03/12/2025
L’integrazione di vitamina D
Per anni la vitamina D è stata dipinta come una sorta di panacea, un supplemento quasi obbligatorio per chiunque avesse superato la mezza età. Oggi, la comunità scientifica sta tirando il freno a mano. Le evidenze più recenti, comprese le nuove linee guida internazionali del 2024 e le restrizioni dell'AIFA in Italia, suggeriscono un approccio molto più cauto e mirato.
Per gli over 50, l'integrazione non è più un automatismo, ma una decisione clinica che deve bilanciare benefici reali e rischi concreti. Ecco un'analisi dei pro e dei contro basata sullo stato dell'arte.
# # # Il contesto fisiologico
Dopo i 50 anni, il corpo cambia il modo in cui gestisce la vitamina D. La pelle diventa meno efficiente nel sintetizzarla attraverso i raggi solari e, nelle donne, la menopausa accelera la perdita di densità ossea. Tuttavia, "carenza fisiologica" non significa automaticamente "malattia da trattare". È qui che nasce il dibattito attuale.
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# # # I PRO: Quando l'integrazione è davvero utile
L'utilità della vitamina D è indiscutibile in specifici contesti patologici. Non serve a "stare meglio" in generale, ma a prevenire eventi specifici in gruppi a rischio.
**1. Salute scheletrica in soggetti fragili**
Il beneficio più solido riguarda la prevenzione di fratture e osteoporosi, ma con una precisazione fondamentale: l'efficacia è alta soprattutto quando la vitamina D è associata al calcio e somministrata a persone che hanno già una carenza accertata o che vivono in istituto (RSA). Per chi ha già una diagnosi di osteoporosi, l'integrazione è un pilastro della terapia.
**2. Riduzione della mortalità negli over 75**
Le linee guida della *Endocrine Society* (aggiornate al 2024) hanno introdotto una distinzione netta legata all'età. Mentre per la fascia 50-74 i dati sono incerti, per gli **over 75** l'integrazione empirica (cioè senza bisogno di testare i livelli nel sangue) è consigliata perché associata a una riduzione del tasso di mortalità generale.[1]
**3. Potenziale ruolo nel pre-diabete**
Una delle novità più interessanti emerse dagli studi recenti riguarda il metabolismo degli zuccheri. Nei soggetti over 50 con una diagnosi di pre-diabete, l'integrazione di vitamina D ad alte dosi sembra rallentare la progressione verso il diabete di tipo 2 conclamato.[2][1]
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# # # I CONTRO: I rischi e le false promesse
Il "lato oscuro" dell'integrazione riguarda soprattutto l'abuso e l'aspettativa di benefici che la scienza non ha confermato.
**1. Inefficacia nella popolazione sana (50-74 anni)**
Questo è il punto più controintuitivo. Grandi studi clinici (come il trial VITAL) hanno dimostrato che somministrare vitamina D a persone sane tra i 50 e i 70 anni **non riduce** il rischio di fratture ossee, né previene tumori o malattie cardiovascolari. In assenza di osteoporosi o carenze gravi, prendere l'integratore è, nella maggior parte dei casi, inutile.[3][4]
**2. Rischio di calcoli renali e ipercalcemia**
La vitamina D aumenta l'assorbimento del calcio. Se i livelli salgono troppo, il calcio si deposita dove non dovrebbe: nei reni (calcoli) o nelle arterie. L'aggiornamento 2024 delle linee guida sottolinea come l'integrazione possa aumentare il rischio di nefrolitiasi (calcoli renali) in soggetti predisposti, un rischio spesso sottovalutato dal "fai da te".[3]
**3. Il paradosso delle "megadosi"**
Molte persone preferiscono assumere fiale mensili ad altissimo dosaggio per comodità. Tuttavia, diversi studi hanno evidenziato un paradosso: le "megadosi" intermittenti (es. 100.000 o 600.000 UI in una volta) possono aumentare paradossalmente il rischio di cadute e fratture negli anziani, alterando bruscamente l'equilibrio muscolare.[5][3]
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# # # La posizione dell'Italia: La Nota 96 AIFA
In Italia, la "sobrietà" è stata imposta per legge. L'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha aggiornato la **Nota 96**, restringendo drasticamente la rimborsabilità della vitamina D a carico del Servizio Sanitario Nazionale.[6][7]
Oggi, il medico può prescriverla gratuitamente solo se:
* I livelli sono **inferiori a 12 ng/mL** (carenza severa) in assenza di sintomi.
* Si è istituzionalizzati (RSA) o con gravi deficit motori.
* Si soffre di osteoporosi grave o iperparatiroidismo.
* Ci sono evidenze di malassorbimento o terapie interferenti (es. cortisone a lungo termine).
Questo giro di vite non è solo economico, ma riflette il consenso scientifico: trattare livelli "bassi ma non patologici" (tra 20 e 30 ng/mL) nella popolazione generale non porta vantaggi di salute pubblica.
# # # Conclusioni
Per un over 50, l'integrazione di vitamina D non dovrebbe essere un'abitudine simile all'assunzione di un multivitaminico generico.
* **Se hai tra i 50 e i 74 anni e sei in salute:** Probabilmente non ne hai bisogno. Passare tempo all'aperto e una dieta varia sono sufficienti. Evita il dosaggio ematico "per curiosità": le linee guida 2024 lo sconsigliano.[2]
* **Se hai più di 75 anni:** L'integrazione è consigliabile e sicura, preferibilmente a basse dosi giornaliere piuttosto che con fiale mensili.
* **Se hai osteoporosi o pre-diabete:** L'integrazione è una terapia necessaria, da calibrare con lo specialista.