07/07/2022
Leggiamo di applausi scroscianti. Eppure da applaudire per delle sentenze di ergastolo
c’è molto poco.
Possiamo capire la gioia di vedere che ogni tanto i cattivi finiscono in galera.
Capiamo la famiglia, che vede i carnefici affidati alla giustizia.
Ma cosa si applaude? Cosa c’è da applaudire? Una società in cui le vite di 5 giovani sono distrutte non puó applaudire. Dovrebbe in silenzio chinare il capo e farsi un esame di coscienza.
Ovviamente la sentenza è giusta nei confronti degli assassini di un giovane ragazzo, la cui colpa era di essere troppo coraggioso, troppo nero, nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Eppure questa sentenza non ci resitutirà W***y. Non renderà il dolore e le ferite non meno dolorose.
Non ridurrà le aggressioni razziste in Italia.
E allora ci chiediamo: ma cosa c’è da applaudire?
Forse il senso di leggerezza di riconoscere che questa volta i “mostri” dei giornali pagheranno, ma come sono diventati tali?
Sicuramente si puó dare responsabilità alla famiglia, ma davvero la società crede di non avere colpe? Non ci si rende conto che quando si sentono discorsi di discriminazioni, barzellette al bar razziste, discriminazioni sul posto di lavoro, “goliardate e boutade” di certi politici, si armano tuttə quei fratelli Bianchi disseminati nel Bel Paese?
Di sicuro il problema razzismo esiste e riconosciamo una sentenza giusta, che però non assolve nessuno di noi. Abbiamo ancora molto, tanto lavoro da fare per poter applaudire.
Resta poi da chiederci se, fuori dai riflettori, tutti quei casi che non finiscono sui giornali abbiano lo stesso esito. Si può applaudire anche lì? O forse le vittime in questo Paese hanno bisogno di morire e finire nei giornali per avere giustizia?
Per la vicenda di W***y la giustizia è vicina. Ma non basta la giustizia postuma: per le discriminazioni il processo è lungo e l’integrazione ancora ben lontana dall’essere realtà.