14/10/2025
Il seme della guerra
Un giorno, una persona,
non so se una donna o un uomo,
se giovane o vecchia,
o perfino bambina.
Dicevo una persona,
forse perché si era ricordata
di avere sopportato troppo,
anche se in realtà non era stata
veramente lei a sopportare.
Ebbene, una persona,
nel tentativo di guarire
o solo per tirarsi un po’ su,
o perché si accorse che qualcuno
ingenuamente la voleva aiutare.
Insomma, una persona,
per una sua importante ragione,
in un momento molto difficile,
si convinse di essere una vittima.
Questa persona
piano piano, senza avvedersene
cominciò a trasformarsi
in un’altra persona.
Cominciò a notare che gli altri
la trattavano in modo diverso:
alcuni la schivavano,
altri se la prendevano con lei,
alcuni la trattavano con riguardo,
altri perfino la temevano.
Ma soprattutto avvertì
che quel dolore antico,
che prima portava con sé
e non l’abbandonava mai,
si stava finalmente attenuando.
Così rinfrancata, si esercitò a lungo.
Imparò la dura lezione della vita:
a lamentarsi con i più forti
e a essere spietata con i deboli.
Adesso, questa persona
non guardava più al passato,
guardava solo avanti, e vedeva
con sempre maggiore chiarezza
qual era il suo vero destino.
Questa nuova persona
cominciò a distinguere le persone
in due grandi categorie,
perché una vittima che si rispetti
sa bene cosa dovrebbero fare gli altri:
nella prima stavano quelli
che la riconoscevano come vittima
e questi erano i suoi amici;
nella seconda stavano quelli
che continuavano a vederla
come una persona normale
e questi erano i suoi nemici.
E così, questa persona comprese
che, per realizzare il suo obiettivo,
doveva fare una cosa assai semplice:
doveva convincere i suoi amici
che i suoi nemici erano i loro nemici.
E, prospettando ogni tipo di ricompensa,
piaceri ruvidi e molli, paradisi
di gloria e vittorie, e terre,
e potere e ricchezze,
prese ad aizzarli contro di loro.
E questa persona, che sapeva
qual era il suo destino, continuò
e continuò, senza fermarsi mai.
Finché a un certo punto,
da qualche parte nel mondo,
incontrò un grande favore:
perché gli amici che la vedevano
come vittima, a pensarci bene,
avevano dei buoni motivi
per sentirsi vittime anche loro.
Forse perché si ricordarono
dell’esistenza di un vecchio torto,
non si sa bene se fatto o subito,
o forse perché erano indecisi:
incerti se fosse meglio
guardare in avanti o indietro.
Insomma, quelli che erano amici
di chi sapeva per certo
di aver subito un grave danno
trovarono pure loro conveniente
confondere i debiti con i crediti.
Si ritennero anch’essi delle vittime
di ingiustizie e soprusi,
per quanto non bene precisati.
Un giorno, i nemici della vittima
e dei suoi amici,
quelli che credevano che le vittime
fossero delle persone normali,
offesero la vittima e i suoi amici.
Osarono pretendere che
la vittima e i suoi amici
si comportassero come persone normali.
E così, cominciarono le prime dispute,
che divennero presto scaramucce,
che generarono scontri accesi.
Volarono nell’aria male parole,
offese sputate con disprezzo.
Poi si venne alle mani,
poi si lanciarono cose, si ruppe,
si rubò, si mentì e si negò,
si tagliò, si ferì e, infine, si uccise.
Le donne gesticolavano e inveivano.
I bambini piangevano disperati.
Gli uomini, seri, cominciarono
a parlare sottovoce fra di loro,
si organizzarono e si misero
a fabbricare strumenti crudeli
che miravano sempre più lontano.
Infine si realizzò quello che
quella persona, senza saperlo,
aveva sempre desiderato:
rivedere quelli che aveva dimenticato.
Si rivide il sangue sul selciato,
e corpi distesi per le vie, di persone,
che prima erano il tale
figlio di e la tale sorella di
e poi dopo erano tutte uguali.
Per loro ormai non si poteva
più tornare indietro.
Non si poteva fare altro
che cominciare l’ultima guerra,
in ordine di tempo,
quella che fece le vittime vere,
quella che da allora,
e anche da prima di allora,
si è spostata di qui e di là,
ma non si è fermata mai.
Dopo di che, dopo un certo tempo,
quando la guerra finì,
chi poté si rimise a lavorare,
molte cose erano rotte e sciupate,
per ricostruire e per dimenticare.
Nacquero figli e figli dei figli,
finché un giorno, una persona,
una persona qualunque, forse
uomo o donna, grande o piccola,
forse io o forse tu…