17/10/2024
La chetosi è spesso vista oggi con sospetto o addirittura paura, come se fosse un fenomeno pericoloso o una moda alimentare estrema. Tuttavia, si tratta di un processo biologico perfettamente normale e sano, profondamente radicato nella nostra storia evolutiva. Per comprendere davvero la chetosi, è utile fare un passo indietro e considerare come si è evoluto il nostro metabolismo nel corso di milioni di anni.
Prima della rivoluzione agricola, avvenuta circa 12.000 anni fa, gli esseri umani vivevano come cacciatori e raccoglitori. In quell’epoca, l'accesso a fonti costanti di carboidrati era limitato, e la nostra dieta era spesso basata su grassi e proteine animali, integrati con frutti selvatici e piante disponibili solo stagionalmente. Il nostro organismo ha quindi sviluppato la capacità di adattarsi a periodi di scarsità alimentare, entrando in uno stato di chetosi, un meccanismo che permette al corpo di utilizzare i grassi immagazzinati come principale fonte di energia quando i carboidrati non sono sufficienti.
Durante la chetosi, il fegato scompone i grassi in molecole chiamate chetoni, che possono essere utilizzate dalle cellule, in particolare dal cervello, al posto del glucosio. Questo processo è stato vitale per la sopravvivenza umana nei lunghi periodi in cui il cibo era scarso o quando l’apporto di carboidrati era irregolare. Per milioni di anni, la chetosi ha rappresentato il normale stato metabolico degli esseri umani, un meccanismo naturale per garantire che il corpo potesse continuare a funzionare efficacemente anche in condizioni di digiuno o con diete basate prevalentemente su grassi.
La rivoluzione agricola ha cambiato radicalmente la nostra alimentazione. Con l’introduzione della coltivazione di cereali, il consumo di carboidrati è aumentato significativamente, portando il corpo umano a funzionare principalmente utilizzando il glucosio come fonte di energia. Questo cambiamento ha avuto un impatto importante sul metabolismo, rendendo la chetosi meno frequente nella vita quotidiana. Tuttavia, dal punto di vista evolutivo, l'adattamento del nostro corpo a uno stato di chetosi è rimasto.
Oggi, la paura della chetosi sembra derivare principalmente da una mancanza di comprensione o da informazioni errate. Spesso si tende ad associarla a condizioni patologiche come la chetoacidosi diabetica, che è una situazione completamente diversa e pericolosa. La chetoacidosi si verifica principalmente nei diabetici non trattati ed è causata da un accumulo eccessivo di chetoni nel sangue, che porta a un abbassamento critico del pH ematico. Questo stato è ben diverso dalla chetosi nutrizionale, che è invece un processo regolato e sicuro, in cui i livelli di chetoni sono controllati dal corpo per fornire energia senza causare alcun danno.
Purtroppo, con la diffusione delle diete moderne ricche di zuccheri raffinati e carboidrati processati, molti hanno perso familiarità con il concetto di chetosi, vedendolo come qualcosa di anomalo o rischioso. Ci siamo abituati a una dipendenza quasi costante dai carboidrati come fonte primaria di energia, dimenticando che il nostro corpo è stato progettato per funzionare anche (e spesso meglio) utilizzando i grassi come combustibile.
Oggi, molte persone che seguono una dieta a basso contenuto di carboidrati o una dieta chetogenica riportano miglioramenti significativi nei livelli di energia, nella concentrazione mentale e nella gestione del peso. Questo accade perché la chetosi aiuta a stabilizzare i livelli di zucchero nel sangue, evitando i picchi e i cali tipici di una dieta ricca di zuccheri. Inoltre, la chetosi può favorire la perdita di grasso corporeo senza compromettere la massa muscolare, rendendola una strategia efficace non solo per chi vuole dimagrire, ma anche per chi cerca di migliorare la propria salute metabolica.
In conclusione, la chetosi non è affatto un fenomeno da temere, ma piuttosto un ritorno a uno stato metabolico che ha accompagnato gli esseri umani per la maggior parte della loro storia. È un adattamento naturale, profondamente radicato nel nostro DNA, che ci ha permesso di prosperare in ambienti difficili e con risorse alimentari limitate. Riappropriarsi di questa modalità metabolica non significa aderire a una tendenza alimentare passeggera, ma riconnettersi con un meccanismo che ha supportato la nostra specie per millenni