Dott.ssa Stefania Lancini Psicologa Psicoterapeuta in Franciacorta

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Dott.ssa Stefania Lancini Psicologa Psicoterapeuta in Franciacorta Informazioni di contatto, mappa e indicazioni stradali, modulo di contatto, orari di apertura, servizi, valutazioni, foto, video e annunci di Dott.ssa Stefania Lancini Psicologa Psicoterapeuta in Franciacorta, Psicoterapeuta, Via Cavour, 18, Adro.

Dott.ssa Stefania Lancini -
Psicologa Psicoterapeuta
Analista Transazionale
Specializzata in sogni
Emdr
Riceve presso lo studio privato Adro (BS)
Consulenze Skype a distanza
Collaborazioni con farmacie di Gussago-Rovato- Cologne Mi occupo principalmente di:
disturbi d'ansia, depressione
elaborazione del lutto
attacchi di panico
gestione dello stress
crescita personale
difficoltà di relazione e comunicazione
momenti di crisi e fasi critiche della vita
adolescenti e infanzia

Maledetto Natale.Adorato Natale.Il Natale, per molte persone, è tutto fuorché semplice.È ambivalente.Porta insieme gioia...
14/12/2025

Maledetto Natale.
Adorato Natale.

Il Natale, per molte persone, è tutto fuorché semplice.
È ambivalente.
Porta insieme gioia e tristezza, presenza e mancanza,
il desiderio di sentirsi a casa
e il dolore per ciò che casa non è più.

In Analisi Transazionale diremmo che, in questo periodo,
si muovono parti diverse dentro di noi:
c’è il Bambino che sente il bisogno di calore e di famiglia,
c’è il Genitore che dice come dovrebbe essere il Natale,
e poi c’è l’Adulto, che può provare a tenere tutto insieme
senza forzare nulla.

Il cosiddetto “Natale in blu” è molto più diffuso di quanto si pensi,
ma spesso non si dice.
Perché sembra quasi proibito essere tristi
mentre tutto luccica di luci, perline, palline e paillettes.

A volte, a Natale, ci si sente
come un albero con le luci che non funzionano
in mezzo ad altri alberi molto agghindati.
Ed è lì che può arrivare il pensiero di essere sbagliati.
Ed è lì che iniziano a tornare alla mente
tutte le cose che mancano.

Dicembre è un mese di chiusura.
Le energie cambiano, i pensieri possono farsi più pesanti.
Non c’è niente che non vada in questo:
è umano.

Nessuno deve essere felice a Natale.
E nessuno deve essere triste.
Le persone hanno il diritto di sentire
quello che c’è dentro di loro,
la propria storia, così com’è.

Il lavoro psicologico non è “aggiustare” quello che non funziona,
ma poter accogliere questi momenti
e, piano piano, trasformarli in risorsa.

Perché sì, dicembre forse è il mese più difficile di tutti.
Anche per me.
Non a caso è l’ultimo dell’anno:
è la coda,
il momento in cui quello che è rimasto in sospeso
chiede attenzione.

E noi chi siamo per evitarlo?
Se non lo guardiamo ora,
tra un anno ce lo ritroveremo ancora qui.

Basta stringere pugni o denti.
Lascia che sia.

🌲🫂🎄

Viviamo in un mondo che corre più veloce delle nostre emozioni.Ci chiede di emozionarci subito, di capire tutto all’ista...
05/12/2025

Viviamo in un mondo che corre più veloce delle nostre emozioni.
Ci chiede di emozionarci subito, di capire tutto all’istante.
E quando qualcosa non ci tocca nei primi secondi, la mettiamo da parte,
dimenticando che il cuore ha un ritmo tutto suo.

Le emozioni profonde non arrivano in fretta:
hanno bisogno di spazio, di sicurezza, di un tempo che non si misura in click.
Sono come luci che si accendono piano,
solo quando ci permettiamo di restare abbastanza a lungo da sentirle davvero.

Nella stanza di terapia lo vedo ogni giorno:
le emozioni più vere arrivano quando smettiamo di forzarle.
Quando l’urgenza di capire lascia spazio all’esperienza,
quando la fretta di “essere meglio” si ammorbidisce in un “mi concedo di essere come sono, ora”.

