15/08/2025
A volte ci si crea tante aspettative.
Si lavora s**o.
Ogni giorno.
Ore e ore.
Problemi degli altri da risolvere.
I propri, sempre dopo.
Si rientra a casa.
Cena.
Piatti.
Scadenze.
Qualcosa da finire.
E di sé… sempre dopo.
Prima il lavoro.
Le urgenze.
Le richieste.
Le persone che “non possono aspettare”.
A fine giornata, un’ora per staccare.
O almeno così si dice.
Ma a casa si respira ancora l’aria dello stesso lavoro.
E casa… a volte sembra una cella.
Un posto che dovrebbe proteggere,
e invece imprigiona.
All’inizio c’è passione.
Uno scopo.
La sensazione di fare qualcosa di buono.
Poi arriva il conto alla rovescia per le ferie.
E quando arrivano,
ci si accorge di aver solo cambiato gabbia.
I giorni passano lenti.
Le settimane iniziano con ansia.
Finiscono con la voglia di fare qualcosa…
che però non si fa mai.
Le proposte si spengono.
Le relazioni si svuotano.
Le parole diventano accuse.
Le cene, silenzi.
La compagnia, distanza.
E così non si fa nulla.
Non si va al mare.
Non si vive.
C’erano piccoli sogni.
Niente di che,
ma sarebbero stati belli.
Un’alba vista presto.
Una giornata al sole.
Un aperitivo in barca.
La pelle che odora di estate.
Poi niente.
Solo vuoto.
Si arriva a sentirsi spenti dentro.
Senza spinta.
Senza respiro.
Con la voglia di scendere,
di uscire,
di liberarsi da questa cella.
Se anche tu hai piccoli sogni lasciati a metà …
forse è il momento di non rimandarli più.
Nella mia esperienza clinica, vedo spesso persone intrappolate in gabbie che non hanno sbarre.
Routine, relazioni svuotate, lavori totalizzanti, aspettative rimandate all’infinito.
Sono celle invisibili, costruite giorno dopo giorno, quasi sempre per “buone ragioni”.
Uscirne non significa per forza cambiare tutto:
a volte basta cominciare da un gesto piccolo,
ma autentico,
per rimettere in moto il desiderio.
Buon ferragosto