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https://journals.lww.com/nsca-jscr/Abstract/2018/11000/Effects_of_Plyometric_and_Resistance_Training_on.6.aspx---Effetti...
26/04/2021

https://journals.lww.com/nsca-jscr/Abstract/2018/11000/Effects_of_Plyometric_and_Resistance_Training_on.6.aspx

---Effetti dell'allenamento pliometrico e di resistenza sulla forza muscolare, sull'esplosività e sulla funzione neuromuscolare nei giovani calciatori----
In quest'articolo di rivista del "Journal of Strenght and conditioning research" del novembre 2018 di McKinley&Co, si pone l'accento sull'importanza dell'allenamento contro resistenze e dell'allenamento pliometrico nello sviluppo della forza massima, delle prestazioni di salto e degli schemi motori nei giovani calciatori.
Hanno preso parte allo studio 41 calciatori di età compresa tra gli 11 ed i 13 anni, suddivisi in 3 gruppi: uno di controllo (CON), uno che sviluppava allenamenti contro resistenze (RT) ed uno che svolgeva allenamenti pliometrici (PLYO). Il mesociclo di allenamento ha avuto durata di 8 settimane. I ragazzi sono stati tutti analizzati attraverso dei test per la valutazione di forza massima, forza isometrica, prestazione nel salto e spessore del vasto latarale del quadricipite. Le prestazioni di salto sono aumentate in entrambi i gruppi di allenamento (+10% RT, +16% PLYO). L'allenamento ha prodotto aumenti significativi di forza isometrica (+23,4% RT vs 15,8% PLYO) ed un'ipertrofia muscolare simile nelle 2 modalità di allenamento, senza differenze evidenti nelle prestazioni muscolari. L'allenamento pliometrico era più efficace nel migliorare le prestazioni di salto, mentre l'RT a peso libero era più vantaggioso nel migliorare la forza massima, dove il riflesso di stiramento non era coinvolto

TRIAL CLINICO CONTROLLATO RANDOMIZZATO (RCT)Studio sull'incidenza degli infortuni agli ischiocrurali nei calciatori d'él...
28/03/2021

TRIAL CLINICO CONTROLLATO RANDOMIZZATO (RCT)
Studio sull'incidenza degli infortuni agli ischiocrurali nei calciatori d'élite dopo l'allenamento della forza pre-campionato con sovraccarico eccentrico.

Lo scopo principale di questo studio era valutare se un programma di allenamento della forza pre-campionato per il gruppo dei muscoli posteriori della coscia - enfatizzando il sovraccarico eccentrico - potesse influenzare il verificarsi e la gravità degli infortuni ai muscoli posteriori della coscia durante la successiva stagione di competizioni nei giocatori di calcio maschile d'élite. Trenta giocatori di due delle migliori squadre di divisione della Premier League svedese sono stati divisi in due gruppi; un gruppo ha ricevuto un ulteriore addestramento specifico per i muscoli posteriori della coscia, mentre l'altro no. L'allenamento extra è stato eseguito 1-2 volte a settimana per 10 settimane utilizzando uno speciale dispositivo mirato ad un sovraccarico eccentrico specifico dei muscoli posteriori della coscia. La forza isocinetica degli ischiocrurali e la velocità massima di corsa sono state misurate in entrambi i gruppi prima e dopo il periodo di allenamento e tutte le lesioni ai muscoli posteriori della coscia sono state registrate durante il periodo di osservazione totale di 10 mesi.
I risultati hanno mostrato che il verificarsi di lesioni da sforzo degli hamstrings era chiaramente inferiore nel gruppo di allenamento (3/15) rispetto al gruppo di controllo (10/15). Inoltre, ci sono stati aumenti significativi di forza e velocità nel gruppo di allenamento. Tuttavia, non vi era alcun evidente accoppiamento tra i parametri di prestazione e il verificarsi di lesioni.
Questi risultati indicano che l'aggiunta di un allenamento di forza pre-campionato specifico per i muscoli posteriori della coscia - incluso il sovraccarico eccentrico - sarebbe vantaggioso per i giocatori di calcio d'élite, sia dal punto di vista della prevenzione degli infortuni che dal punto di vista del miglioramento delle prestazioni.

