Enzo Bonora contro il Diabete

  • Home
  • Enzo Bonora contro il Diabete

Enzo Bonora contro il Diabete Enzo Bonora è Professore Emerito di Endocrinologia presso l’Università di Verona
(1)

Remissione del prediabete - dieta iperproteica? No grazie! Il prediabete può andare incontro a remissione. Cioè glicemia...
21/10/2025

Remissione del prediabete - dieta iperproteica? No grazie!

Il prediabete può andare incontro a remissione. Cioè glicemia a digiuno o HbA1c inizialmente aumentate ma senza arrivare ai livelli propri del diabete possono normalizzarsi. Ad esempio una glicemia a digiuno fra 100 e 125 mg/dl può scendere sotto 100 mg/dl. Una HbA1c fra 5,7% e 6,4% può scendere sotto 5,7%.

Tipicamente questo può succedere perdendo peso, quando questo è in eccesso, per effetto di un cambiamento dello stile di vita: dieta più controllata, attività fisica più abbondante.

In uno studio clinico randomizzato, quindi condotto con il rigore metodologico necessario, è stato confrontato in circa 1900 soggetti sovrappeso/obesi con prediabete un regime alimentare basato su una dieta più ricca di proteine (25% delle calorie) e meno ricca di carboidrati (45% delle calorie) e con alimenti a più basso indice glicemico (55). La percentuale di calorie dai grassi era identica. Entrambi i gruppi (circa 950 soggetti in ognuno) inizialmente avevano fatto un trattamento per 8 settimane con una dieta molto ristretta (dieta bilanciata liquida da 800 calorie al giorno) con la quale avevano perso peso. Poi sono stati assegnati casualmente ad uno dei due regimi alimentari e seguiti per tre anni.

È stato osservato che la remissione del prediabete ad 1 anno e a 3 anni era meno frequente nei soggetti che seguivano un regime alimentare con un maggior apporto di proteine e un minor apporto di carboidrati. Fra l’altro senza che fossero osservate differenze nella perdita di peso durante il periodo di osservazione in chi seguiva l’uno o l’altro regime alimentare.

In altre parole, è risultato più vantaggioso consumare più carboidrati, anche con un indice glicemico un po’ più alto, che aumentare le proteine e ridurre i carboidrati, anche con indice glicemico più basso.

Questa è una scientificamente assai solida dimostrazione che aumentare le proteine nella dieta non è una buona scelta perché dal punto di vista dello stato di salute metabolica a medio termine (1 anno) e lungo termine (3 anni), non determina benefici. Tutt’altro.

Il lavoro è apparso da poco su Diabetologia, organo ufficiale della European Association for the Study of Diabetes. Rivista top nel panorama mondiale di quelle dell’area diabetologica.

I proteinofili e i proteinofagi spero possano riflettere su questi risultati.

Qualcuno mi ha fatto notare, irridendomi per la mia crassa ignoranza in materia, che nel post precedente il pane della f...
20/10/2025

Qualcuno mi ha fatto notare, irridendomi per la mia crassa ignoranza in materia, che nel post precedente il pane della fotografia che ho definito “integrale” in realtà era pane di segale.
Osservazione corretta (confermato da mia moglie). Il mio errore deriva dal fatto che tendo a chiamare “integrale” il pane che vedo in casa di colore scuro. E uso in versione allargata il termine “integrale” per trasmettere il messaggio nutrizionale sulla inopportunità di scegliere pane prodotto con farina bianca. Chiedo venia. In effetti il vero pane integrale è quello prodotto con farina di frumento integrale. Il pane di segale non è integrale. A meno che non sia fatto con farina di segale integrale. Non è integrale il pane di farro. A meno che non sia fatto con farina di farro integrale. Non è integrale il pane multicereali. Anche se esiste quello multicereali integrale.
Adesso divertitevi con le fotografie e cercate di riconoscere il tipo di pane. Per me è tutto integrale ma io sono un sempliciotto.

Nei giorni scorsi ho chiesto il vostro aiuto per avere informazione sulla tipologia di biscotti che vengono consumate a ...
19/10/2025

Nei giorni scorsi ho chiesto il vostro aiuto per avere informazione sulla tipologia di biscotti che vengono consumate a colazione da persone con diabete. Sono rimasto esterrefatto dalla varietà di biscotti che avete menzionato nei vostri post (a proposito: grazie!!!). Me ne avete segnalati ben oltre 100. Non credevo che ce ne fossero così tanti e in effetti quando ho chiesto poco fa a ChatGPT quante marche e varietà di biscotti ci siano in commercio in Italia la risposta è stata alcune migliaia!!!!

