Dott. Carlo D'Angelo

Dott. Carlo D'Angelo “L’importante è che tu sia in armonia con ciò che senti e pensi.E che io sia in armonia con tutto ciò che ho scritto, sento, vivo e penso.
(1)

Non serve altro.” Carlo D’Angelo

12/12/2025
12/12/2025

Dinamiche, non sentenze

✒️ Dr. Carlo D’Angelo/ Voce delle Soglie

Qui si parla di dinamiche, non di colpe.
Di funzionamenti, non di sentenze.

Le dinamiche esistono in ognuno di noi.
Sono modalità apprese, risposte interiori, ripetizioni che emergono in momenti diversi della vita. Non sono marchi morali.
Non sono prove d’accusa.
Non sono etichette definitive.

Un modo di reagire non è, di per sé, qualcosa da condannare o da assolvere.
È il risultato di una storia, di un vissuto, di ferite, di scelte, di contesti.
E ridurlo a “giusto” o “sbagliato” significa semplificare ciò che è umano e complesso.

Le persone non agiscono nel vuoto.
Agiscono attraverso ciò che hanno attraversato.
E ciò che dall’esterno può apparire come errore,
dall’interno può essere stato una difesa,
una necessità,
o semplicemente l’unico modo possibile in quel momento.

Qui non si cerca una verità unica.
Né un comportamento ideale da imitare.
Si cerca comprensione senza indulgenza
e responsabilità senza condanna.

Credere nelle persone significa questo:
riconoscerne la complessità,
la possibilità di cambiare,
di cadere, di rialzarsi, di sbagliare, e di imparare.

Nessuna di queste esperienze richiede una sentenza. Richiede spazio di pensiero.
Richiede tempo. Richiede uno sguardo che non giudica, ma vede. Ed è da lì, e solo da lì,
che può nascere una vera trasformazione.

✒️ Dr. Carlo D’Angelo/ Voce delle Soglie

12/12/2025

Love love love
❤️❤️❤️❤️
(non sono cuori, ma lacrime d’ammore)

✒️ Dr. Carlo D’Angelo – Voce delle Soglie

Ci sono amori che non hanno la forma dei cuori. Non battono leggeri,
non si mostrano lucidi, non fanno scena.
Sono lacrime d’ammore. Scendono quando ami davvero e non puoi salvare,
quando resti e non puoi cambiare,
quando dai tutto senza la garanzia di essere capito.
“Love love love” detto così,
ripetuto, sembra una promessa.
Ma a volte è solo un suono che cerca di coprire ciò che fa male.
Le lacrime d’ammore non sono debolezza.
Sono il segno che l’amore non è stato ridotto a sentimento carino, ma ha attraversato la carne, la paura, la perdita.
Si piange d’amore
quando l’altro conta più dell’immagine di sé.
Quando non si possiede.
Quando non si trattiene.
Quando si resta anche sapendo che non tutto guarirà. Non sono cuori, no. I cuori si regalano facilmente. Le lacrime no. Le lacrime arrivano
quando l’amore smette di essere ideale
e diventa reale.
E l’amore reale non luccica sempre.
A volte bagna. A volte brucia gli occhi.
A volte cade in silenzio senza chiedere di essere visto. Ma proprio lì,
dove non c’è estetica né retorica,
l’amore smette di essere parola e diventa presenza.
Love love love, allora, non come slogan, ma come verità nuda: amare è anche piangere
senza smettere di restare.

✒️ Dr. Carlo D’Angelo/ Voce delle Soglie

Quando il “TI AMO” diventa “amo”✒️ Dr. Carlo D’Angelo/ Voce delle SoglieAll’inizio è TI AMO.Due parole che tengono dista...
12/12/2025

Quando il “TI AMO” diventa “amo”

✒️ Dr. Carlo D’Angelo/ Voce delle Soglie

All’inizio è TI AMO.
Due parole che tengono distanza e rispetto.
C’è un io e c’è un tu.
C’è un ponte, non una presa.

Poi, lentamente, quasi senza accorgersene,
il ti cade.
Resta amo.

Non è un errore grammaticale.
È uno slittamento psichico.