Fonte: https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/12859607/
Cit:
Askling C, Karlsson J, Thorstensson A. Hamstring injury occurrence in elite soccer players after preseason strength training with eccentric overload. Scand J Med Sci Sports. 2003 Aug;13(4):244-50. doi: 10.1034/j.1600-0838.2003.00312.x. PMID: 12859607.

Nel complesso ma affascinante sistema neuro-endocrino, composto da sostanze rilascianti, inibenti, stimolanti, recettori...
27/03/2021

Nel complesso ma affascinante sistema neuro-endocrino, composto da sostanze rilascianti, inibenti, stimolanti, recettori e tanto altro, merita sicuramente una menzione speciale un ormone che gestisce gran parte del lavoro metabolico durante l'attività fisica, il Cortisolo, secreto dalle ghiandole surrenali.
Le ghiandole surrenali sono composte da due gruppi di cellule diversi, una parte corticale che secerne proprio cortisolo, l'aldosterone, mineralcorticoide fondamentale nella regolazione della volemia, ed ormoni di origine sessuale come, ad esempio, parte del testosterone. La midollare, invece, inglobata all'interno della corticale, secerne le catecolamine.
La via di rilascio del cortisolo è sotto l'azione dell'asse HPA, iniziando quindi a livello ipotalamico: questa importantissima ghiandola neuro-endocrina è il centro di comando del rilascio di molti ormoni con secrezione endogena nel nostro corpo: l'ipotalamo riceve informazioni sui livelli di cortisolo presenti nel sistema e, all'occorrenza, attraverso un meccanismo a feedback negativo, aumenta o diminuisce il rilascio di un neurotrasmettitore, la transcortina (CTH), la quale va a stimolare l'adenoipofisi per produrre l'ormone ACTH (Adenocorticotropo).
L'ACTH produce sul nostro organismo numerosi effetti: a breve termine aumenta l'ingresso di colesterolo intramitocondriale, a medio termine aumenta la produzione di lipoprotein, fondamentali per il trasporto di sostanze nel circolo empatico e, solo a lungo termine, attraverso un effetto diretto sulle cellule bersaglio del surrene, si occupa di modificare la trascrizione e traduzione genica delle cellule comportando un aumento della secrezione di cortisolo. Tale processo si sviluppa prevalentemente attraverso delle vie di secondo messaggero, essendo l'ACTH un ormone peptidico che viaggia disciolto nel plasma, senza legami con proteine trasportatrici e con recettori trasnmembrana, instaurando una serie di reazioni chimiche a cascata che portano alla produzione di AMPciclico, con il complesso ormone-recettore che viaggiano assieme nel nucleo della cellula per portare alla modifica della sintesi proteica ed al cambiamento strutturale delle cellule bersaglio. È importante dire, inoltre, che il precursore dell'ACTH é una glicoproteina chiamata ProOppioMelamoCortina (POMC) la quale, oltre a concorrere all secrezione di quest 'ultimo, è precursore di altri due importantissimi ormoni: l' ormone alfa melamo-stimolante (il quale aumenta il grado d'appetito e la necessità di cibo) e le beta-endorfine (sostanze che permettono la soppressione della sensazione dolorifica nel nostro corpo quando siamo sotto stress fisico e metabolico). Possiamo notare come, le caratteristiche di questi due ormoni, sono molto correlate a quelle del cortisolo.
Terminata questa attenta ma doverosa analisi preliminare, si può passare al pezzo forte dell'articolo. Il Cortisolo, una volta secreto, viene trasportato nel sangue dalla transcortina vista la sua origine steroidea che non gli permette di essere trasportato disciolto nel plasma ed inizia ad agire su una serie di tessuto bersaglio, presentando un gran numero di funzioni specifiche. Innanzitutto, agisce sul sistema immunitario avendo azione immunosuppressiva ed antinfiammatoria; sul fegato aumentando la gluconeogenesi, processo anabolico che prevede la formazione di nuovo glucosio a partire dagli