Mi sono costruito oggi pomeriggio una tabella coi dati che mi avete gentilmente fornito. È troppo grande e non posso postarla. E credo che non sia corretto che faccia riferimento a marche e nomi propri. Non voglio fare errori e neppure pubblicità a qualcuno. Qui si seguito riassumo dati complessivi. Con qualche commento e qualche riflessione finale.

La quantità di carboidrati totali in 100 g di prodotto varia da 42 a 78 g. C’è parecchia differenza. Fino al doppio da un tipo all’altro. Le differenze dipendono dal tipo di farina che può essere di frumento o mais più o meno raffinata ma anche derivata da cereali diversi (es. avena), da riso, da pseudocereali, da legumi, da frutta secca o da semi oleosi.

La quantità di zuccheri semplici in 100 g di prodotto varia da quasi zero a 38 g. Una differenza ancora maggiore. Il quasi zero attiene a prodotti in cui il classico saccarosio (lo zucchero semplice per eccellenza) è sostituito nel processo produttivo da edulcoranti alternativi, in particolare polioli come maltitolo, xilitolo, eritritolo, sorbitolo.

Il peso dei biscotti è variabile da un minimo di circa 4 fino ad un massimo di circa 18 g. Una bella differenza. Alcuni sono biscottini. Alcuni sono biscottoni.

Il singolo biscotto contiene dai 3 ai 15 g di carboidrati e da quasi zero a circa 4 g di zuccheri semplici.

Si può concludere che in commercio esistono effettivamente prodotti con una minor quantità di carboidrati a parità di peso e anche con una quantità irrisoria di saccarosio (“zero zucchero aggiunto”).

Va comunque ricordato che anche se di saccarosio (glucosio + fruttosio) ce ne è poco, i carboidrati complessi presenti nei biscotti (in primis amido) una volta digeriti dalle amilasi e dalle disaccaridasi, danno origine a glucosio. Per cui un biscotto “zero zucchero aggiunto” che contiene tanti carboidrati complessi può avere un impatto sulla glicemia superiore rispetto ad un biscotto con zuccheri aggiunti ma con meno carboidrati complessivi.

Ancora più importante è ricordare che l’aumento della glicemia dipende da quanti biscotti vengono consumati e quanti carboidrati sono presenti nel singolo biscotto. Mangiare un solo biscotto che contiene 15 g di carboidrati è equivalente a mangiarne 3 che contengono ognuno 5 g di carboidrati ed è meglio che mangiarne 6 in ognuno dei quali i carboidrati sono solo 3 g.

Da ultimo va ricordato che quello che viene consumato insieme ai biscotti influenza la loro digestione e il loro assorbimento. Ad esempio uno yogurt, un po’ di frutta fresca o di frutta secca quando consumati insieme ai biscotti smussano il picco glicemico generato da questi ultimi.

Scrivo di biscotti ma nella foto c’è del pane “integrale” (termine che utilizzo per differenziarlo dal classico pane bianco, nello specifico si tratta di pane di segale) fotografato nella mia cucina. Come mai?

Una fetta di pane “integrale” da 25 g come alcune di quelle che vedete nella foto contiene circa 10-12 g di carboidrati e meno di 1 g di zucchero semplice. Due fette, pari a 50 g sono un’ottima quantità per una ricca colazione e contengono 20-25 g di carboidrati di cui circa 1 g di zucchero semplice.

Ecco perché suggerisco sempre di preferire il pane “integrale” ai biscotti (e anche ai crackers e alle fette biscottate). E’ più salutare. Ovviamente nella quantità giusta. Come sempre la quantità è fondamentale. 50-100 g di pane “integrale” nella giornata sono un elemento portante della dieta mediterranea. 200-300 g di pane “integrale” nella giornata rappresentano invece la quantità consumata in eccesso da un abitante dell’area mediterranea come un italiano che non rispetta i dettami quantitativi della dieta mediterranea.

Però capisco bene che il vostro nucleo accumbens disdegna il pane “integrale” e pretende con violenza i biscotti. In questo caso, prestate attenzione alle etichette nutrizionali sempre presenti sui sacchetti ma ancora di più cercate di definire il quantitativo appropriato per voi, cioè il numero dei biscotti.

Mangiare “bene”, è un cardine della terapia del diabete. Di tutti i tipi di diabete. Il termine “bene”, tuttavia, è decl...
18/10/2025

Mangiare “bene”, è un cardine della terapia del diabete. Di tutti i tipi di diabete.

Il termine “bene”, tuttavia, è declinato in maniera assai varia e soggettiva. Non solo fra i pazienti e i loro familiari, il cui contributo nel bene e nel male è importante, ma anche fra gli addetti ai lavori.