Quando il ti scompare,
l’amore smette di essere relazione
e diventa strumento.
Non dice più: ti vedo.
Dice: ti prendo.

L’amo non accarezza.
L’amo non chiede.
L’amo si conficca.

All’inizio non fa male.
È sottile, lucido, quasi invisibile.
A volte viene persino scambiato per cura:
“Lo faccio per te”
“È per il tuo bene”
“Senza di me non sapresti”

Ma l’amo non sostiene.
Trattiene.

Quando il “ti amo” diventa “amo”,
l’altro non è più un soggetto,
è una preda emotiva.
Qualcuno da tenere vicino
non per incontrarlo,
ma per non perderlo.

E qui l’amore cambia natura:
da dono diventa possesso,
da scelta diventa bisogno,
da libertà diventa paura.

Il segnale non è il dolore immediato,
ma la progressiva perdita di respiro.
Ti senti amato, sì,
ma sempre meno libero.
Scelto,
ma sempre più vincolato.

Un amore sano tiene il ti al centro.
Riconosce l’altro come altro.
Sa dire: io resto,
non: io ti tengo.

Quando senti che per essere amato
devi smettere di essere te stesso,
quando l’amore ti chiede di adattarti,
di ridurti,
di non disturbare,
forse non è più un “ti amo”.

È un amo ben piantato,
che chiama amore
ciò che in realtà è paura di perdere.

E l’unico vero atto d’amore, a volte,
è togliere l’amo,
anche se fa male,
per tornare a respirare.

✒️ Dr. Carlo D’Angelo/ Voce delle Soglie

12/12/2025

Una posizione scomoda

✒️ Dr. Carlo D’Angelo – Voce delle Soglie

Io non offro salvezze.
Perché la salvezza promessa dall’esterno
spesso chiede in cambio la rinuncia a sé.

Offro verità che fanno crescere.
E crescere non è un’esperienza comoda:
significa perdere alcune illusioni,
rinunciare a spiegazioni che proteggevano,
accettare zone d’ombra che non si possono più delegare.

Non difendo illusioni,
nemmeno quando consolano.
Perché ciò che consola senza trasformare
addormenta.
E io non lavoro per l’anestesia dell’anima.

Non uso la psicologia per giustificare.
La giustificazione è una forma elegante di fuga:
sposta la responsabilità altrove, trasforma la ferita in alibi, congela il movimento.

Uso la psicologia per rendere adulti.
Perché diventare adulti significa questo:
sapere da dove vieni
senza restarne prigioniero,
riconoscere ciò che ti ha ferito
senza usarlo come scudo.

Non divido il mondo in buoni e cattivi.
Questa divisione è infantile
e rassicurante. Illude di stare dalla parte giusta
senza fare il lavoro interiore.

Io illumino i meccanismi.
Le ripetizioni.
Le difese che diventano identità.
I copioni che si recitano
credendo di scegliere.

Perché quando un meccanismo è visto,
perde potere.
E lì comincia la libertà, non quella che fa sentire migliori, ma quella che rende responsabili.

E credo questo, profondamente:
che l’unica vera guarigione
non sia sentirsi a posto,
ma tornare umani.

Umani nel limite.
Umani nella complessità.
Umani nel rispondere delle proprie scelte.
Interi.
Non perfetti.
Non salvati.
Ma presenti.

✒️ Dr. Carlo D’Angelo – Voce delle Soglie

Una postura, non una sentenza✒️ Dr. Carlo D’Angel/ Voce delle SoglieQui non si giudicano persone.Si osservano dinamiche....
12/12/2025

Una postura, non una sentenza

✒️ Dr. Carlo D’Angel/ Voce delle Soglie

Qui non si giudicano persone.
Si osservano dinamiche.

La differenza è sostanziale.
Le persone sono intere, contraddittorie, in movimento.
Le dinamiche sono modalità, funzionamenti, ripetizioni che attraversano chiunque, in momenti diversi della vita.
Confondere le due cose porta o alla condanna o all’assoluzione. Qui non servono né l’una né l’altra.

Capire un funzionamento non significa giustificarlo.
Significa renderlo visibile.
E ciò che diventa visibile smette di agire nell’ombra.
La comprensione non toglie responsabilità:
la rende possibile.