amminoacidi di origine glucidica; sul muscolo scheletrico aumentando la degradazione proteica e la perdita, quindi, di massa muscolare (solo quando l'azione dello stesso è però fortemente potenziata da altri fattori) e sul tessuto adiposo aumentando la lipolisi, processo catabolico del metabolismo intermedio lipidico che prevede la distruzione dei grassi d'accumulo per aumentare gli acidi grassi liberi in circolo. Appartenendo all'insieme di ormoni del sistema "Combatti o Fuggi", entra in circolo quando aumenta l'azione del SNA simpatico ed ha un'importante azione permissiva sulle catecolamine, aumentando la loro potenza vacosostrittrice, sul glucagone, potenziando l'aumento dei livelli di glicemia nel sangue, mentre antagonizza l'azione dell'insulina, essendo inoltre responsabile della diminuzione della captazione di glucosio da parte dei tessuti insulino-dipendenti. È considerabile, quindi, un ormone DIABETOGENO al pari di GH, ormoni tiroidei e catecolamine.
Tra le altri importanti azioni del cortisolo annoveriamo un aumento della clarence renale rendendo negativo il bilancio del calcio, una diminuzione della sintesi ossea e dei tessuti molli vista la diminuzione di fibre collagene ed osteoblasti che comporta, un aumento delle funzioni cerebrali migliorando la memoria, aumentando il grado di attenzione (arousal cronico), l'adattamento allo stress, diminuendo i livelli di serotonina e riducendo la sensibilità al dolore.
Il Cortisolo può essere regolato non solo dall'asse HPA, bensì anche dal ritmo circadiano. Vi sono diversi picchi di secrezione nel corso delle 24h ma il più marcato è quello che si manifesta nelle prime ore del mattino prima del risveglio ( tra le 06.00 e le 09.00 con picco intorno alle 07.00), motivo per il quale è consigliato allenarsi nelle prime ore del mattino per soggetti che intendono perdere peso, proprio per questa ipersecrezione di cortisolo, tra i tanti i fattori.
Spesso, il cortisolo è somministrato dall'esterno sottoforma di cortisone. Inizialmente la risposta dell'organismo è positiva in quanto, essendo un antinfiammatorio, la problematica rientra ed persistente dolore tende a svanire ma, a lungo termine, esso può avere un effetto catastrofico in quanto, gli alti livelli di cortisolo esogeno comportando una soppressione del meccanismo a feedback negativo che non funzionerà bene, in quanto l'ipotalamo leggerà buoni livelli di cortisolo in circolo e diminuirà la secrezione di CTH, portando ad una situazione di ipocortisolismo che potrebbe portare ad effetti catastrofici per l'organismo. Si consiglia quindi, in caso di infiammazione, di utilizzare farmaci infoammatori non steroidi (FANS) non invasivi.
La situazione diametralmente opposta alla precedente, ovvero l'ipercortisolismo, si verifica invece quando nell'asse HPA altre cellule, in genere delle immunoglobuline, si mettono a produrre ormoni specifici al posto della ghiandola di riferimento. Possiamo avere quindi una condizione di ipersecrezione primaria o secondaria.
L'ipersecrezione é primaria quando vi è una stimolazione ipotalamica non dovuta all'ipotalamo ma proprio alle immunoglobuline. In questo caso, il feedback negativo è completamente disattivato ed i livelli di CRH, ACTH e Cortisolo restano alti.
L'ipersecrezione é invece secondaria quando la stimolazione è adenoipofisiaria o surrenale, non condotta da queste due ghiandole ma proprio dalle immunoglobuline che iniziano a secernere rispettivamente ACTH e Cortisolo al loro posto. Nel primo caso, il feedback negativo della via funzionerà solo a livello ipotalamico mantenendo bassi i livelli di CRH ma quelli di ACTH e Cortisolo rimarranno alti. Nel secondo, invece, il meccanismo a feedback produrrà il proprio effetto inibente sia su CRH che ACTH, i cui livelli rimarranno bassi, ma non sul cortisolo, il quale verrà ipersecreto dalle surrenali.