Alcuni miei post delle scorse settimane credo siano stati illuminanti da questo punto di vista. Ancora più illuminanti sono stati i commenti che sono stati fatti a questi miei post. Commenti che denotano appunto conoscenze, convinzioni e posizioni talora assai contrastanti fra loro.

A proposito di conoscenze, visto che per la gestione del diabete ne servono molte (e questa pagina è stata creata proprio per trasmetterne), vi invito a retrocedere nel tempo in questa pagina, raggiungendo i miei post dell’estate del 2024. In quel periodo ho postato moltissime informazioni ufficiali, cioè desunte dalla letteratura, sull’indice glicemico di moltissimi alimenti. E anche sul contenuto in carboidrati e quindi sul carico glicemico. Vi invito a cercarli e leggerli, sono una trentina. Divisi per tipo di alimento. Nella pagina c’è anche una serie di video in tema di alimentazione che avevo postato nel periodo molto triste del lockdown legato alla pandemia. In questa pagina il tema dell’alimentazione, sia con post scritti che con video, ricorre spesso.

A proposito di indice glicemico e di carico glicemico, per chi ha diabete si tratta di concetti rilevanti ma bisogna essere consapevoli dei limiti di entrambi. Faccio solo un esempio: il riso classico ha un indice glicemico di 70 ma se viene mangiato molto cotto la glicemia sale di più e quindi il suo indice glicemico è maggiore rispetto ad un riso molto al dente. Inoltre, se quel riso viene mangiato insieme alle salamelle mantovane, il suo indice glicemico scende perché ci sono i grassi e le proteine delle salamelle che ne smussano l’effetto sulla glicemia. Analogamente, l’indice glicemico del riso scende se questo viene abbinato a legumi, tenendo conto, tuttavia, che mentre nelle salamelle non ci sono carboidrati, nei legumi ce ne sono e quindi in questo abbinamento la quantità di riso deve essere minore, perché scende l’indice glicemico del riso, ma aumenta il carico glicemico complessivo di quel cibo. L’abbinamento dei cibi nello stesso pasto è rilevante nel condizionare cambiamenti dell’indice glicemico dei suoi componenti e quindi del carico glicemico di quel pasto.

Chi è arrivato in fondo a questo post merita che gli spieghi che l’autore di questo famoso dipinto del tardo ‘500 è Annibale Carracci. Il titolo del dipinto è “il mangiafagioli”. I fagioli e tutti i legumi sono un eccellente sostituto della carne, in quanto ricchi di proteine vegetali. Per sostituire la carne, tuttavia, la porzione deve essere abbondante come quella che si vede nel dipinto.

15/10/2025

Il diabete non va trascurato

Un aiuto a me questa volta. Alla fine di questo post vi inviterò a svolgere un piccolo compito a casa nell’interesse vos...
11/10/2025

Un aiuto a me questa volta.

Alla fine di questo post vi inviterò a svolgere un piccolo compito a casa nell’interesse vostro e della comunità che segue questa pagina. Vi chiederò di partecipare ad una raccolta di informazioni da mettere a disposizione degli altri. Un compito molto semplice che può essere svolto in pochissimi minuti da chiunque. Poi, io metterò insieme tutte le informazioni che mi vorrete gentilmente fornire e le proporrò con una tabella riassuntiva in un post specifico.
Per inciso, queste informazioni le potrei ottenere io in rete ma mi piacerebbe che facessimo insieme, anche per invitarvi a prendere l’abitudine di fare una cosa importante: leggere sempre le informazioni nutrizionali presente sulle confezioni degli alimenti che acquistate al supermercato o nel negozio vicino a casa.

In un mio post di questi giorni ho scritto cosa mangio a colazione. Io mangio un biscotto di una certa marca. Qualcuno ha scritto nei commenti che mangia biscotti a colazione. Qualcuno ha scritto che i biscotti sono “veleno” per chi ha diabete. Ho replicato che non è detto che sia così. Come sempre, dipende dal tipo, dalla quantità, da cosa si mangia insieme, eccetera.
Inoltre, è importante considerare l’impatto dell’alimento nel singolo paziente, perché non tutti fanno lo stesso tipo di colazione, non tutti hanno lo stesso tipo di diabete, non tutti hanno la stessa terapia, non tutti svolgono la stessa attività fisica dopo la colazione, non tutti hanno la stessa produzione residua di insulina o si iniettano la stessa dose di insulina, non tutti fanno la conta dei carboidrati se sono in terapia insulinica, non tutti hanno lo stesso genere di digestione e assorbimento, eccetera.

