Francesco M. Galassi, MD, Paleopatologo

Francesco M. Galassi, MD, Paleopatologo Pagina di divulgazione di Francesco M. Galassi (MD, PhD, 5 ASN), prof. associato presso Univ. Autore di ~300 pub. scientifiche e vari libri.

di Łódź, medico, paleopatologo, antropologo fisico, storico della medicina e scrittore. Forbes 30U30 Europe 2017.

05/11/2025

L’acqua bolle a 100 °C alla pressione atmosferica standard, cioè 1 atmosfera, a livello del mare: è un dato di fatto, comprovato da secoli di osservazioni e da pubblicazioni scientifiche.

Se qualcuno sostenesse che il punto di ebollizione è invece di 150 °C, dovrebbe portare altrettante pubblicazioni scientifiche e prove sperimentali a supporto.

Non basta appellarsi alla propria “decennale esperienza di cottura della pasta” o dire “lo sanno tutti che è così”.

Anche gridando, reiterando o tentando di imporre la propria voce su chi ricorda, pubblicazioni alla mano, che l’acqua bolle a 100 °C (a 1 atmosfera), la realtà fisica non cambierà: l’acqua continuerà a bollire a 100 °C.

Ma chi, fidandosi di un’affermazione inesatta, metterà un dito nell’acqua “che non bolle ancora”, finirà solo per scottarsi.

La divulgazione è importante e quando si parla di antichità e patologia del passato, il mio cuore di scienziato che si o...
04/11/2025

La divulgazione è importante e quando si parla di antichità e patologia del passato, il mio cuore di scienziato che si occupa di questi temi non può che genuinamente gioirne. Tuttavia ritengo da sempre che sia importante fornire al pubblico dei non addetti ai lavori informazioni corrette ed aggiornate.

Mi permetto, pertanto, di correggere alcune informazioni inesatte ed obsolete in questo video andato in onda su La 7 sul cold case della morte del faraone.

La tesi dell’assassinio - cara a studiosi quali l’americano Bob Brier - è obsoleta e da tempo confutata scientificamente. Originata da un artefatto radiografico del 1968, non degli anni ‘90, (la lesione traumatica di cui si parla in questo video), fu smentita con il riesame TAC eseguito nei primi anni duemila. La teoria più accreditata al momento è quella di una infezione instauratasi su di una frattura a livello del femore sinistro. Affetto anche dalla malaria, essa era endemica nel bacino del Mediterraneo e non gli fu verosimilmente letale. Esistono, quindi, varie ipotesi diagnostiche retrospettive, ma mancano tuttavia esami scientifici sui visceri del faraone conservati nei suoi vasi canopi, che renderebbero il quadro ben più chiaro (la maggior parte delle malattie ha come bersaglio sugli organi interni e non lo scheletro come sede principale). Un cordiale saluto, Francesco Maria Galassi (professore universitario che si occupa di mummie egizie da tutta la vita e che ha, inter alia, pubblicato, con altri colleghi, la più recente ricostruzione del volto del faraone): https://www.independent.co.uk/news/world/africa/tutankhamun-face-reconstructed-egypt-b2349060.html

03/11/2025

IL DNA DA CONTATTO: TRA BIOLOGIA, TRASFERIMENTO E INTERPRETAZIONE FORENSE

Quando si riscontra un profilo genetico attribuibile a un soggetto su un oggetto “toccato”, è fondamentale non dare per scontato che ciò significhi un contatto INTENZIONALE dello stesso soggetto con l’oggetto.

I cosiddetti “touch DNA” (DNA da contatto) o “trace DNA” (DNA traccia) derivano, difatti, da quantità minime di materiale biologico trasferite per contatto, ma è essenziale chiarire due aspetti spesso fraintesi:

1. quale sia la fonte cellulare del DNA depositato

e

2. come e in quali modalità possa essere trasferito, indirettamente o addirittura per mediazione di un altro oggetto o persona.

Anzitutto, riguardo alla fonte biologica: è corretto osservare che i corneociti (ossia le cellule morte dello strato corneo dell’epidermide, prive di nucleo e di organelli cellulari) non costituiscono una fonte utile di DNA nucleare.

Tuttavia, quando una mano tocca un oggetto, non è solo un “corneocita puro” che può essere trasferito, ma spesso un coacervo cellulare misto: cellule epiteliali non completamente cheratinizzate, leucociti, residui di secrezioni cutanee (sudore e sebo) e microgocce salivari.