Nel mondo dello sport e della preparazione atletica più nello specifico, esistono due fattori fondamentali da rispettare...
08/01/2021

Nel mondo dello sport e della preparazione atletica più nello specifico, esistono due fattori fondamentali da rispettare: la programmazione ed il monitoraggio. L'una è collegata all'altra e non si può prescindere da nessuna delle due. Un preparatore che si rispetti può mai programmare senza tener conto di come il suo alteta o il suo gruppo d'atleti reagisce al carico somministrato? La risposta è ovviamente NO, anche se, spesso, questo importante parametro (MONITORAGGIO) viene sottovalutato ed ecco che lo sportivo, di qualsiasi livello esso sia, può incappare in spiacevoli situazioni che logorano la sua condizione psicofisica, come lo stato di fatica acuta e fatica cronica.
Per fatica acuta si intende la limitazione acuta della prestazione, che implica sia un aumento della percezione dello sforzo necessario per sostenere un dato carico (parametro soggettivo), sia un'incapacità di sostenere la prestazione, l'intensità e la durata del ritmo imposto (parametro oggettivo).
Essa può avere diverse cause. Tra le più importanti annoveriamo l'esaurimento dei substrati energetici, ATP e CP (fosfocreatina) per quanto concerne gli sforzi brevi che, se perpetrati per più tempo, portano l'organismo ad una condizione di 'debito alattacido' il quale può non essere ripagato se la prestazione è eccessivamente intensa; e glicogeno muscolare, presente per sforzi di intensità elevata per circa due ore che, una volta esaurito, induce il muscolo a contrarsi utilizzando esclusivamente acidi grassi, presenti in quantità illimitate nell' organismo che però hanno una resa energetica inferiore, non permettendo all'atleta di mantenere la prestazione ad uno stato ottimale, inducendolo a ridurre drasticamente la performance.
In segundis, tra le cause della fatica acuta ricordiamo l'eccessiva perdita di acqua e sali minerali che alterano l'equilibrio idro-elettrico, soprattutto se l'attività sportiva è praticata in condizioni di eccessivo caldo e se condotta per un tempo eccessivo, che può scaturire una riduzione del flusso sanguigno ai reni con fenomeni di ematuria (sangue nelle urine) ed albuminuria( aumento delle concentrazioni di albumina nelle urine), aumento della viscosità del sangue, ecc..
Nei casi di allenamenti praticati ad un'intensità superiore alla soglia anaerobica, un altro fattore di rischio é rappresentato dall'eccessivo accumulo di lattato muscolare e sanguigno, che genera una condizione di alcalosi metabolica diminuendo il pH intra ed extracellulare, inibendo la capacità del muscolo di contrarsi.
Ultimo, ma non meno importante tra le possibili cause, é sicuramente il dolore muscolare che può essere precoce, se compare durante lo sforzo e poi tende a scomparire quando cessa l'attivita, o tardivo, i cosiddetti DOMS (indolenzimento muscolare ad insorgenza ritardata), che compaiono nelle 8-12 ore successive al termine dell'allenamento e raggiungono il proprio picco di dolorabilità nelle 12 ore successive alla comparsa. Entrambi questi dolori sono indotti dalla 'saggezza del muscolo' ossia la capacità dello stesso di autodifendersi ed attivare dei meccanismi conservativi per evitare danni più gravi (es. strappi, stiramenti, ecc...)
Valutare attraverso accurate analisi, inoltre, i valori dei principali enzimi muscolari come CREATINFOSFOCHINASI e LATTATODEIDROGENASI (CPK e LDH) aiuta sicuramente a monitorare l'entità del danno - affaticamento.
Per fatica cronica, invece, si intende la condizione nella quale l'atleta è stressato da allenamenti, competizioni e fattori esterni al punto di andare incontro ad una riduzione delle prestazioni che persiste anche dopo un consono periodo di riposo.
