03/12/2025
Julia Elle - Ci sono momenti in cui decidiamo di fidarci. Apriamo una piccola porta e consegniamo all’altro qualcosa di fragile, una paura antica, una ferita che ancora non ha parole, un punto scoperto che teniamo nascosto quasi a tutti. È un gesto intimo e rarissimo, perché espone.
E poi accade che quella stessa fragilità, invece di essere custodita, venga usata in un litigio per colpirci. Una frase pronunciata di proposito, un accenno che va dritto nel punto esatto che avevamo mostrato con fiducia. È un dolore particolare, quasi difficile da nominare. Non è solo la ferita del conflitto, è la consapevolezza che ciò che era stato affidato con cura è stato trasformato in un’arma.
Chi l’ha vissuto riconosce immediatamente quella sensazione stonata. Non è rabbia, non è tristezza. È un crollo interno. È il tradimento di una promessa implicita: “quello che mi racconti di te lo proteggo”.
E allora ricordiamo questo: chi ci ama non userà mai la nostra vulnerabilità come leva per prevalere. La tratterà come qualcosa di prezioso, da sfiorare con attenzione. La terrà in mano con rispetto, anche nei conflitti, anche nei momenti difficili. Perché è così che si riconosce la cura autentica. Non da ciò che viene detto nei giorni sereni, ma da ciò che non viene detto nei giorni in cui sarebbe più facile ferire.
E impararlo cambia tutto.