La profondità non è immediata.
È un processo.
Richiede tolleranza per l’attesa, capacità di stare nel dubbio, coraggio di sentire anche ciò che non è piacevole.
Non è un clic.
È una presenza.

E allora il lavoro non è cercare emozioni forti, ma imparare a regolare quelle che già abitano dentro di noi.
Non è trovare risposte rapide, ma dare un nome ai movimenti sottili che attraversano il nostro mondo interno.
Non è pretendere connessioni perfette,
ma accettare la gradualità con cui le relazioni diventano sicure.

Forse il vero atto terapeutico oggi è proprio questo:
allenarsi a non scappare quando qualcosa non arriva subito.
Restare.
Respirare.
Ascoltare.

Perché ciò che cura davvero non accade all’istante.
Accade mentre restiamo presenti abbastanza a lungo da poterci incontrare con l’altro,
ma soprattutto con noi stessi.

Ci sono esperienze che non si “superano” in senso lineare.Restano lì, come punti fissi nella trama del nostro Copione, s...
19/11/2025

Ci sono esperienze che non si “superano” in senso lineare.
Restano lì, come punti fissi nella trama del nostro Copione, segnature che il Bambino porta sulla pelle e che il Genitore impara lentamente a guardare senza voltarsi altrove.
Possiamo ascoltare i discorsi sul tempo che cura, sulle promesse del futuro, sul fatto che la vita sorprenderà… ma certe ferite non chiedono di guarire: chiedono di essere riconosciute.

Sono tracce che non spariscono, crepe che fanno rumore anche quando fuori c’è silenzio.

Non tutto si ripara.
E non sempre serve farlo.
A volte il passo necessario è accettare che qualcosa è cambiato per sempre, e che l’Io che eravamo prima non tornerà più.

L’Adulto può far spazio a questa consapevolezza: la vita che verrà non sarà quella immaginata dal nostro Bambino, ma potrà comunque essere una vita
piena,
diversa,
imprevedibile.

Perché altre forme di felicità possono arrivare, altre strade aprirsi, anche mentre portiamo con noi ciò che si è incrinato.

Nessuna esperienza riuscirà a restituirci la versione di noi che viveva “prima”.
E forse è proprio qui la verità più difficile e più onesta:
si continua a vivere non malgrado le ferite, ma insieme a loro.

Conviverci significa nascere di nuovo, a volte in modo innaturale, come se un nuovo Io si formasse nel punto esatto in cui il dolore aveva spezzato il respiro.

E dentro quella frattura scopriamo una forza che non sapevamo di avere, una spinta che ci rimette in cammino con i nostri pezzi, le nostre crepe, la nostra storia intera.

Spezzati, sì.
Ma profondamente vivi

🫶🏻

Perché non riesco a lasciare andare le persone che mi hanno ferito, lasciato o rifiutato?A volte ci chiediamo perché res...
13/11/2025

Perché non riesco a lasciare andare le persone che mi hanno ferito, lasciato o rifiutato?

A volte ci chiediamo perché restiamo legati proprio a chi ci ha fatto soffrire.
Perché, nonostante la mente dica “basta”, qualcosa dentro di noi continua a trattenere.

In realtà, spesso non è la persona in sé che non riusciamo a lasciare andare,
ma ciò che quella relazione rappresentava per noi:
un bisogno profondo di essere
visti,
riconosciuti,
scelti,
amati.

Quando quel bisogno resta insoddisfatto, una parte di noi rimane sospesa nel passato,
come se aspettasse ancora che l’altro torni a colmare quel vuoto.

È un movimento interiore che ci tiene legati non tanto a una persona reale,
quanto a un desiderio irrisolto, a una speranza che non abbiamo il coraggio di lasciare morire.

Lasciare andare, però, non significa dimenticare o chiudere gli occhi sul dolore.
Significa accorgersi di quel bisogno, ascoltarlo, e imparare a prendercene cura da soli.

Riconoscere che la ferita che ci lega all’altro parla di noi,
di una parte che chiede attenzione, cura, e forse perdono.