Per convenzione, si tende a distinguere la fatica cronica in due sottocategorie: OVERREACHING (sovraffaticamento), caratterizzato da un calo delle prestazioni dopo un carico eccessivo, risolvibile con un breve periodo di riposo (giorni o una settimana di scarico), ed OVERTRAINING (sovrallenamento), dove il calo delle prestazioni non riesce a rientrare nella normalità con le stesse tempistiche, ma necessita di settimane o mesi di basso carico.
È di fondamentale importanza per il preparatore atletico o lo staff, riuscire a capire se il suo atleta rientra in un quadro patologico di questo tipo.
L'elemento chiave é ovviamente il decadimento della prestazione, accompagnata da sintomi quali disturbi dell'umore e del sonno, mancanza di appetito, perdita di peso, frequente insorgenza di DOMS, scarsa voglia di allenarsi, facile affaticabilità.
Una prima analisi può essere condotta valutando la pressione arteriosa e la HRV (variabilità del battito cardiaco).
Secondo alcuni studiosi, esistono due tipologie di sovrallenamento: quella simpatica, negli atleti che svolgono discipline di potenza, e quella parasimpatica o vagale, negli atleti che praticano sport di resistenza. Entrambe portano ad uno squilibrio della risposta del sistema nervoso autonomo ed hanno dei sintomi specifici.
Nel sovrallenamento di tipo simpatico, ad esempio, la FC e la PA aumentano a riposo ed il ritorno della FC a valori normali post-allenamento é molto lento. Nel sovrallenamento di tipo vagale, invece, la FC e la PA diminuiscono a riposo, così come la FCMax durante lo sforzo e la lattatemia dopo esercizio strenui subiscono netti cali.
L'overtraining determina cambiamenti anche sotto l'aspetto endocrino, con modificazioni dell'equilibrio Cortisolo-Testosterone che aumenta sempre di più a vantaggio del primo in maniera direttamente proporzionale al grado di fatica cronica dell'atleta; e sotto l'aspetto del sistema immunitario, dove il soggetto va sempre più incontro ad infezioni virali e batteriche a causa di una depressione del sistema che può instaurare un circolo vizioso definito 'infezione-sovrallenamento-infezione' dal quale é difficile uscirne in tempi brevi.
Anche in questo caso, esistono degli indici valutabili tramite analisi di laboratorio che possono fungere da indicatori e possono essere predittivi per la diagnosi di sovrallenamento, come il rapporto tra linfociti T4 e linfociti T8 (LT4/LT8), la concentrazione di Glutamina, amminoacido chiave per la sintesi proteica delle cellule del sistema immunitario, ed una diminuzione dei valori di ferritina ed emoglobina nel sangue.
Tutti questi fattori possono essere predittivi ma, un aspetto di capitale importanza per chi li analizza, é che la diagnosi non va mai fatta sulla base di un unico dato in maniera assoluta ma va sempre contestualizzata con tutti i riferimenti che si hanno a disposizione.
Fondamentale l'ausilio di un medico che segua da tempo l'atleta, che analizzi lo 'storico' dello stesso per valutare se effettivamente la situazione è patologica o meno, anche perché ogni essere umano é diverso dall'altro, di conseguenza possono variare anche i numeri degli indici da persona a persona. Quello che potrebbe essere fisiologico per un atleta, potrebbe non esserlo per un sedentario, o viceversa.
Quel che è certo è che la diagnosi deve scaturire dall'analisi complessiva dell'atleta che manifesta un calo ingiustificato e persistente delle prestazioni, dando giusto peso ai sintomi ed ai risultati degli indici dei test di laboratorio.
Deve, inoltre, essere il più precoce possibile per stoppare sul nascere il problema evitando che peggiori con l'aumento dei carichi d'allenamento, adottando un regime d'allenamenti valido e consono alla problematica dello stesso, arrivando addirittura a stoppare le attività nel caso si reputi doveroso somministrando del RIPOSO, unica medicina per guarire da questa malattia.

