10/10/2025
L’arte è sempre presente quando è in gioco la soglia, il confine tra interno ed esterno; permette di portare fuori qualcosa che è dentro, confinata nello spazio psichico, o, come accade con Marco Cavallo, nello spazio fisico di un ospedale psichiatrico. Ciò è possibile perchè qualcosa di profondamente connesso a colui che crea, prende forma autonoma e tangibile nel mondo e, al tempo stesso, prendendo forma, diventa altro dal suo creatore, attraverso un meccanismo di separazione.
Riconoscimento e separazione sono elementi fondamentali di ogni atto creativo che generi trasformazione e cambiamento.
Separare non significa abbandonare; bensì, al contrario, separare è condizione necessaria di ogni relazione.
Marco Cavallo, il cavallo blu, in legno e cartapesta, è arte nella misura in cui è oggetto simbolico che attraversa una soglia, portando ciò che è dentro, fuori. Ce lo ricorda Giuliano Scabia nel suo “Marco Cavallo. Una esperienza di animazione in un ospedale psichiatrico” quando afferma che uno degli scopi del lavoro di trasformazione in atto nell’ospedale è proprio quello di far sì che ”il ‘dentro’ (i malati e tutto il mondo del manicomio) si riappropri del ‘fuori’, del mondo esterno da cui è separato: di quel mondo esterno che è chiuso e rifiuta chi sta ‘dentro’".
Oggi, più che mai, le sue parole tornano ad essere necessarie, come necessaria è l'arte nella lotta per tutti gli esclusi.