Quando un testo divide, spesso non è perché prende una parte.
È perché toglie certezze.
Costringe a rinunciare a un’identità semplice,
a un ruolo comodo, a una spiegazione che protegge dall’inquietudine. La complessità non è divisiva: è destabilizzante.

La psicologia, qui, non serve a sentirsi buoni.
Non serve a giustificarsi,
né a diagnosticare gli altri da una posizione morale più alta.
Serve a diventare più consapevoli di ciò che facciamo, di come reagiamo, di dove evitiamo.

E no: non tutto è trauma infantile.
A volte è una scelta reiterata.
A volte è una difesa che non si vuole mollare.
A volte è responsabilità adulta.
Ridurre tutto al passato può diventare un modo elegante per non rispondere del presente.

Questo spazio non offre rassicurazioni.
Non promette che andrà tutto bene.
Offre strumenti di lettura.
E leggere davvero significa anche vedere ciò che non ci piace, di noi e degli altri.

Se un contenuto disturba, può essere un buon punto di partenza.
Il fastidio non è sempre un attacco:
a volte è un confine che si è toccato.
Una difesa che si è incrinata.
Una domanda che chiede di essere ascoltata.

Qui non si cerca consenso.
Il consenso è fragile,
vive di accordo rapido e muore al primo attrito.
Qui si cerca complessità.
Perché solo ciò che è complesso
può reggere il peso della realtà umana
senza tradirla.

Questo non è uno spazio comodo.
È uno spazio onesto.
E l’onestà, quando è autentica, non seduce:
responsabilizza.

✒️ Dr. Carlo D’Angel/ Voce delle Soglie

12/12/2025

✒️ Dr. Carlo D’Angelo/ Voce delle Soglie

Un attimo prima si piangeva.
Si stava nel buio, nell’impotenza, nella paura di perdere. E quell’attimo non sparisce solo perché qualcosa migliora.
Il dolore non si spegne con un interruttore.
Ha bisogno di decantare.
Quando un seme ha appena attecchito,
non gli si chiede di fiorire.
Si guarda la terra.
Si controlla che ci sia luce, acqua, silenzio.
Si attende.
Volere subito di più
più autonomia,
più risultati,
più normalità
è spesso un modo elegante per non sentire
quanto si è stati spaventati.
Ma la psiche non cresce per richiesta.
Cresce per tempo.
C’è un tempo in cui non si chiede nulla,
se non: resta.
Resta nel mondo. Resta nel corpo. Resta in relazione.
La piantina non ha bisogno di essere tirata verso l’alto. Ha bisogno di non essere disturbata mentre fa il suo lavoro invisibile.
E forse anche gli adulti, in questi momenti,
hanno bisogno della stessa cosa:
non di fare meglio,
ma di stare meglio.
Stare accanto.
Stare in ascolto.
Stare abbastanza fermi
da non trasformare la paura passata
in pressione presente.
Perché quando la vita riprende,
non va accelerata.
Va onorata.

✒️ Dr. Carlo D’Angelo/ Voce delle Soglie

Abitare il giorno✒️ Dr. Carlo D’Angelo – Voce delle SoglieCi sono giorni che non chiedono di essere conquistati,ma abita...
12/12/2025

Abitare il giorno

✒️ Dr. Carlo D’Angelo – Voce delle Soglie

Ci sono giorni che non chiedono di essere conquistati,
ma abitati.

Abitare un giorno non significa riempirlo,
né renderlo efficiente,
né dimostrare qualcosa attraverso di esso.
Significa entrarci con presenza,
come si entra in una stanza sapendo che non tutto è sotto controllo
e che va bene così.

Attraversare il giorno di corsa è una forma sottile di fuga. Si corre per non sentire,
si accumulano gesti per non ascoltare,
si riempiono le ore per non incontrarsi.
Ma un giorno attraversato resta estraneo,
non lascia traccia, non diventa esperienza.

Abitare il giorno, invece, è restare.
Restare nel primo respiro del mattino,
nell’umore che c’è — qualunque esso sia —
senza correggerlo subito,
senza chiedergli di essere diverso.

