31/10/2025
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Sono fatti di notti piene di risvegli e sogni ingarbugliati questi giorni. L’autunno è sempre un po’ così per me: una stagione che mi sbilancia ma nel contempo è anche lo stimolo a radicarmi maggiormente in ciò in cui credo.
A settembre mi sono data il compito di intraprendere insieme ai miei allievi, l’entusiasmante viaggio alla scoperta di quei centri energetici chiamati cakra. Un viaggio che ci vedrà impegnati fino all’inizio dell’estate.
La consapevolezza che esiste in noi anche una fisiologia sottile che dobbiamo necessariamente saper guardare per poter stare bene è uno dei tanti tesori che abbiamo ricevuto dall’India. È il profondo che causa e sostiene il superficiale; è ciò che non vediamo con gli occhi ad essere la struttura portante di ciò che diventa pelle, muscoli, postura fisica e anche malattia.
E per questo la saggezza indiana non fa sconti: armonizzare questi centri richiede la capacità di osservarsi; di cogliere quali pensieri e quali emozioni vivono costantemente in noi; di riconoscere quali bisogni e quali desideri chiudiamo nei cassetti e di scovare da quali processi mentali tutto questo viene messo in moto.
In questo mese abbiamo approfondito il primo cakra, mūlādhāra, il “supporto della base”, responsabile del nostro sostegno fisico e psicologico, cakra collegato alla paura.
Abbiamo sperimentato tanto la forza di piedi e gambe e coltivato un respiro e una mente che portasse sicurezza e stabilità.
E in questi giorni grigi e un po’ sonnolenti ho cercato anch’io varie volte questo sostegno dentro di me.
Il primo passo: ho radici preziose da nutrire.
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