La caviglia é sicuramente una delle articolazioni più stabili del nostro corpo. Lo sviluppo della specie ha fatto sì che...
08/12/2020

La caviglia é sicuramente una delle articolazioni più stabili del nostro corpo. Lo sviluppo della specie ha fatto sì che l'essere umano divenisse bipede anziché continuare ad essere un quadrupede, per ovvi motivi legati alla necessità di compiere azioni funzionali alla sopravvivenza. Ciò ha permesso di sviluppare maggiore mobilità in altre articolazioni, come la spalla e l'anca, e minor mobilità ma maggior stabilità in questa diartrosi, la quale va a sostenere la maggior parte dei carichi, sia interni che esterni, del nostro corpo. Per di più, la caviglia rappresenta il collante tra la tibia ed il piede, quest'ultimo principale interfaccia tra il nostro corpo ed il suolo, ricco di recettori sensoriali che inviano stimoli afferenti al SNC al fine di regolare al meglio la nostra posizione nello spazio. Capiamo benissimo, quindi, quanto una disfunzione di caviglia possa gravare negativamente sull'intera economia del nostro organismo.
La conformazione dell'astragalo permette un buon incastro dello stesso nella pinza bi-malleolare costituita dal malleolo del perone (laterale) più corto e tozzo e dal malleolo della tibia (mediale) più lungo e meno spesso. L'articolazione tibio-tarsica presenta delle strutture di contenzione dinamiche, come i tendini dei muscoli tibiale anteriore, tibiale posteriore, soleo e gastrocnemio, e delle strutture statiche, in primis il legamento mediale definito "deltoideo", ed il legamento laterale, costituito dall'unione di 3 fasci fibrosi: LPAA, LPAP e LPC (legamento peroneo-astragalico-anteriore, peroneo-astragalico posteriore e perineo calcaneare). Considerata l'anatomia dei due malleoli e la resistenza al carico dei legamenti (più spesso quello mediale rispetto al laterale), i traumi maggiormente lesivi si verificano 4 volte su 5 nella porzione laterale, principalmente a carico dell'LPAA.
Classificando le lesioni in base alla gravità, possiamo avere una lesione di I grado dove si verifica una lesione parziale dell'LPAA accompagnata da minima instabilità articolare, di II grado in cui alla lesione dell'LPAA si associa una lesione del LPC con maggiore instabilità articolare e di III grado quando si ha la rottura completa di tutti e 3 i fasci legamentosi, con associazione di dolore, ematoma, versamento endoarticolare e impotenza funzionale dell'articolazione.
Vi sono una serie di test clinici da utilizzare come esame obiettivo per verificare la presenza di lesioni articolari di caviglia, i quali vanno a sollecitare la caviglia su tutti i piani di movimento, che vanno somministrati sia sull'arto sano che su quello leso, principalmente per scongiurarea possibilità di "falsa positività" ai test, dovuta magari ad una iperlassità articolare cronica del soggetto.
Nei casi di lesione di I e II grado, la terapia é conservativa con utilizzo del protocollo riabilitativo definito PRICE, acronimo che sta per PROTECTION, REST, ICE, COMPRESSION e ELEVATION: Utilizzo di bendaggio funzionale compressivo almeno per le prime 48 ore, applicazioni di ghiaccio locale, riposo agonistico almeno per 1 settimana, scarico articolare con deambulazione con stampelle ed elevazione dell'arto sopra le linea del cuore per favorire un miglior ritorno venoso di sangue refluo al cuore, aumentando così la riossigenazione dei tessuti lesi. A questo andrebbe associato, ove necessario, l'utilizzo di farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) e fisioterapia basata su ionoforesi, magnetoterapia e Tecar, ed una rieducazione funzionale dell'articolazione con esercizi propriocettivi su superfici instabili, lavori contro basse resistenze in acqua, o ancora con elastici.
Recenti studi sostengono che questo protocollo sia sì valido, ma che vada rivisto in alcuni suoi aspetti, come ad esempio il riposo assoluto nella prima settimana successiva alla lesione: é stato dimostrato che l'utilizzo di un "carico ottimale" e quindi di un lavoro meccanico sull'articolazione lesa già dai primi giorni successivi all'infortunio, aumenta la velocità d'assorbimento della lesione, evita la perdita eccessiva di propriocezione ed esclude la formazione di calcificazioni ossee.
Per le lesioni di III grado, si può utilizzare lo stesso protocollo valido per le lesioni di I e II grado, ma il riposo dovrà essere più massiccio vista la gravità della lesione e, di conseguenza, il recupero sarà molto più lungo. Per questo motivo, ove possibile, si consiglia sempre la riduzione della lesione con ricostruzione legamentosa. Terminata la prima fase di recupero, una volta che il dolore non é più presente né a riposo né sotto carico e non presenterà più eccessiva mobilità alle manovre dinamiche, si potrà iniziare l'ultima fase riabilitativa col ritorno alla disciplina praticata ed una riatletizzazione e rielasticizzazione muscolare consona, attraverso esercizi con carico crescente fino ad arrivare a movimenti ed azioni da gara.
Se non viene rispettato al meglio l'iter riabilitativo, il rischio recidiva risulta alto.
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Sono tanti i miti sfatati dalla letteratura scientifica nel corso degli anni, la quale ha aiutato a capire importanti as...
23/06/2020

