04/08/2025
Ci sono temi divisivi che si possono trattare con un taglio scientifico e neutrale? Assolutamente sì 👌
Si può fare se entrambe le parti riescono a dialogare con l’intento di migliorare la situazione, invece che perdere tempo ed energie in litigi polarizzanti.
Parliamo di Violenza ostetrica 👈🏼
È una forma di violenza riconosciuta che ha un nome infelice perché sembra un dito puntato verso una categoria: dovrebbe chiamarsi più correttamente apre “violenza perinatale“.
Si tratta dell’insieme di comportamenti messi in atto dalle strutture o da singoli sanitari che fanno sì che vengono a mancare la tutela e rispetto della donna (ma anche dei padri, allontanati e fatti sentire inutili).
Per esempio, le stesse manovre che in casi specifici possono salvare la vita del neonato e si rendono obbligatorie, si rivelano uno svantaggio per mamme e bambino quanto realizzate al solo scopo di accelerare il parto.
Le statistiche parlano chiaro: dovrebbero essere applicate solo in una piccola percentuale di casi e invece sono quasi una costante con numeri che appaiono molto variabili tra le parti, regioni, e nazioni diverse. Nella regione Marche oltre il 70% delle donne dichiara di avere subito Violenza ostetrica.
La Violenza ostetrica ha molte forme: non solo le manovre in necessarie in un parto fisiologico (cateterismo vescicale, episiotomia, manovra di Cristel…), ma anche la mancanza di sostegno in momenti di estremo dolore o stanchezza, giudizi che feriscono la donna in momenti di particolare fragilità (dire che si lamenta troppo, che non sa partorire, che non ha il latte…) Il mancato riconoscimento del dolore psicologico (sminuire l’impatto di un lutto perinatale o di un parto traumatico…).
👉🏼 Non causa solo danni fisici ma anche psicologici che ricadono sull’intero sistema familiare.
Purtroppo non è sempre facile riconoscerla nemmeno per chi l’ha subita.
Quali sono le cause?
Sono molteplici: retaggi culturale, problemi organizzativi degli ospedali, carenza di personale, mancanza di empatia. Spesso nasce dalla convinzione che la donna debba soffrire sempre per avere un figlio sano, che debba occuparsi fin da subito da sola del neonato e non abbia diritto di lamentarsi perché in tal caso viene additata come immatura e debole.
Raccontata in questo modo sembra un’accusa verso il mondo sanitario. In realtà questa forma di violenza viene subita anche dai sanitari stessi che assistono a questi episodi e ne restano traumatizzati a loro volta.
Si possono cambiare le cose senza che diventi un’ennesima motivazione per allontanare medici e pazienti e far perdere fiducia nella sanità?
Sì. Un modo c’è.
Solo mettendo tutte le parti in gioco a dialogare insieme, non per accusarsi a vicenda, ma per migliorarsi.
Ci mettiamo in gioco per noi e per voi.
Il primo passo riconoscerla sulla base dei dati, aprirsi al dialogo e iniziare una nuova strada verso una cultura del parto rispettato.
Obiettivo: far ricordare alla famiglia questa esperienza fondamentale con un senso di gratitudine, migliorare l’esperienza lavorativa del personale, migliorare la fiducia medico paziente e anche, non ultimo ridurre le denunce a carico del personale sanitario (i cui costi ricadono sulla collettività).
Ginecologi, ostetriche, pediatri, psicologi, ricercatori e avvocati si incontreranno in un convegno sulla Violenza ostetrica il 26 settembre a Urbino. Vi aspettiamo, sanitari e pazienti, tutti uniti per migliorare la cultura del parto in Italia.
Locandina nel primo commento 👇🏼