C’è una grande variabilità individuale: in estrema sintesi c’è chi non si può permettere di mangiare biscotti perché la sua glicemia sale molto se ne mangia anche solo uno e c’è chi invece può permetterselo, pur avendo il durante.

Ho ribadito che il pane integrale è sempre meglio dei biscotti (e anche dei crackers, delle gallette e di altre diavolerie di cui leggo) ma non credo che i biscotti siano da demonizzare.

Ecco la mia richiesta a voi: basandosi sulle informazioni nutrizionali presenti sulla confezione, fornitemi la quantità di carboidrati totali e di zuccheri semplici presenti in 100 g del biscotto confezionato che avete in casa, se ne avete. E se scrivete anche il contenuto per singolo biscotto e il peso del singolo biscotto, ancora meglio. Corredando questa informazione con il produttore e il nome del biscotto.

Comincio io (senza che questa sia una raccomandazione d’uso e ribadendo il concetto che io non ho diabete e non ho problemi di peso in eccesso):

Molinetti Mulino Bianco Barilla contengono 63 g di carboidrati per 100 g, di cui 21 g di zuccheri semplici. In ogni biscotto, che pesa 15 g, ci sono 9,5 g di carboidrati di cui 3,2 g di zuccheri semplici.

Biscotti ai cereali digestive con gocce di cioccolato della Coop contengono 61 g di carboidrati per 100 g, di cui 22 g di zuccheri semplici. In ogni biscotto, che pesa 14 g, ci sono 8,5 g di carboidrati di cui 3,1 g di zuccheri semplici.

Tre Marie Ancora Uno frolla con cioccolato in pezzi contengono 67,3 g di carboidrati per 100 g, di cui 30 g di zuccheri semplici. In ogni biscotto, che pesa 11,4 g, ci sono 7,7 g di carboidrati, di cui 3,4 g di zuccheri semplici.
Ora a voi e grazie per la collaborazione.

PS chi si fa i biscotti in casa come quelli della immagine a corredo del post ha tutta la mia stima ma per favore non scriva questa volta come li fa.

Nella foto manca il caffè. So che può essere poco ma a me bastano circa 200 calorie per iniziare la giornata e arrivare ...
09/10/2025

Nella foto manca il caffè.
So che può essere poco ma a me bastano circa 200 calorie per iniziare la giornata e arrivare a ora di pranzo.

Yogurt magro circa 45 calorie
1 biscotto frollino grande circa 70 calorie (solo 1!!!)
2 noci circa 60 calorie
Zucchero nel caffè circa 20 calorie
Totale 200 calorie

Ultimamente a chi deve perdere peso e a cui devo allestire uno schema nutrizionale, dopo aver valutato una serie di aspetti, a volte chiedo: “Vuole mangiare a colazione come me?” E qualcuno mi dice che proverà.

PS meglio comunque il pane integrale del frollino ma sono sempre di corsa

Visto che ogni tanto qualcuno mi chiede cosa mangio io (che non ho diabete e non sono in sovrappeso) ecco una foto di qu...
07/10/2025

Visto che ogni tanto qualcuno mi chiede cosa mangio io (che non ho diabete e non sono in sovrappeso) ecco una foto di quello che ho mangiato a pranzo. Sotto c’è la descrizione in dettaglio. Mancano nella foto le ultime due componenti.

Olio oliva
1 cucchiaio 15 g circa 135 calorie
Parmigiano reggiano grattugiato
4 cucchiaini da te 20 g circa 80 calorie
Porzione di insalata verde
30 g 5 calorie
8 Pomodorini
80 g circa 15 calorie
3 noci
15 g circa 90 calorie
Pane integrale
40 g circa 90 calorie
Mezza banana grande
80 g circa 70 calorie
Cioccolato fondente 100%
10 g circa 65 calorie
Totale circa 550 calorie

PS Non chiedetemi il tipo di pomodori. Non lo so. Erano piccoli.
Non chiedetemi il tipo di insalata. Non lo so.
Non chiedetemi gli anni di invecchiamento del parmigiano. Non lo so.
Non chiedetemi la marca dell’olio. Era extravergine. Non posso fare pubblicità.
Non chiedetemi che cereali erano presenti nel pane. Non lo so. Comunque comprato dal fornaio e non al supermercato.
Non chiedetemi la marca del cioccolato. Non posso fare pubblicità. Comunque me lo ha portato una paziente che l’ha comprato fuori Italia.
La banana non sarebbe stata adatta a chi ha diabete. Troppo matura.

Ma insomma come diavolo devo mangiare? In questi giorni sul Corriere della Sera sono apparsi due ulteriori articoli in t...
04/10/2025

Ma insomma come diavolo devo mangiare?