Sono tanti i miti sfatati dalla letteratura scientifica nel corso degli anni, la quale ha aiutato a capire importanti aspetti della salute e dell'allenamento abbastanza misconosciuti, al fine di migliorare le metodologie utilizzate per raggiungere gli obiettivi. Uno di questi grandi miti è sicuramente quello del dimagrimento localizzato il quale, con buona pace dei detrattori, non esiste. Statisticamente, si ricerca questa condizione soprattutto nella zona addominale e glutea, a seconda del sesso della persona (maschile nel primo caso, femminile nel secondo), i due ristretti corporei dove l'accumulo di grasso di deposito è maggiore.
Entrando nello specifico, risulta molto difficile raggiungere risultati applicando questa metodologia di lavoro: innanzitutto, la contrazione generata per eseguire un movimento è muscolare e non del tessuto adiposo, il quale è una semplice fonte di accumulo di energia sotto forma di acidi grassi, i quali vengono sí utilizzati in ogni tipo di movimento viste le infinite scorte energetiche, ma sono necessarie tempistiche medio/lunghe per riuscire ad ossidarne una buona quantità. Alcuni articoli riportano, infatti, che per bruciare un kg di grasso corporeo puro sono necessarie 20h di allenamento continuo! Questo ultimo aspetto è il più importante da analizzare. Infatti, prima di utilizzare gli acidi grassi accumulati nel tessuto adiposo, il muscolo utilizza energia chimica pronta all'uso derivante dalle gocce di acidi grassi intramuscolari e dai cosiddetti FFA (Free Fat Acid), acidi grassi liberi che circolano nel flusso sanguigno, bypassando tutti i processi di scissione molecolare ai quali devono essere sottoposti i trigliceridi prima di essere disponibili metabolicamente. Ne consegue che l'organismo, prima di attingere dai trigliceridi (acidi grassi d'accumulo), dovrà consumare prima tutte le fonti di energia istantanea e pronta all'uso presente intramuscolarmente e nel flusso sanguigno.
A tutto ciò, possiamo aggiungere che, se vado a lavorare su un determinato distretto corporeo, ad esempio l'addome, non otterrò un dimagrimento localizzato su quella zona. Se lo otterrò, sarà semplicemente perché sono un soggetto che tende ad accumulare grasso a livello addominale e, come ovvia conseguenza, il tessuto adiposo da cui si attingerà per primo sarà proprio quello sito nel distretto addominale. Se tendo ad accumulare grasso a livello dei glutei e vado a lavorare in maniera concentrico/eccentrica a livello addominale perché voglio togliere qualche cm in eccesso di grasso sottocutaneo, i miei risultati saranno lenti e scadenti perché, vista l'interezza con la quale deve essere inteso il nostro organismo, le perdite maggiori di tessuto adiposo le avrò proprio a livello dei glutei: questo esempio spiega alla perfezione perché NON ESISTE IL DIMAGRIMENTO LOCALIZZATO.
È fondamentale imbastire delle sedute d'allenamento personalizzate in base a quelli che sono gli obiettivi e le caratteristiche della persona: l'attività cardio è sicuramente la più gettonata in queste situazioni visto l'utilizzo dell'ossigeno e degli acidi grassi al fine della produzione d'energia, così come le attività HIIT. La formula migliore, come sempre, è variare: ai fondamentali benefici dell'allenamento aerobico, sia LISS che HIIT, va unito un allenamento anaerobico con sovraccarico che tenda all'aumento della massa muscolare: il corpo umano è una macchina che va ad acidi grassi nella sua condizione basale, ossia a riposo. Più massa muscolare è presente, più l'organismo attingerà dalle fonti di accumulo di acidi grassi per nutrire le fibre muscolari. In ultima battuta, un altro dato fondamentale da dichiarare è che il metabolismo aerobico lipidico, totalmente, si attiva dopo i 20 minuti di attività continuativa: ciò dimostra come esercizi organizzati per serie e ripetizioni che solitamente non durano mai più di questa unità temporale, abbiano una priorità minore rispetto all'allenamento cardio ed all'HIIT al fine di raggiungere l'obiettivo dimagrimento.
Per chiudere, il consiglio è molto semplice: NON SEGUITE LE MODE, BENSÍ LA SCIENZA!

