08/11/2024
Badanti “assunte” da Cooperativa con Partiva Iva o co.co.co.: importante sentenza della Cassazione In evidenza ( Set 06 2024)
Il caso:
nella sentenza della Corte di Cassazione n° 35080/2022, l’oggetto della controversia sono state le sanzioni erogate dall’Ispettorato del Lavoro a una Cooperativa Sociale che assumeva badanti con contratti di lavoro autonomo e poi le inviava a lavorare presso le famiglie assistite, dietro compenso.
La Suprema Corte ha confermato le sanzioni sul presupposto che i rapporti di lavoro delle badanti erano da riqualificare come rapporti di lavoro subordinato e la Cooperativa, di fatto, svolgeva un’attività di somministrazione di lavoratori domestici. Attività che per legge, va ricordato, può essere svolta esclusivamente dalle Agenzie per il Lavoro munite di apposita autorizzazione.
Motivazioni e principi:
In particolare, la Suprema Corte ha stabilito che “la fattispecie di intermediazione della cooperativa sociale nella collaborazione con le famiglie richiedenti il servizio di lavoratrici (…) addette alla cura di persone anziane o disabili è riconducibile al lavoro domestico (…) esercitato in regime di somministrazione (…), che integra una particolare forma di subordinazione, giuridicamente ricorrente tra Cooperativa somministra(trice) e lavoratrici somministrate”.
Per giungere a tali conclusioni, la Suprema Corte ha recepito le seguenti considerazioni dei giudici di merito:
1. già in base alla legge (e in particolare in base alla legge n. 339/1958che disciplina il lavoro domestico e al d. lgs. n. 276/2003 che disciplina le Agenzie per il Lavoro e l’autorizzazione alla somministrazione), il lavoro domestico non infermieristico (per esempio quello di Colf e Badanti) costituisce una forma tipica di lavoro subordinato, che può essere instaurato esclusivamente: i) mediante assunzione diretta da parte della famiglia; ii) mediante somministrazione da parte di Agenzia per il Lavoro autorizzata (che assume il lavoratore domestico con regolare contratto di lavoro subordinato somministrato);
2. la natura tipicamente subordinata del lavoro domestico, e in particolare dell’attività di “badantato”, si desume anche dalle sue caratteristiche intrinseche, trattandosi di prestazioni di lavoro di tipo manuale ed elementare, le cui modalità esecutive sono tipicamente indicate – come è stato accertato nel caso deciso dalla Suprema Corte - al momento dell’instaurazione del rapporto (continuità della prestazione nel tempo, obbligo di presenza in una determinata fascia oraria e retribuzione periodica fissa), senza che sia possibile ipotizzare una forma di autonoma organizzazione da parte del lavoratore domestico.
3. Il lavoro somministrato, anche chiamato lavoro interinale, è un caso particolare di lavoro subordinato dato che il lavoratore presta la sua opera presso un privato utilizzatore e non presso l’agenzia che lo ha formalmente assunto. Si tratta quindi di una subordinazione atipica dove vi è un datore di lavoro formale (agenzia) e un datore di lavoro sostanziale (famiglia utilizzatrice).
Con questi tre principi è possibile chiarire ogni dubbio circa la subordinazione dei lavoratori domestici.
Infatti l’agenzia, in questo caso una Cooperativa Sociale (ma non fa differenza), che opera inviando lavoratori domestici non infermieristici a lavorare presso le famiglie o gli anziani, anche se sulla carta utilizza assunzioni con contratti di lavoro autonomo, svolge nei fatti una somministrazione di lavoratori domestici subordinati, in quanto vi è continuità della prestazione nel tempo, una paga stabile che è incompatibile con un lavoratore autonomo, e un obbligo di presenza presso la famiglia utilizzatrice in determinate fasce orarie e la famiglia utilizzatrice coordina e dirige il lavoratore impartendo le proprie direttive.
Considerazioni:
Spesso le contestazioni delle autorità, che vengono fatte alle agenzie di badanti che abusano dei contratti di lavoro autonomo, falliscono perché secondo i criteri classici non c’è subordinazione (in un’ottica bilaterale) tra lavoratore domestico e agenzia, e purtroppo viene completamente trascurato il fatto che i lavoratori prestano la loro opera presso le famiglie utilizzatrici e non presso l’agenzia o la cooperativa.
Invece, è proprio in quest’ottica trilaterale tra agenzia-lavoratore-famiglia che la subordinazione è palese, ed è proprio la fattispecie tipica del lavoro subordinato in somministrazione dove i rapporti tra agenzia-lavoratore e agenzia-famiglia vanno analizzati contestualmente e non separatamente.
Come si evince dalla sentenza, questo implica che le Agenzie che intermediano lavoratori domestici assumendoli con formule di tipo autonomo, quali partita iva o contratti di collaborazione coordinata e continuativa, che prevedono una prestazione continuativa con una paga prestabilita e vincolo di orari di lavoro, svolgono a tutti gli effetti somministrazione di lavoro domestico subordinato, che se svolta senza autorizzazione ministeriale prevede sanzioni da parte delle autorità competenti e riqualificazioni dei contratti stessi in forma subordinata.
In questo modo, la Corte di Cassazione di fatto ha confermato quanto già da tempo si è sostenuto nei propri articoli, dove si informava il pubblico degli eventuali rischi sulle assunzioni di badanti con partita iva e con contratti Co.Co.Co. e in generale sui rischi di affidarsi ad agenzie di badanti non autorizzate alla somministrazione di personale.
Rischi che non riguardano solo le Agenzie o Cooperative che forniscono le badanti con le suddette modalità, ma riguardano anche le famiglie clienti, le quali, in caso di riqualificazione dei rapporti di lavoro delle badanti (da autonomo a subordinato), sarebbero responsabili, insieme e al pari delle Agenzie e delle Cooperative, delle differenze retributive e di contribuzione previdenziale che potrebbero essere rivendicate dai lavoratori interessati.