Studio ORL dottor Umberto Carapucci

Studio ORL dottor Umberto Carapucci Visite specialistiche
Audiometria
Impedenzometria
Endoscopia Naso Laringe Orecchio
Cure Termali Il test è ambulatoriale ed è del tutto indolore.

Il dottor Umberto Carapucci ha conseguito:
diploma di Maturità Scientifica
laurea in Medicina e Chirurgia
specializzazione in Otorinolaringoiatria
specializzazione in Statistica Sanitaria
specializzazione in Audiologia
Master in Teoria, Tecnica e Deontologia della Consulenza Tecnica Giudiziaria
Master di I livello in Medicina Legale

Nel proprio studio si eseguono

VIDEO ENDOSCOPIA NASALE
esame per la diagnosi delle malattie del naso, dei seni paranasali e del rinofaringe, si valuta l'interno delle fosse nasali e del rinofaringe mediante l'utilizzo di strumenti a fibre ottiche (endoscopi rigidi o flessibili). La tecnica può essere eseguita a qualunque età: anche a tre-quattro anni per valutare le adenoidi. Essendo un esame non cruento non ha praticamente nessuna controindicazione. Agli strumenti ottici è connessa una telecamera, un sistema di registrazione ed archiviazione delle immagini ed un monitor. VIDEO LARINGOSCOPIA
Esame per la diagnosi delle malattie della laringe e dell'ipofaringe, valuta l'interno degli organi mediante l'utilizzo di strumenti a fibre ottiche (endoscopi rigidi o flessibili). Essendo una tecnica non cruenta, non ha praticamente nessuna controindicazione. Agli strumenti ottici è connessa una telecamera, un sistema di registrazione ed archiviazione delle immagini analogico o digitale ed un monitor. VIDEO ENDOSCOPIA ORECCHIO
esame per la diagnosi delle malattie dell'orecchio, si valuta il condotto uditivo interno e la membrana timpanica mediante l'utilizzo di strumenti a fibre ottiche (endoscopi rigidi o flessibili). Agli strumenti ottici è connessa una telecamera, un sistema di registrazione, archiviazione delle immagini ed un monitor.

Oggi è un anno che ci ha lasciati, sei volato in cielo, ci manchi, sei sempre nei nostri cuori, dacci la forza di andare...
16/03/2024

Oggi è un anno che ci ha lasciati, sei volato in cielo, ci manchi, sei sempre nei nostri cuori, dacci la forza di andare sempre avanti, nonostante tutte le difficoltà; continua a donarci il tuo sorriso per affrontare la vita, fatta di gioie e dolori.
Sentiamo la tua mancanza, ma
ci consola una frase di San’Agostino:
“Coloro che amiamo e che abbiamo perduto non sono più dove erano ma sono ovunque noi siamo.”

"Non avvicinarti alla mia tomba piangendo. Non ci sono. Non dormo li. Io sono come mille venti che soffiano. Io sono com...
15/03/2024

"Non avvicinarti alla mia tomba piangendo. Non ci sono. Non dormo li. Io sono come mille venti che soffiano. Io sono come un diamante nella neve, splendente. Io sono la luce del sole sul grano dorato. Io sono la pioggia gentile attesa in autunno. Quando ti svegli la mattina tranquilla, sono il canto di uno stormo di uccelli. Io sono anche le stelle che brillano mentre la notte cade sulla tua finestra. Perciò non avvicinarti alla mia tomba piangendo. Non ci sono. Io non sono morto".
(Canto Navajo)

09/03/2024
02/11/2023

“Una notte di molti, molti anni fa, ero di guardia notturna nel mio ospedale. Mi avvisarono alle 22 dell’arrivo di un traumatizzato stradale: condizioni disperate, dissero, stai pronto. Io sono nato pronto, risposi con la mia deprecabile grinta giovanile.