È permettere al corpo di dire come sta
prima che la mente decida cosa fare.
È riconoscere che anche la stanchezza,
anche la lentezza, anche la confusione hanno diritto di cittadinanza nel tempo che inizia.

Abitare il giorno è anche contenere.
Non lasciare che ciò che accade prenda tutto lo spazio. Non permettere alle urgenze di divorare il senso. Tenere insieme ciò che devi fare
e ciò che senti, senza sacrificare l’uno all’altro.

Un giorno abitato non è necessariamente un buon giorno.
È un giorno vero.
E spesso la verità, più che felicità,
porta solidità.

Quando abiti il giorno,
non lo chiedi di salvarti.
Gli chiedi solo di essere attraversato con dignità.
E questo, a volte, è già cura.
Buongiorno.
Che questo giorno possa essere abitato,
non attraversato di corsa.

✒️ Dr. Carlo D’Angelo – Voce delle Soglie

11/12/2025

Le ossessioni reciproche nelle relazioni traumatiche

✒️ Dr. Carlo D’Angelo – Voce delle Soglie

Ci sono relazioni in cui l’ossessione non è un incidente: è la trama stessa del legame.
Due persone che si cercano e si tormentano,
che si pensano fino allo sfinimento,
che si controllano per non perdersi
e si perseguitano per non sentirsi abbandonate.Non è amore: è attaccamento disorganizzato in due corpi diversi.
Quando il desiderio diventa allarme. Nelle relazioni traumatiche, l’altro non è un compagno: è un attivatore. Di cosa?
Di tutto ciò che non abbiamo saputo reggere da bambini: la paura dell’abbandono, la paura dell’invasione, la paura di essere troppo, la paura di non essere abbastanza. Così ogni gesto diventa ambivalente: ti cerco, ma appena ti avvicini mi spavento. Ti amo, ma appena ti sento lontano impazzisco. Ti desidero, ma ti temo. Ti voglio, ma ti sfuggo. Questa è la firma dell’attaccamento disorganizzato: la confusione tra amore e minaccia.
L’ossessione non è volontà: è memoria
“Ti penso e mi tormenti” non significa che l’altro ti faccia del male. Significa che la sua presenza riattiva una memoria antica: la cura che fa paura, e la paura che chiede cura.
L’ossessione è il corpo che tenta di controllare
ciò che una volta era incontrollabile.
È il tentativo disperato di prevedere l’altro
per non sentire di nuovo il crollo. Per questo chi ama da questa posizione controlla, indaga, interpreta, scruta, anticipa. Non perché vuole dominare, ma perché vuole sopravvivere. Quando la ferita incontra la ferita. Le relazioni traumatiche più intense
nascono quando due ferite si incastrano: chi teme la distanza incontra chi teme la vicinanza; chi chiede conferme incontra chi fugge dalla richiesta; chi controlla per sicurezza incontra chi si nasconde per difesa. L’uno attiva la paura dell’altro. L’altro attiva la paura dell’uno. È una danza dolce e devastante: due sistemi nervosi che tentano di regolarsi a spese della tranquillità reciproca.
Perché ci si ossessiona a vicenda
Perché ognuno vede nell’altro
la promessa e la minaccia insieme: la promessa di essere finalmente scelti, la minaccia di essere di nuovo feriti. L’ossessione nasce dall’impossibilità di collocare l’altro in un posto stabile: mi ami o mi usi? resti o sparisci? mi vedi o mi perdi? L’incertezza diventa dipendenza. La dipendenza diventa tormento. Il tormento diventa identità.
Il corpo dell’altro come specchio delle nostre paure. Nelle relazioni traumatiche,
toccare il corpo dell’altro è come toccare un campo minato. La vicinanza: attiva il panico di perdersi, o il panico di essere inglobati. Così il corpo diventa strumento, prova, misura: quanto mi ami? quanto ti avvicini? quanto ti allontani? Il corpo dell’altro diventa il misuratore dei nostri limiti emotivi.
Si può uscire da tutto questo? Sì, ma non attraverso l’altro.
Lo si può fare solo quando comprendiamo che: l’ossessione è una difesa, il tormento è un linguaggio antico, il controllo è un modo di respirare nella paura. La guarigione non chiede di smettere di amare: chiede di imparare a farlo senza perdersi.
✒️ Dr. Carlo D’Angelo – Voce delle Soglie

