11/11/2025
CONTRATTURA
(Il patto muto)
La contrattura è un giuramento: io non ti lascio andare.
Potrei riassumerla così.
La contrattura praticamente è la parola data.
Immagina com’è fatto un muscolo
un organo contrattile, fatto per muovere.
Il movimento nasce dal gioco tra forza e rilascio, corde che tirano e mollano, come funi tese sul nostro scheletro. La vela di una nave.
È un po’ come una carrucola, o come la catena che solleva un ponte levatoio
La tiri, si solleva il braccio. Rilasci, e tutto ritorna al suo posto.
Ma che succede quando restiamo incastrati in una decisione, in una responsabilità, nel bisogno di dimostrare il nostro valore?
Succede che il muscolo che abbiamo usato per ottenere quel risultato resta contratto.
In lui rimane cristallizzato il desiderio, o il rifiuto, di quel movimento.
È come se il corpo volesse mantenere la parola data.
Nel linguaggio comune si dice “mi si è accavallato un muscolo”.
No, non si accavalla niente
semplicemente le fibre non riescono più a rilasciarsi.
Restano lì, bloccate, come un nodo che non si scioglie.
Pensiamo al trapezio, ad esempio, o ai muscoli della gamba negli atleti.
La contrattura parla. È il corpo che ci comunica, a suo modo, che qualcosa dentro di noi sta tirando troppo.
Che forse quella responsabilità, sul lavoro, in un’amicizia, in un amore, pesa più del dovuto.
E allora noi stringiamo, tratteniamo, resistiamo
e il muscolo obbedisce.
Rimane teso. Non lascia più.
Come si dice a Roma: gli è partito l’embolo.
Per sciogliere una contrattura serve sì il fisioterapista, con le mani, il pollice, il gomito che ridanno spazio e respiro alle fibre.
Ma serve anche un’altra cosa
deresponsabilizzarsi.
Lasciare andare l’idea che dobbiamo tenere tutto, sempre.
Lasciare che accada quello che deve accadere se non siamo più lì, noi, a trattenere.
Lascia fa’.
La contrattura nasce quando siamo stanchi, sotto pressione, o nel pieno di una prestazione.
Anche la colonna, spesso, vive così sotto contratto.
Sotto quel patto interiore che dice: io ci sono, qualsiasi cosa accada.
E allora prova a fare un respiro.
Inspira dal naso, espira dalla bocca, e lascia uscire un pensiero:
“Va bene così.
Ho fatto quello che potevo, con le risorse che avevo in quel momento.
Va tutto bene così.”
®️Alessandro Catanzaro