05/11/2025
BASTO A ME STESSO
La ferita della deprivazione emotiva: quando impariamo a bastarci troppo presto.
Cosa succede quando, da bambini, non siamo stati accolti nella nostra tristezza, nella nostra rabbia, nella nostra paura?
Quando non c’è stato nessuno capace di contenere le nostre lacrime o di restare accanto al nostro silenzio?
Allora dentro resta un vuoto — un vuoto che non smette mai di chiedere, anche quando non sappiamo più dargli voce.
Che cos’è la deprivazione emotiva
La deprivazione emotiva è una delle ferite più silenziose e profonde.
Nasce quando i bisogni affettivi fondamentali di un bambino — il bisogno di tenerezza, di contatto corporeo, di presenza empatica — non vengono riconosciuti o soddisfatti nel modo in cui lui o lei ne avrebbe avuto bisogno.
Non è sempre una mancanza “oggettiva” d’amore: spesso è una mancanza soggettiva, una discrepanza tra ciò che il bambino sente e ciò che riceve.
Quando un genitore è troppo preso da sé, emotivamente assente o incapace di rispondere ai bisogni affettivi del figlio, il bambino impara presto a bastarsi da solo.
Non chiede più, non reclama.
Trattiene il pianto, modula il tono, si adatta al clima emotivo dell’ambiente per non disturbare.
E così nasce la convinzione profonda: “Non posso contare su nessuno.”
Cosa accade nel bambino
Il bambino che vive questa ferita impara che chiedere non serve.
Impara a non aspettarsi troppo, a non appoggiarsi, a non “avere bisogno”.
Dietro la sua apparente autonomia, c’è un adattamento doloroso: la rinuncia alla fiducia.
Questo bambino cresce con il cuore contratto.
Sviluppa una grande capacità di autocontrollo e di prendersi cura degli altri, ma non sa più come ricevere.
Dentro, resta un desiderio antico di calore e riconoscimento — una fame d’amore che non trova casa.
Come si manifesta da adulti
La deprivazione emotiva non scompare: si maschera.
Nella vita adulta può manifestarsi come:
• paura di appoggiarsi agli altri, anche quando ci si sente stanchi
• bisogno eccessivo di essere indipendenti
• difficoltà a dire “no”, perché dire “no” fa sentire soli o colpevoli
• ansia o dipendenza nelle relazioni
• trascuratezza verso di sé, mettendo sempre gli altri al primo posto
• attrazione ripetuta per partner freddi, distanti o emotivamente non disponibili
Ogni volta che un amore non corrisponde, la ferita si riapre.
E, paradossalmente, più abbiamo fame d’amore, più scegliamo situazioni in cui restiamo affamati.
Il nucleo profondo
Non basta cambiare comportamento o imparare a “mettere confini”.
Nel cuore della deprivazione emotiva c’è una fame antica: un bisogno di essere nutriti affettivamente, di sentire che qualcuno può restare anche quando siamo vulnerabili.
Ma questa stessa parte, che desidera calore e contatto, spesso ne ha anche paura.
Non si fida, teme che l’amore ricevuto sia effimero, che l’altro possa di nuovo ritirarsi.
Così si attiva un ciclo di compensazioni: ci si riempie di fare, di responsabilità, di relazioni sbilanciate, pur di non sentire quel vuoto originario.
Il cammino del Ritorno al Se’
Guarire da questa ferita significa tornare alle radici della fiducia.
Imparare di nuovo a ricevere.
Lasciare che qualcuno si avvicini, anche se questo fa paura.
Permettersi di chiedere, di essere visti, di mostrare la propria vulnerabilità.
Attraversare la paura del rifiuto e scoprire che, questa volta, nessuno se ne va.
Il cuore corazzato non si apre con la forza, ma con la delicatezza.
Serve tempo, presenza e relazioni che offrano sicurezza.
Solo quando ci si sente davvero accolti, il corpo può rilassarsi e dire:
“Posso fidarmi.”
Dal vuoto al contatto
La deprivazione emotiva non si colma con la mente, né con la razionalità.
Si trasforma attraverso l’esperienza viva dell’autoascolto, della cura e della reciprocità.
Attraverso relazioni sicure dove è possibile ricevere senza paura,
e attraverso il corpo, che finalmente può sentire:
“Posso amarmi ed essere amato, con tutto quello che sento.”
Olga De Bacco
www.olgadebacco.com
immagine: scultura di Valerio Berruti