Partii dall’ecografia nella sala trauma. Poi lo portarono in Tac. C’erano tutti: anestesisti, ortopedici, chirurghi generali, chirurghi vascolari, otorini. L’uomo era sfasciato dappertutto, ma proprio dappertutto. Mentre sul monitor scorrevano le immagini della TC stavano tutti dietro di me, zitti, ad ascoltare la litania di accidenti che poi, di lì a poco, avrei trascritto nel mio referto. Ma a quel punto il referto sarebbe stato inutile: avevamo già fatto il punto della situazione, ci eravamo parlati. Ognuno di noi adesso sapeva cosa fare. Eravamo una squadra, un gruppo di persone che si fidavano gli uni degli altri, ciecamente. Quell’uomo era nelle migliori mani possibili, ve lo giuro su quello che ho di più caro al mondo.

Il Paziente andò in sala. Gli passarono sopra tutti, a turno: chirurghi, ortopedici, otorini. Gli anestesisti in seconda fila, a tenerlo vivo. Intorno alle cinque della mattina il lavoro grosso era stato fatto. Mi chiamarono per dare un’ultima occhiata in ecografia: in sala operatoria c’era sangue ovunque, sembrava ci fosse appena transitata Beatrix Kiddo di Kill Bill. L’uomo, l’omone anzi, perché era grosso come un armadio a tre ante, era disteso ancora sul letto operatorio. Sembrava che dormisse.

La mattina, alle otto, il momento dello smonto, telefonai in terapia intensiva. Mi rispose la collega della notte, con la voce stravolta dalla stanchezza. Disse: È vivo, è stabile, abbiamo fatto un buon lavoro. Tornai a casa carico di adrenalina: i bambini erano all’asilo, mia moglie al lavoro, avevo tutta la mattina per me. Non riuscii a prendere sonno: tutta quell’adrenalina accumulata mi girava ancora in corpo, vorticosamente. Quell’uomo era vivo grazie all’equipe di medici che avevano passato la notte in bianco per lui. È poco, dite? Può essere. Ma se quell’uomo fosse stato vostro marito, vostro figlio, vostro padre, allora sì che avrebbe fatto la differenza. Tutta la differenza di questo mondo.

Da quella notte sono passati vent’anni ed è cambiato quasi tutto nel modo di intendere la vita ospedaliera. I medici sono diventati carne da macello. La sanità si è trasformata in un’azienda che deve fabbricare utili, dividendi e consenso elettorale. Però, siccome costa troppo, deve anche tramutarsi in qualche altra cosa, lasciare spazi, cedere terreno. Mutare natura. Ma in silenzio, senza fare troppo rumore.

E di quel gruppo di medici cosa è rimasto? Qualcuno è andato in pensione, qualcun altro è rimasto dov’era, a svolgere il suo ottimo lavoro, qualcun altro ancora ha avuto il privilegio di trovarsi a dirigere un reparto tutto suo nella pia illusione di costruire qualcosa di buono. Nel mentre, dicevo, è cambiato quasi tutto. La politica ha preso il sopravvento e tirato i cordoni della borsa. Ai nuovi medici, giunti via via a sostituire i vecchi, non piace passare le notti in bianco nel pronto soccorso o nelle sale operatorie. Meglio un lavoro impiegatizio. Meglio un lavoro da casa, se possibile. Meno responsabilità, meno rotture di scatole, più soldi in tasca. Chi è rimasto delega: meglio una Tac in più, anche se non necessaria, che una in meno. Pazienza se tra vent’anni quella Tac causerà un tumore da qualche parte. La medicina ha smesso di essere un’arte, insomma, e le manca ancora troppo per diventare una scienza esatta. Meglio non rischiare. Meglio farsi i fatti propri.