11/12/2025

Le ossessioni, il tormento e il controllo:

“Ti penso e mi tormenti”
✒️ Dr.Carlo D’Angelo – Voce delle Soglie

Ci sono pensieri che non cercano l’altro:
lo trattengono. E non per amore,ma per paura.
Le ossessioni affettive non nascono dal cuore:
nascono dalla ferita. Il tormento non è un sentimento, è un allarme. E il controllo non è potere, è sopravvivenza.
Ti penso” non sempre significa “ti voglio. A volte significa:
“Ho paura di perderti.”La mente ripete il tuo nome per non perdere la tua immagine.
Rivisita ogni gesto, analizza ogni silenzio,
ricostruisce ogni messaggio come se potesse prevenire l’abbandono. È un lavoro immenso e solitario. E non serve a conoscere l’altro:
serve a calmare la tempesta interna.
Il tormento è il prezzo dei vuoti antichi. La mente ossessiva non cerca risposte:
cerca certezze. E quando non le trova, le inventa. Crea narrazioni, ipotesi, scenari, minacce. Trasforma l’altro in un enigma,
e sé stessa nel suo interprete. L’ossessione affettiva è un tentativo disperato di contenere l’angoscia originaria: la paura di non valere abbastanza da essere scelti,
di non essere ricordati se taciamo,
di non essere amati se smettiamo di dare,
di non essere visti se non restiamo allerta.
Il controllo è l’illusione che il dolore possa essere evitato. Chi si tormenta non vuole controllare l’altro: vuole controllare il proprio dolore. Vuole anticiparlo, ridurlo, addomesticarlo. Vuole rendere prevedibile ciò che nella realtà è libero e imprevedibile:
l’altro. Ma ogni tentativo di controllo produce l’effetto opposto: più insegui, più l’altro sfugge. Più controlli, più ti perdi.
Più pensi, più ti consumi. Non stai controllando nulla. Stai solo perdendo te stesso. L’ossessione non è l’altro: sei tu che non sai dove appoggiarti. È il tuo corpo che non trova quiete, la tua mente che non trova un luogo stabile, la tua storia che non ha imparato la sicurezza.
Per questo l’altro diventa un farmaco:
un calmante, un regolatore, un appiglio.
Ma nessun essere umano può sostenere
il peso di una ferita che non ha creato. La mente ossessiva dice:
“Se ti penso, esisti. Se esisti, non mi abbandoni.” La realtà invece dice:
“Esiste anche quando non lo pensi.
E tu esisti anche quando non lo pensi.” La vera cura non è smettere di pensare all’altro. È cominciare a pensare a sé stessi. Quando inizi a riconoscere che il tormento
non parla dell’altro ma della tua paura,
lo spazio interno cambia. Il pensiero non è più una catena, ma un segnale. E capisci che il controllo non serve, perché l’amore non si trattiene con la paura. La verità è questa: non è l’altro a tormentarti. È la parte di te che teme di restare sola con il proprio silenzio.
E quando impari a stare in quel silenzio
senza interpretarlo come un pericolo,
l’ossessione si allenta, il controllo cade, il tormento si assottiglia. E allora, finalmente,
l’altro torna ad essere una persona
e non un pensiero da inseguire.

✒️ Dr.Carlo D’Angelo – Voce delle Soglie

La bellezza, il mistero e l’umanità dell’amore✒️ Dr. Carlo D’Angelo – Voce delle SoglieL’amore è la cosa più semplice e ...
11/12/2025

