Oltre la dipendenza affettiva - dott.ssa Silvia Pittera

Oltre la dipendenza affettiva - dott.ssa Silvia Pittera Psicoterapia della Dipendenza Affettiva e delle relazioni disfunzionali

Anni fa, quando ero una giovane terapeuta in formazione, incontrai un mio paziente in un pub.Io ero lì con gli amici, a ...
30/10/2025

Anni fa, quando ero una giovane terapeuta in formazione, incontrai un mio paziente in un pub.
Io ero lì con gli amici, a festeggiare il nuovo lavoro e il trasferimento all’estero di uno di noi. L’atmosfera era allegra, un po’ brilla, e io – calice in mano – recitavo un brindisi ironico e burlone che avevo scritto per l’occasione 😬

Alzo gli occhi e… eccolo!
Uno dei miei primi pazienti, con il quale mi ero sforzata di essere sempre seria, professionale e impeccabile.
Scoppiai in una risata isterica, lo salutai come se nulla fosse e poi continuai a fingere disinvoltura mentre dentro mi scioglievo dall’imbarazzo 😅😂

Eppure, qualcosa era cambiato.
Alla seduta successiva mi disse che mi aveva trovata simpatica e ironica, e da lì l’ironia divenne un linguaggio comune tra noi.
Un canale che rese la terapia più vera, più viva, più sua… più nostra.

Per anni ci siamo raccontati che il terapeuta dovesse essere impeccabile, risolto, imperturbabile.
E quanti pazienti si sono trattenuti dal chiederci qualcosa di personale per paura di “invadere”?

Poi sono arrivati i social — e in mezzo a tutti i loro limiti, ci hanno fatto un regalo: hanno reso i terapeuti umani 🩵
Con le loro idee, i loro sorrisi, le loro ombre.

Oggi la stanza di terapia può essere un luogo più autentico, dove a sedersi non è un ideale di perfezione, un alieno senza vulnerabilità, ma una persona in carne e ossa, un terrestre che — come te — si allena ogni giorno a conoscersi meglio.

Una persona che non ha finito di crescere, ma ha scelto di farlo con consapevolezza.

Da quel giorno nel pub, ogni volta che alzo un bicchiere in un luogo pubblico, controllo prima chi c’è intorno. Ma solo per brindare (eventualmente) anche insieme ai pazienti che potrei incontrare, alle nostre comuni vulnerabilità di esseri umani, con simpatia e autoironia.
Cin cin 🥂 🍾

Dott.ssa Silvia Pittera
Psicologa e Psicoterapeuta

Anni fa tenevo corsi sulla comunicazione efficace.Raccolsi moltissimo materiale per far sì che fossero utili, interessan...
23/10/2025

Anni fa tenevo corsi sulla comunicazione efficace.
Raccolsi moltissimo materiale per far sì che fossero utili, interessanti, accattivanti.
In una lezione partii da alcune citazioni famose, per stimolare la riflessione dei partecipanti.
Una, in particolare, provocò un dibattito animato ed estremamente profondo che ricordo con gratitudine.
Era tratta dal Vangelo secondo Matteo e recitava:

“Sia il vostro linguaggio: sì, sì; no, no.
Il superfluo procede dal maligno.”

Allora non ero ancora una psicoterapeuta e non potevo sapere quanto questo versetto mi sarebbe tornato utile dentro la stanza di terapia.
Negli anni successivi l’ho ripetuto innumerevoli volte davanti a pazienti stremati da relazioni in cui la comunicazione era fatta di un’infinità di parole vuote, inutili, inefficaci, talvolta controproducenti.

Parlare tanto, raccontarsi tutto, dirsi tutto, non garantisce affatto la tenuta del legame. Eh sì, è davvero un falso mito.
Piuttosto serve “parlare bene”, con chiarezza, semplicità e misura.

In questo carosello ho raccolto alcune delle parole più semplici e vere che possono essere dette ma che (incredibilmente) così tanto spesso vengono omesse nei dialoghi della quotidianità.

