19/10/2025
PSOAS E COLON
IL SILENZIO DOVE NASCE LA PAURA, IL LUOGO DOVE TORNA LA PACE
di Giuseppe Totaro
C’è un punto, nel corpo, dove la vita respira più lentamente.
Un punto profondo, silenzioso, dove la mente non arriva e la voce si spegne: lì abita lo psoas.
È un muscolo, sì, ma è anche un sentiero sacro, un ponte teso tra il pensiero e il passo, tra la colonna e la radice del femore.
Origina dalle vertebre lombari da T12 a L5 come un fiore che nasce nel fango del sistema nervoso, e scivola giù, oltre il bacino, fino al piccolo trocantere, dove incontra la terra del femore e le sue promesse di movimento.
Lo psoas non è solo un flessore d’anca: è il custode dell’anima in allerta, il primo a reagire quando la paura sale, l’ultimo a calmarsi quando la quiete ritorna.
Quando qualcosa ci spaventa una notizia, una perdita, una parola non è la mente a contrarsi per prima: è lui, nel buio addominale, a chiudersi come una porta.
E quando lo psoas si irrigidisce, tutto l’addome diventa una prigione:
il diaframma smette di danzare,
il colon si chiude in silenzio,
e il respiro si ferma a metà.
ANATOMIA DEL LEGAME
Davanti a lui, in una vicinanza che sfiora il sacro, scorre il colon discendente e sigmoideo, una spirale di viscere che custodisce i resti del mondo.
L’intestino non è solo un tubo che digerisce: è un archivio emozionale, un cervello nascosto che registra ogni emozione che non abbiamo avuto il coraggio di dire.
È collegato al nostro sistema nervoso attraverso il plesso mesenterico inferiore e al cuore della paura attraverso il nervo vago.
Ogni spasmo, ogni stipsi, ogni infiammazione è un messaggio non ascoltato.
Il colon e lo psoas condividono lo stesso spazio, la stessa tensione, la stessa vibrazione.
Quando uno si contrae, l’altro trattiene.
Quando uno si apre, l’altro lascia andare.
È un dialogo continuo, invisibile ma profondo: il dialogo tra il fare e il sentire, tra la paura e la fiducia.
QUANDO IL CORPO PARLA DI PAURA
Ogni paura irrisolta si siede nello psoas come un ospite silenzioso.
Ogni perdita non elaborata si deposita nel colon come una pietra.
Non a caso, chi vive di controllo, chi non riesce a lasciar andare, chi trattiene il dolore per dignità o vergogna, sviluppa con il tempo una rigidità viscerale, un ventre duro, un respiro corto, una schiena fragile.
Lo psoas, in risposta alla costante allerta del sistema simpatico, rimane contratto.
Il diaframma, il suo compagno superiore, smette di ondeggiare liberamente.
E il colon, schiacciato, infiammato, perde il suo ritmo peristaltico, come un tamburo che ha dimenticato la musica.
Ecco che nascono allora le coliti spastiche, le stipsi croniche, i dolori addominali senza causa apparente, le lombalgie profonde che nessun antidolorifico placa.
Dietro ogni dolore lombare, spesso, c’è una storia di controllo.
Dietro ogni gonfiore, una paura non evacuata.
Dietro ogni tensione pelvica, una verità non detta.
LA VIA DELLA CONSAPEVOLEZZA
La prevenzione non è solo un gesto medico.
È una forma d’amore verso il corpo, un ritorno al respiro, una danza con la propria anatomia.
1. Il respiro come medicina
Quando inspiri, il diaframma scende e massaggia il colon, la milza, il fegato.
Quando espiri, il diaframma sale e lo psoas si rilassa.
Ogni respiro consapevole riapre un varco tra paura e fiducia.
Respirare è la prima forma di terapia viscerale, il primo atto di libertà.
Inspiro e scendo nel ventre.
Espiro e lascio andare la paura.
2. Il movimento che libera
Lo psoas ama il movimento lento, fluido, circolare.
Ama lo yoga, le estensioni morbide, le torsioni che fanno cantare il colon.
Odia la rigidità, il forzare, il trattenere.
Un corpo che si muove come acqua è un corpo che guarisce.
3. Il cibo come linguaggio
Ogni alimento che scegliamo parla al colon come un messaggio d’amore o di guerra.
Cibo vivo, ricco di fibre, fermenti, acqua e luce: questo chiede il nostro ventre.
Evita i cibi che infiammano, perché infiammano anche i pensieri.
Il colon non digerisce solo pane e verdure, ma anche paure, ansie e rimorsi.
4. L’osteopatia viscerale
Il tocco consapevole dell’osteopata è come una preghiera.
Attraverso le mani, si ascolta il ritmo profondo degli organi, la pulsazione del mesentere, la tensione dello psoas.
Non si forza nulla.
Si invita il corpo a ricordare il suo ritmo originario.
Quando lo psoas torna a respirare, il colon si apre.
E quando il colon si libera, anche la mente respira.
5. Il silenzio come cura
A volte basta chiudere gli occhi per cinque minuti, sdraiati, con una mano sul ventre e una sul cuore.
Sentire il respiro che scorre, la pancia che si muove, la mente che si spegne.
Nel silenzio, lo psoas si distende.
Nel silenzio, il colon trova la sua musica.
MALATTIE E SIGNIFICATI PROFONDI
• Colon irritabile: il corpo ti chiede di smettere di controllare tutto.
È la voce del “non detto”, l’eco delle parole rimaste in gola.
• Stipsi: la paura di lasciare andare, la tendenza a trattenere per non perdere.
“Trattengo per paura del vuoto”, dice il corpo.
• Colite ulcerosa e infiammazioni croniche: il fuoco interiore che non trova via d’uscita.
Emozioni che bruciano dentro.
• Dolori lombari ricorrenti: lo psoas ti chiama.
Ti chiede di ascoltare, di respirare, di tornare al centro.
IL RITORNO ALLA RADICE
Psoas e colon formano insieme una radice emotiva.
Sono la nostra ancora nella tempesta, il nostro centro gravitazionale.
Quando uno dei due si ammala, l’altro soffre.
Quando li ascolti, tutto il corpo fiorisce.
Nella tradizione orientale, lo psoas è considerato il muscolo dell’anima.
Nella tradizione occidentale, il colon è visto come il luogo della purificazione.
Quando i due si incontrano, si crea una medicina sottile: la libertà interiore.
MANTRA POETICO FINALE
Respiro.
Il mio psoas si scioglie come una radice che torna alla terra.
Il mio colon scorre come un fiume che ritrova la foce.
Lascio andare le paure che ho digerito male,
i ricordi che ho trattenuto per non dimenticare.
Ogni nodo si scioglie nel respiro.
Ogni dolore si trasforma in spazio.
Io non trattengo più.
Io fluisco.
E nel ventre che si apre,
ritrovo il mio silenzio,
la mia libertà,
la mia pace.
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