Solo così possiamo sciogliere davvero il legame con chi ci ha ferito:
non negando il passato, ma integrandolo.

Smettendo di rincorrere chi non può darci ciò che meritiamo
e tornando a noi, dove possiamo finalmente dare spazio a un amore più maturo,
più libero,
più nostro.

Forse la domanda non è più “perché non riesco a lasciarlo andare?”
ma “quale parte di me sto cercando di ritrovare attraverso di lui/lei?” ✨

A volte non ci innamoriamo di chi ci sceglie, ma di chi ci fa sentire vivi nella mancanza.È come se una parte antica di ...
26/10/2025

A volte non ci innamoriamo di chi ci sceglie,
ma di chi ci fa sentire vivi nella mancanza.
È come se una parte antica di noi riconoscesse, in quell’altalena di presenza e assenza, un linguaggio familiare.

Dietro questa attrazione spesso si nasconde un copione: il bisogno di essere visti,
scelti,
amati fino a sentirsi finalmente “abbastanza”.

L’imprevedibilità accende il circuito dopaminergico del piacere, lo stesso implicato nelle dipendenze.

Così il desiderio si lega non alla reciprocità, ma all’incertezza: al “forse”, al “quasi”, al “non ancora”.

Sul piano affettivo, tendiamo a cercare conferma con la nostra storia emotiva: anche se fa male, il cervello preferisce ciò che conosce.

E il corpo, con la sua memoria silenziosa, riconosce come “amore” l’attesa, la mancanza, la speranza che qualcosa cambi.

Nell’ottica analitico-transazionale, questa dinamica appartiene al Copione di vita:
una storia inconscia scritta nei primi anni, che ci porta a ripetere ruoli e copioni relazionali per confermare le nostre antiche convinzioni di base come
“non sono degno d’amore”,
“devo meritarmi l’affetto”,
“l’amore è lotta”.
Così l’Adulto interiore viene catturato dal Bambino ferito, che continua a cercare negli altri ciò che non ha ricevuto.

Solo quando diventiamo consapevoli di questo schema possiamo scegliere diversamente.

Possiamo ascoltare la voce del Genitore, che da nuovi permessi e dell’Adulto integrato: quella parte che osserva, sente, accoglie senza perdersi.

Possiamo imparare a dire:
“Non devo più rincorrere l’amore, posso imparare a riceverlo.”

Liberarsi da questa danza non significa smettere di desiderare, ma trasformare il desiderio da bisogno a scelta.

L’amore maturo non riattiva il Copione: lo riscrive.

Non brucia per mancanza, ma scalda nella presenza.

Non chiede di essere salvati, ma di essere visti.

E in quello sguardo reciproco, finalmente, il Bambino interiore può riposare.

❤️✨

Guarire non è tornare com’eravamo,ma imparare a stare dentro ciò che siamo diventati.È un’altra forma di vita, più consa...
13/10/2025

Guarire non è tornare com’eravamo,
ma imparare a stare dentro ciò che siamo diventati.
È un’altra forma di vita,
più consapevole,
più nuda,
più vera.

Spesso cerchiamo di tornare a “come stavamo prima”:
prima del dolore,
prima della fine,
prima del cambiamento.
Ma quella versione di noi non esiste più.
E forse non deve tornare.

C’è un momento, nel percorso di crescita,
in cui smettiamo di aggiustare e iniziamo a stare.

Ma cosa significa davvero stare?

Significa non scappare più da ciò che proviamo.
Rimanere presenti anche quando fa male,
senza riempire subito il vuoto,
senza distrarsi,
soprattutto senza negare.

Significa lasciare che le emozioni ci attraversino,
senza farci travolgere e senza doverle cambiare subito.

Stare è accettare che non sempre ci sia una soluzione,
che non tutto debba guarire,
che anche così è ok.

Quando impariamo a stare,
qualcosa dentro di noi smette di lottare.
Il dolore trova un suo posto,
e la vita riprende a muoversi,
lentamente,
da sola.

Guarire non è dimenticare,
è riuscire a respirare dentro la propria storia.
Così com’è.
Così come siamo.

È riuscire ad essere imperfetti ma interi.

