazione di non essere in grado, non essere all’altezza. La “diagnosi” che consegno loro in questi casi è:
“Non siete inadeguati, siete soli!”!
Essere genitori oggi significa confrontarsi con una realtà complessa, fatta di grandi aspettative e di pochi sostegni concreti.
La famiglia nucleare ha sostituito quella allargata, e la rete di aiuti, che un tempo proveniva dai nonni, dai parenti o dalla comunità, è spesso fragile o assente.
Molte coppie affrontano, così, la nascita di un figlio in un contesto di isolamento relazionale e di crescente pressione individuale di cui spesso non si rendono contro.
In questa cornice, il rientro al lavoro dei genitori rappresenta uno dei paradossi più evidenti della genitorialità contemporanea.
Le politiche sociali e le pressioni culturali, ad esempio, spingono la madre ad un ritorno all’efficienza lavorativa entro 5 mesi dal parto, ma ciò si scontra con le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che suggerisce un allattamento al seno esclusivo per almeno sei mesi.
Come rispondere a una richiesta così contraddittoria?
Spesso con un conflitto interiore che genera senso di colpa, inadeguatezza e stress — emozioni che iniziano già nei mesi che precedono il rientro a lavoro e che incidono sul benessere psicologico della donna.
Anche il ruolo paterno resta imprigionato in un nuovo paradosso, ai padri di oggi si chiede di essere empatici, attenti e presenti, ma non viene offerto loro il tempo reale per esserlo davvero. I congedi restano brevi, quasi simbolici, e questo impedisce una vera condivisione della cura — in tutte le sue dimensioni, pratiche ed emotive.
Il risultato è una coppia genitoriale spesso strozzata dal senso di inadeguatezza, generato dallo scontro tra aspettative e realtà, che finisce per riversare la frustrazione nel solo contenitore rimasto: la relazione di coppia.
COSA FARE?
Per prima cosa apriamo una riflessione critica sulle richieste ambientali e mettiamoci in ascolto dei bisogni nostri e del nostro bambino per poter fare, dove possibile, una scelta più serena e consapevole.
Cerchiamo nel nostro contesto di vita, tutte le risorse emotive e strutturali per affrontare le sfide quotidiane con maggiore fiducia e serenità consapevoli che, crescere un bambino non è un compito individuale, ma una responsabilità comune che richiede il supporto della collettività.