11/11/2025
Ci sono storie che raccontano, con delicatezza, la complessità del dolore e la possibilità di rinascere.
Leggere può diventare, a volte, un modo per ritrovare parole a ciò che non riusciamo a dire.
Tanta ancora vita, di Viola Ardone, è uno di quei libri che tocca le ferite e, allo stesso tempo, le accarezza.
Altro tema che ho sentito molto forte è l’interconnessione tra le persone, come se ognuno, nel proprio silenzio, combattesse una guerra.
C’è la guerra di Vita, contro la depressione e la perdita del figlio e di suo marito Massimo, dopo.
Quella di Kostya, che si difende dal mondo degli adulti “tutti bugiardi”.
Quella di Roman, alla ricerca di una giustizia che sembra non esistere.
E quella di Irina, madre in cammino per ritrovare suo figlio.
E poi c’è la guerra del mondo, quella vera, che fa da eco alle battaglie interiori di ognuno.
Alla sua depressione, Vita ha dato un nome, la chiama Orietta. E qui c’è un paradosso quasi ironico e insieme amaro: Vita lotta contro una voce che la sgrida ogni volta che si riavvicina alla vita stessa.Orietta la vuole ferma, immobile, “al suo posto”, perché la vitalità è pericolosa, perché significa tornare lì fuori, chissà se se lo merita. Probabilmente crede di no.
Allo stesso modo Vita tiene chiuso in gabbia il suo pappagallino, Massimo, per non restare sola: ma quella gabbia diventa anche la sua. Massimo come il marito che invece ha preferito spiccare il volo.
Da quello spiraglio entra Corrado, un’altra persona sola, chiusa nella propria gabbia.
Forse è così che ricomincia la vita: due solitudini che, per un attimo, si riconoscono attraverso la gentilezza.
Ho sentito questo libro parlare la lingua del vuoto, della fatica, ma anche della possibilità.
Perché tra le macerie del dolore, Viola Ardone fa filtrare una luce minuta, ostinata.
Una voce che non promette salvezza, ma presenza.
Che ricorda che, nonostante tutto, come sotto la sabbia a cui la tartaruga affida le sue uova, c’è tanta ancora vita.