16/11/2025
Ciao, sono Andrea. Ho 38 anni e sono un genitore. Vorrei raccontare la storia di mio figlio Tommaso; frequentava la prima elementare da un paio di mesi. Sei anni, ancora piccolino.
Un pomeriggio vado a prenderlo e lo vedo uscire dal portone con la faccia strana, tesa. Gli chiedo se va tutto bene. Dice di sì. Decido di aspettare e parlarne con calma a casa.
Appena entriamo, si gira verso di me con gli occhi lucidi e mi sussurra: "Papà... ho preso una nota."
Rimango di sasso, dentro di me penso "annamo bene", hai appena cominciatola scuola... ma rimango tranquillo e chiedo cosa è successo. Lui scoppia a piangere: non sa cosa sia una nota, ma se è qualcosa che "non va bene". Quasi urlando mi risponde: "Ho detto la verità!"
"in che senso Tommy?"
"La maestra mi ha detto che sotto lo zero non c'è niente!"
"In che senso?"
"Papà, tu non mi hai spiegato che i numeri sono come i gradini di una scala?"
"Sì..."
"E allora se io sono al gradino 2 e salgo di 3, arrivo al 5, no?"
"Esatto."
"E se sono al gradino 0 e scendo di 4, perché non posso?"
"Puoi. Si chiamano numeri negativi."
"Ah! Allora avevo ragione!"
A quel punto, con una sorta di rabbia mi dice: "La maestra dice che sotto lo zero non c'è niente. Ma allora negli ascensori come fa ad andare in cantina? E il mare sotto la sabbia? Io scendo benissimo le scale, lei no!"
Faccio fatica a trattenere una risata. Gli chiedo come si sente.
"Arrabbiato e triste. Perché mi fidavo della maestra e lei mi ha detto una cosa non vera."
Gli spiego che forse voleva solo evitare confusione, che i numeri negativi per i bambini di prima sono un tema difficile. In prima elementare si studiano i numeri da 0 a 20. I numeri negativi arrivano solo più avanti...
Lui stringe i pugni: "Non è difficile! Se sono sul 2 e scendo di 3 arrivo a –1!"
Gli faccio un esempio più complicato, giusto per mostrargli che serve tempo, ma capisce che l'intenzione non era contraddirlo.
Ora, io non voglio fare il classico genitore cazzone che va a lamentarsi con gli insegnanti, ci mancherebbe ma... un bambino di prima elementare, che prende una nota perchè ha fatto un ragionamento (quindi non è una questione comportamentale), scusate, ma non si è mai vista neanche nelle scuole di 40 anni fa! Decidiamo di andare a parlare con la maestra.
Lei ci accoglie male (ecco, ci ha preso per i genitori cazzoni di cui parlavo prima), alza la voce, dice che Tommaso "deve studiare quello che dice lei" e che non è il caso che si metta a fare ragionamenti "fuori programma".
Le dico con calma che una nota, per un ragionamento corretto, mi sembra eccessiva. Lei non ascolta: è come parlare ad un muro (acido per giunta). Continua a sostenere che è una questione di didattica, parla di rispetto dei ruoli... ma caxxo, ha 6 anni, non ha mancato di rispetto, ha detto che questa cosa per lui era sbagliata, ha visto la sua figura di riferimento venir meno perchè il suo timore è stato che quella maestra non fosse sincera, che in qualche modo cercasse di nascondere la verità.
Me ne sono andato a casa cercando di capire che razza di imbecille ci fosse capitata, poi, ringraziando l'universo poco tempo dopo quell'episodio, la maestra è stata sostituta.
Credetemi seppur felice per noi, mi sono preoccupato per chi avrebbe avuto a che fare con quella tizia successivamente.
Se mi soffermo a pensare, quello che mi colpì non fu tanto la nota in sé, ma l'idea che mio figlio dovesse ragionare in un solo modo, dentro uno schema rigido, dove la curiosità non è prevista e se provi a dare uno sguardo "oltre" sei punito.
Oggi ci ridiamo su — io, lui e anche mia moglie.
Ma quel giorno ho capito quanto fragile e potente possa essere la mente di un bambino... e quanto facilmente un adulto possa spegnerla, se non fa attenzione.