29/10/2025
Molti genitori si sentono feriti quando si parla di carenza affettiva o di inadeguatezza genitoriale, perché interpretano il discorso come un’accusa verso se stessi e si sentono giudicati rispetto al loro impegno genitoriale. E certamente può essere un aspetto che genera dolore e tristezza. In realtà il punto fondamentale non è tanto stabilire se abbiano voluto bene ai figli, ma è riconoscere che per generazioni intere è mancato il linguaggio emotivo necessario per trasmettere davvero quell’amore. Ci sono persone che hanno dato tutto ciò che avevano, ma quel “tutto” era LIMITATO a causa della mancanza di strumenti interiori ricevuti a loro volta durante l’infanzia.
Chi è stato cresciuto senza un modello affettivo sano spesso fatica a vedere e a credere che questo lo abbia ferito, perché ammetterlo darebbe la sensazione di mettere in discussione l’intera storia familiare, i propri genitori. Si sviluppa una fedeltà invisibile ,ovvero si difendono i genitori proprio come un tempo si è dovuto difendere e proteggere se stessi. E' una questione di sopravvivenza emotiva.I figli da adulti possono pensare che la loro infelicità dipenda dal carattere, dalla fragilità personale o dal destino, e questo perché nessuno gli ha insegnato a collegare il disagio alle prime ferite non riconosciute.
Non si tratta tanto di colpa, ma di responsabilità intergenerazionale. La colpa dice che avresti potuto fare meglio ma non l’hai fatto, non te ne sei curato, non hai fatto nulla per metterti in discussione e crescere, ma sei rimasto arroccato sulle tue posizioni. La responsabilità affettiva dice invece che hai fatto ciò che era possibile con ciò che avevi, che ti è stato trasmesso, ma oggi hai la possibilità di metterti in discussione e di decidere di acquisire ciò che ieri ti mancava. Questa è ciò che permette di guarire senza distruggere il legame, di riconoscere la ferita senza negare la realtà. Spezzare questa catena si traduce nella presa di coscienza di aver avuto una determinata storia affettiva, educativa, familiare, e quindi nel vedere le proprie ferite, il proprio dolore, accoglierlo, validarlo con l'intento di agire diversamente.