In effetti, in letteratura forense si riconosce che, oltre ai cheratinociti desquamati, possono essere trasferite cellule nucleate da altre fluidi o parti del corpo in contatto con la mano (es. saliva, sebo, sudore) e persino DNA libero (detto “cell-free”) presente sulla superficie cutanea o nella secrezione.

Così, il contatto manuale con un oggetto può effettivamente depositare DNA — a condizione che vi siano queste cellule nucleate o residui biologici — ma la quantità è spesso molto bassa (si parla, infatti, nella letteratura specializzata di "low-template DNA") e la modalità molto variabile.

In secondo luogo, la modalità di trasferimento e le implicazioni interpretative devono essere affrontate con cautela. Le ricerche sperimentali evidenziano che la quantità di DNA depositata per semplice contatto è altamente VARIABILE, dipendendo da fattori come: l’individuo, il tipo di superficie dell’oggetto, la durata e la pressione del contatto, le condizioni ambientali (umidità, temperatura), e se la mano era pulita o aveva residui biologici. 

Ancora più importante: il trasferimento indiretto , ovvero il trasferimento secondario o terziario (per esempio: persona A tocca la maniglia, persona B la tocca subito dopo, e l’oggetto appare “contaminato” da A) è ampiamente documentata.
Revisioni della letteratura scientifica aggiornate affermano che uno dei fattori che influenza il transferimento secondario è la quantità di DNA che l’individuo lascia, il tipo/durata del contatto e la natura della fonte. 

Questo significa che la presenza del DNA di un soggetto su un oggetto NON NECESSARIAMENTE indica che quel soggetto abbia materialmente manipolato l’oggetto nel contesto contestato.

In pratica, se si trova il profilo genetico di un soggetto, che chiameremo A, su un oggetto, ciò può derivare:

- da un contatto diretto genuino (A tocca l’oggetto);

- oppure da un trasferimento indiretto, ad esempio se A tocca un oggetto e successivamente B tocca quello stesso oggetto o la mano di A, trasferendo involontariamente alcune cellule di A su un secondo oggetto.

In tal modo, il DNA di A può comparire su oggetti che A non ha mai toccato personalmente (secondary o tertiary transfer).

La letteratura sulle valutazioni sul modo in cui il DNA è arrivato sul reperto (“activity-level evaluations”) richiamano esplicitamente la necessità di tenere conto di modalità indirette di trasferimento, della persistenza delle tracce e della presenza di DNA “di fondo”. 

Inoltre, la persistenza del DNA da contatto su superfici varie può essere limitata e condizionata: ad esempio, studi sul tempo di manipolazione (o "durata del contatto", “handling time”) ha mostrato che bastano pochi secondi di contatto per depositare DNA ma la probabilità che esso resti integro, amplificabile e interpretabile decresce rapidamente. 

Dal punto di vista interpretativo, questo significa che la sola presenza del DNA non prova automaticamente la manipolazione volontaria o esclusiva dell’oggetto.

Bisogna, quindi, valutare:

a) se vi è stato un contatto diretto o potrebbe esserci stato un trasferimento indiretto;

b) se la quantità e la qualità del profilo sono compatibili con la modalità contestata;

c) se ci sono altre fonti di contaminazione o background.

La letteratura specifica ammonisce che l’attribuzione di una modalità d’azione basata unicamente sul risultato genetico è estremamente rischiosa. 

Qualche pubblicazione scientifica di riferimento:

Bronkhorst AJ, Ungerer V, Oberhofer A, Gabriel S, Polatoglou E, Randeu H, Uhlig C, Pfister H, Mayer Z, Holdenrieder S. New Perspectives on the Importance of Cell-Free DNA Biology. Diagnostics (Basel). 2022 Sep 3;12(9):2147. doi: 10.3390/diagnostics12092147. PMID: 36140548; PMCID: PMC9497998.

Tozzo P, Mazzobel E, Marcante B, Delicati A, Caenazzo L. Touch DNA Sampling Methods: Efficacy Evaluation and Systematic Review. Int J Mol Sci. 2022 Dec 8;23(24):15541. doi: 10.3390/ijms232415541. PMID: 36555182; PMCID: PMC9779423.

van Oorschot RAH, Meakin GE, Kokshoorn B, Goray M, Szkuta B. DNA Transfer in Forensic Science: Recent Progress towards Meeting Challenges. Genes (Basel). 2021 Nov 7;12(11):1766. doi: 10.3390/genes12111766. PMID: 34828372; PMCID: PMC8618004.