La bellezza, il mistero e l’umanità dell’amore

✒️ Dr. Carlo D’Angelo – Voce delle Soglie

L’amore è la cosa più semplice e più indecifrabile che attraversa una vita.
Non lo capiamo mai davvero, eppure lo riconosciamo subito. Non lo controlliamo, eppure ci guida. Ci espone dove siamo più vulnerabili, e proprio lì ci restituisce alla nostra forma più autentica. L’amore non è puro, non è perfetto, non è lineare. È umano. E nell’umano c’è tutto: desiderio e paura, coraggio e fuga, forza e fragilità. Chi cerca un amore senza ombre vuole una luce che non esiste.
La bellezza dell’amore non sta nel possesso,
né nella garanzia del per sempre.
Sta nella capacità di aprire uno spazio dentro di noi che prima non c’era. L’amore ci fa vedere ciò che non sapevamo di avere,
e ciò che non sapevamo di desiderare.
Ci mostra i nostri limiti e ci rivela anche la nostra possibilità di superarli. La sua bellezza è viva perché è fragile. Se fosse garantita, non trasformerebbe nessuno. L’amore non risponde mai davvero al “perché”. Si può spiegare una dinamica relazionale,
ma non l’origine di un sentimento. Ci attira verso chi ci fa crescere, verso chi ci fa paura,
verso chi ci vede, verso chi tocca parti di noi che non sapevamo di avere. A volte l’amore è un incontro. Altre volte è una sveglia. Altre ancora è una ferita che ci costringe a nascere di nuovo.Il mistero non è ciò che non capiamo,
ma ciò che ci cambia senza chiederci il permesso. L’amore non chiede perfezione:
chiede presenza. Chiede la sincerità delle mani, la fedeltà di uno sguardo, la verità di un gesto semplice. Amiamo come possiamo,
non come vorremmo. E l’altro ci ama con la sua storia, non con la nostra. L’amore è l’incontro fra due imperfezioni che cercano un modo gentile di non ferirsi troppo. L’umanità dell’amore non è un difetto: è la sua radice. Perché siamo vulnerabili, e solo chi è vulnerabile può aprirsi davvero. Un luogo in cui ci incontriamo non perché siamo perfetti,
ma perché siamo vivi. Un luogo in cui la bellezza ci sfiora, il mistero ci sorprende,
e l’umanità ci salva. Il resto, promesse, definizioni, ruoli, aspettative, non è l’amore.
È il contorno. L’amore vero accade nei punti dove non sappiamo più spiegare nulla,
ma sentiamo che stiamo diventando qualcuno
che non eravamo prima. L’amore resta una delle esperienze più misteriose che abbiamo,
ma non perché sia perfetto: perché non obbedisce a niente. Non al merito, non alla logica, non alle promesse. A volte ci sceglie, a volte ci abbandona, a volte ci attraversa e basta. E il bello, se vogliamo chiamarlo così,
è che non possiamo farci quasi nulla.
L’amore è umano proprio perché è fragile.
Perché inciampa, perché si rompe,
perché cambia direzione senza chiedere permesso. Perché ci illude e ci disillude con la stessa facilità. Chi lo idealizza, perde.
Chi vuole controllarlo, soffoca. Chi pretende che duri per sempre, lo trasforma in un contratto. L’amore è bello perché non è addomesticabile. Non si fa ammaestrare dalle nostre paure, né dalle nostre fantasie di eternità. Ci prende interi o non ci prende affatto. Ci svela o ci smaschera. E, soprattutto, ci mostra chi siamo quando non otteniamo ciò che volevamo. Ecco il suo mistero più grande: l’amore non misura il valore dell’altro, misura il nostro.
L’amore è umano perché finisce. È la sua condanna e la nostra occasione. Finisce quando cambia la forma del desiderio,
quando un dolore diventa più grande della speranza, quando la vita chiede un’altra pelle,
un’altra direzione, un’altra verità. E non è una colpa: è un passaggio. Chi pretende che l’amore non finisca vuole un sentimento eterno
in un corpo che cambia ogni giorno.
La verità disincantata: L’amore non salva nessuno. Non ripara il passato. Non protegge dalle cadute. Non garantisce nulla. L’unica cosa che può fare, quando è reale, è aprire un varco dentro di noi e lasciarci un po’ più vivi
di come eravamo prima. Il resto, il per sempre,
le anime gemelle, le promesse scolpite nel marmo, è solo il modo in cui cerchiamo di difenderci dal suo mistero più scomodo: che l’amore è bellissimo, ma non ci appartiene mai davvero.

✒️ Dr. Carlo D’Angelo – Voce delle Soglie

Indirizzo

Giuseppe Di Vittorio 20
Acerra
80011

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