Così, adesso io mi ritrovo in piena notte con un’urgenza addominale, e spesso sono da solo. Io, il tecnico e la Tac, nel silenzio più attonito che si possa immaginare. E non dovrei nemmeno essere lì, in quel momento, perché non è più il mio ruolo, quello. Così, mentre attendo le immagini sul monitor, mi domando perché quasi tutto è cambiato, perché certa politica ha fatto fuggire i medici dagli ospedali, cosa ha fatto perdere loro la passione, l’entusiasmo divorante, il ricordo dei validi motivi per cui, molti anni prima, hanno scelto quella professione e non un’altra. Cosa li spinge a essere indifferenti verso i Pazienti, verso colleghi che in loro assenza dovranno svolgere il lavoro che per qualche futile motivo non hanno voluto portare a termine. Cosa spinga loro, ma alla fine spinga tutti, in senso generale, senza distinzione di sesso, età, censo, lavoro, a credere di essere in perenne credito col mondo. Di essere dalla parte della ragione, sempre e comunque.

Ve lo dico subito: non trovo la risposta, e a questo punto credo che non la troverò mai. La risposta forse verrà fuori quando vi recherete in ospedale e troverete solo medici pagati a cottimo, gente che quella notte è lì e la prossima chissà dove, a quante centinaia di chilometri di distanza. Quando non esisterà più un gruppo, un’equipe affiatata pronta a passare la notte in bianco per salvare una vita, una sola: quella di vostro marito, vostro padre, o vostro figlio. Oppure la risposta andrete a chiederla a certa politica: la quale risponderà che non è sua responsabilità, e che gli errori di programmazione, il numero chiuso a medicina, l’imbuto di ingresso nelle specialità, sono colpa di quelli di prima. Di quelli che hanno governato, male, prima.

Ma quelli di prima eravamo anche noi: il radiologo, l’anestesista, il chirurgo, l’ortopedico, il maxillo-facciale. Quella fantastica squadra di bravi medici, ognuno dei quali si fidava ciecamente dell’altro. Ci rimpiangerete, certo. Come ci rimpiangiamo già noi stessi, ogni giorno, ogni santo giorno di lavoro, finché durerà ancora.”

(Da un post del Dott. Giancarlo Addonisio)



Foto della mia ultima ispezione all’ospedale “San Francesco” di Nuoro.

Ho raggiunto 400 follower! Grazie per il continuo supporto. Non ce l'avrei mai fatta senza ciascuno di voi. 🙏🤗🎉
08/01/2023

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22/04/2022

Il Real Madrid della stagione 1988-89 è una buona squadra. Ci sono due stelle straniere come Schuster e Hugo Sanchez ma la base è sp****la, anzi è madridista: 5 ragazzi cresciuti nel vivaio e che ora erano i protagonisti in prima squadra.
Sono Miguel Pardeza, Manuel Sanchís Hontiyuelo, Michel, Martín Vázquez e Butragueno, la famosa "Quinta del Buitre".
Le merengues quell'anno puntano alla Coppa Campioni ma in semifinale se la devono vedere con il Milan di Sacchi.
I rossoneri all'andata con squadra corta, velocità e pressing mettono in grande difficoltà il Real chiudendo la gara con un buon 1-1.
La settimana prima del ritorno, l'allenatore Beenhakker manda un collaboratore a spiare gli allenamenti di Sacchi.
Al ritorno il collaboratore racconta qualcosa che sembra assurdo a tutti: Il Milan, tra le altre cose, si allena senza pallone e senza avversari, con Sacchi che indica dove si trova la palla immaginaria e la squadra che scatta al comando.
A qualcuno scappa da ridere, ma la risata viene interrotta dal ricordo dell'andata.
Quelle sono le prove generali dell'organizzazione e della gestione dello spazio che si troverà davanti il Real a San Siro.
E se l'andata era stata difficile per i blancos, il ritorno sarà un inferno.
Un 5-0 leggendario con i gol di Ancelotti, Rijkaard, Gullit, Van Basten e Donadoni.

Quel 19 aprile 1989 una buona squadra si trovò di fronte una squadra di un altro pianeta.
E venne inevitabilmente spazzata via..

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Via Piacenza, 5
Alba Adriatica
64011

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+390861711814

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