In questi giorni sul Corriere della Sera sono apparsi due ulteriori articoli in tema di alimentazione. È un tema molto caldo. Gli articoli erano interviste ad Annamaria Colao, notissima e stimatissima endocrinologa presso l’Universita di Napoli, e a Dario Bressanini, chimico e ricercatore presso l’Università dell’Insubria e notissimo divulgatore scientifico.

Fanno seguito ad altri due articoli in tema di alimentazione su cui mi è capitato di scrivere commenti in tempi recenti in questa pagina. Anche essi erano basati su interviste: una al dr. Franco Berrino, epidemiologo dell’Istituto Tumori di Milano e una al prof. Valter Longo, ricercatore biologo della University of Southern California a Los Angeles.

Il dr. Berrino è uno strenuo paladino dell’alimentazione frugale con consumo di alimenti poco raffinati (cereali integrali, frutta a guscio, semi oleosi, frutta fresca, legumi), molto pesce e pochissima carne (2-3 volte all’anno) e con una personale abitudine a mangiare poco a cena.

Il prof. Longo è un paladino della dieta minima-digiuno, da applicare per cinque giorni consecutivi 2-4 volte all’anno al fine di conseguire una sorta di rinnovamento dell’organismo, allungando la durata della vita. Non si tratta quindi di uno schema alimentare finalizzato al dimagrimento anche se in quei 5 giorni le calorie sono ridotte a 1100 (primo giorno) e 800 (4 giorni).

La prof.ssa Colao è una paladina di quello che lei ha definito “digiuno intermittente” ma che in realtà dovrebbe essere definito “restrizione nel tempo in cui si mangia” (Time Restricted Eating). Vale a dire concentrare l’accesso al cibo in un numero limitato di ore, sostanzialmente saltando la cena. È un approccio ben diverso rispetto al digiuno intermittente che prevede, invece, in 2 giorni della settimana, un più o meno drastico calo delle calorie introdotte rispetto a quello che accade negli altri giorni della settimana in cui l’alimentazione è libera.

Da sottolineare che un gruppo di esperti internazionali ha affrontato in dettaglio il tema della terminologia da usare quando si parla o si scrive di “digiuno” (“fasting”) come strategia nutrizionale e ha pubblicato un articolo, frutto del loro consenso, che illustra bene come dovrebbero essere definite le varie forme di “digiuno”, differenziando bene il “digiuno intermittente” dalla “restrizione del tempo in cui si mangia”. È stato pubblicato su una rivista importante (Cell Metabolism 2024; 36:1779) e tutti gli “addetti ai lavori” dovrebbero fare riferimento alla terminologia appropriata, senza confondere una cosa con l’altra. Anche perché il pubblico poi si smarrisce.

In un video che ho postato circa un anno fa in questa pagina (e che è reperibile anche sul mio canale YouTube) mi è capitato di discutere i benefici sulla perdita di peso delle diete alternative alla restrizione calorica tradizionale (riduzione ragionevole della quantità di calorie giornaliere, associando possibilmente un aumento dell’attività fisica). Forte dei dati della letteratura, avevo concluso che questi approcci alternativi non conseguono risultati migliori sul medio e lungo termine rispetto alla restrizione calorica tradizionale.

Nell’intervista al dr. Bressanini, viene sostanzialmente confermato quello che ho spiegato nel video di un anno fa e in molti altri video e post testuali comparsi in questa pagina. Bressanini nell’intervista ricorda un concetto molto semplice. Il peso corporeo è determinato dall’equilibrio fra le calorie che entrano nel nostro corpo (quello che mangiamo) e le calorie che escono dal nostro corpo (l’attività fisica lavorativa ed extra lavorativa più alcune altre componenti tra cui fondamentale per il suo peso relativo è il metabolismo basale). E’ un perfetto equilibrio fra entrate e uscite di energia che determina la stabilità del peso corporeo ed è il suo squilibrio che porta il peso verso l’alto o verso il basso. Bressanini racconta di avere provato senza un particolare successo sia il digiuno intermittente che la dieta chetogenica e altre diete. E conclude che l’unico approccio di successo è avvalersi di quella che ha scherzosamente chiamato “dieta termodinamica”. Vale a dire quella che crea un ragionevole bilancio negativo fra quello che entra e quello che esce. Un approccio che deve essere confermato nel tempo per garantire benefici duraturi.

