19/10/2025
Quando Liam Neeson accettò il ruolo di Oskar Schindler ne La lista di Schindler (1993), diretto da Steven Spielberg, nessuno poteva immaginare quanto quel film avrebbe cambiato la storia del cinema — e la sua stessa vita.
Spielberg non lo scelse subito. Pensò prima a Harrison Ford, che rifiutò temendo che la sua fama distraesse dal messaggio del film. Poi a Kevin Costner, a Mel Gibson… fino a quando non vide l’audizione di Neeson.
Era un provino grezzo, intenso, pieno di emozione e verità. In quegli occhi, Spielberg vide qualcosa che nessun altro attore gli aveva dato: forza, fragilità e profonda umanità.
All’epoca, Neeson non era ancora una star. Veniva dal teatro e da piccoli ruoli al cinema. Ma quel giorno, davanti a Spielberg, tutto cambiò.
Quella fiducia si trasformò in una delle interpretazioni più toccanti e potenti del XX secolo.
Il film racconta la storia vera di un imprenditore tedesco che, durante l’Olocausto, salvò più di 1.200 ebrei assumendoli nelle proprie fabbriche.
Neeson diede vita a un uomo contraddittorio: un opportunista che si arricchiva grazie al regime, ma che, di fronte all’orrore, scoprì dentro di sé una coscienza capace di ribaltare ogni cosa.
Tra le scene più memorabili c’è quella della bambina con il cappotto rosso.
Schindler osserva da lontano la liquidazione del ghetto di Cracovia: la violenza, il caos, il dolore. E poi, tra la folla in bianco e nero, appare lei — una bambina in un cappottino rosso che cammina sola.
È l’unico tocco di colore in tutto il film.
Un piccolo frammento di innocenza nel mezzo della follia, il momento in cui Schindler capisce che non può più restare spettatore.
Neeson costruì la trasformazione del suo personaggio con una delicatezza disarmante: senza gesti teatrali, solo con gli occhi, i silenzi, la voce che si spezza.
Da uomo cinico e indifferente diventa un essere umano capace di compassione, di dolore, di colpa.
Nella scena finale, quando crolla in lacrime dicendo:
“Avrei potuto salvarne ancora uno…”
non è più soltanto Schindler a parlare, ma l’uomo Neeson, travolto dal peso reale di quella storia.
Più tardi confessò che girare quella sequenza era stato emotivamente insostenibile.
Con quel ruolo, Liam Neeson non interpretò solo un eroe.
Gli diede volto, anima e silenzio.
E in mezzo all’oscurità dell’Olocausto, riuscì a mostrarci la luce più difficile di tutte: quella che nasce dal rimorso, dalla compassione e dal coraggio di cambiare.
Un attore, un film, una verità eterna:
anche nei momenti più bui della storia, la speranza può arrivare dagli esseri umani più imperfetti.
Piccole Storie.