Woollacott C, Goray M, van Oorschot RAH, Taylor D. The Transfer, Prevalence, Persistence, and Recovery of DNA from Body Areas in Forensic Science: A Review. Forensic Sciences. 2025; 5(1):9. https://doi.org/10.3390/forensicsci5010009

Grazie ad Archeologia Viva per la breve presentazione del libro “Ankhesenamon. La sposa di Tutankhamon” scritto insieme ...
01/11/2025

Grazie ad Archeologia Viva per la breve presentazione del libro “Ankhesenamon. La sposa di Tutankhamon” scritto insieme all’egittologo elvetico e amico di lunghissima data, Michael Habicht, con contributi di Elena Varotto e Giorgia Cafici e pubblicato da Bookstones Edizioni.

Grazie di cuore al Prof. Domenico Ribatti, ordinario di anatomia umana normale presso l’Università degli studi di Bari “...
01/11/2025

Grazie di cuore al Prof. Domenico Ribatti, ordinario di anatomia umana normale presso l’Università degli studi di Bari “Aldo Moro”, per la pregevole recensione del nostro libro dedicato alla storia dell’antropologia forense, pubblicata sulla rivista medica “Recenti Progressi in Medicina”.

[Per ragioni di copyright, limito l’immagine al titolo e a poche righe superiori, rinviando alla lettura in extenso al sito della rivista].

Elena Varotto Bookstones Edizioni

Tot capita, quot sententiae, dicevano gli antichi nella loro infinita saggezza, ma l’istologia non è una opinione. Non l...
29/10/2025

Tot capita, quot sententiae, dicevano gli antichi nella loro infinita saggezza, ma l’istologia non è una opinione. Non lo è nemmeno la paleogenetica.

Punto 1: Lo strato corneo è costituito da cellule morte, anucleate e cheratinizzate (i corneociti), prive di DNA nucleare e mitocondriale perché derivanti dalla completa differenziazione dei cheratinociti dello strato basale e granuloso, che culmina nella cheratinizzazione e nella successiva desquamazione, diventa difficile impostare qualsiasi ragionamento coerente.

==> Esame di istologia al primo anno di medicina.

Punto 2: È vero che il DNA non poteva essere estratto dalle ossa venti anni fa? No, errato.
Il celebre studio di Erika Hagelberg, Bryan Sykes e Robert Hedges pubblicato su Nature, 1989, dimostrò per la prima volta che è possibile estrarre e amplificare DNA mitocondriale da ossa umane antiche. Gli autori riuscirono a ottenere frammenti di DNA (121–205 bp) da resti osteologici antichi. Il lavoro mostrò che, pur degradato, il DNA osseo poteva essere amplificato tramite PCR, aprendo la strada alla paleogenetica moderna. Fu la prima prova concreta che l’osso poteva conservare materiale genetico antico, distinto dal DNA moderno contaminante.

Bibliografia minimale:

Yousef H, Alhajj M, Fakoya AO, et al. Anatomy, Skin (Integument), Epidermis. [Updated 2024 Jun 8]. In: StatPearls [Internet]. Treasure Island (FL): StatPearls Publishing; 2025 Jan-. Available from: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/books/NBK470464/

HAGELBERG, E., SYKES, B. & HEDGES, R. Ancient bone DNA amplified. Nature 342, 485 (1989). https://doi.org/10.1038/342485a0

Un mio commento-intervista su El Pais, il più importante quotidiano spagnolo, che regolarmente, da dieci anni ormai, mi ...
24/10/2025

Un mio commento-intervista su El Pais, il più importante quotidiano spagnolo, che regolarmente, da dieci anni ormai, mi intervista su temi di paleopatologia e storia della medicina.

L'IMPRONTA DELLA SCARPA NEL DELITTO GARLASCHESE - ALCUNE CONSIDERAZIONI SCIENTIFICHE ED ANATOMICHE GENERALI Desidero esp...
11/10/2025

L'IMPRONTA DELLA SCARPA NEL DELITTO GARLASCHESE - ALCUNE CONSIDERAZIONI SCIENTIFICHE ED ANATOMICHE GENERALI

Desidero esprimere qualche considerazione relativamente al tema dell’impronta di scarpa nel caso di Garlasco di cui tanto si parla in questi giorni e anche ieri sera oggetto di dibattito durante il seguitissimo programma televisivo .