Quello che afferma Bressanini è assolutamente in linea con quello che racconto e scrivo ogni volta che tratto il tema della perdita di peso. Ed è coerente con il mio ormai datato slogan “due forchettata in meno, quattro passi in più”. Al quale più recentemente, vedendo quello che sta succedendo, ho dovuto aggiungere “… e zero bizzarrie”. Lo slogan allude alla necessità di operare cambiamenti piccoli e continuativi nel tempo sia in quello che entra (cibo) che in quello che esce (attività fisica). Cambiamenti che siano ragionevoli e applicabili in quanto adatti al contesto familiare e lavorativo, culturale ed economico. Senza drastiche costrizioni o severe punizioni. E senza privare le persone del piacere della cena, per tantissimi diventato l’unico pasto da condividere coi propri cari. Il problema reale non è la cena, ma è quello che succede dopo cena (biscottino, cioccolatino, gelatino, ecc). La restrizione del tempo in cui si mangia deve essere applicata al dopo cena. Un tempo si mangiava con lo schema 12:12 (più o meno dalle 8 alle 20) ed è quello che va recuperato più che ridursi a mangiare con lo schema 8:16 o addirittura 6:18 (il primo numero fa riferimento alle ore di accesso al cibo e il secondo al periodo di digiuno). Quanto al ridurre il cibo in 2 giorni alla settimana per poi scatenarsi gli altri 5 giorni, non ha molto senso. Un tempo si mangiava un po’ meno di quanto accada oggi tutti i giorni della settimana ed è quello che in molti casi andrebbe fatto. Un tempo il lavoro richiedeva un po’ più consumo di energia. È quel consumo in più che andrebbe recuperato nel tempo libero.

Tenendo presente che chi prescrive diete ha il mandato di cercare di ottenere risultati clinicamente utili e confermati nel tempo in quanti più pazienti possibile con interventi praticabili per gran parte di loro piuttosto che risultati eclatanti e generalmente solo transitori in pochi eletti disponibili a sottoporsi a pratiche particolari i cui benefici clinici sono spesso incerti. Se per i pazienti il mio slogan è “2 forchettate in meno, 4 passi in più e zero bizzarrie”, il mio slogan per chi prescrive diete è “meglio poco per tanti e per sempre che tanto per pochi e per poco tempo”.

Prevenzione degli effetti spiacevoli nella terapia con agonisti recettoriali GLP-1 o GLP-1/GIP. Sempre più persone utili...
27/09/2025

Prevenzione degli effetti spiacevoli nella terapia con agonisti recettoriali GLP-1 o GLP-1/GIP.

Sempre più persone utilizzano farmaci della classe degli agonisti recettoriali GLP-1 (dulaglutide, semaglutide ben più di altri più datati) oppure gli ancora più efficaci agonisti recettoriali GLP-1/GIP (tirzepatide) per controllare bene il diabete e/o per perdere peso in presenza ma anche in assenza di diabete. Si tratta dei farmaci più efficaci a disposizione dei clinici sia per il controllo del diabete che per la perdita di peso. Hanno anche ben consolidati effetti favorevoli su cuore e rene, hanno dimostrato di ridurre la mortalità per tutte le cause, hanno promettenti effetti di neuroprotezione (m. di Parkinson, demenza, ecc). Tutto ciò in virtù di effetti a livello di vari organi apparati come riassunto nell’immagine corredo.

Questi farmaci sono generalmente ben tollerati ma le persone devono essere rese edotte sui possibili disturbi gastrointestinali che si sviluppano all’inizio della terapia in circa 1 persona su 5. Questi disturbi tendono poi a scomparire in quasi tutti i trattati anche se alcuni pazienti non li tollerano per nulla e devono sospenderli (circa 1% di quelli che iniziano la terapia). I disturbi possono essere più rilevanti con le dosi maggiori dei farmaci. A volte c’è una ricomparsa dei disturbi nel momento in cui si aumenta la dose. Poi i disturbi tendono generalmente a scomparire. I disturbi gastrointestinali consistono in nausea, raramente vomito, a volte stipsi o più raramente diarrea. A volte c’è reflusso gastroesofageo, soprattutto chi già soffriva di questo disturbo.

Questi farmaci fanno perdere peso, anche in misura importante e, come in tutte le situazioni in cui il peso si riduce, anche semplicemente con la dieta, oltre alla massa grassa si perde una certa quantità di massa magra (muscolo). Non è una perdita ingente, come mi è capitato di leggere perché detto da qualcuno che non ha la più pallida idea evidentemente di quello che succede quando si perde peso, ma si realizza. Si perde il 5-10% della massa muscolare.

