30/11/2025
Spesso sento dire: «Meglio non pensarci».
In realtà, sarebbe più vero dire: «Meglio non sentirci».
Dietro il “non voglio pensarci” c’è quasi sempre la difficoltà di contattare emozioni complesse: vergogna, colpa, rabbia, paura.
Molti dicono: «Non ho le risorse per affrontare questi temi», ma ciò che manca non è la capacità cognitiva — è la possibilità emotiva di sentire e attraversare ciò che fa male.
Qual’è il costo della repressione e l’evitamento?
La repressione emotiva e l’evitamento emotivo hanno un impatto diretto sul sistema immunitario.
Quando un individuo sopprime o evita ciò che sente, l’intero organismo entra in uno stato di sovraccarico fisiologico. Perché il corpo “sa” che c’è un ‘risparmio’ energetico.
Molte persone non dicono «no», sopportano oltre misura e vivono in una condizione di stress latente.
Il cervello interpreta questo funzionamento come una minaccia costante: l’amigdala rimane iperattiva, i livelli di cortisolo non si regolano in modo fisiologico e il corpo non riesce a uscire dalla modalità difensiva.
Sul piano somatico, questo si traduce in un’attivazione immunitaria continua, nell’aumento dei marker infiammatori, nel peggioramento del sonno e dei processi di recupero.
Crescono ansia, affaticamento e sintomi corporei “non spiegabili”.
Ma non si tratta solo di repressione.
Esistono altri meccanismi altrettanto impattanti sul sistema nervoso e sull’immunità:
• Evitamento cognitivo
Quando una persona dice: «Adesso non voglio pensarci», spesso non sta evitando il pensiero in sé, ma la paura dell’emozione che quel pensiero attiverebbe.
Il sistema nervoso registra comunque la minaccia emotiva — anche se non viene nominata.
• Evitamento emotivo e sensoriale
«Non ho le risorse per affrontarlo», «Non voglio sentire».
Molti si tengono lontani dall’emozione razionalizzando, prendendo distanza dalla persona coinvolta, evitando il conflitto, oppure ricorrendo a lavoro eccessivo, distrazioni, iperattività, isolamento.
Il corpo registra questa evitazione come un ordine costante: trattenere, vigilare, controllare.
• Distrazione e anestesia emotiva
La persona si distrae per non sentire: scroll, cibo, attività continue, saturazione di impegni.
La mente si allontana dall’emozione, ma il corpo rimane in allerta.
Tutti questi meccanismi — repressione, evitamento, distrazione — mantengono lo stress in uno stato cronico.
Il sistema immunitario continua a lavorare senza pause, il corpo non entra in recupero e la qualità della vita si abbassa in modo significativo.
La difficoltà nel difendere i propri confini e nell’attraversare ciò che si prova è un vero stressor emotivo.
Quando una persona riesce a riconoscere e nominare ciò che sente —
«Sono arrabbiata», «Questo non lo voglio», «Qui c’è il mio limite» — il sistema nervoso riceve un segnale chiaro: la minaccia può essere elaborata e non serve mantenere una difesa continua.
Non sono le emozioni a danneggiare la psiche.
A danneggiare è l’impossibilità di sentirle, attraversarle, dar loro un posto.
È il dover tacere, trattenere, adattarsi, diventare “comodi” per l’altro, spesso per anni.
Quando l’emozione trova uno spazio sicuro, il corpo può finalmente abbassare la guardia.
E questo cambia tutto.
Non smetterò mai di invitare ad affrontare i temi difficili e a vivere ogni tipo di emozione.
Olga De Bacco
www.olgadebacco.com