Più che entrare nel caso specifico, preferisco rispettosamente ragionare sull’argomento in termini generali - quindi applicabili a questo e a tanti altri casi - e dal punto di vista scientifico, essendo state offerte in trasmissione osservazioni interessanti che possono però beneficiare di qualche precisazione alla luce della letteratura accademica biomedica e forense disponibile.

Mi pare di aver capito che un eventuale confronto tra l’impronta di una calzatura lasciata diciotto anni fa e una nuova impronta sperimentale del sospettato possa essere ritenuto problematico nella sua esecuzione, poiché nel frattempo la persona in oggetto potrebbe aver modificato il proprio peso o la propria andatura.

Si tratta, in effetti, di aspetti importanti, degni di considerazione e quindi opportunamente menzionati, che rappresentano spesso – se mi è concesso un latinismo – una crux desperationis per i consulenti tecnici chiamati a valutare la comparabilità di impronte distanti nel tempo; tuttavia, alla luce delle conoscenze forensi attuali, non sembrano emergere evidenze scientifiche definitive che indichino un effetto determinante di variazioni di peso o di andatura sulla morfologia complessiva della traccia di calzatura.

È senz’altro vero che variazioni corporee o posturali possono influenzare la distribuzione della pressione sul suolo, rendendo alcune zone dell’impronta più marcate o meno nitide. Tuttavia, forse occorre maggiore cautela nel proporre la lettura secondo cui i cambiamenti modifichino in modo sostanziale la forma generale o le caratteristiche identificative della suola.

Ricordiamo che parliamo di impronta lasciata dalla calzatura, ossia della geometria della suola, un elemento relativamente rigido che riflette il disegno industriale, le micro-usure e i danni unici della calzatura, non già l’impronta plantare della cute del n**o piede.

Un aumento di peso può accentuare la profondità della traccia, ma non ne altera il contorno planimetrico né la disposizione dei tasselli, che dipendono dal modello e dallo stato fisico della suola, non dalla fisiologia dell’individuo. L’anatomia del piede adulto, inoltre, è una struttura ossea e articolare generalmente stabile: salvo condizioni patologiche specifiche — deformità acquisite, neuropatie, artrosi avanzata, atrofie muscolari — la sua morfologia rimane pressoché invariata nel tempo.

Pertanto, eventuali discrepanze tra l’impronta risalente alla cronologia del delitto e una nuova impronta sperimentale sono più verosimilmente attribuibili a differenze strumentali o ambientali (superficie, pressione, materiale di appoggio, stato/età di usura della suola, metodo di acquisizione) che non a mutamenti anatomici o ponderali del soggetto.

Lascio in calce un po' di letteratura scientifica sul tema.

Un buon fine settimana a tutti,
prof. Francesco M. Galassi

Bibliografia scientifica indicizzata in Pubmed:

Arnold JB, Causby R, Pod GD, Jones S. The impact of increasing body mass on peak and mean plantar pressure in asymptomatic adult subjects during walking. Diabet Foot Ankle. 2010;1. doi: 10.3402/dfa.v1i0.5518. Epub 2010 Nov 9. PMID: 22396809; PMCID: PMC3284282.

Brady, S. K., Speir, J. A., Hamburg, C., & Jagmin, J. (2024). Quantifying variation in the physical size of footwear test impressions. Forensic science international, 365, 112245. https://doi.org/10.1016/j.forsciint.2024.112245

Charron J, Currier C, Hess P, Jacobs P, Zerbe J. Interpol Review Paper of Marks and Impression Evidence 2019-2022. Forensic Sci Int Synerg. 2023 Jan 5;6:100308. doi: 10.1016/j.fsisyn.2022.100308. PMID: 36632193; PMCID: PMC9827354.

Farrugia, K. J., Riches, P., Bandey, H., Savage, K., & NicDaéid, N. (2012). Controlling the variable of pressure in the production of test footwear impressions. Science & justice : journal of the Forensic Science Society, 52(3), 168–176. https://doi.org/10.1016/j.scijus.2011.11.002

Kellett, D., Zolghadriha, S., Morgan, R., Lagnado, D., & Nakhaeizadeh, S. (2024). Forensic footwear examination: A systematic review of the existing literature. Forensic science international, 365, 112295. https://doi.org/10.1016/j.forsciint.2024.112295

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