Consapevole di questi potenziali effetti indesiderati gastrointestinali e muscolari, la branca diabetologica (Diabetes Branch) dell’Istituto Nazionale della Salute americano (National Institute of Health) ha recentemente prodotto un documento con dei suggerimenti per minimizzarli. Ecco i suggerimenti:
1. Introdurre ad ogni pasto circa 20 g di proteine (legumi, yogurt, pollame).
2. Preferire cereali più facilmente digeribili come quelli integrali e come l’avena.
3. Preferire grassi più digeribili (olio d’oliva, avocado).
4. Introdurre una quota abbondante di fibre (verdura, ortaggi, frutta).
5. Evitare i cibi piccanti e i cibi fritti.
6. Frazionare i pasti da 3 a 5, riducendo le quantità di ognuno (gli spuntini possono consistere in yogurt, frutta a guscio, frutta fresca).
7. Bere parecchia acqua, soprattutto fuori pasto.
8. Evitare di sdraiarsi presto dopo aver mangiato.
9. Svolgere attività fisica aerobica (idealmente 150 minuti alla settimana anche solo di camminata veloce) e possibilmente anche di resistenza (30 minuti 2-3 volte alla settimana; attrezzi in palestra ma anche solo piccoli pesi da usare in casa).
Ovviamente tutto va personalizzato in base a presenza/assenza di diabete, obiettivi di peso, possibilità di svolgere o meno attività fisica, ritmi e luoghi di lavoro, tradizioni familiari, gusti, disponibilità economiche, eccetera.

Sono consapevole del fatto che il contenuto dei vari alimenti è spesso poco conosciuto, se non addirittura travisato. I media fra l’altro non poche volte diffondono notizie inesatte e talora vere castronerie, scritte e dette da incompetenti e truffatori.

Credo sia quindi utile fornire qualche informazione sul contenuto in proteine di vari alimenti, ricordando che nella frutta e nella verdura ne sono presenti quantità minimali (1-2 g per 100 grammi di peso).
100 ml di latte circa 3,5 g di proteine
1 vasetto di yogurt bianco magro circa 6 g di proteine.
1 vasetto di yogurt greco magro circa 12 g di proteine.
100 g di legumi cotti circa 8 g di proteine.
100 g di petto di pollo o di tacchino circa 25 g di proteine.
100 g di carne rossa circa 20 g di proteine.
100 g di pesce circa 20 g di proteine.
100 g di formaggio stagionato (ad esempio parmigiano reggiano) circa 35 g di proteine.
100 g di pasta integrale circa 12 g di proteine.
30 g di frutta a guscio circa 5 g di proteine.
1 uovo circa 6 g di proteine.

Quindi certi effetti spiacevoli gastrointestinali possono essere alleviati o evitati. E la perdita di massa magra può essere mitigata. 

Dieta con alimenti preconfezionati che arrivano a casa - Quanto mi piaci, quanto mi costi, quanto mi duri. In un post di...
23/09/2025

Dieta con alimenti preconfezionati che arrivano a casa - Quanto mi piaci, quanto mi costi, quanto mi duri.

In un post di qualche giorno fa ho presentato uno schema alimentare che ho definito scherzosamente “mica-digiuno”, riecheggiando quello definito “mima digiuno” del prof. Valter Longo. Quest’ultimo schema si basa su alimenti preconfezionati acquistati online al prezzo di circa 180 euro a kit. Il mio schema (isocalorico rispetto all’altro e di identica composizione in termini di carboidrati, grassi e proteine) si basa invece su prodotti comprati al supermercato al costo complessivo di circa 25 euro. Si tratta di schemi della durata di 5 giorni pensati per essere applicati 2-4 volte all’anno nella speranza che esercitino un ruolo favorevole di “disintossicazione” e “riequilibrio metabolico”. Faccio notare che non ho mai prescritto a nessun mio paziente il mio schema “ mica-digiuno” perché non sono convinto che possa essere effettivamente utile cambiare alimentazione solo per 5 giorni 2-4 volte all’anno.

Una sincera e apprezzata lettrice ha commentato sotto il mio post di qualche giorno fa che comprende bene tutte le mie perplessità nei confronti degli alimenti speciali e preconfezionati che ma che non saprebbe controllarsi nel mangiare se dovesse utilizzare alimenti normali, comprati al supermercato e consumare in quantitativi contingentati (ha fatto l’esempio del pane integrale). La lettrice ha concluso che preferisce ricorrere periodicamente a qualcosa che gli arriva a casa già preparato e da consumarsi obbligatoriamente in quel certo modo, senza la libertà di variare a suo piacimento, ancorché entro uno schema nutrizionale di massima. Preferisce essere costretta a seguire uno schema alimentare che io definisco appunto “di costrizione” se non “di punizione”.