Il linguaggio è così tanta roba che è difficile definirla tutta.
Sicuramente, però, se usato nel modo che sto cercando di suggerivi, è un meraviglioso atto umano di presenza 💘

Che ne pensi?
Quali parole sono più difficili, per te, da dire?
Scrivimelo nei commenti!

⬇️⬇️⬇️

Dott.ssa Silvia Pittera.
Psicologa e Psicoterapeuta

Nel carosello, come spesso succede, troverete una riflessione personale che ho voglia di condividere con voi.Per dovere ...
05/10/2025

Nel carosello, come spesso succede, troverete una riflessione personale che ho voglia di condividere con voi.

Per dovere di completezza vi lascio alcuni riferimenti, nel caso vogliate approfondire l’argomento di cui parlo (ovvero l’effetto traumatizzante della sovraesposizione all’informazione continua):

🔹1. Media Exposure to Armed Conflict: Dispositional Optimism and Coping Styles.
Questo studio esplora come l’esposizione mediatica ai conflitti armati si correlazioni con disturbi psicologici e sintomi post-traumatici.

🔹2. Digital Terror: Its Striking Impact on Public Mental Health
Un articolo recente del 2025 che definisce il concetto di terrorismo digitale, cioè l’uso di tecnologie per diffondere immagini violente, grafiche, contenuti traumatici con lo scopo di instillare paura nel pubblico.

🔹3. Real-time sensing of war’s effects on wellbeing with mobile phones and wearables.
Studio che ha monitorato indicatori di benessere (battito cardiaco, qualità del sonno, tempo attivo sullo schermo) durante un conflitto (Gaza-Israele 2021).

🔹4. The relationship between exposure to the media coverage of conflict and mental health outcomes.
Un articolo del 2025 che esplora come l’esposizione mediatica indiretta a guerre (cioè tramite notizie, reportage, immagini) sia correlata con peggioramento della salute mentale, anche dopo aver controllato altri fattori.

🔹Interessanti, nell’ambito, i contributi di Byung-Chul Han, Jonathan Haidt e Lucy Foulkes, per segnalarvi qualche autore.

Vi aspetto nei commenti 🙂

Dott.ssa Silvia Pittera
Psicologa e Psicoterapeuta

🇵🇸❤️

11/09/2025
A noi terapeuti, sotto l’ombrellone, amici e parenti fanno spesso domande “leggere” 😅😅😅.Sono in ferie già da una settima...
11/08/2025

A noi terapeuti, sotto l’ombrellone, amici e parenti fanno spesso domande “leggere” 😅😅😅.
Sono in ferie già da una settimana e questa è la riflessione che ho voglia di condividere con voi.

Vi aspetto nei commenti, se vi va.
Buone vacanze! 😘

Dott.ssa Silvia Pittera
Psicologa e Psicoterapeuta

Oggi compio 43 anni 🎂Chi mi conosce sa quanto mi piaccia festeggiare e festeggiarmi. Avere intorno le persone che amo, a...
02/08/2025

Oggi compio 43 anni 🎂
Chi mi conosce sa quanto mi piaccia festeggiare e festeggiarmi. Avere intorno le persone che amo, abbracciarle, sentirli stonare su “tanti auguri a te”, soffiare sulle candele, scartare regali aspettati e non, esprimere un desiderio che puntualmente dimentico (tanto la vita è più nella tensione del desiderio che nel godimento del desiderato).
In un paese vicino alla mia cittadina di nascita il due di agosto fervono grandi festeggiamenti e, alla sera, uno spettacolo straordinario di fuochi d’artificio. Sono cresciuta pensando che quei fuochi d’artificio fossero per me. Me lo aveva fatto credere mio padre quando ero solo una bambina, insegnandomi, forse senza volerlo, la misura dell’importanza del “mio” giorno e gioia di festeggiarlo rumorosamente!