🫶🏻

Io e la mia responsabilitàMi assumo la responsabilità di me stesso.Della mia vita, delle scelte che faccio, di come reag...
06/10/2025

Io e la mia responsabilità

Mi assumo la responsabilità di me stesso.
Della mia vita,
delle scelte che faccio,
di come reagisco,
di ciò che provo e comunico.
Riconosco che i miei pensieri, le mie emozioni e i miei bisogni sono parte di me, e mi appartengono.

Non sono responsabile della tua vita,
delle tue decisioni o dei tuoi stati d’animo.
Posso starti accanto, ascoltarti, comprenderti
ma non posso vivere al posto tuo.

Possiamo incontrarci come due persone intere, ciascuna con la propria storia e i propri confini.
Possiamo imparare a guardarci senza perderci, a comunicare senza controllarci,
a volerci bene senza dipendere.

Smettere di sentirci vittime delle relazioni significa ricordare che abbiamo un potere:
quello di scegliere come stare, come reagire, come prenderci cura di noi.

Io mi occupo di me.
Tu ti occupi di te.

Non è egoismo.
È autenticità,
Ma soprattutto è amore responsabile.

🫶🏻✨

C’è voluto tempo, per non giudicarmi attraverso gli occhi degli altri.Oh sì, tanto tempo.Ho creduto alla storia che il g...
23/09/2025

C’è voluto tempo, per non giudicarmi attraverso gli occhi degli altri.

Oh sì, tanto tempo.
Ho creduto alla storia che il giudizio degli altri definisse la mia persona, e il mio percorso.
Da questa credenza ho vissuto con la paura di essere giudicata.
Ho vissuto con ansia sociale, che mi ha portato ad evitare moltissime situazioni.
A volte non parlavo.
Osservavo la gente, immaginandomi cosa stesse pensando di me.
Ho creduto che erano lì, tutti pronti a vedere un mio errore.
Sono stati anni difficili, perché mi sentivo in prigione.

Dopo un faticoso lavoro ho smosso tutte le mie credenze,
ho capito che il giudizio era mio,
mi apparteneva.
Non era di nessun altro.

Ho capito che la gente giudica per un suo bisogno, non per definire qualcuno.
Questa cosa non la possiamo cambiare, ma possiamo imparare a conviverci.
Non siamo giudici della vita di nessuno,
nemmeno io lo sono.

Ho lavorato sul mio giudizio verso gli altri, e su quello verso me stessa.
Non l’ho tolto, ma l’ho ridimensionato.
L’ho capito, e gli ho dato un significato.
In questo modo si è ridimensionato anche il fuori.

Ora tutto ha un peso diverso.
Sono libera 🍂🍁🍂

“E se il vuoto dentro di te fosse, in realtà, pieno di tutto ciò che senti ma non vedi?”“Hai mai pensato che il tuo ‘vuo...
20/09/2025

“E se il vuoto dentro di te fosse, in realtà, pieno di tutto ciò che senti ma non vedi?”

“Hai mai pensato che il tuo ‘vuoto’ custodisca emozioni, desideri e ricordi che non riconosci?”

Vi lascio uno stralcio su cui riflettere
“Viene chiamato “vuoto”
ma poi è come se dentro ci fosse
racchiuso di tutto…
Il nome di qualcuno che non c’è
o che non esiste,
la rabbia per una sconfitta,
la nostalgia di una mancanza,
tutto l’affetto che vorremmo dare,
tutto quello di cui avremmo bisogno,
tutta la felicità dispersa nella tristezza,
quei mal di testa forti
e anche quelle canzoni un po’ tristi
che in un modo o nell’altro
ci tengono compagnia...

Sono pieni di così tante cose che,
alla fine dei conti,
vengono chiamati vuoti,
ma sono fottutamente pieni”.

Francesca Russo

🫂

Kenya 2011.Poco controllo e mi sono sentita viva e presente.Cosa non posso controllare? • Le emozioni e le reazioni spon...
09/09/2025

Kenya 2011.
Poco controllo e mi sono sentita viva e presente.

Cosa non posso controllare?