Oggi mi è capitato di vedere in TV la pubblicità di un programma dimagrante basato anch’esso sul consumo di alimenti preconfezionati che vengono consegnati a domicilio ogni 28 giorni e che richiedono semplicemente di essere scaldati nel forno a microonde o a bagnomaria. Non cito il nome di questo programma dimagrante per non fargli pubblicità ma credo che gran parte dei lettori di questo post lo abbiano visto in questi giorni perché sta imperversando sui media. Per inciso non è l’unico programma di dimagrimento concepito con questa modalità.

Il costo per ogni mese di alimentazione “di costrizione” con questo programma è mediamente 500 euro, più del triplo di quello che mediamente si paga al supermercato per acquistare il cibo quotidiano necessario per una persona (intorno a 5 euro). E’ interessante sapere che il costo di questo programma varia a seconda dell’entità della perdita di peso che si vuole ottenere e che costi minori siano previsti per quelli che vogliono perdere una maggiore quantità di peso. Probabilmente la spiegazione è che a loro arrivano per posta porzioni più contenute dei vari cibi.

Sul sito internet della ditta produttrice del programma dimagrante c’è il menù e ci sono accattivanti fotografie di quello che viene spedito a domicilio ma ho molti dubbi sulla effettiva palatabilità di quei cibi una volta che hanno viaggiato e che sono stati riscaldati. Nel sito viene specificato che si tratta di programmi nutrizionali da 1200-1500 calorie giornaliere da seguire per molto tempo se la perdita di peso da ottenere è notevole e per un periodo più limitato di tempo se l’obiettivo peso da raggiungere è meno lontano. Si tratta quindi di diete moderatamente ipocaloriche.

Pare che sia un programma dimagrante efficace, già utilizzato in tutta Europa da centinaia di migliaia di persone. La sua efficacia, se reale, è probabilmente da attribuire al fenomeno ben descritto dalla lettrice che ha commentato il mio post. E’ la prolungata costrizione, soprattutto se questa è accompagnata da un pagamento specifico e rilevante (“ho pagato e lo devo fare”), a conseguire la perdita di peso.

Lasciare la persona libera di mettere insieme nella giornata non più di 1200-1500 calorie (decisamente meno di quelle abitualmente introdotte dalla maggior parte degli italiani), scegliendo però di volta in volta gli alimenti fra quelli suggeriti da un medico o da un dietista costa molto meno (non più che 150 euro al mese) ma non comporta la stessa aderenza al programma di dimagrimento.

Personalmente ritengo che sia un’offesa alla sua intelligenza, pensare che un mio paziente non sappia controllarsi con le quantità e non sappia scegliere tra i vari alimenti quali siano quelli più adatti a raggiungere l’obiettivo che abbiamo condiviso. Quindi evito le rigidità degli schemi nutrizionali dettagliati in cui è scritto in maniera molto impositiva (costrittiva), cosa mangiare nei vari momenti della giornata e nei vari giorni della settimana, entrando nei dettagli sul tipo di pasta, carne, pesce, legumi, verdura, frutta, eccetera. Mangiare una mela di lunedì non è diverso che mangiarla di mercoledì. Mangiare il pollo di martedì a pranzo non è diverso che mangiare il pollo di venerdì a cena. Mangiare la trota oppure il nasello non fa differenza. E così via. Non me la sento di offendere la sua intelligenza ma so che spesso non avrò successo o avrò un successo solo parziale.

Altri sono dell’idea che le intelligenze altrui possono essere tranquillamente calpestate e impongono schemi alimentari rigidi, talora ricorrendo a trucchi e trucchetti e facendosi pagare profumatamente queste imposizioni. Imposizioni che si traducono spesso in un successo maggiore rispetto alle mie più rispettose e libertarie raccomandazioni. Un successo però solo transitorio perché ad un certo punto dovrà esserci il ritorno ad uno schema alimentare basato su quello che si compra al supermercato o aperto al fatto che i carciofi possano essere mangiati anche di sabato. Se non altro per questioni economiche o per non aprire contenziosi con i conviventi. E allora, più o meno rapidamente, il peso tornerà come prima. Non torneranno indietro, però, i soldi che sono stati spesi per un risultato effimero in quanto impossibile da confermare nel tempo. Per le conferme nel tempo serve ben altro. Serve cambiare davvero lo stile di vita. Servono davvero, ogni giorno e per sempre due forchettata in meno e quattro passi in più.

Address


Website

Alerts

Be the first to know and let us send you an email when Enzo Bonora contro il Diabete posts news and promotions. Your email address will not be used for any other purpose, and you can unsubscribe at any time.

Contact The Practice

Send a message to Enzo Bonora contro il Diabete:

  • Want your practice to be the top-listed Clinic?

Share

Share on Facebook Share on Twitter Share on LinkedIn
Share on Pinterest Share on Reddit Share via Email
Share on WhatsApp Share on Instagram Share on Telegram