01/12/2025
Fin da ragazzo gli dissero che era “strano”.
Strano perché pensava troppo. Strano perché amava molto.
Strano perché, in un mondo di uomini-macchina, si rifiutava di diventare una fotocopia.
Nato a Dublino, era un bambino fin troppo intelligente e sensibile. Crebbe tra stanze piene di libri e salotti carichi di sguardi e giudizi. Perché basta fare un passo di lato per trovare qualcuno che sente il dovere di rimetterti in fila. E c’era sempre chi pretendeva di sapere cosa fosse meglio per lui.
«Ci sono persone che sanno tutto e purtroppo è tutto quello che sanno».
Ma lui non voleva vivere in bianco e nero solo perché gli altri avevano paura dei colori.
Per Oscar, il vero scandalo non era essere diversi: era essere tutti uguali. «La vita è troppo breve per sprecarla a realizzare i sogni degli altri».
Così scelse la strada più difficile: quella della libertà.
Amò senza chiedere permesso, scrisse senza chiedere scusa, pensò senza abbassare lo sguardo. Nei suoi libri mostrò il mondo com’era davvero: un palcoscenico pieno di maschere, ruoli e finzioni.
Diceva ciò che tutti pensavano ma nessuno osava dire. E per questo diede fastidio.
Non potendo colpirlo per ciò che scriveva, lo colpirono per ciò che amava.
P***e tutto: casa, amici, onore, perfino il nome.
Il mondo lo punì perché era troppo libero per essere controllato e troppo sincero per essere sopportato.
E allora capì che la vita, anche quando ti fa cadere, non può toglierti ciò che hai di più prezioso: te stesso.
In un’epoca in cui basta un pensiero divergente per essere giudicati, Oscar Wilde ci ricorda che si sopravvive cercando di piacere a tutti, ma si vive scegliendo chi essere — anche quando costa.
«Vivere è la cosa più rara al mondo. La maggior parte della gente esiste, e nulla più».
Perché solo chi ha il coraggio di non omologarsi trova davvero la propria strada.
E sì: essere “strani” non è un insulto, ma un complimento.
Guendalina Middei, Professor X
COMMENTO
Il testo racconta la storia di Oscar Wilde mettendo in luce un punto centrale: per lui essere “strani” non era un difetto, ma una conseguenza naturale dell’essere autentici. Fin da piccolo veniva giudicato perché pensava troppo, amava troppo, sentiva troppo. In un mondo dove molti preferivano la sicurezza del conformismo, lui non voleva diventare una copia. Voleva restare sé stesso, anche quando questo lo rendeva diverso agli occhi degli altri.
Cresce in un ambiente pieno di aspettative e giudizi, dove tutti sembravano sapere cosa fosse meglio per lui. Ma Wilde rifiuta l’idea di vivere in “bianco e nero”, perché sentiva che la vita era molto di più di ciò che gli altri erano in grado di comprendere o accettare. Per lui, il vero scandalo non era essere diversi: era essere tutti uguali.
Per questo sceglie la strada più difficile: quella della libertà. Ama in maniera profonda, scrive in modo libero, e denuncia apertamente le ipocrisie e le finzioni della società in cui vive. E PROPRIO PERCHÉ LIBERO, DÀ FASTIDIO. Quando non riuscirono a colpirlo per ciò che scriveva, lo colpirono per ciò che era. Così Wilde p***e tutto: casa, amici, reputazione, perfino il nome. Ma non p***e la sua essenza: non p***e sé stesso.
Il testo ci ricorda che chi è autentico viene spesso giudicato come “strano”, quando in realtà sta solo vivendo in modo sincero. Essere strani, per Wilde, significava non nascondersi per conformarsi, non adattarsi per compiacere, non rinunciare alla propria verità per paura del giudizio. Significava conservare la libertà interiore, proteggere la propria identità e avere il coraggio di vivere secondo la propria natura.
Ancora oggi basta avere un pensiero diverso per essere etichettati. Wilde ci insegna che si sopravvive cercando di piacere a tutti, ma si vive davvero solo quando si sceglie chi essere, anche se questo richiede forza, fatica o solitudine.
Essere “strani” non è un insulto: è un complimento. È il segno di chi non si lascia omologare, di chi non spegne la propria unicità, di chi cammina nella propria verità anche quando il mondo vorrebbe vederci tutti uguali.
Per Oscar Wilde, essere STRANI significava soprattutto essere LIBERI.
Dott.ssa Maria Chiara Fasulo
Psicologa Clinica, Scolastica e Giuridica