22/05/2025
La risposta, per chiunque abbia un minimo di buon senso (e di conoscenza della LEGGE ITALIANA), dovrebbe essere un secco e chiaro NO.
Eppure, accade. Ancora.
Non si nega l’occhiale a chi ha bisogno di vedere meglio.
Ma si nega la mappa, il supporto, il tempo, a un bambino dislessico che ha bisogno di accedere al sapere in modo diverso.
Perché l’idea tossica è sempre quella: se non ce la fai come gli altri, non vali. Se ti serve uno strumento, non sei capace davvero.
Il problema è culturale. Educativo. Clinico. Legale. Ma soprattutto, è profondamente educativo.
Chi lavora con i bambini con diagnosi di DSA deve ricordarselo ogni volta che un bambino viene messo in difficoltà perché ha bisogno di una sintesi vocale, di una tabella, di una mappa. Non è un vantaggio. Non è una scorciatoia.
È un diritto.
Le Linee Guida ISS (2022) lo dicono chiaro: gli strumenti compensativi NON migliorano la prestazione. Aiutano l’alunno a raggiungere il compito con gli stessi strumenti cognitivi degli altri.
E se non riesce neanche con quelli, allora la risposta non è toglierli.
È capire meglio cosa serve davvero.
Perché un bambino dislessico che ha una mappa: NON E' FACILITATO.
È INCLUSO nell'apprendimento collettivo.
E allora basta con i pregiudizi, con le diagnosi ignorate, con chi dice: “se ha bisogno della mappa, non sa l'argomento”.
No. Se ha bisogno della mappa è perché ha studiato come un normalissimo ragazzo dislessico: con l'uso di un suo strumento compensativo.