• Le emozioni e le reazioni spontanee (paura, rabbia, gioia, dolore…)
• Il passato (non si cambia)
• Il tempo che scorre
• I cambiamenti inevitabili
• Gli imprevisti
• Gli altri: cosa pensano, cosa provano, cosa scelgono, se gli piaci o no.

Cosa possiamo controllare ?

• Come ti prendi cura delle tue emozioni e le parole che usi con te stessa
• Le tue scelte: con chi stare, a chi dedicare tempo
• I tuoi pensieri, la tua narrazione interiore
• I tuoi comportamenti: come reagisci, come inizi
• Il tempo presente, imparando dal passato
• Il tuo corpo, il tuo respiro adesso (non domani)

Realizzare che non possiamo avere il controllo
ci toglie un peso enorme.

Ci aiuta a canalizzare tempo ed energia
lì dove fanno davvero la differenza.

E ci rende liberi da catene invisibili,
quelle che spesso alimentano ansie senza nome.

Inizia a scrivere o ripetere ad alta voce quanto scritto sopra e fammi sapere che ne pensi ✨🫂

Le cose che non sono mai esistite sono spietate.Proprio come le favole che ci raccontiamo sugli altri.Immaginiamo amori ...
03/09/2025

Le cose che non sono mai esistite sono spietate.
Proprio come le favole che ci raccontiamo sugli altri.

Immaginiamo amori che non ci sono, amicizie ideali, gesti che non arrivano.
Costruiamo castelli di aspettative, e quando crollano non restano macerie reali,
ma il dolore di qualcosa che in verità… non è mai esistito.

Ciò che immaginiamo, che temiamo, che costruiamo con la mente…
ha un potere enorme: può ferire più di ciò che realmente accade.

Un pensiero, un sospetto, un “forse” diventano macigni.
L’ansia e la paura non si nutrono di fatti, ma di possibilità.
E così ci troviamo a soffrire per scenari che non hanno mai avuto luogo.

La mente crea personaggi e scenari come in una fiaba,
e noi ci leghiamo a quelle immagini più che alla realtà.

Ma gli altri non sono i protagonisti delle nostre storie interiori.
Sono persone, con i loro limiti e i loro tempi.
E accorgerci di questo è un passo di libertà:
smontare le favole, per iniziare a vedere davvero.

In terapia impariamo a distinguere tra ciò che abbiamo immaginato e ciò che esiste davvero.
Perché a volte il vero lavoro non è affrontare ciò che c’è,
ma lasciare andare ciò che non c’è mai stato.

Quanto peso porti sulle tue spalle?Ti sei mai fermata ad ascoltarlo davvero?Forse, senza accorgertene, stai portando far...
01/09/2025

Quanto peso porti sulle tue spalle?
Ti sei mai fermata ad ascoltarlo davvero?
Forse, senza accorgertene, stai portando fardelli che non ti appartengono.
E mentre lo fai, la tua bambina interiore si piega, si nasconde, si fa piccola per non disturbare.

Lei avrebbe bisogno di gioco, di leggerezza, di essere guardata con amore.
E invece l’hai messa da parte, pensando che i bisogni degli altri venissero prima dei suoi.
Forse credi che questo ti renda più forte, più utile, più degna di amore.
Ma dentro di te, quella bambina continua ad aspettarti.
Aspetta che tu la veda, che tu la riconosca, che tu le dica: “Adesso basta, non devo più portare pesi che non sono miei”.

Io ti vedo.
E voglio ricordarti che non sei obbligata a farti carico di tutto.
Puoi lasciare ciò che non ti appartiene e scegliere di sostenere ciò che conta davvero: la tua parte più vera, fragile e preziosa.

Quando inizi a portare la tua bambina interiore sulle spalle, qualcosa cambia.
Non è un peso che schiaccia.
È un peso che libera.

Ti restituisce te stessa 🫂

Indirizzo

Via Cavour, 18
Adro
25030

Orario di apertura

Lunedì 09:00 - 20:00
Martedì 09:00 - 20:00
Mercoledì 09:00 - 20:00
Giovedì 09:00 - 20:00
Venerdì 09:00 - 20:00

Telefono

+393343408062

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