Esiste la postura perfetta? In molti si fanno questa domanda e, nella maggior parte dei casi, la risposta che si dà, que...
20/06/2020

Esiste la postura perfetta? In molti si fanno questa domanda e, nella maggior parte dei casi, la risposta che si dà, quella che pare la più ovvia, è anche sbagliata.
Partiamo innanzitutto col dire che l'essere umano, già dagli albori, non è mai stato progettato per stare seduto. Questa prima, forte affermazione, mette in luce un punto chiave: qualsiasi postura assunta in posizione seduta non è naturale per l'uomo. Anche quella che può sembrare la più naturale possibile, con bacino antiverso e colonna poggiata allo schienale, nasconde molte insidie se perpetuata per più tempo. Infatti, è proprio una postura mantenuta per tempistiche lunghe a creare quegli adattamenti che influiscono negativamente sulla salute del nostro assetto posturale, producendo atteggiamenti e scompensi che, alla lunga, possono portare a problematiche e disfunzioni varie. Talvolta è consigliato addirittura di adottare una postura "scorretta" da alternare ad altre per evitare proprio questi adattamenti tissutali, per tempi ovviamente limitati. Il consiglio è, soprattutto per chi svolge lavori d'ufficio che lo portano a stanziare per più ore della giornata sulla sedia, di cambiare posizione continuamente o, se possibile, produrre delle piccole sedute di stretching ed allungamento per 15-20 minuti ogni 2 ore.
Ritornando quindi alla domanda con la quale abbiamo aperto questa discussione: Esiste una postura perfetta? La risposta è "No", con buona pace di chi sostiene il contrario.

La Mission della pagina è tanto semplice quanto importante: accrescere le conoscenze e la cultura del lettore sul mondo ...
19/06/2020

La Mission della pagina è tanto semplice quanto importante: accrescere le conoscenze e la cultura del lettore sul mondo dello sport e del benessere, dimensione molto affascinante ma che talvolta viene analizzata con velleità da chi ne parla, attraverso un approccio integrato Evidenced-Based (EB) tramite revisione di articoli estrapolati dalla letteratura scientifica e conoscenze personali atte ad alzare l'asticella del livello culturale.

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