06/08/2025
RIFIUTO DELL’INATTIVITÀ
“I won’t make the same mistakes./ ’Cause I know how much time that wastes.”
Fugazi – Waiting Room (1988)
Non è solo una canzone punk. È un manifesto interiore.
Un’esplosione trattenuta che parla a chi si sente bloccato, incastrato in una pausa che non ha scelto.
La waiting room, di Ian MacKaye e soci, non è solo una stanza, è uno stato mentale.
Un luogo dove la vita si ferma, si trattiene, si rimanda.
La waiting room è il luogo simbolico in cui ci ritroviamo quando la vita non si muove al nostro ritmo. Ma attenzione: non ogni attesa è passività.
“I don’t want to sit around and wait for someone to tell me what to do.”
Questa canzone è un pugno sul tavolo contro l’attesa passiva, quella che ti anestetizza.
Nella canzone, c’è il rifiuto di restare seduto ad aspettare che le cose si sistemino da sole.
Ma questo rifiuto non è isteria. È lucidità.
È capire che a volte l’unico modo per agire… è fermarsi un attimo per capire dove andare.
Eppure, nella rabbia, c’è una verità psicologica profonda: Aspettare può logorare quando è imposta… ma può diventare forza se è scelta.
La waiting room non è solo stallo, è anche preparazione.
È il momento in cui si fa ordine, si decide, si costruisce il prossimo passo.
È uno spazio di tregua, non di resa.
C’è un’attesa che immobilizza — quella subita, fatta di rinvii, deleghe, indecisioni.
Ma c’è anche un’attesa fertile — quella scelta, che prepara, che ascolta, che elabora.
Molte persone confondono l’attesa con l’impotenza. Ma quando decidi tu di prenderti tempo, allora l’attesa diventa consapevolezza.
La differenza tra apatia e pazienza? Il desiderio che c’è sotto.
E se quella stanza d’attesa che odi tanto, fosse proprio il corridoio prima dell’apertura di una nuova porta?