13/11/2025
𝐋𝐚 𝐝𝐢𝐟𝐟𝐢𝐜𝐢𝐥𝐞 𝐥𝐨𝐭𝐭𝐚 𝐪𝐮𝐨𝐭𝐢𝐝𝐢𝐚𝐧𝐚 𝐝𝐢 𝐮𝐧 𝐠𝐞𝐧𝐢𝐭𝐨𝐫𝐞 𝐝𝐢 𝐮𝐧 𝐛𝐚𝐦𝐛𝐢𝐧𝐨 𝐜𝐨𝐧 𝐃𝐒𝐀
Essere genitore di un bambino con significa vivere ogni giorno con una forza che spesso non pensavi di avere.
Significa restare seduti accanto a un figlio per ore, anche quando sei stanco, anche quando vorresti solo cinque minuti di silenzio per te.
Significa ripetere, spiegare, incoraggiare… anche quando dentro senti di non farcela più.
Significa assistere a piccoli miracoli quotidiani: il suo impegno, la sua volontà, il suo desiderio di riuscire.
E allo stesso tempo vedere la sua delusione quando, nonostante tutto, non arriva il risultato che meriterebbe.
Sai quali sono le ferite più profonde?
Quando tuo figlio ti guarda negli occhi e ti dice:
“Ma allora a cosa è servito studiare così tanto?”
“Ma allora io non sono normale!”
“Forse non sono intelligente…”
E tu non sai più come spiegargli che non è lui il problema.
E poi c’è la scuola.
Quella che dovrebbe essere alleata, e invece capita che sia un ostacolo.
Ti senti dire che, nonostante sia andata bene la verifica, non può prendere un voto più alto “perché ha usato gli strumenti compensativi”.
Oppure che “finché non c’è la certificazione della ASL verrà valutato come se non avesse nessuna difficoltà”.
Ecco… questa è un’altra questione spinosa!
I tempi d’attesa dell’ASL sono spesso lunghissimi, mesi e mesi — se non anni — in cui tuo figlio continua a faticare senza che nessuno certifichi ufficialmente ciò che è già evidente.
E allora sei costretta a rivolgerti al privato, perché non puoi permettere che tuo figlio resti fermo ad aspettare.
La diagnosi privata diventa l’unico modo per iniziare a lavorare su strumenti, strategie, percorsi utili… perché lui ne ha bisogno adesso, non tra un anno.
Eppure, nonostante il sacrificio economico e l’urgenza, ti senti dire che “finché non arriva quella dell’ASL” la diagnosi privata non basta per riconoscergli pienamente i suoi diritti.
Come se il suo disturbo cambiasse a seconda di chi lo certifica.
Come se la sua fatica potesse essere messa “in pausa” finché la burocrazia non decide.
E tu, genitore, sei lì tra rabbia e impotenza, mentre cerchi di proteggere tuo figlio da un mondo che ancora non capisce davvero cosa significhi imparare in modo diverso.
E c’è un dolore più silenzioso, quello che non si dice mai: la stanchezza mentale, la frustrazione, il senso di colpa per le volte in cui ti scappa un rimprovero di troppo…
Perché lui ti sembra non si impegni abbastanza, perché perde tempo, perché tergiversa prima di iniziare i compiti.
E tu… tu sei letteralmente esausta.
Ma poi ti penti. Sempre.
Perché sai quanto ci mette del suo.
Perché sai che lui fa il possibile… e spesso anche di più.
La verità è che nessuno vede davvero quanta fatica ci sia dietro un compito finito.
Quanti respiri profondi, quanti “ripartiamo”, quanti “non mollare”, quanti “dai dai dai…”, quanti “lavora, non distrarti, concentrati”.
Nessuno, tranne te, sa quanta fatica c’è dietro.
E sarebbe davvero tanto gratificante se, almeno a scuola, venisse riconosciuto tutto il duro lavoro che ogni giorno si fa a casa.
⸻
👉Se anche tu sei un genitore che vive o ha vissuto queste situazioni, raccontalo nei commenti. Insieme possiamo far sentire la nostra voce.
🤗E se sei un insegnante sensibile al tema, condividi il tuo punto di vista: può aiutare tanti genitori a sentirsi meno soli