02/08/2021
Cari fratelli e sorelle namaskar!
Ritornando alle riflessioni mattutine sul tema del sadhana, si può parlare dello stato di consapevolezza in cui si è finalmente accettato quel Sé Supremo come il proprio oggetto di ideazione, e di cosa succede se il Supremo non vuole recepire tale apertura. Già, perché potrebbe non volersi far raggiungere a causa dei nostri tanti errori compiuti nella vita, e in quel caso non ci sarebbe altro ricorso che inseguirlo mentalmente.
L'obiettivo finale di uno spiritualista, infatti, è diventare uno con il Supremo, non solo di unirsi ma di unificarsi, proprio come avviene se si mescola lo zucchero con l’acqua per creare un’unica sostanza e identità.
Baba spiega che per raggiungere tale unificazione è necessario togliersi da sopra la testa l’ombrello della vanità, e che se lo sforzo per questa completa fusione inizia con la titubanza dell’amore fondato sul timore, esso finisce con l'amore dell’abbandono. Il sadhana, quindi, è il metodo per attivare questo processo di trasformazione, che riguarda tutti poiché tutto in questo universo ha paura del Supremo.
Baba fa l’esempio di un ragazzo ‘ultramoderno’ che dice “Oh, io non ho fede in Dio” mentre quando sarà solo e in difficoltà dirà: "O Dio, salvami, lo sai che sono tuo discepolo, lo sai che ti amo, salvami, dovevo in qualche modo mantenere il mio prestigio nella società dei miei amici, e solo per questo ti ho disconosciuto”.
L’amore è dunque sempre e comunque presente, ma si trasforma con l’aiuto del sadhana, ed è quell’ingrediente universale che garantisce l’invisibile collegamento karmico fra tutte le entità, e che funziona attraverso il fenomeno naturale dell’attrazione, anche quando si manifesta in forma negativa, per questo è possibile dire che la repulsione è un’attrazione negativa mentre non si può dire che l'attrazione è una repulsione negativa.
Quando questa attrazione non è per qualcosa di transitorio come il denaro, la terra, la famiglia, ma invece diretta verso il Supremo, si chiama devozione. Le relazioni che abbiamo con tutto ciò che è transitorio tendono ad essere transazionali, del tipo ti do qualcosa a condizione che tu mi dai indietro qualcos’altro, e questo avviene anche negli affetti più intimi, mentre nel caso della relazione con il Supremo lo spirito dev’essere di dare tutto se stessi senza aspettarsi di ricevere nulla in cambio.
Per avere successo nella sublimazione dell’amore bisogna essere forti interiormente, una forza che si risveglia e aumenta gradualmente grazie a un impegno costante nel prendere come esempio l’umiltà del filo d’erba, che pur essendo sottoposto al calpestio, possiede un'enorme resilienza e forza vitale.
Ecco come la tolleranza, che è madre della stamina esistenziale, è molto necessaria nel sadhana, poiché bisogna saper controllare sia i forti venti degli impulsi interiori che esprimono il proprio debito karmico, e sia le illusioni di Maya, che possono presentarsi in qualsiasi forma e momento, spesso quando e come meno le si aspettano.
L’entità di questi test è spesso direttamente proporzionale alla consapevolezza e progresso spirituale raggiunti, per cui paradossalmente più problemi s’incontrano sul sentiero verso la meta, più si può essere certi di essere sulla buona strada, per cui perché mai arrabbiarsi oltremodo con chi pur facendoci male, a sua insaputa rappresenta tale messaggio di conferma?
Questo non vuol dire che non bisogna contenere chi si approfitta della nostra bontà e tolleranza, perché gli spiritualisti non sono certo dei bonaccioni che si fanno sfruttare, tutt'altro, ma prima di reagire appropriatamente vogliono vedere quanta tolleranza hanno e aumentare così la propria capacità di sopportare.
È importante dimostrare a se stessi quanto si è capaci di resistere perché ciò aumenta la propria autostima e coraggio di condividere la propria ispirazione, il fondamento della dedizione al benessere collettivo, senza la quale, come sappiamo, il successo nel sadhana è impossibile.
Nel Suo Amore,
Dada Ganadevananda