Il compleanno è il giorno in cui la vita ci ricorda che siamo al mondo. È il giorno in cui onoriamo il fatto che stiamo invecchiando, perché -che ci piaccia o no- è la prova tangibile che siamo vivi. È il nostro capodanno personale: facciamo bilanci, rilanciamo progetti.

Sono ormai 20 anni che per lavoro ascolto le storie dei miei pazienti. Quando arriva il loro compleanno sono solita chiedere come lo vivono. Spesso il modo in cui affrontiamo le ricorrenze oggi è collegato a memorie emotive molto precoci e racchiude anche, in maniera sintetica ma potentemente lucida, l’atteggiamento e la postura che abbiamo assunto verso la nostra vita.
In questo carosello, in occasione del mio, ho raccolto una carrellata di ragioni per cui si fa fatica a celebrarsi e, nell’ultima slide, l’unico modo che conosco per imparare a farlo. Se mi avete seguita fin qui, nella lettura di questo post, avrete capito che non è affatto solo una questione di feste, torte e candele.

Grazie di esserci in questo giorno, per me è importante ♥️

Dott.ssa Silvia Pittera
Psicologa e psicoterapeuta

Correva il 1995, l’anno del mio falling in love with Alanis Morrissette. “Jagged little pill” fu il primo CD che giró de...
23/07/2025

Correva il 1995, l’anno del mio falling in love with Alanis Morrissette.
“Jagged little pill” fu il primo CD che giró dentro il mio nuovissimo lettore, così tanto da consumarsici. Me lo comprai da sola nell’unico negozio di dischi della mia cittadina.
I miei pazienti della gen Z non la conoscono - roba per millenials nostalgici (come me) e io me ne dispiaccio: i suoi primi testi, quelli più arrabbiati, sono ancora così attuali (ahimè!).
Le sue canzoni sono state la colonna sonora della mia adolescenza e di tutti gli anni universitari.
A volte, quando ho voglia di sentirmi “emotivamente a casa” metto semplicemente una sua canzone.
Alanis, icona anni 90 dell’alternative rock e del post grunge, si è sempre occupata di temi a me estremamente cari. Ha scritto di amori molto tossici, ha dichiarato di averne vissuti diversi (beh, basta ascoltare You Oughta Know), di aver subito abusi se**uali a 15 anni, sofferto di depressione post partum, alcolismo e disturbi alimentari. Si è fatta portavoce di tutte le donne offese dal patriarcato e ha colto ogni occasione pubblica per sottolineare l’importanza della psicoterapia nel suo percorso di guarigione.
È stata un enfant prodige: a 6 anni suonava il piano, a 9 scriveva la sua prima canzone e calcava i primi palcoscenici della sua vita. A 21 anni aveva già venduto oltre 33 milioni di copie ed era entrata a pieno titolo nel tritacarne del successo senza strumenti psichici per gestirlo. A 25 prometteva “Che avrebbe fatto la brava” nella canzone “That I would be good” che ho sempre amato moltissimo per essere una preghiera accorata di quello che molte, troppe, donne sentono: il desiderio profondo di essere accettate e ritenersi abbastanza al di là delle apparenze e delle circostanze, al di là della giovinezza, del peso e del successo perduti.
Oggi sono a Lucca, ad ascoltarla dal vivo. Ad onorare la sua musica e il suo impegno per tutte le donne che hanno dovuto muoversi in un mondo costruito a misura di maschio e sopravvivere alla violenza facendola fiorire in brani potenti e riparativi. È stata davvero brava la nostra Alanis, molto più di quanto non avesse promesso in quel bellissimo testo del 99.Ed io per questo la ringrazio!

Indirizzo

Via Duca D’Aosta 110 A. San Giovanni La Punta/Court
Catania
95039

Orario di apertura

Lunedì 09:30 - 12:30
16:00 - 20:00
Mercoledì 09:30 - 12:30
16:00 - 20:00
Giovedì 09:00 - 13:00
Venerdì 09:30 - 15:30

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